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50-Verità (seconda parte)

Rufus

Vanessa era la donna della mia vita. Lo era davvero. Non ti nego che, dopo averla conosciuta, feci di tutto per conquistarla. È stato un colpo di fulmine. Per un periodo ho perfino smesso di frequentare i soliti posti, le solite persone. Avevo anche smesso di bere e di partecipare a ogni sorta di sollazzo. Quell'amore che provavo, però, mi aveva allontanato dalle mie passioni. Quella vita mi mancava e dovevo essere sincero con me stesso. Mi ero costretto a fare il maritino premuroso che non aveva occhi che per lei.

Non reputo i miei giochi dei veri e propri atti d'infedeltà. Mi sfogavo dei mancati adempimenti coniugali. Sono sempre stato un perverso, e Vanessa era così pudica che quasi non mi si alzava più. Decisi di creare un mio arem personale, dove potevo sfogarmi come più desideravo, senza intaccare l'animo puro di mia moglie.

Quando seppi che era incinta e aspettava un maschietto, ero l'uomo più felice del mondo. Poi nascesti tu, ed eri pregevole come pochi.

Avevo alte aspettative, ma non ero un padre ordinario che confidava in una carriera sportiva per il proprio figlio. Ti volevo con me nei miei affari. Saresti stato un vero campione, ma tu non avevi il fegato.

Piangevi quando ti portavo a vedermi in azione. Ti crucciavi nel vedere quelle donne sofferenti. Eri peggio di una ragazzina. Ho anche creduto che ti piacessero gli uomini, a un certo punto; "Le fai male!", gridavi disperato. Una vera delusione, per le mie speranze.

Un bel giorno, alla nostra porta, bussò Sam; una tizia con la quale avevo passato più di una notte, prima di conoscere tua madre. Ci divertivano spesso insieme, ma lei aveva perso la testa e io mi ero stufato di averla attaccata alle palle.

Si presentò con un ragazzino, dicendo che era mio figlio. Era una specie di bisonte, avrei avuto difficoltà a piazzarlo, ma me lo feci bastare – dopo aver richiesto le prove per il dna, però. Persi ogni interesse per te e puntai tutto su di lui.

Senza alcuna particolare aspettativa, una sera, lo portai con me. Non frignò, come una ragazzina decerebrata, anzi. Fu il primo a incitare i miei adepti a non avere scrupoli, mentre sfondavano le ragazze sotto le loro mani. Avrebbe voluto partecipare, il mio Steven, ma non glielo concessi. Era ancora inesperto. Non volevo rischiare di fare una pessima figura. Da quel giorno diventammo una vera e propria squadra, io e lui.

Quando tua madre mi lasciò, mi crollò il mondo addosso, e la colpa fu soltanto tua.

Il tuo animo sensibile, ribelle e disgustoso, le diede modo di pensare che io fossi sbagliato per voi, per lei. Volevo sopprimerti, lo ammetto e, quando non ti trovai in casa, quella dannata notte, persi la testa.

Dopo averla massacrata, scappai via. Presi prima Steven, per portarlo con me. Promisi a me stesso che, un giorno – non m'importava quando –, avrei avuto quello che desideravo e tu ciò che meritavi.

Ti cercai ovunque. Credimi, l'ho fatto, ma sembravi esserti volatilizzato nel nulla. Ho rischiato d'impazzire per trovarti e, forse, la verità era che del tempo mi fregava più di quanto credessi.

Un giorno, Steven espresse il desiderio di provare a giocare con le sue coetanee. Le sue esperienze si fermavano alle donne con, almeno, il doppio dei suoi anni. Gli venne il disgusto. Giustamente, sentiva il bisogno di carne di prima scelta. Trovai quel campus per caso e volle iscriversi proprio lì. Il destino, delle volte, viene incontro ai più meritevoli.

