Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

40- Mi mancherà

Dafne (Poco prima della sfilata)

Mi sveglio nella stessa camera di sempre, quella piena di foto attaccate alle pareti che ritraggono la me di ogni giorno. Chissà dove stavamo guardando, io e Lara, nell'immagine inserita in una cornice nera sul mio comodino.

Stringo tra le mani la fotografia ingiallita che ho trovato a Parigi, in casa di Hellin. Guardo lo strano individuo raffigurato, quello che, da lontano, osserva il piccolo Elias, con uno sguardo che non mi convince del tutto. Nella sua memoria non c'è traccia di quel ragazzino inquietante.

Più osservo quell'immagine sgranata, più mi convinco di averlo visto da qualche parte. Il suo profilo mi sembra familiare, ma non riesco a trovare un solo neo che possa ricondurmi a qualcuno in particolare. È strano, però: ne ha uno grosso sulla guancia e, per quanto mi ricordi qualcosa, quel viso, quello stesso neo elimina ogni dubbio. Non è un particolare che passa inosservato, soprattutto, se te lo ritrovi in piena faccia.

Infilo la foto nella borsa, prima di andare ad affrontare tutto ciò che mi attende, dietro la porta del mio grande giorno, quello del debutto come stilista di collaborazione del grande marchio Hellin Wester.

Domani, in bene o in male, si parlerà di me. Potrebbe essere un'eccitante vittoria o un clamoroso fallimento.

Anche se, dentro, sento già il peso della sconfitta. Quella data dagli eventi che si sono susseguiti, uno dietro l'altro, senza darmi il tempo di prendere la boccata d'aria successiva.

La sfilata è diventata l'ultimo dei miei problemi. Sarebbe dovuto essere un momento memorabile, colmo di euforia e buon vino, per festeggiare il dopo, qualunque potesse essere e, invece...

Mi ritrovo ad annaspare, inerme, chiusa nella consapevolezza che, quel domani, che tanto aspettavo, non sarà come desideravo, ma sarà un altrove e ovunque, purchè sia lontano da chiunque possa farmi ancora del male.

Sono svariate settimane che mi limito a un saluto generale, quando entro negli uffici. Sono combattuta ora, persa dietro una specie d'invidia che mi porta a immaginare Dalia ed Hellin che rimangono sole in casa a sparlottare e guardare film strappalacrime, mentre sorseggiano dell'ottimo rum in bicchieri di cristallo, per scaldare la gola dal primo fresco di settembre. Delle volte, vorrei solo correre da loro ed essere parte di quelle immagini che continuano a scorrermi nel pensiero.

Mi manca, lo ammetto.

Mi manca l'abbraccio di Hellin, che mi consola. Vorrei avere la possibilità di dimenticare tutte le bugie e farmi cullare dalle sue braccia che non si sono mai stancate di farlo. Non ci riesco, però, è più forte di me e di ciò che mi spinge verso la possibilità di perdonare. Non sono pronta e, in questo momento, non so se lo sarò mai.

Avrei voluto avere più tempo e ponderare bene le scelte, ma, devo dire che, l'ultima conversazione con Elias, è stata illuminante e io non ho la pazienza di aspettare ancora.

Ha ragione lui. Devo andare il più lontano possibile. Non posso continuare a procrastinare per una decisione. Restare ancora, significherebbe attaccarmi a una speranza che non esiste più. Significherebbe farmi del male con le mie stesse mani, perché una scelta c'è, e io l'ho fatta!

Tra un mese inizierò una nuova collaborazione con uno stilista emergente, in Italia. Elia Battista. Chissà perché, ho scelto proprio lui. Il mio intento, di stare lontana da tutti gli Eli del pianeta, ha avuto vita breve. Quest'uomo, giovane e, decisamente, affascinante, ha bisogno di un socio. Mi conosceva. Aveva già sentito parlare di me, e crede che io sia la persona giusta. Non posso fare altro che assecondare questa follia.

Mi costringo ad alzarmi, per fare una doccia e prepararmi. Lara è uscita prima, con Jonathan, per sbrigare delle commissioni. Se solo sapessero che Elias ha fatto la spia sulla sorpresa che stanno organizzando, potrebbero decapitarlo. A pensarci bene, non sarebbe una cattiva idea, e io non li fermerei.

Abbiamo appuntamento al Mor, per l'ora di pranzo. Farò una piccola pausa dal lavoro e mi regalerò un momento di pace. Sono stati giorni molto duri, tra le corse per gli ultimi ritocchi e il mio umore, più a terra di ieri e meno di domani.

