14- Non vedevo l'ora, prima d'incontrarti
Dafne
Campo estivo Hadi Waseem: sedici anni prima
Finalmente ho compiuto dieci anni e la mia mamma mi ha iscritta al campus. Non vedevo l'ora arrivasse questo momento.
La sua mamma ha fondato questo campus tantissimissimi anni fa, ma io non ho mai conosciuto nonna Hadi. È morta,
quando mamma era solo una ragazza. Nonno, a causa del dolore, ha bruciato tutte le sue foto. Avrei voluto vederla. Lui dice che le somiglio davvero tanto e questo lo turba.
Nel campo ci sono tre strutture in legno. Nella prima, dormono tutti i maschietti. Nella seconda, poco distante, ci siamo noi femminucce. Nella terza struttura, si trovano la mensa e l'area comune, dove ci si vede per le attività creative e si organizzano festicciole. Le mie compagne sono tutte più grandi di me. Sono simpaticissime, però.
Prima di pranzo andremo in cortile per conoscere anche i ragazzi. Io non ne ho molta voglia. Ho paura che siano stupidi come i miei compagni di classe.
Ho indossato il mio vestito preferito. Quello con i fiori blu e gialli. Voglio essere sempre carina quando conosco nuovi amici.
La signorina Evelin è il nostro supervisore. Ho sentito dire che, quando dorme, russa e non la svegliano neanche le cannonate.
Appena arrivate in cortile, le altre iniziano a bisbigliare, ridono ed emettono degli urletti fastidiosi. Quando i maschietti si avvicinano, entrano in modalità mutismo, però.
«Allora, ragazzi! Formerwmo squadre miste.» Lucas, il supervisore dei ragazzi, ha un barattolo trasparente nelle mani che contiene tanti pezzi di carta appallottolati. Uno uguale lo tiene Evelin.
Spiegano che all'interno di quei barattoli ci sono i nostri nomi divisi per sesso.
«Alla fine dell'estate, la squadra che otterrà il punteggio più alto vincerà la coppa del campus, oltre alla gloria.» Interviene la signorina Evelin, mostrando un grosso sorriso.
Il momento del sorteggio mi mette un po' in soggezione. Sono convinta che nessuno vorrebbe una nanerottola come me in squadra.
I nomi vengono estratti uno dietro l'altro. Siamo quaranta in totale e ci saranno cinque squadre da otto componenti ciascuna.
Sorteggiano la quarta.
«Poul Donnovan, Lucy Correl, Simon Far, Lara Moss, Matt Pooland...» continuano a estrarre e io vengo chiamata per ultima.
Le settimane trascorrono tra giochi di ogni tipo, chiacchiere, balli di gruppo, pomeriggi ad aspettare il tramonto in spiaggia, facendo bagni nell'oceano e serate intorno a un falò a intonare canzoni mentre, qualche ragazzino, strimpella una chitarra. Ce n'è uno tra di loro che mi riserva sorrisi malinconici, qualche carezza tra i capelli quando mi sbuccio le ginocchia e alcuni pizzicotti sulle guance, quando arrivo prima in qualche gara.
Non è nella mia squadra, ma riesce sempre a strapparmi un sorriso da lontano. Lo so che i suoi gesti sono delle attenzioni per coccolare la bambina del campus, ma è gentile lo stesso e a me piacciono tanto queste sue coccole.
L'estate volge al termine e oggi è il grande giorno della premiazione. Da domani sarà tutto finito. Mi mancherà da morire tutto questo. Dieci mesi e mezzo dureranno una vita.
Non importa chi abbia vinto perché non eravamo noi. Uffa!
Non vedo l'ora arrivi un'altra estate.
Campo estivo Hadi Waseem:
Due anni dopo.
È ufficiale. Sono innamorata. Non mi frega più di vincere. L'anno scorso, come quest'anno, sono capitata in squadra con lui. Continua ad accarezzarmi la testa, ma non per le sbucciature. Lo fa per affetto. Continua nel riservarmi sorrisi, ma non sono più così malinconici.
È così bello!
Tutte le ragazze lo venerano. Le più grandi, lo riempiono di complimenti: "Da grande diventerai il più figo di tutti", dicono. E io impazzisco di gelosia. So benissimo che non mi guarda con gli stessi occhi con cui lo guardo io. Non sono scema.
Io ho solo dodici anni e lui quattordici. Ma non posso fare a meno di pensare che, ogni volta al suo arrivo, anche se non lo vedo, io lo sento. Il mio stomaco ribolle e il cuore batte all'impazzata.
Come ora. So che è dietro di me, mentre preparo il cartellone per la caccia al tesoro. Non ho visto quando è entrato, ma sento che c'è. Vorrei voltarmi, ma mi rendo conto di essere paonazza in viso.
«Qualcuno ti ha mai detto che hai un buonissimo profumo, Dafne?» dice, mentre lo sento prendere un po' di me in un respiro lontano.
Ed ecco che svengo. Non per davvero, ma mi sento mancare.
«Ah sì?» continuo a non voltarmi, quasi paralizzata.
«Sì. Il profumo più buono che abbia mai sentito. Posso?» Sento che si avvicina, ma non troppo.
«Cosa fai, Elias? Ci provi con le poppanti?» Matt lo prende in giro.
Lui è il classico bel ragazzo, ma stupido da morire. Non l'ho mai sopportato! Fa il bulletto, soprattutto con i più piccoli. Ogni tanto, mi dice cose inquietanti.
«Dafne? Sto ancora aspettando. Posso?» Elias non gli dà retta, continua a rivolgere a me le sue attenzioni.
«Sì, certo.» sussurro imbarazzata.
Si avvicina, quasi a sfiorarmi il collo, sento il suo alito caldo solleticarmi e mi volto, alzando la spalla verso l'orecchio, come a togliere via il brivido.
«Ti ringrazio, poppante.» Sorride, mentre mostra una linguaccia divertita.
Non esiste nessuno di più bello.
Campo estivo Hadi Waseem:
un anno dopo
Quest'anno Elias non è nella mia squadra. In compenso sono ricapitata con Lara. Non è passato un solo giorno che il mio pensiero non fosse rivolto a lui, durante questi anni. Sono troppo piccola perché possa accorgersi di me. I suoi occhi sembrano voler parlare. Non mi illudo, però. Forse.
Non vedo l'ora di vederlo, ogni mattina. Di aprire gli occhi, vestirmi e correre nella comune.
Non vedo l'ora arrivi la sera, per sentirlo suonare con la chitarra, intorno al fuoco.
Matt è sempre più stupido e ovviamente è in squadra con me. Ha diciotto anni e si sente un figo da paura. Quando si avvicina ho come una sensazione rivoltante. Tipo ora.
«Stai crescendo, poppante. Sei ancora troppo piccola, però.» Le sue parole, accompagnate a quegli sguardi che non dovrebbe rivolgermi, mi fanno venire il voltastomaco.
«Sei uno schifoso. Vai a rompere le scatole a qualcuna della tua età che cascherebbe ai tuoi piedi» dico, senza mezzi termini.
«Sto preparando il terreno. Fra qualche anno sarai tu la mia preda.» Gli mimo il segno del vomito, infilando due dita in gola. «Al posto delle dita ti ci infilerei...» Si avvicina troppo, facendomi perdere la sensazione di essere ancora al sicuro. «Il cazzo!» sussurra nel mio orecchio.
Non vedevo l'ora, prima d'incontrarti...
Scappo senza meta da lui, piango come una bambina di due anni. Arrivo sulla spiaggia, senza rendermene conto. Il sole è tramontato da un po'. Tolgo le scarpe per sentire la sabbia fresca che scivola tra le dita dei piedi. Una sensazione che mi calma subito e non mi fa pensare a quel depravato. In lontananza, intravedo una figura seduta sulla spiaggia. La potrei riconoscere tra mille. È Elias. Questa volta non scappo, decido di avvicinarmi. Non si accorge di me. È immerso nei suoi pensieri e sembra essere ancora più bello. Semmai fosse possibile.
«Disturbo?» chiedo cauta, quasi a non volerlo spaventare.
«Dafne? Cosa ci fai qui?» Mi osserva incredulo.
«Scappo da una situazione sgradevole. Tu?»
«Penso qualcosa di gradevole.» Sorride accomodante. «Vuoi parlarmi della tua situazione sgradevole?» chiede interessato.
«Non mi va.» Ricambio il sorriso sedendomi vicino, ma non troppo. «Vuoi parlarmi della tua situazione gradevole?» ribatto.
«Mi andrebbe, ma non posso.» dice dispiaciuto.
«So mantenere i segreti, Elias, se è questo che ti preoccupa.»
«No che non è questo.» Attimi di silenzio pervadono lo spazio tra di noi. «È che...» È praticamente buio, ma credo sia arrossito. «Ho paura di essermi innamorato.»
«Ah.»
Ed è qui, proprio in questo istante, che il mio cuore si spezza per la prima volta. Sento un dolore dentro che non potrei mai spiegare. Solo ora mi rendo conto che non avrei voluto saperlo. Non riesco a trattenere le lacrime. Mi volto, perché non deve vedermi. Capirebbe cosa provo.
«Non so che fare, Dafne! Sei l'ultima persona a cui dovrei chiedere aiuto.»
Prendo un secondo per risalire dal buio in cui mi sento catapultata.
«Già. Sono piccola. Cosa ne potrei mai sapere io sull'amore?» Non ce la faccio più. Asciugo l'ultima lacrima, prima di alzarmi.
«Hai capito male, Dafne. Non intendevo dire questo».
Guardo il cielo e sussurro...
«Spero che questa notte tu possa veder cadere una stella. Ricordati di esprimere un desiderio anche da parte mia.»
«Cosa vorresti che chiedessi da parte tua?» domanda curioso, osservando la distesa invasa da piccoli puntini luminosi.
«Vorrei esprimere il tuo stesso desiderio. Così, la stella può sentirlo meglio.»
Scappo, senza aspettare risposta. Lontana da lui. Lontana dai miei sentimenti.
Trascorro il resto dell'estate, evitando il suo sguardo. So che non ha fatto niente di male, ma se lo guardassi ancora, se parlassi con lui, m'innamorerei, ogni giorno, un po' di più. Sapevo che non ricambiava i miei sentimenti, ma non avrei voluto conoscere i suoi verso un'altra persona.
Domani tornerò a casa con il cuore rotto. Lara dice che passerà, ma io non nutro buone speranze.
Per questa serata abbiamo deciso di cenare intorno al fuoco e ascoltare un po' di musica a suon di chitarra. Elias è superbo con lo strumento in mano. La sua voce mette i brividi. Anche la luna è pronta ad ascoltarlo.
Sono tutti incantati quando partono le prime note di The reason. È la mia canzone preferita. Vorrei essere appiccicata a lui per fargli sentire quanta emozione mi sta regalando.
A chi la starà dedicando?
Non avevo pensato al fatto che la ragazza di cui è innamorato potesse far parte del campus.
Un fulmine a ciel sereno mi colpisce in piena faccia. Probabilmente, è qui anche lei.
Le chiede perdono per qualcosa.
Ho bisogno di spostarmi, allontanandomi da tutti. Torno verso il campo, con gli occhi gonfi di lacrime.
«Dafne!» Elias mi raggiunge, si sgola per farmi fermare. «Dafne, aspetta, ti prego! Ho bisogno di parlarti.»
Vuole dirmi che ha trovato una soluzione? Vuole dirmi che si è fidanzato? Qualunque cosa voglia dirmi, ormai il mio cuore è in pezzi. Più di così non può rompersi. Spero!
«Dimmi, Elias.» La voce sembra un flebile sussurro.
«Dafne, stai piangendo?»
«Sì. La canzone mi ha commossa.» Asciugo una lacrima, cercando di dare scuse plausibili. «Domani andremo via e sono un po' giù. Amo questo posto.» Amo te. «Mi mancherà, come fa sempre. Ma stavolta ho rotto qualcosa e non so come aggiustarlo.»
«Potrei aiutarti.»
«No che non potresti.» Sorrido, mentre passa il ricordo della conversazione di quella sera.
«Dafne, mi manchi se non lo hai capito.» Non credo di aver sentito bene. «Da quella sera in spiaggia non ci siamo più rivolti la parola. Non hai provato a parlarmi, neanche con gli occhi. Non so cosa ti abbia fatto per farti reagire così, ma ti chiedo scusa lo stesso.» dice dispiaciuto, con il cuore in mano.
«Non hai fatto niente. Sono io la stupida.»
«Perché dici questo, Dafne?»
Mi faccio coraggio. Ora o mai più.
«Perché non avrei voluto sentire la tua confessione.»
Ecco, l'ho detto.
«Non posso farci niente. Da quando i sentimenti si comandano?»
«Infatti, non è colpa tua. Solo che avrei preferito non saperlo. Avrei potuto ancora sperare che un giorno, anche lontano, avresti provato per me questi sentimenti.»
«Ah.» Realizza e il silenzio viene interrotto da una fragorosa risata che tenta di mortificarmi. «Dafne, hai ragione a darti della stupida.» Di male in peggio. «Perché è di te che sono innamorato.»
Non vedevo l'ora!
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