Steven era in fase di rottamazione. Lui non era un bel ragazzo, per nulla. Madre natura non era stata clemente con il mio primogenito. Aveva un grosso neo imbarazzante che gli deturpava il viso, per non parlare dei chili di troppo che lo facevano somigliare più a un piccolo bue, che a un essere umano. Non era in grado di conquistare le ragazzine della sue età, senza piccoli accorgimenti. Per un po', dovette attingere a qualche trucchetto: alcol e droghe, per riuscire ad avere l'attenzione delle puttanelle di quel posto. Purtroppo, ne andava della sua autostima, però.

Gli feci fare un lungo percorso di riabilitazione. Dieta, palestra e qualche piccolo intervento chirurgico, per togliere quella protuberanza orripilante dal volto e dare un aggiustatina al naso, carino, ma non perfetto, lo hanno trasformato nello splendido esemplare che vedi ora.

Non puoi immaginare la felicità che provammo, quando in quel campus arrivasti tu. Steven riconobbe gli occhi. Giocava spesso a conficcare le freccette nelle tue foto. Avevamo un piano, un po' campato in aria, forse per la fretta di vederti soccombere, ma la fortuna girò dalla nostra parte, quando venne espulso dal campo, perché aveva infilato le mani nelle mutandine di qualche ragazzina di troppo.

Da quel momento, continuammo il nostro percorso da dietro le tende del sipario.

Lucas, il vostro supervisore, ci dava una mano, offrendo, ogni sera, tisane fredde al sonnifero, a quell'ingenua di Evelin. Pensava che lui la corteggiasse, la stolta. Russava, come un trattore, quella donna.

L'idea, per un piano vero e proprio, arrivò insieme al tuo sentimento per Dafne. Fu un giorno splendido, quando scoprimmo che la ragazzina ti aveva rubato il cuore. Grazie a lei avremmo potuto farlo a pezzi. Mi resi conto che farti fuori avrebbe messo fine alle tue sofferenze e non lo trovavo corretto nei confronti delle mie.

La fortuna continuava a girare dalla nostra parte. Dafne era una ragazzina bellissima che, crescendo, diventava sempre più appetibile. Il nostro, era un giro in netta espansione. Da qualche anno avevamo iniziato a far puntare scommesse sulle nostre attività. Andava sempre meglio: i giocatori aumentavano di mese in mese, poi di giorno in giorno, quando lei divenne la nostra puntata finale.

Non avevamo mai azzardato tanto. Una quattordicenne – una bellissima quattordicenne – usata come una personalissima vendetta. Quando arrivò alle orecchie degli scommettitori, pretesero di poter partecipare a questo grande jackpot finale. Non usavamo filmare le nostre meravigliose opere, volevamo evitare di lasciare tracce. Per questo motivo, per fornire le prove del successo, selezionavamo un paio di scommettitori come testimoni. Per la tua Dafne, furono necessarie sei persone. Erano anni che aspettavano e dovetti accontentarli.

Due, per la precisione. Per due lunghissimi anni, Matt, quel povero ragazzo, è stato dietro alla tua fidanzatina, per prepararla all'evento. Lui: il più fedele dei nostri adepti. Certo, non ti nego che hanno avuto qualche piccolo screzio con il mio Steven, ma sono cose che succedono, quando ci sono delle luride puttane, di mezzo.

Entrambi avevano una leggera ossessione. Quella di Steven, però, era più potente, anche se meno evidente. La sua era dovuta all'odio che provava per te, anche.

Capisci? Non era nostra intenzione fare del male a questa ragazza, ma lei era così preziosa ai tuoi occhi che ci hai portati tu a farlo.

Non fu una sorpresa, quando mi dissero che la piccola ci era cascata con tutte le scarpe, durante l'unico, miserabile tentativo che il ragazzo fece, per conquistare la sua fiducia. Era una stupida ingenua, proprio come te.

Mi è bastato solo stringere, a mio piacimento, il tuo debole cuore, ogni volta che ne sentivo il bisogno. Premevo, per poi allentare la presa, ogni santissima volta, senza mai stritolarlo del tutto.

Ancora un'altra, e un'altra, un'altra ancora. Mi dicevo sempre che sarebbe stata l'ultima, ma, ehi, figliolo, perché togliersi il divertimento?