Quando arrivo in ufficio e apro la porta, il profumo di quella maledetta crostata mi sorprende, come la figura di Hellin seduta ad aspettarmi.

«Cosa ci fai qui?» chiedo, mentre chiudo l'anta alle mie spalle.

Non sono dell'umore per discutere con lei, non ho neanche il diritto di cacciarla da un ufficio che, in realtà, è suo.

«Ti prego, piccina. Oggi è il nostro giorno. Il tuo giorno, e io desidero solo passarlo con te, starti vicina.» dice in una supplica.

Si alza dalla sedia per raggiungermi, con le braccia aperte, per provare a riscaldarmi in uno di quegli abbracci che non avevo mai rifiutato, prima di ora. La scanso, giro intorno alla scrivania e fingo di rovistare tra appunti e nuovi bozzetti.

«Hellin, abbiamo molto da fare. Non mi sembra il momento per queste cose.» Le porgo i fogli con i nuovi disegni, che tengo mano. «Questi ultimi schizzi, li ho fatti per la prossima collezione, puoi tenerli.» Le dico, prima di prendere la chiave del cassetto per aprirlo ed estrarre qualcosa che, so già, non le farà piacere. «E queste, sono le mie dimissioni.» Concludo, tenendo la testa bassa, a osservare il caos che regna sulla scrivania e tentare di sistemare quello che ho dentro.

Non la sento emettere un fiato. Non guardo ancora nella sua direzione.

Ho come la sensazione che, se lo facessi, potrei leggere nel suo dolore e non riuscirei a sopportarlo, anche, se lei non si è preoccupata del mio.

«Non le accetto. Non posso, Dafne.» La sua voce arriva, come spilli dentro orecchie che sanguinano. «È così strano rendersi conto che, dopo tutto quello che ho fatto, per avvicinarmi a te, dopo tutte le volte che sono riuscita a consolarti e tenerti al sicuro, tra le mie braccia, siamo tornate ad essere due complete estranee.» Chiudo gli occhi, solo per un attimo, e sospiro.

L'ho sentito il suo affetto. L'ho sentito, in tutte quelle volte che non riuscivo a spiegarmi il nostro legame. L'ho sentito, quando, la prima volta in cui l'ho vista, le tremavano le mani e nelle mille volte in cui sono scappata, per rifugiarmi con lei ed essere protetta dal mondo. L'ho sentito, in ogni fazzoletto che mi ha passato per asciugare le mie lacrime e, ora, non so neanche più di chi è la colpa di questa distanza.

Vorrei infrangerla, per correre, di nuovo, da lei, anche se fosse l'ultima volta. Una di quelle ultime volte che non hanno intenzione di finire.

Ma non lo faccio, perché, quella stessa distanza è ostacolata dal muro del mio orgoglio ferito. So bene come l'ho innalzato, ma non ho la più pallida idea di come abbatterlo.

«Vedi, Hellin, i sentimenti delle persone sono come dei cristalli; splendono e sono bellissimi. Alcuni, riflettendo la luce del sole, riescono a creare magie di colori variopinti. Ed è proprio così che funzionano le emozioni.
Riflettiamo la luce dei nostri sentimenti e, delle volte, proprio come fanno i cristalli, possono trasformarsi in polvere.» Ripeto quelle parole che le ho sentito pronunciare non molto tempo fa. «Forse, è la cosa più vera che mi hai detto, perché, ora non resta che la polvere dei miei sentimenti.» puntualizzo,  mentre porto le mani al petto.

Non c'è più alcun pezzo da incollare. Sono diventata la cenere di un fuoco che ha smesso di ardere, per mancanza di ossigeno. Non mi resta che essere spazzata via da un soffio di vento.

«Io-»

La fermo prima che possa aggiungere altro.

«Non devi dire nulla, Hadi. È già stato detto tutto, non ne vale la pena.» Provo a sistemare, in modo ordinato, le scartoffie sul tavolo, per evitare, ancora una volta il suo sguardo perso. «Ora vado a mangiare qualcosa, vi raggiungerò non appena finisco.»

«Come vuoi.» risponde, con un magone che riesce a spezzare anche me.

Sento un misto di nostalgia, tristezza e parole non dette che vogliono annegarmi nel mare dei sensi di colpa. Poteva essere sincera sin da subito, ma ha preferito la menzogna. La stessa di cui sono vittima da sempre. La soluzione migliore è quella di stare lontana chilometri, dalle persone che sanno mentire. Dalle persone che amo.

