6- Super eroe
Dafne
Non può essere!
Non è vero. Io non ho guardato Elias mentre dava spettacolo su quel tetto. Non l'ho sentito ansimare e piegarsi sul corpo di Melissa.
Le porte del mio inferno personale si sono appena riaperte.
Che mi sta succedendo?
Lo stomaco mi ribolle e mi cedono le gambe. Fino a dieci secondi fa ero la paladina inorridita delle donne impegnate. Ora mi sento come colpita da un asteroide in piena faccia.
Le farfalle, le mie farfalle sono tornate per divorarmi lo stomaco, farlo a pezzi, distruggerlo, ridurlo in cenere.
Mi lascia andare e sento cadere la terra sotto i piedi, sprofondare in un abisso senza fine.
Ogni tanto, ho sperato in un incontro casuale e, nella mia mente, sarei stata fredda, distaccata e letale come Vecna. Gli avrei cavato gli occhi e spezzato le ossa con la sola forza della psiche.
Non è per niente come immaginavo.
È lui a essere gelido e devastante. Il suo sguardo, pieno d'odio, mi ha appena uccisa – non prima di avermi spezzato le gambe e cavato gli occhi.
Sono io ad avere il diritto di odiarti.
Restiamo a fissarci, mentre il mio mondo scivola sotto un corpo che trema. Gli occhi di Elias hanno sempre avuto un fascino fatale ma, stasera, sono addirittura letali. Il suo viso, più maturo e, se vogliamo, più consapevole della perfezione che detiene, non è segnato dal tempo come speravo.
Non ha alcun diritto di essere così bello, con quei lineamenti taglienti e le iridi ghiacciate.
Occhi grandi e profondi che si allungano, quasi ad avere un taglio orientale, il mosso ribelle, le labbra carnose e quella nuova barbetta incolta che lo rende così selvaggio, ma che non nasconde le sue enormi fossette, quando sorride. Le spalle sono diventate larghe e le braccia possenti. Non oso immaginare cosa ci sia sotto la camicia, perché ho già intravisto quello che nasconde nei pantaloni e il mio corpo sta rispondendo alla sua vicinanza, come non avrei mai voluto.
Il muro del silenzio che regna intorno a noi, viene rotto dallo stridio della porta in metallo che si apre.
«Tutto bene qui?» domanda Steve non appena ci vede. «Ci ho messo più tempo del previsto. Il locale è pieno.» Sta cercando di giustificarsi, mentre si avvicina a me per stringermi dai fianchi con un braccio. «Tutto apposto, piccola?»
Guardo Elias, come se mi dovesse una reazione, ma in lui vedo solo indifferenza e respiri corti.
«Sì, tutto bene», mento. «Abbiamo solo avuto modo di chiarire il disguido di ieri», mento di nuovo.
Riesco a mettere qualche parola in fila, a fatica.
Sento la stretta di Steve aumentare la morsa. Resto interdetta, per questo gesto che sa di possessione, mi trancia respiro, riportandomi indietro nel tempo. Mi volto per incrociare il suo sguardo e lo ammonisco con il mio.
Allenta la presa e torno a respirare.
«Piccola, potrei chiederti un favore?» Annuisco, ancora stranita. «Nel locale ci sta un delirio. Potresti venire a darmi una mano?»
«Sì, certo, dammi un minuto», dico, mentre, con la testa, gli faccio cenno di andare via.
Prendo coraggio, cerco di mantenere una calma apparente ma, in realtà, vorrei solo urlare con tutto il fiato che ho in gola, per liberare le farfalle annidate nello stomaco.
«Ascolta, facciamo che non ci siamo mai incontrati», dico con un filo di voce, appena Steve richiude l'anta.
«Ascolta, facciamo che non esisti, piccola!» risponde.
Si allontana, con le mani nelle tasche dei jeans, tra sussurri non ascoltati e indifferenza.