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«La tua follia non ha limiti» L'osservo, fiero della persona che sono, mentre stringe i pugni, così forte da fare diventare bianche le nocche. «Tu stai dicendo che Matt ha drogato Dafne, per poi abusarne, solo, perché sei convinto che mia madre ti avesse lasciato a causa mia?»

Quella parola, quel "solo" detto così, a cuor leggero, è proprio quella a farmi capire quanto, questo ragazzo, tenda ad essere superficiale.

«Non minimizzerei, fossi in te» dico, puntando il dito contro di lui, con l'intento di minacciarlo. «Vuoi conoscere la parte migliore della storia? Quella parte che fa ancora più ridere?» Rimane impassibile. Sembra quasi abbia perso il respiro, insieme alle parole. «Forse, sarebbe ancora più esilarante, se fosse la tua Dafne a raccontartela.»
Schiocco le dita, per intimare i ragazzi a premere il coltello sulla gola della donna che assiste inerme e silente ai nostri discorsi.

La sgualdrina non accenna ad aprire la bocca, ingoia saliva su saliva, terrorizzata dalla lama affilata che le sfiora il collo. Matt l'afferra dai capelli e tira la sua testa all'indietro, prima di leccarle l'orecchio e sputarle saliva, dietro un ordine perentorio.

«Ti ha detto che devi parlare.» dice, digrignando i denti.

«E io vi ho detto che non dovete toccarla.» risponde Elias con tono di minaccia.

Ma è solo un piccolo topo spaventato che resta immobile.

Lui non ha paura per la sua vita, ma trema al pensiero che quella lama, puntata sul sottile collo della donna che ama, possa premere nelle sue carni, infilzarle e mettere fine al loro disgustoso sogno di essere felici, insieme. La feccia è la lurida puttana.

Una coppia da sogno... esilarante!

«Matt non era solo la notte in cui sono stata violentata» ammette la ragazza, con un filo di voce. Il topo di fogna la osserva stranito, sgrana gli occhi, come se gli stessero per scoppiare. «In molti guardavano la scena, ma Steve... Steve ha preso parte a quell'orrore» continua, cercando di non far uscire le lacrime, ma io la vedo mentre le conserva dentro per non darmi soddisfazione. «Lui ha abusato di me, insieme a Matt, Elias.»

Il dolore s'imprime, come inchiostro su un foglio bianco, con una penna leggera e bellissima che scrive su carta la più splendida delle poesie.

Lui è quel foglio bianco macchiato dalla sofferenza che meritava. Lo leggo nei suoi occhi, mentre lei recita quel canto.

La rabbia riempie l'aria, si potrebbe soffocare qui dentro, se non fosse che, per me, tutto questo è diventato puro ossigeno.

Eccolo. È arrivato il momento della realizzazione. Una di quelle che riesce a colpirti in piena faccia, mostrandosi al mondo.

Sì, lurida feccia. Sono sempre stato io a manovrare i fili della tua miserabile esistenza. Io e il mio Steven siamo stati dei burattinai pazienti e minuziosi. Meritiamo un premio. Tocca a te consegnarlo...

È vano il tentativo di sopprimere la sua ira tra le mani degli adepti che lo tenevano bloccato. Riesce a liberarsi dalla presa e raggiungere Steven. Le mani del mio ragazzo, allentano la morsa dai capelli di Melissa che crolla, sfinita, sul pavimento.

Lo lascio fare. Lascio che sfoghi la rabbia sulla persona che gli ha portato via tutto. Con un gesto, ordino ai miei sottoposti di non fermarlo. Servirebbe a ben poco, ora. Inoltre, una buona scazzottata tra fratelli non ha mai fatto male a nessuno.

Mi godo lo spettacolo, con il braccio teso e le dita aperte, in un comando di fermo, per gli adepti.

Non appena Elias sferra il primo pugno sulla mascella di Steven, vedo Dafne chiudere gli occhi. Ancora un altro. Un calcio nello stomaco, piega in due il mio povero figliuolo, che fatica a rialzarsi. Solo per un attimo, però.

