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28-Tic-Tac

Vanessa

La mia storia ha inizio dalla fine!

Incontrai Rufus Darken quando avevo vent'anni. Non fu esattamente un colpo di fulmine, ma un cedimento per asfissia. Rufus, per circa un anno, riuscì a essere talmente insistente da farmi cadere nal suo estenuante corteggiamento, per resa. Era un uomo sempre attorniato da donne molto belle, ma poco aggraziate. Un donnaiolo; un festaiolo alla ricerca di serate a base di sesso, droga e rock'n roll.

Non pensavo di potermi mai innamorare di una persona del genere, ma l'ostinazione ebbe la meglio sulla mia diffidenza. La sindrome della crocerossina venne fuori, senza che me ne rendessi conto, e mi catapultò all'inizio della fine. Il desiderio di poterlo cambiare era intrinseco e non riuscii a vedere quanto stessi mentendo a me stessa.

Rimasi incinta dopo un paio di anni. Rufus sembrava essere l'uomo più felice del pianeta, quando scoprimmo di aspettare un maschietto. Dopo la nascita di Elias, non ricordo una sola notte in cui quell'uomo non fosse al mio fianco. La convinzione di aver fatto la scelta giusta diventò sempre più obbiettiva e reale.

Con il passare del tempo, la personalità di Elias, così gentile e altruista, anche se estremamente vivace, mi diede l'impressione di infastidire quella del padre.

«Cosa sei, una femminuccia?» Lo tacciava, continuamente, come fosse una colpa. «Gli uomini veri non piangono per un uccellino dalle ali spezzate! Gli uomini veri scopano, bevono, si divertono e, se continuerai così, passerai un'adolescenza che non varrà la pena di essere vissuta.»

Credeva che non ascoltassi, mentre utilizzava quei modi rudi e sporchi nel parlargli.

Elias poteva avere all'incirca sei anni, quando il padre iniziò a portarlo in giro con sé ma, ogni volta che rientravano, Rufus sembrava sempre più nervoso e a disagio, rispetto all'indole buona di suo figlio. Pensavo fosse solo un periodo di forti contrasti, ma le cose peggiorarono, andando avanti. Il loro rapporto era inesistente ed Elias era diventato un fantasma per Rufus. Non tentava neanche più di convincerlo a distruggere le tane delle formiche.

Di lì a poco, il suo atteggiamento, cominciò ad essere aggressivo anche nei miei confronti. Rincasava a notte fonda ubriaco fradicio, pretendendo che io mi svegliassi, adempiendo ai miei doveri coniugali, fino a quando, una sera, completamente stremata, lo rifiutai in malo modo e lui prese il mio corpo, con la forza.

Ricordo ancora il bruciore in volto dovuto agli schiaffi, le gambe livide e tremanti, il dolore alle parti intime e il fuoco in gola. Mi fece le sue scuse e io le accettai, ma non lo perdonai sul serio, avevo solo paura. Il nostro rapporto, ormai deteriorato, andò alla deriva dopo qualche anno.

Era una sera d'estate, io ed Elias eravamo in giardino a raccontarci storie. Rufus, come al suo solito, rientrò a tarda notte e ci trovò accoccolati, mentre cercavo di consolare il mio bambino dal triste finale del Piccolo Principe.

«Non mi dire che quel coso sta di nuovo piangendo?» Commentò isterico

«Quel coso? Stai parlando di tuo figlio, quando la smetterai di essere così stronzo?»

«Quello non può essere mio figlio. Mio figlio dovrebbe essere un uomo plasmato a mia immagine e somiglianza. Questa è solo una ragazzina insicura... non me ne faccio niente!» disse, per poi sputare sul prato.

Lo giustificai per quelle parole e per quel gesto. Pensai fosse solo nervoso per aver bevuto troppo o chissà che cosa. Elias era il bambino più gentile e amabile del mondo e meritava un padre diverso.