Non appena sbatte la porta, crollo a terra, inerme, libero l'urlo che conservavo nel petto, ma loro rimangono dentro.
Non posso restare qui per un'intera serata. Mi tiro due schiaffi in faccia, sperando che sia soltanto un sogno, sperando di risvegliarmi da quest'incubo.
Qualcosa mi spinge a fare una grossa stronzata.
Scendo le scale in fretta, spero di raggiungerlo e maledirlo. Puntare il dito contro la sua faccia di cazzo e atterrarlo.
Non merita la mia rabbia, non merita di vedermi distrutta, dopo tutti questi anni, non merita di conoscere il mio dolore.
La scena che si palesa al mio rientro nel locale, mi lascia con l'amaro in bocca e il fuoco nello stomaco.
Elias balla, mentre tiene un bicchiere di whisky in una mano e, con l'atra, stringe la vita di una biondina girata di spalle. La ragazza si contorce, strusciando il bacino sul suo, lui le sposta i capelli e poggia le labbra sul collo sottile della bambola di pezza. Una morettina gli passa un altro shot che lui tracanna di colpo, prima di imprimerle un bacio di quelli che spezzano il fiato.
Incontra il mio sguardo, in un incrocio che sembra rompere l'aria, tagliandola a metà. Continua a baciarla e a fissarmi, e io non riesco a distogliere l'attenzione da quella scena.
Sento il desiderio di spaccare la faccia a qualcuno, ma non saprei da dove iniziare.
Mi forzo per riprendere la naturale concentrazione, mi guardo intorno. Noto che Steve ha chiamato rinforzi.
Anche Lara si aggira tra i tavoli, avrebbe dovuto staccare alle diciannove. Probabilmente, ha richiesto un doppio turno.
Le faccio cenno di avvicinarsi, mentre raccolgo da un tavolo, una quantità di bicchieri che ricorda l'Oktoberfest.
«Gradite altro?» domando ai commensali che sembrano essere brilli.
«Un altro giro», rispondono all'unisono, tamburellando sul tavolo come bongoceros impazziti.
Completamente ubriachi, mi correggo.
«Arrivano subito!» Sfoggio uno dei miei sorrisi migliori mentre, dentro di me, ho una guerra in atto.
Quando Lara mi raggiunge, le faccio notare la scena orrida che si consuma in pista.
«Sarà una serata memorabile per quello stronzo», infastidita, schiarisce la gola, dopo essere rimasta interdetta, per qualche secondo. «L'avevo già notato durante un paio turni serali.» ammette. «È sempre in dolce compagnia, non te lo consiglio.» dice disgustata dalla sua vista. «Girano voci che abbia un regalino niente male, in mezzo alle gambe, però.» La guardo con l'aria di una che conosce la storia, alzo gli occhi al cielo e sospiro. «Oh. Mio. Dio.» urla, come se le si fosse palesata qualche figura mistica. «Non mi dire che è il pavone di ieri sera.» annuisco nervosa. «Eh, sì, deve essere proprio lui.» soffoca in una risata che mi lascia un sapore acido in bocca.
«Non c'è nulla da ridere, Lara!» la canzono, incrociando le braccia al petto. «Quel pavone è di Elias!» Mi guarda perplessa, come se non capisse. «Il mio Elias!» dico, mostrando il petto.
«Dafne, Elias? Quella merda di Elias?» domanda, ancora incredula. «Ha anche il coraggio di guardarti, mentre fa una gastroscopia a quelle due?» continua, sempre più agitata. «Devo ammettere che ha la capacità di fare più cose contemporaneamente. Ma cos'è, un supereroe?» dice sarcastica.
«Sì, capitan mutanda calata.» rispondo, provocandole una grossa risata isterica.
Vedo i tre nel mirino allontanarsi. Elias tiene le mani di entrambe per condurle nel suo solito posto, nel mio posto.