Abbasso il braccio, per dare, a Steven, la possibilità di reagire. I miei bravi schiavetti si avvicinano a Elias, portano le sue braccia dietro la schiena. Uno di loro, gli si poziona davanti la faccia e porta le mani su quella stupida testa da topo di fogna. Stringe, stringe sempre più forte, per poi calmare le sue ire con una testata violenta.

Steven si sposta verso l'altare e afferra una delle pistole sopra riposte.

«Hai fatto la mossa sbagliata, idiota!» Mio figlio ha ormai perso la pazienza. Lo si nota dall'urlo che viene fuori, insieme alle parole ringhiate a denti stretti.

«Non vuoi farlo davvero, Steve.» Il tono di Elias è quello di un uomo terrorizzato, quando l'altro punta il ferro verso il cuore di Dafne. «Tu provi qualcosa per questa ragazza. Non poteva essere solo una vendetta, la tua.» dice, nella speranza di convincere il fratello di avere un'anima.

Avere un'anima, a cosa servirebbe? Provare sentimenti insulsi che ti fanno perdere il senno e la concentrazione. Noi l'abbiamo lasciata al diavolo che la tiene al calduccio, per quando il nostro viaggio finirà all'inferno.

«Sei divertente, fratellastro.» Steven sorride sardonico, mentre si allunga di qualche passo verso la ragazza, stretta nella presa di Matt. Se non fosse lui a reggerla, crollerebbe al suolo, con quelle sue gambe tremanti. «E, dimmi, Elias. Secondo te, come potrei provare qualcosa per una puttana che ha preferito te a me» Punta la pistola sul suo corpo perfetto e la lascia scivolare, mostrando il busto. «Io le stavo offrendo una via di salvezza. Scegliere me avrebbe significato farti soffrire in altri modi, ma lei ha preferito questo.» Si batte, più volte, la pistola alla tempia, mentre la stringe con forza in un pugno. «Non ha colto il suggerimento e, ora, ne pagherà le conseguenze, anche lei.»

Ho forgiato una macchina da guerra, senza il pulsante di spegnimento.

«Steven, respira, figliolo» Provo a calmare la sua ira e riportarlo ad essere l'uomo paziente che è sempre stato. «Non lasciarti sopraffare dalla rabbia. Segui il piano alla lettera.»

«Sono arrivato al limite, padre. I piani possono cambiare» Mi sorprende. Non aveva mai trasgredito a un mio ordine. «Lui deve provare quello che ho provato io, quando ho seppellito mia madre.» confessa, portando l'attenzione su quello stupido sentimentalismo inutile.

«Tua madre? Cosa c'entro io con tua madre?» domanda Elias confuso.

Il ragazzo sta perdendo il lume della ragione, dietro i deliri di suo fratello.

È tutto così spassoso!

«Rufus l'ha uccisa, solo per colpa tua.» Sì, Steven, è stata tutta colpa di questo mostro dagli occhi di ghiaccio. «Era talmente fuori di testa quella notte... voleva portarmi con sé, ma lei tentò di fermarlo» blatera parole confuse, mentre volta il ferro nella direzione della vera bestia, e ritrova un contegno. «Dopo aver picchiato tua madre, per non averti trovato, si è sfogato sulla mia» Agita quell'arma, come fosse fango tra le dita.

«Steve, ti prego» urla Dafne, provocando l'ilarità dei presenti. Matt la strattona, ancora una volta, dai capelli, per farla stare zitta, ma io voglio sentire ciò che ha da dire e faccio cenno di lasciarla stare. «Vostro padre è un folle senza un briciolo di umanità.» Folle? Mi sembra eccessivo. «È stata una sua la scelta.» Vanessa e Sam, non mi hanno dato alcuna opzione. «Come puoi pensare che potesse c'entrare un bambino?» Doveva lasciare che mi sfogassi su di lui, da vero uomo, come avevo provato a insegnargli, senza nascondersi. «Non è stato Elias a ucciderla.» Oh, sì, invece. Non lo avrei fatto, se lo avessi trovato. «Tu non puoi essere questo. Io ho visto altro in te» Piccola bugiarda, con il tuo misero tentativo di fargli pena, vuoi farlo cedere, ho capito. «Non avrei mai messo in dubbio il mio amore per Elias, se non avessi visto del buono in te.»