Dopo qualche tempo, venni a sapere che, durante quelle notti, non si era mai risparmiato di condurre la vita che aveva trascorso, prima di conoscermi. Quella vita piena di eccessi e donne bellissime. Tutte scelte che facevano a pugni con la mia idea di famiglia.

Arrivò il giorno in cui smisi di avere paura. Rinsavii e riuscii a lasciarlo, quando Elias aveva nove o dieci anni. Pensavo di aver vissuto in un incubo fino a quel momento... mi sbagliavo! Il vero incubo si palesò qualche tempo dopo la rottura. Rufus divenne ingestibile e aggressivo. Sfogava la sua rabbia su di me, minacciandomi di farlo anche su mio figlio se non fossi tornata con lui. Lo denunciai riuscendo a ottenere un ordine restrittivo per me e il mio bambino.

Qualche mese più tardi, trovai un biglietto nella buca delle lettere:

"Quando una donna non torna sui suoi passi, si ritroverà un figlio morto!"

Mi spaventai, ma mi feci forte del pezzo di carta che avevo ottenuto. In fondo, lui mi amava e voleva bene a suo figlio, non sarebbe arrivato a tanto. Inoltre, avrebbero potuto arrestarlo se solo si fosse avvicinato a noi.

Nessuna convinzione fu mai tanto sbagliata.

Quella stessa sera, rientrando dal lavoro, trovai un altro bigliettino:

"Tic-tac, il tempo è un bastardo che corre veloce"

Agghiacciata, rientrai in fretta in casa, tirando Elias per un braccio. Dopo averlo messo a letto, restai sveglia, nascosta dietro la finestra, per assicurarmi che, quella notte, nessun mostro venisse a farci visita. Le speranze che riposi in quei momenti, furono deluse. La bestia arrivò, mostrando occhi sanguinolenti. Svegliai mio figlio, cercando di non rivelare il mio terrore e, prima di rinchiuderlo nell'armadio, mi assicurai che non uscisse.

«Amore mio, promettimi che qualunque cosa accadrà tu non ti sposterai da qui», Non dimenticherò mai quegli occhietti assonnati che non riuscivano a capire cosa stesse succedendo. «Facciamo il gioco del silenzio. Tu non devi parlare e guardare, okay? Ti amo più della mia stessa vita e non ti lascerò mai, neanche quando saremo lontani.» Riuscii a sistemarlo in tempo, pregando rispettasse le mie parole. Rufus sfasciò la porta con la forza di un uragano e lo sguardo iniettato di veleno, mi venne incontro, urlando parole quasi incomprensibili.

«Dov'è quel bastardo?» disse guardando sotto il letto.

«Non è qui, Rufus!»

Urlava, mentre piangevo, ma le lacrime non lo fermarono, anzi.

«Quel figlio di puttana, è un figlio di puttana morto se non mi dici subito dove si trova!» Era uscito fuori di testa, completamente. Riversava le colpe della nostra separazione al mio bimbo prezioso.

«Questa è la tua idea per convincermi a tornare insieme a te? Fatti curare!» Lo urlai con tutta la forza, non tanto per farmi ascoltare - sapevo che non avrei ottenuto la sua pietà -, ma per mettere il vicinato in allarme.

Anche loro avevano le orecchie tappate e gli occhi chiusi.

«Quella che si farà curare sarai tu se non torni con me, immediatamente.» Mi minacciò, ancora, mentre puntava quel dito che aveva tutta l'aria di essere una lama affilata.

«Non tornerei con te neanche dovessi finire a bruciare nelle fiamme dell'inferno!» Non potevo farlo, dovevo dare la possibilità a mio figlio di essere felice. Dovevo offrirgli una scelta, quella che, io, avevo preso troppo tardi, ma non spettava a lui scontare i miei errori.

«Lo hai voluto tu, schifosa puttana!»