Quello che mi serviva per calmarmi da un dolore che lui stesso ha provocato, che mi mostrava un modo per ritrovare me stessa, quello stesso posto che mi sta togliendo, perché non riuscirei più a stare bene come prima. Prima di sapere che era Elias a contaminare la purezza delle stelle che guardavo da lassù.
Cerco, ancora una volta, di distrarmi dai pensieri che mi sovrastano.
Steve prova ad attirare la mia attenzione, ma ci sono solo con il corpo. Ho la testa altrove.
Sul quel maledetto tetto, per la precisione.
Non potrebbe andare peggio di così, se il peggio avesse un limite...
Melissa è appena entrata nel locale. Il tacco dodici e il vestito rosso ciliegia che la fascia in un corpo perfetto, non la fanno passare inosservata. Cammina lenta verso il bancone del bar, dove Steve sta preparando uno dei suoi cocktail speciali. Lei si allunga per dirgli qualcosa, lui risponde con un cenno della testa, mostrandole quella stessa porta che ha visto sparire Elias. La raggiunge, a passo svelto, e si eclissa, richiudendola alle sue spalle.
Il ragazzo potrebbe essere nei guai.
Sorrido, pensando che meriti anche peggio di una stronza incazzata.
Melissa si sente al sicuro qui dentro, anche in diritto fare scenate, a quanto pare.
Il suo fidanzato, Matt, ha il divieto entrarci, a causa di una vecchia rissa provocata per un grammo di coca, almeno, così dicono.
«Perdona la curiosità...» Un ragazzo dagli occhi scuri in tinta con la pelle bruna, mi distoglie dai pensieri «Perché il mio amico continuava a fissarti, prima?»
«Non ho idea a cosa tu ti riferisca.» Fingo di non aver capito, mentre prendo tempo ad asciugare un tavolo.
«Parlo di Elias, lo conosci?» domanda curioso.
«Sì, purtroppo.» dico d'istinto. «Abbiamo avuto un piccolo incidente ieri sera.»
«Beh, è abbastanza chiaro che tu non sia Melissa. Quindi, devi essere la pervertita, per forza.» dice soffocando una risata che non riesce a mettermi in imbarazzo. «Complimenti, sei diventata, per diritto, il mio nuovo idolo.» ammette ironico, ma io continuo a rimanere in silenzio. «Mi piaci, ragazza. Piacere Jonathan.» Mi porge la mano. «E tu sei?» Mostro la targhetta, con scritto il mio nome, attaccata alla maglietta nera della divisa. «Non ci credo. Non mi dire che sei Lady Vold-» si blocca, tappando le parole con la mano. «No scusa, non mi dire che sei, quella, Dafne?»
«Sì, è proprio lei.» S'intromette la mia amica. «Piacere, io sono Lara.»
«Mi domando, quale coincidenza astrale ha portato a questo scherzo del destino?» Non credo che Jonathan rinuncerà presto, a questo gioco.
«Un destino proprio stronzo, aggiungerei.» brontola Lara.
«Mi avvalgo della facoltà di non rispondere.» dico, voltando le spalle ai due che sembrano aver trovato, subito, un punto in comune.
Il tempo passa e Lara sta ancora discutendo con Jonathan, seduti a un tavolo, mentre sorseggiano una birra.
Si alzano e mi avvisano che andranno a ballare in un locale poco distante, la voglia di seguirli mi sfiora la mente, ma sono troppo stanca.
Rimango sola, con Steve indaffarato nel conteggio della cassa.
Sto per andare via.
«Ti porto a casa io», si propone. «Non andartene, ho quasi finito.»
Ho bisogno di sfogarmi, in qualche modo.
Sono alla porta, ma mi fermo, torno indietro. Mi avvicino al bancone, giro intorno a esso.
Guardo Steve, come non l'ho mai fatto prima. Uno sguardo pieno della passione che ho lasciato nelle urla sul tetto.