Steve, però, al contrario di ciò che pensavo, sembra essere caduto nella trappola della sgualdrina. Abbassa il ferro e si volta verso la ragazza, mentre gli adepti stringono la feccia con più vigore. Si avvicina a lei, le sfiora una ciocca di capelli che le accarezza la guancia, per poi portarla dietro l'orecchio e concederle un sorriso.

«Perché?» le chiede. «Perché lui?»

Osservo la scena, come uno spettatore che non può fermare lo spettacolo del nulla.

«Perché... lui è Elias.» ammette, senza esitazione. «È l'uomo che amo, che ho amato e che amerò per sempre» Il ragazzo arretra di un passo, stringe la pistola fra le dita, ma non la alza. «Avrei voluto provare tutto questo per te, Steve, ma non posso decidere cosa provare e per chi provarlo.»

Tutto questo teatrino mi ha stancato. Steven è un debole, come suo fratello. Anche lui è stato raggirato da una stupida puttana. Lo vedo nel suo sguardo deluso, in che misura è diventato uno di quei coglioni innamorati.

Il diavolo deve avergli restituito l'anima, mentre ero distratto.

Avevo visto del genio nella sua idea di mettere in scena la tragedia di Romeo e Giulietta. Distruggere psicologicamente i due amanti, fino a fargli compiere il gesto estremo.

Ha messo su la pantomima teatrale, per distrarmi. Farmi credere che lui seguiva i miei passi, invece... è andato oltre, deludendo le mie aspettative. Lui non voleva che altri la toccassero, per questo ha utilizzato Melissa. Altro che viaggio nei ricordi.

Fanculo, Shakespeare!

«Tu sei solo un'altra lurida feccia, Steven» Ora sono io a perdere la pazienza. «Sei stato tu a trovare il modo di far scappare questa inutile sgualdrina, ammettilo!» urlo, in preda a un'ira che non sentivo da troppo tempo.

Scorre insieme al sangue e la sento pulsare all'unisono con il cuore.

«Sì, padre, sì. Lo ammetto.» confessa, e tutto ciò che ho costruito va in pezzi. «Ho detto a Melissa che non l'avrei fermata, se avesse avuto intenzione di fare qualcosa. E ho suggerito io ai ragazzi di tenersi svegli con litri di caffè.» Lui lo vede come mi sta distruggendo, ma continua a farlo. Quella pistola diventa nulla, in confronto alle coltellate che mi ha inflitto. «Non me lo perdonerei, se accadesse qualcosa di male a Dafne.»

La vita, per un attimo, si ferma. Mi scorrono davanti le immagini del tempo speso e perso a far diventare Steven un vero uomo. Rimango immobile, solo per un po', giusto il tempo di riprendermi e capire che non me ne fotte un cazzo di nessuno.

Mi impossesso della mia solita calma, la riprendo in mano, mentre mi avvicino alla tavola imbandita. Afferro un altro di quei ferri freddi che prende subito calore tra le mie dita roventi.

Punto l'arma in direzione della ragazza. Matt non esita nel lasciarla andare e spostarsi dal suo posto, portando dietro di sé una scia di risate sarcastiche.

Avrei dovuto spendere più tempo per lui, mi avrebbe dato grosse soddisfazioni.

Steven ed Elias, provano a scaraventarsi sulla donna, per farle da scudo, mentre il colpo parte dalla canna.

Premo il grilletto ed è una sensazione celestiale. Ho il completo controllo dei burattini...
Sono io a decidere inizio e fine. Fine e inizio. Inizio e fine.

La pallottola centra il suo bersaglio. Schizzi di sangue imbrattano le tende rosse, donando loro delle chiazze più scure di qualche tono. Quasi come se fossero fatte di proposito. È la dimostrazione che una vita spezzata vale meno di niente, quando è in tinta con l'ambiente.

La morte dovrebbe arrivare il meno dolorosa possibile, per portare l'uomo a perdersi dignitosamente ma, in questo specifico caso, spero che sia un momento straziante.

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