🏩🏩🏩🏩🏩🏩🏩🏩🏩🏩🏩

Arrivo al Mor, con qualche minuto di anticipo sulla tabella di marcia. Lara e Jonathan stanno per raggiungermi. È da un po' che non passo dal locale, per salutare. Vedo Steve, impegnato a discutere, con una ragazza dai capelli scuri e ricci e, non appena alza lo sguardo e mi vede, al di là della porta a vetri, mi fa cenno di entrare, lasciando che tizia dagli splendidi capelli, continui, da sola, la sua conversazione.

Apro la porta e raggiungo il bancone, dove mi sta aspettando con i gomiti poggiati sul ripiano e un sorriso che farebbe sciogliere i cuori più deboli, ma non il mio.

«Ehi, piccola, da quanto tempo!» Sapevo che sarebbe partito il rimprovero. «Questa sfilata ti ha portata lontana da me.» dice, canzonandomi. «Non sei passata più a trovarci, sei sparita del tutto. Sei proprio una brutta persona.» continua, spostandosi da quella posizione, per spillare una bionda piccola.

«Dai, lo sai, avrei voluto tante volte venire, anche solo per una di queste.» rispondo, mostrando il bicchiere che tiene in mano.

«Infatti, questa è per te.» dice, per poi passarmela, facendola scivolare lungo la tavola di legno, tirata a lucido. «So benissimo che ti è mancata più la mia bionda che io.» Sorride e ammicca, per farmi capire l'ironia. «Che mi dici, piccola. Stasera è la grande sera, come ti senti?» Ne spilla una anche per lui.

Si avvicina, subito dopo, per battere i due bicchieri in un brindisi.

«Un po', tanto, agitata.» ammetto.

«Be', direi che è normale. Il tuo grande sogno sta per realizzarsi e, confesso, un po' anche il mio.» rivela, per poi buttare giù tutta la birra, con avidità.

«Il tuo?» chiedo confusa, prima di seguire il suo esempio e bere un bel sorso di bevanda ghiacciata.

«Già, il mio. Non ti voglio rubare la scena, ma ho organizzato una grande festa, per l'inaugurazione di un posto che, per ora, deve rimanere top secret.» dice, abbassando il tono della voce, mentre si china, come per rivelarmi un gran segreto. «Si entra solo su invito. Per ovvi motivi, non hai ricevuto il tuo, ma sarai la mia prossima ospite, promesso.»

«Spero di riceverlo presto, allora. Mi dispiacerebbe dover rifiutare.» rispondo, lasciandolo interdetto.

Piega la testa da un lato, confuso: «In che senso?» chiede.

«Vado via, Steve. Mi trasferisco.» confesso.

«Come? Cosa? Quando?»

La raffica di domande mi porta a sorridere. Il mio non vuole essere un insulto, ma un modo per esorcizzare la malinconia che già sento dentro.

Per quanto io voglia scappare dai miei demoni, sono proprio gli stessi che amo da morire e non posso che essere consapevole del fatto che sentirò la loro mancanza.

Mi mancherà tutto, perfino Steve, in qualche modo. Mi mancheranno le luci del Mor che si spengono per chiudere una serata sfiancante. Mi mancheranno le risate con i colleghi. Mi mancherà, stare dietro il bancone a spillarmi qualche birra di nascosto, durante il turno, ma, soprattutto, mi mancherà quel maledetto terrazzo che non ho voluto più affrontare.

«Il tempo di sbrigare le pratiche e preparare i bagagli.» rispondo atona.

«Ma di che cosa stai parlando? Quando hai preso questa decisione? Elias è daccordo?» continua con le domande, una dietro l'altra.

«Elias? Lui è uno dei motivi per il quale vado via, Steve.» Non avrei dovuto dirlo, non sono fatti che lo riguardano, ma mi ha provocata e non sono riuscita a frenarmi.

«Ma è assurdo. Voi due non state insieme?» Ed eccola, la domanda che avrei voluto evitare con tutta me stessa.

Mi ritraggo, non vorrei rispondere. Scolo l'altra metà della birra, per buttare giù, anche quello che ho intrappolato in gola.

«No.» rispondo secca.

«Stai mentendo.» Mi accusa, come se conoscesse meglio di me la situazione.

E mi irrita, perché non ci sarebbe cosa che vorrei di più, ma quel magone che speravo scendesse con l'alcol è risalito, insieme a un senso di nausea.

«Perché dovrei mentire?» rispondo confusa.

Steve lo è più di me, però. Lo leggo nei suoi occhi di rimprovero, quelli che non è mai riuscito a tenere nascosti, come se fosse il detentore supremo della verità.

