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Epilogo

Elias

Se non ti piace, puoi cambiarlo.

Questa è una frase così semplice, che quasi non ci fai caso, quando ti viene consegnato un regalo. Ma io sì, io ci ho fatto caso. Mi è rimasta sempre in testa, sin da bambino. Non la capivo, fino in fondo.

Perché un regalo non dovrebbe piacermi? Quella persona ha pensato a me, quando lo ha comprato e lo ha fatto con tutte le buone intenzioni. Perché dovrei cambiarlo?

Se non ti piace, puoi cambiarlo.

Se ci penso ora, però, applico questo suggerimento ad altro.

Non mi piaceva il destino che mio padre aveva scritto per me e, allora, ho colto quella frase e l'ho trasformata nel consiglio della vita: Se non ti piace, puoi cambiarlo.

E io l'ho fatto, ho cambiato il mio destino. Noi lo abbiamo fatto, insieme.

È passato poco più di un anno dalla fine da quell'incubo che mi perseguitava da tutta la vita e, lo ammetto, non avevo idea di cosa significasse davvero essere felici, fino a quando, non ho rivisto gli occhi di mia madre.

Sapevo da un po' che era ancora viva, ma ho dovuto fingere di non sapere nulla, per il bene di tutti. Mi è costato non volare a Parigi, per assicurarmi che Sally non stesse dicendo cazzate, ma ho respirato, ho contato fino a mille milioni di miliardi e sono rimasto. Fermo, impalato, come un muro di cemento. Ho dovuto stringermi anche le palle, per non commettere quel madornale errore, ma l'ho fatto. Proprio come avevo promesso. E poi... ho finto, anche con me stesso. Ho cercato di dimenticare le parole di Sally.

Tua madre è viva, mi aveva detto, ma io non avevo realizzato davvero. È arrivata, qualche giorno dopo la morte di Melissa, ed è stata un vero spiraglio di luce, in uno dei tanti periodi di merda delle nostre vite. Ricordo solo che tremavo, quando ho sentito la sua voce ripetere una delle mie frasi preferite: Si devono pur sopportare i bruchi se si vogliono vedere le farfalle... Dicono siano così belle! (*)

Lo disse, mentre ero di spalle e non mi aspettavo il suo arrivo. Rimasi paralizzato per qualche minuto, prima di voltarmi e affondare nelle sue braccia che sapevano di piccolo Principe e storie mai raccontate. Un abbraccio che, in quel preciso istante, riuscì a cancellare l'odio che provavo nel cuore, per quella merda di Rufus.

E ora... ora sono qui, ad aspettare l'amore della mia vita.

La vedo entrare dalla porta a vetri del Mocambo, il ristorante che ha visto le nostre liti e alcune sceneggiate apocalittiche. Ha visto, perfino, una proposta di matrimonio fasulla, che mi ha portato a impazzire.

Lei è bellissima...

Porca puttana, se lo è!

Fasciata in un abito verde menta, uno di quelli della sua ultima collezione. Non lo saprei neanche descrivere, perché i miei occhi non fanno altro che cercare i suoi e sorriderle. Penso a quanto abbiamo lottato per riprenderci quella felicità che non riuscivamo a raggiungere.

Mi alzo dal tavolo e, da buon cavaliere – quello che non sono mai stato, se non con lei –, le sposto la sedia per farla accomodare, per poi abbassarmi alla sua altezza e sfiorarle l'orecchio con un bacio che le fa venire i brividi sulla pelle.

Avvicino la mia sedia alla sua e chiamo il cameriere per far portare la nostra bottiglia di vino preferita.

«Come è andata la riunione?» Le domando, mentre il ragazzo versa il primo calice della serata.

Lei lo afferra, si bagna le labbra e punta gli occhi smeraldo nei miei.

«Sapevi che mia nonna è fuori di testa?» chiede ironica.

«Mh, direi di sì. Cos'ha combinato, questa volta?» domando scettico, mentre afferro il bicchiere e ne sorseggio il liquido rosso all'interno.

«Vuole assumere Jonathan come Fashion coordinator della mia linea.»

Manca poco che io risputi il vino nel bicchiere. Una risata mi si blocca in gola. È una di quelle nervose che ti farebbero partire i tic all'occhio, se solo ne soffrissi. E non è per l'idea di sapere che il mio amico lavorerà per la mia ragazza. Non è neanche per l'espressione di Dafne, mentre lo dice e, giuro, nemmeno per la consapevolezza che Jonhatan diventerà completamente isterica all'interno di quel mondo fatto di lustrini, paillette, accessori e make-up. 

Loro sono qui!

Jonathan, Hellin, Vanessa, Dalia e Lara sono appena entrati da quella maledetta porta, portandosi dietro cinque sorrisi da ebeti. I loro occhi mi scrutano, come se sapessero qualcosa che io non so.

Mia madre mi si avvicina, sussurrandomi in un orecchio: «Questa me la paghi, piccola volpe.»

Poggio la mano alla fronte, per poi scuotere la testa. Devo smetterla di confidarmi con la regina del pettegolezzo.

Dafne li guarda confusa. Anche io lo sono; non dovrebbero essere qui, ma ormai, in casa nostra regna il caos, con la loro costante presenza e capisco perfettamente cosa sono venuti a fare.

«Cosa state facendo?» La domanda di Dafne è lecita, visto che rimangono impalati intorno al tavolo, senza dire una parola.

Sono davvero inquietanti!

«Te lo dico io, Dafne. Loro stanno aspettando» Prendo il coraggio di parlare. «Aspettano, come ho fatto io per tutto questo tempo. Avrei voluto farlo dal primo momento. Solo che eravamo ancora minorenni.» Mi alzo dalla sedia e faccio cenno al maître di sala di far arrivare la sorpresa. Lo vedo sparire dietro la colonna, dopo avermi rivolto un grosso sorriso di entusiasmo. «Ho aspettato per così tanti motivi che non ho più voglia neanche di ricordarli, ma ti amo, Dafne e ora non voglio più aspettare.» Mi avvicino a lei per farla alzare dalla sedia. «So benissimo che dopo di te non ci sarà nessun'altra, l'ho sempre saputo e, so per certo che, anche per te è lo stesso.» Prendo un grosso respiro, quando vedo il maître avvicinarsi con un grosso filo rosso trascinato da un cucciolo di Labrador.

Dafne cambia espressione, quando il piccolo si ferma ai suoi piedi. Lei si abbassa e lascia che il cane le lecchi il volto.

«E tu chi sei, piccolo birbante?» domanda, come se potesse rispondere.

«Lui è Rum, Dafne. È un minuscolo anticipo del nostro futuro insieme.» Ho sempre sognato di avere, con lei, un cane di nome Rum. Mancano le tre figlie femmine e il criceto, ma questi sono dettagli. «Scarabocchio...» La richiamo e l'afferro da una mano, per aiutarla ad alzarsi, con il cane tra le braccia, «vuoi restare in ginocchio per tutta la serata o posso farlo io?» Poggio le dita sul collare di Rum e lo slaccio, per prendere in mano il gioiello che stava proteggendo. Faccio scivolare l'anello nel palmo che richiudo in un pugno. «Riusciresti ad amarmi anche se non potessi parlare?»

«Be', Elias. Non lo abbiamo fatto per anni, eppure, siamo ancora qua, quindi, sì, direi che potrei amarti in ogni circostanza.»

«Anche se somigliassi a Quasimodo?» La prendo in giro, per smorzare la tensione che sento crescere nel petto, mentre ho tutti gli occhi puntati addosso.

«L'importante è che tu non prenda le sembianze di Frollo.» E lei risponde con l'ironia che amo.

«Io ho trovato la mia stella, scarabocchio. E tu? Tu hai trovato la tua?»

«Elias...» Si avvicina, mi afferra dalle guance e incastra i suoi occhi nei miei, «la mia stella era così luminosa che non ho dovuto neanche cercarla. Cosa stai aspettando ancora?»

Sto aspettando di essere sicuro di non fare errori, perché noi siamo la nostra possibilità e non la voglio sprecare.

La felicità sta negli occhi delle persone che amo, mentre m'inginocchio e apro il pugno con dentro l'anello. Posso toccarla con mano...

«Dafne, vuoi sposarmi?»

Posso toccare anche la mia di felicità. È sempre stata davanti agli occhi, ma sembrava irraggiungibile, nascosta da eventi che non volevano che l'afferrassi. È vero, esiste quel filo rosso, ma invisibile che lega le anime, nonostante le circostanze, il tempo e i luoghi. Va al di là dei sogni. Un filo che si è aggrovigliato intorno a molte persone, spesso troppe, ma non si è mai spezzato. Mi rendo conto che non siamo mai stati soli nella lotta contro il nostro destino; Hellin, Vanessa, Rose, Dalia, Dafne e io siamo sempre stati legati da quello stesso filo rosso e da...

... una crostata di pesche!

«Guarda, Elias...» Lei mostra verso quelle facce inebetite che non hanno smesso di sorridere un solo secondo.

Ognuno di loro stringe un cartello fra le mani che girano, uno dietro l'altro.

Fanculo...
Al...
Destino...
Mille miliardi di volte...
Sì!

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