Il primo pugno arrivò in piena faccia, mi stese sul pavimento, con le ginocchia ripiegate sullo stomaco, per i numerosi colpi ricevuti in quel punto. Non si fermò. Il sangue che vedeva sgorgare, lo animava, lo eccitava. Riempiva l'aria delle percosse che non si stancava di infliggermi, fino a quando non arrivò il buio.

Vorrei tanto sapere se gli fece un po' pena, vedermi stesa su quel pavimento, senza vita. Non so per quanto continuò, non ho idea di quando decise di fermarsi. Mi risvegliai in un letto di ospedale, attaccata alle macchine. Avevano preferito tenermi in coma farmacologico, a causa delle gravi condizioni in cui mi trovavo. Mi assicurai che Elias stesse bene, prima di decidere cosa fare.

Quell'uomo aveva minacciato di uccidere mio figlio, ma era me che voleva davvero. Non potevo permettere che lo sfiorasse, neanche con un soffio del suo alito impastato di merda e alcol.

Hellin fece entrare me ed Elias in un programma di protezione che, però, ci voleva lontani. Cambiarono i nostri cognomi e mio figlio venne affidato a Hellin. Rufus sparì, terrorizzato da ciò che avrebbe potuto succedergli.

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Dafne

La verità è come un macigno. Uno fatto di mille domande, anche. Preme sul petto, tenta di rimanere in silenzio ma, tutto ciò che ho bisogno di sapere, non può aspettare, ancora una volta.

Non riesco a capire per quale motivo lo abbia abbandonato, non fino in fondo, almeno.

«Perchè?» chiedo, lasciando le sue mani, ma lei mi ferma, non permette che io mi allontani. «Perchè lo hai fatto? Perché lo hai abbandonato e hai lasciato che lui credesse nella tua morte?» Il mio sguardo non ammette altre menzogne.

E lei lo vede dai miei occhi che non ha bisogno di mentirmi.

«Ci ho pensato troppo. Non ero convinta che, portandolo con me, potesse essere al sicuro.» ammette. «Rufus avrebbe potuto rivoltare il mondo intero per trovarmi.» Abbassa lo sguardo che si perde in un mare di rimpianti. «Il programma era partito, quando capii la stronzata che avevo fatto. Non si poteva tornare più indietro.»

«Uscirai allo scoperto? Tornerai mai da lui?»

«Spero di sì.» dice in un sorriso. «Abbiamo saputo che stanno seguendo una nuova pista. Potrebbe essere quella giusta, finalmente.»

Mi volto a guardare Hellin, stringe tra le mani lo chiffon del vestito che indossa. Ed è proprio in questo momento che capisco cosa stanno per chiedermi.

«No, no, no.» Lo ripeto così tante volte che mi si impasta la bocca.

Le due mi osservano, con l'espressione preoccupata di chi prega che non accada il peggio. «Non potete chiedermi di mentirgli. Non potete farlo sul serio.» Mi allontano, porto la mano proprio davanti a me, come fermare la loro idea di merda.

«Devi farlo, piccina. Informare Elias è una condanna a morte certa.» Specifica. «Non conosciamo la sua reazione, potrebbe fare incazzare quella persona che ha scoperto dove si trova Vanessa.» Si alza per avvicinarsi e accarezzarmi i capelli.

Come se potesse portare via il dolore di un'ennesima bugia.

«Non so se sarò in grado di guardarlo negli occhi e mentirgli.» sussurro, in un alito che porta via anche me.

Hellin afferra le mie guance, mi alza il viso, perso tra le fughe delle piastrelle a osservare il niente misto all'angoscia che immagino scivolare sul pavimento, e mi distrugge con le sue parole.

«Allora... non guardarlo

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"Quando guarderai il cielo, la notte, visto che abiterò in una di esse,

Visto che io riderò in una di esse,

Allora sarà per te come se tutte le stelle ridessero.

Tu avrai, solo, delle stelle che sanno ridere" (Tratto dal finale del piccolo Principe)

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Bonus capitolo:

Vanessa.

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