«Vi hanno visti.» risponde, sicuro di ciò che dice.

«Avranno visto male. Lui sta con un'altra, ora. Non valevo così tanto come credevo, a quanto pare.» Mi rabbuio, solo per un attimo, prima di indossare la maschera del mio sorriso migliore. «Pensavo ci saresti stato anche tu, alla sfilata, ti avevo portato l'invito.»

Tolgo la carta da lettera dalla borsa, più per tentare di cambiare discorso che per altro. Basta, Elias deve sparire, anche, da quei pochi discorsi che gli vengono riservati. Lui ha passato una spugna sul nostro amore appannato. Ero rimasta solo io a vederlo, ora, devo pensare solo a cancellarlo.

«Non sai quanto mi dispiace, Dafne. Purtroppo avevo già confermato la data, quando ho saputo della sfilata.» dice, per poi stringere le labbra. Alza e abbassa le spalle, dispiaciuto di non poter fare qualcosa per accontentarmi. «Però, posso prometterti il mio pensiero.» Lo guardo stranita, prima che lui continui. «Sarà rivolto sempre e solamente a te. Nella mia testa, ci sarai tu soltanto, non mi lascerò distrarre da niente e da nessuno.»

Mi rendo conto, che avrei voluto sentire pronunciare queste parole da qualcun altro. Ed è proprio per il mio pensiero costante, uno di quelli che non posso tenere a bada, che vado via. Non voglio continuare a distruggermi.

«Tesoro, scusa il ritardo» La voce di Lara, chiude ogni altro tipo di interazione con l'uomo che ho di fronte. Mi volto a guardarla e noto che ha il mascara sbavato.

«Cos' è successo.» Le chiedo, in un sorriso vero, questa volta.

«Non puoi capire. Jonathan ha preso un tombino di petto, per girarsi a guardare il suo fidanzato, mentre fissava un tizio, in una vetrina di Prada. Spoiler: era un manichino.» Soffoca in una risata contagiosa. Quando si riprende, si avvicina per abbracciarmi. «Ti rendi conto? Oggi, per la prima volta nella storia delle storie, sarò in prima fila alla sfilata di una stilista famosa.»

«Non sono famosa, Lara.» sottolineo.

«Non ancora.» risponde, alzando l'indice in alto.

Mi guardo intorno. Non vedo arrivare i due piccioncini felici. Guardarli insieme, così innamorati, mi dona un senso di calore disarmante. Anche loro, mi mancheranno da impazzire.

«Dov'è Jonathan?» domando, non vedendolo ancora.

«Litiga con il tipo, per la scenata del manichino.» Ride in modo sguaiato. «Quell'altro, si era girato, per guardare una giacca di pelle al cinquanta percento e lui, orbo come una talpa, ha visto un fustacchione di due metri che ricambiava lo sguardo ammiccante della sua dolce metà.» Si interrompe con una risata sonora. «È caduto su un tombino per cercare di focalizzare chi fosse il manichino, capisci?»

Avrei  voluto assistere a quella scena esilarante, ma, ammetto che, vedere Lara ridere in questo modo è, comunque, un bello spettacolo.

Ancora non le ho detto del mio trasferimento. Non so come la prenderà. Quello che so, è che mi mancherà tutto questo.

Mi mancheranno le sue risate. I barattoli vuoti di gelato lasciati in freezer. Le serie iniziate insieme, ma mai terminate perché, la stronza, continua a vederle senza di me, fingendo di non farlo. Le scorpacciate di cheesecake al caramello e noci che mi costringe a mangiare. Non le ho mai detto che preferisco quelle ai frutti di bosco, perché, altrimenti, l'avrebbe presa, mangiandole entrambe. Mi mancherà non trovare il telecomando, disperso nel buco nero del divano. Mi mancheranno le uscite di testa, la sua lingua tagliente e il suo odore di talco.

«Mi mancherai, Lara.» Mi faccio coraggio e sputo fuori quello che avrei dovuto dirle da subito.

«In che senso?» risponde, asciugando, con un tovagliolo, le lacrime delle sue risate.

«Vado via. Non posso più restare.» dico secca, decisa, come non lo sono mai stata, prima d'ora.

Quelle stesse lacrime di gioia, si trasformano in lacrime amare che non avrei voluto versasse.

Mi mancherai, ancora di più di quanto, io, potrò mai mancare a te. Sei il rapporto più vero che abbia mai attraversato la mia anima, sei l'altra metà della mia ala e, con una sola, non si può volare ma, noi, ci dovremo provare lo stesso.

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro