•II•
Hanaki Fukakuro avanzava con passo delicato ma deciso: un etereo fantasma, dai lunghi capelli di leggerissimo inchiostro e dalle iridi di un limpido cremisi. Non era lei l'unica presenza che si aggirava fra i corridoi semi-bui della struttura, illuminati da occasionali candele appese alle pareti. I decori in oro sembravano a loro volta fiamme vive. Fiamme che, più spesso di quanto apprezzasse, facevano stringere sue le spalle come a protezione da quelle serpi di fuoco che avevano minacciato di lambirla. Ma non voleva lasciarsi prendere dalla nostalgia. Non in quel momento. Le grandi finestre erano state oscurate da larghi drappi di stoffa scura, per curarsi proprio dei delicati occhi della donna, estremamente sensibili alla luce del sole. Almeno quell'ala del palazzo era stata trattata in quella maniera per renderle le giornate più piacevoli, per permetterle di rimuovere, come minimo lì, la benda scura che era forzata ad indossare ogni qual volta un forte bagliore la illuminava. Una bellezza fragile, la sua; le lunghe sopracciglia non si soffermavano più lungo le intricate linee che formavano quasi un percorso lungo i muri. Le aveva osservate per così tanto che ormai le conosceva alla perfezione, così come ogni colonna all'esterno era stampata fedelmente nella sua mente. Osservando l'Accademia da una prospettiva di un esterno, ci si sarebbe potuti chiedere la ragione di una tale ostentazione di ricchezza: oro, talvolta muri affrescati, in pieno stile occidentale, del tutto fuori luogo. Ma non erano ricchi, nè la scelta dell'edificio era stata fatta di proposito. Era il posto più grande che avevano potuto trovare nei dintorni, e si erano accontentati. Non lo avevano neppure comprato. Di proprietà del sindaco della città, lui stesso era stato in passato un ammazzademoni, e per questo era stato tanto gentile da cedere un edificio praticamente nuovo, per fare spazio ad un organizzazione che avrebbe potuto proteggere la città senza pretendere nulla in cambio. Era stata una banca per pochi anni, solo questo sapevano. Non avevano osato lamentarsi.
Una studentessa dalla divisa perfettamente curata eseguì un leggero inchino al passaggio del pillar, al quale lei non potè far altro che rispondere con un simile cenno della testa ed un educato sorriso già presente sulle sue fini labbra. Era rispettata, ed era ritenuta come una pari, nonostante la differenza di rango. E ciò la rendeva più che soddisfatta.
<<Fukakuro-san.>> una voce profonda arrivò diretta e facilmente riconoscibile alle orecchie della giovane donna. <<Eri in missione, ricordo. Già terminato?>> una maschera dalle sembianze volpine emerse dalle ombre, così bianca sul nero emanato da tutto il resto; lunghi capelli aranciati raccolti in una coda caddero su una spalla, per tornare poi al loro posto.
<<Kurokiyo-san.>> rispose lei, affatto sorpresa dal tono sofisticato e dalla inusuale scelta di parole effettuata dall'uomo. <<Certo. Ho fatto rapporto ieri ad Inoue-san. Nulla di sospetto o strano.>> rispose, con tono equalmente educato, alzando la testa ed offrendo anche a lui un sorriso.
<<Mi fa piacere.>> troncò lì il discorso, continuando per la sua strada, seguito dalla molto più esile figura della senpai. Era preoccupato, ma non lo avrebbe mostrato. Il resto della corta passeggiata fu silenzioso, solenne in qualche maniera, aiutato in gran parte dall'ambiente scuro. Non si sentiva un fiato, non una parola. Persino i passi sembravano essere più attutiti e silenziosi del solito, forse per la crescente tensione che aveva attanagliato tutti a seguito degli eventi. Eventi che avrebbero discusso di lì a poco. Era tesa, e la rigidità della sua schiena non lasciava dubbi in merito.
Il suono della maniglia che veniva abbassata la fece quasi sussultare. La porta era come qualunque altra; in quercia, decorata da tre bottoncini dorati posti su ogni angolo. Improvvisamente l'ansia era più intensa che mai. Entrarono, ed Hanaki richiuse l'uscio alle sue spalle con estrema delicatezza, come a non voler rompere quel sacro silenzio.
Venne accolta da pareti pressochè identiche a quelle già presenti nei corridoi, se non con disegni più intricati e ben pensati. Non diede peso al modesto tavolo dalla forma tondeggiante al centro della stanza, alle sedie di stampo europeo, all'immobile candelabro di cristallo che pendeva dal soffitto: conosceva già tutto ciò. Al contrario, la pesante aria che volteggiava attorno ad ognuno dei presenti le strinse il cuore, obbligandola ad ingoiare della saliva prima di aprir bocca.
Teratsuchi-kun, in piedi, accanto ad una finestra, aveva leggermente spostato una tenda per osservare il giardino interno, fiorito durante quel periodo dell'anno.
Inoue-san, le spalle poggiate al muro accanto al primo, con aria distratta, il volto posto verso il pavimento, del quale pareva studiare ogni particolarità.
Amami, il volto posato sul palmo di una mano, all'apparenza ancor più fragile del solito, lo sguardo azzurrino immediatamente ad incontrare quello sanguineo di Hanaki, un'illegibile ma palpabilmente triste sorriso disteso sui femminei tratti.
Shimizu-san, forse il meno teso insieme a Kurokiyo-san, il quale aveva preso posto immediatamente, accanto al più grande.
Inevitabilmente, lo sguardo di lei si posò sull'unica sedia che non sarebbe dovuta essere vuota. Senza di lui la stanza sembrava fin troppo seria. Oltre a ciò, la mancanza di Orochi rendeva le giornate meno divertenti.
<<Tatsu, sono arrivati tutti.>> Inoue tentò di scuotere via la distrazione del Drago con un leggero tocco sulla sua spalla, al quale parve non reagire affatto. Gli occhi di Hanaki si spostarono fino ad incontrare quelli dei due che sembravano aver preso la situazione più sul personale. Teratsuchi-kun ed Inoue-san. Osservò come le braccia del rosso salirono fino al suo volto. La donna pretese di non aver visto i delicati schiaffetti che si diede sulle guance, prima di voltarsi con un sorriso. Non era un sorriso forzato, di questo ne era certa; era un sorriso malinconico. Forse rassegnato, ma completamente disposto ad andare avanti, nonostante tutti gli ostacoli.
<<Allora!>> iniziò, aspettando che tutti prendessero finalmente posto. Rimase in piedi, le braccia allacciate dietro la schiena, in segno di integra apertura. <<Non mento, la situazione fa schifo.>> la frase fece sospirare in silenziosa disapprovazione Inoue, ma non intervenne, e lo lasciò continuare. <<Non facciamo progressi sulla situazione in città, e la polizia ha paura. I cittadini hanno paura.>> "vai dritto al punto", pensò, affatto intenzionato nel perdere ulteriore tempo, indubbiamente prezioso. <<Oltretutto, non abbiamo notizie di Ryu da troppo tempo. Anche se purtroppo non è su quello che possiamo focalizzarci adesso. Ieri hanno fatto altre tre vittime. In una notte sola. Due civili, e... Kaho-chan.>> Kurokiyo strinse i pugni sotto il tavolo, un respiro a denti stretti. La sua allieva prediletta. La notizia non era una sorpresa, era venuto a saperlo praticamente subito. In precedenza avrebbe detto che molto probabilmente non gli sarebbe mancata in alcun modo, una volta terminato l'allenamento, e che qualcun'altro avrebbe comunque preso il suo posto. Ma vederla a terra dietro quell'umido vicolo, la spada spezzata al suo fianco, il viso tanto asciutto da aderire al teschio sottostante, i capelli rosa confetto ora di un pallido e malato bianchiccio; quello lo aveva destabilizzato. Dover recapitare la notizia alla famiglia, quella mattina, era stata la parte peggiore del tutto. Sul volto della madre vide diniego, paura, realizzazione. E sconforto. Sconforto nel venire a sapere che la sua bambina, la stessa che aveva dato alla luce, stretta al seno, educato, era adesso deceduta, e che la sua salma era irrimediabilmente sfigurata. Neanche un ultimo abbraccio, un'ultima parola. Detestava vederlo accadere. <<Credo che la situazione stia peggiorando.>> sospirò il Drago, prima di prendere fra le mani il bicchiere d'acqua posato sul tavolo, dal quale bevve un misero sorso. Non lo ripose al suo posto prima di continuare. <<Stavolta non usciamo da qui finchè non abbiamo un piano ben pensato. Proposte?>>
Nessuno parve obbiettare. Un braccio si alzò, e le attenzioni caddero sull'uomo. Amami estrasse un largo foglio arrotolato da sotto la sedia, per aprirlo sopra il tavolo. Una mappa del Giappone.
<<Avevi il compito di seguire le tracce lungo tutto il paese da qui, è giusto?>> se ne assicurò Hanaki, studiando con cura ogni puntino rosso. Sperò che il buio del luogo non desse in alcun modo fastidio agli altri.
L'Arcobaleno annuì, prima di iniziare a gesticolare. "L'illusione è qui." puntò il dito sui dintorni del villaggio di Niita, attorno al quale si concentravano una modesta quantità di puntini.
Venne interrotto dalla voce di Shimizu. <<Un punto a quante vittime equivale? 10?>> provò ad indovinare, piegando il suo lungo busto sulla superficie fredda, per valutare meglio la situazione.
Amami scosse la testa. "200", rispose, tornando al discorso solo dopo aver studiato gli occhi di Shimizu, ed essersi assicurato che avesse recepito l'informazione. "Ci ha contattati. Sta tornando." un sospiro di sollievo lasciò le labbra di Teratsuchi. "Secondo me non abbiamo più altra scelta. Dobbiamo tornare sulle pianure a nord e cercare lì." fece scorrere il dito fino alle pianure Ishikari, per poi rilassare le spalle sullo schienale della morbida sedia.
<<Non ha senso.>> intervenne immediatamente Shimizu, stringendo ancor di più le palpebre attorno al violetto delle iridi, senza effettivamente porgerle ad Amami. Osservava la mappa, tenendo l'attenzione fissa sulla regione dell'Hokkaido. <<Prima Mutsuhiko, poi due squadre di ricerca. Abbiamo perso troppe risorse, lì. Sarebbe un suicidio.>> concluse, incrociando le braccia al petto, senza evidente ostilità. Aveva semplicemente puntualizzato un fatto.
"Lo so. Ma abbiamo già coperto tutto il resto. Quella è la fonte. O deve essere lì vicino almeno."
L'attenzione di entrambi si spostò automaticamente su Inoue, il quale alzò un sopracciglio al gesto. <<Probabilmente avete ragione tutti e due.>> iniziò, spostandosi sulla sedia, come se fosse stato posto in una situazione scomoda. Non continuò a parlare, ma cercò aiuto in Teratsuchi, il quale sembrava svolgere una qualche sorta di conversazione silenziosa con Kurokiyo. Cercava di capire quanto l'evento lo avesse scosso, ma con quella maschera in volto, risultava essere un compito tutt'altro che semplice.
<<Umh, scusate.>> l'unica donna presente nella stanza alzò la mano, prima di alzarsi dal posto e di prendere parola, parzialmente insicura del pensiero al quale stava per dare voce. <<Forse dovremmo dividerci. Ho paura che impiegheremmo il triplo del tempo a risolvere la situazione, se ci concentriamo tutti in un luogo. Siamo abbastanza capaci da cavarcela per conto nostro, ed abbiamo più di due problemi ad i quali rispondere. Ancora non sappiamo se lo spaccio di sangue è connesso ad i cadaveri.>> aggiustò una ciocca di capelli gettandola delicatamente dietro di lei, sfiorando con le dita il rosato delle graziose guance.
<<Ho paura che ci vorrà più di una giornata di discussione...>> affermò Teratsuchi, tornando alla mente a mesi prima.
<<Non-- nnon mi interessa se è un'idea di merda. Sono aff-fari miei quello che pensi? No!>> faticava a non lasciare che le parole si incespicassero sulla sua lingua, mentre puntava un dito sul petto di Inoue con voce acuta. Aveva bevuto, forse più del normale; di cosa lo stava accusando, poi, non lo sapeva neppure lui. Ma doveva prendersela con qualcuno.
<<Sono... sono le 7 di mattina, Ryu.>> la Neve appurò che la fiaschetta trasparente era già vuota.
<<Mi hanno svegliato alle 3, è praticamente not-tte per me ora!>> si lamentò la Tempesta, lanciando le braccia in aria, teatralmente.
Teratsuchi aveva ridacchiato al gesto, e gli aveva posato una mano sulla spalla -con vaga difficoltà, a causa della differenza d'altezza- ed aveva cercato di rassicurarlo con quel poco che sapeva. <<Cosa ti ha svegliato alle 3? Un gatto randagio?>>
Mutsuhiko si era bloccato ed aveva guardato quel sorriso, ora più disorientato che arrabbiato.
Non voleva distruggerlo.
Non poteva.
<<Si.>> aveva semplicemente affermato, facendo scuotere la testa ad Inoue, sollevando comunque un po' il suo spirito. Detestava dover discutere con lui, Tatsuya lo sapeva. E lo aveva salvato. Adesso si chiedeva chi dei due sarebbe stato giusto aiutare.
La notte stessa, un passero si era posato sul davanzale della stanza del Drago, svegliandolo; comunicò che Mutsuhiko era partito senza dire nulla a nessuno, curandosi di avvertire solamente quando sarebbe stato abbastanza lontano da non poterlo far tornare indietro. Aveva svegliato anche Shimizu, e lui aveva confessato che il fratellino minore di Mutsuhiko era stato ucciso la sera precedente. Come una sacca di carne svuotata, così lo aveva definito.
Il cigolio dei cardini della porta lo riportò alla realtà. <<Teratsuchi-san?>> un giovane si affacciò, il volto piegato in una smorfia di preoccupazione.
<<Huh?>>
<<È Orochi-san. È tornato, ma->>
Il Drago e la Notte raddrizzarono la postura, scattando sull'attenti; il ragazzo non sembrava capace di spiegarsi, ed il tono di voce titubante li allarmò.
<<Portaci da lui e basta.>> intimò Shimizu, pronto a seguire i primi due, i quali erano si erano già riversati fuori dalla stanza, preoccupati.
Era andato tutto alla grande; aveva persino avuto occasione di affettare un paio di demoni lungo la strada, e non aveva incontrato alcun problema. Ma era stato preso di sorpresa. Non era una novità che sfruttasse le stradine fra un palazzo e l'altro, buie e claustrofobiche, per spostarsi in città. Qualcumo doveva esserne venuto a conoscenza. Nonostante le sue abilità di spadaccino, nonostante i suoi riflessi pronti e nota rapidità nel terminare uno scontro, quella volta non gli era stato lasciato neppure il tempo per catturare un misero dettaglio di qualsiasi cosa lo avesse attaccato. Un demone, non poteva essere altrimenti. Eppure, di demoni così rapidi, così forti ed irrintracciabili a qualsiasi senso, non ne aveva mai affrontati.
Fu tutto troppo veloce.
Non un suono alle sue spalle, non un verso o un respiro.
Un dolore lancinante alla schiena, poi qualcosa di caldo e pungente alla base del collo.
Aveva preso controllo del respiro immediatamente. Non trovò voce. Seconda forma, Specchio Riflesso.
Dal buio comparvero diverse immagini identiche ad Orochi; doveva aver confuso le idee del demone, perchè scomparve tanto rapidamente quanto velocemente era comparso. Il corvino si voltò immediatamente, provocandosi una fitta alla schiena, ma alle sue spalle non trovò nulla, se non gli effetti della forma appena utilizzata. Il maestro dell'inganno era stato appena stato ingannato.
<<Che diamine->> un soffio a denti stretti lasciò le sue labbra, e dovette poggiarsi al muro per non finire a terra. Sentiva come se gli avessero appena aperto la spina dorsale in due. Annaspò alla ricerca di aria, realizzando solo ora il nuovo dolore sull'avambraccio sinistro, da dove era stato tenuto bloccato. Non volle rimanere un attimo di più in quel posto. Fortunatamente era praticamente arrivato: uscì alla luce del sole, senza azzardarsi a guardare indietro.
<<Orochi-san! Che ti è successo?>> si ritrovò faccia a faccia con un ragazzo dalla divisa scura. La divisa dell'Accademia. Ne fu sollevato. Non poteva avere più di quattordici anni a giudicare dall'aspetto, e dall'assenza di qualche spada al suo fianco, capì che era una recluta. Poco importava, al momento.
Lo tenne lontano, cercando di tranquillizzarsi e di mascherare l'affanno.
<<Sto bene. Vai a chiamare->> una fitta gli fece stringere le labbra, ma continuò. <<Chiama gli altri.>> disse, come se non fosse accaduto davvero nulla. Ma il sangue gettato sulle pietre della strada la raccontò diversamente al giovane, che si mosse immediatamente per cercare la fonte di una tale quantità di sangue. Una seconda persona sembrava essersi avvicinata, ed Orochi iniziò a non riuscire più a distinguere i colori. Tentò di dosare il respiro per fermare parzialmente l'emorragia, riuscendo a rimanersi in piedi per qualche miracolo. Sentì il ragazzo gridare qualcosa di ovattato, ma non riuscì a cogliere neppure una parola. Non smise di controllare il respiro. Non poteva cadere a terra davanti a delle reclute, non poteva abbandonarsi immezzo alla strada come un debole.
Parole confuse tutto intorno a lui, la presa sulla katana mai sfoderata ancora ben stretta. Troppa luce.
Un paio di mani afferrarono le sue esili spalle con forza, ma la vista si era fatta di uno scurissimo nero. Udì forse la voce di Kurokiyo.
<<Yuki, mi senti? Che cosa è successo? Yuki. Yuki!>>
<<Sta bene?>>
<<Non lo so.>>
<<Respira?>>
<<Portiamolo via.>>
Silenzio.
Huh- questo capitolo mi ha messo un'ansia incredibile. I vostri oc sono tutti così perfetti, e ho il terrore di non aver fatto giustizia a nessuno di loro. Specialmente a Shimizu- ovviamente si approfondirà tutto di tutti più avanti, ma per ora è lui quello che mi ha dato più dubbi e difficoltà nello scrivere xD però! Però è pur sempre una sfida (almeno il mio cervellino la raccoglie come tale), perciò è stato decisamente la scelta giusta.
Fatemi sapere come interpretarli meglio se notate qualche errore, non abbiate paura! Anzi, ne ho bisogno xD
Spero che sia siato un capitolo come minimo decente (sORRY se non lo è, i know), e ci vediamo su Sylvef mercoledì~
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