Lo prendo dal colletto della camicia inamidata, il mio desiderio è evidente a un uomo come lui, capace di farmi sorridere anche quando non ho niente per cui farlo.
Le labbra si uniscono alle sue. Le lingue s'intrecciano in un bacio che ha il sapore di proibito, di un sentimento inesistente. La sua bocca, affamata della mia pelle, si fa spazio tra i seni. Sento la risposta del suo corpo al mio, la sua erezione mi strofina le cosce, procurandomi un lieve senso di eccitazione. Avvinghio le gambe intorno ai suoi fianchi e nasconde un mugolio dentro la mia bocca. Muove il bacino in un moto ondulatorio, i respiri affannano. Affondo le unghie nella schiena possente, ormai nuda.
Chiudo gli occhi, per assaporare meglio il momento. Nella mia mente scorrono le immagini della scorsa notte.
Elias!
Stringe i miei fianchi, mi solleva per poggiarmi sul bancone. Riapro gli occhi, per cercare quell'unico sguardo che sia mai riuscita ad amare, quello dell'uomo che mi ha spezzata, ma trovo ancora Steve.
«Ti prego, basta.» dico a corto di fiato, mettendo fine a tutto. «Non voglio affrettare le cose.» Invento la prima scusa che mi passa per la testa.
«Perché mi stai respingendo?» domanda perplesso.
«Voglio prima essere sicura di quello che provo.» rispondo decisa.
«Cazzo!» Si volta di spalle, lasciandomi seduta sul bancone. «Credo che tu abbia ragione, piccola.» Porta una mano sulla testa e rimane con la schiena rivolta nella mia direzione. «Mi piaci dal primo secondo in cui hai attraversato quella soglia.» dice, mostrando l'uscita. «Quando ti sei avvicinata, ordinando una pinta e non un calice di champagne, mi sono detto: è la donna dei miei sogni.» ammette entusiasta, mentre si volta e allarga le braccia.
«Oh!» Non so che dire, sul serio, non so mai cosa rispondere, in questi casi. «Ora vado, si è fatto tardi. Buonanotte.» Mi allontano, più in fretta che posso, per la vergogna che sento sulla pelle.
«Dove stai scappando?» chiede, afferrandomi dal braccio. «Ti devo accompagnare io, ricordi?»
«No, tranquillo, prendo un taxi.»
«Va bene, come vuoi.» Mi lascia andare, accenna un sorriso di rassegnazione. «In bocca al lupo per domani.»
Avevo dimenticato che domani è il mio grande giorno alla casa di moda.
«Evviva il lupo!» rispondo, ancora imbarazzata, mentre esco dalla porta.
Dopo qualche secondo, lo vedo raggiungermi fuori dal locale.
«Preferisco aspettare il taxi con te.» dice, prima di tirami verso di lui e baciarmi, come se fosse l'ultima volta.
Un suono di passi e risate, arriva a spezzare quel bacio che ha il sapore del nulla.
Mi stacco da Steve e mi pento nello stesso istante.
Elias e Melissa sono appena usciti dal vicolo dietro il Mor, hanno risolto la loro serata, a quanto pare. Delle altre due non c'è traccia.
«Ancora in giro, Steve?» dice Elias, con tono sarcastico.
«Buonanotte, Elias.» risponde infastidito, senza guardarlo.
Il mio taxi, per fortuna, non tarda ad arrivare. Questa conversazione idiota che dice tutto, senza dire niente, mi ha già stancata.
«Buonanotte, piccola. Ci sentiamo domani?» chiede, mentre mi infilo in macchina.
Rivolgo un ultimo sguardo alla coppia. Elias è voltato di schiena e credo le stia ancora infilando la lingua in gola.
Che si strozzassero, gli stronzi.
A un tratto, ho un'illuminazione...
Cazzo! Non può essere vero. Le spalle perfette dell'uomo del software sono le stesse di quelle di Elias.
È ufficiale... Ho l'universo contro!
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