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IV

🔪 Colpi di Fulmine!?

"Dietro esistenze sublimi,
c'è sempre qualcosa di tragico.
Occorrono grandi tribolazioni
perché possa sbocciare
un piccolissimo fiore."
O. WILDE

Intravedevo un'ombra e mi feci piccola dietro la porta senza tremare più di tanto. Primo, non avevo mai avuto paura di nessuno. Secondo, se si fosse trattato del nemico avrebbe goduto di più.
Era seguita da uno scricchiolio di sedia girevole. Era di nuovo lui, quell'uomo. Il Ministro degli Esteri o come si era appena poco prima definito. Nella penombra rendeva ancora di più, era senza il berretto e nè tanto meno il cappotto. Vidi mezzo busto. Solo un gilet nero gli scivolava sulla camicia bianca inamidata e una cravatta a righe color crema e melanzana. Se ne stava lì distratto a fissare un punto, ogni tanto sospirava e batteva un ciglio.

"I più bei versi, le più belle scene a teatro riguardano sempre la morte, perché il più grande messaggio dell'artista è farci comprendere la bellezza della disfatta!" sbuffò.

Questo si lasciò sfuggire, era una frase del Ritratto di Dorian Gray scritto dall'inglese Oscar Wilde in piena epoca vittoriana. Non troppo lontana da qui, pensai. Amavo tanto quel libro a tal punto d'aver perso il conto delle volte che l'abbia letto e riletto, lo facevo sempre un tempo prima di addormentarmi.

"Forse non hai capito? Hai paura? So che sei tu ad aver sparato e sei lì, là dietro! Ho visto la tua ombra, esci fuori! Va bene aspetterò, cazzo se lo farò! Anzi ora che ci penso, arrivo!" disse ancora una volta "Vediamo se è qui!" continuò.

Chiuse la porta e vide me, i suoi occhi ancora una volta su di me. Erano nei miei e i miei nei suoi, aggrottò la fronte.

"Se pensate che sia stata io a sparare, Vi sbagliate di grosso! Signore!" fu la sola cosa che uscì dalla mia bocca avvicinandomi.
"Vattene!" era la sola cosa che appuntò digrignando i denti.

Perchè, mi chiesi. Era proprio enigmatico, del tutto. A quella parola, sgattaiolai via.
Vidi mio fratello seduto sul gradino di casa.

"Dov'eri finita?" chiese con un certo tono pieno di rabbia e preoccupazione, mi prese dal braccio e mi trascinò verso casa che era aperta "Tuo marito ti sta aspettando! Piuttosto, nemmeno la tua amica hai recuperato! Quella peggio di te! Ci fate stare in pensiero!" continuò.
"Visto che le stavi sempre dietro, la recuperavi tu! Lo sapevo che era così!" inveii.
"Io? Che se stava con quel nazifascista!" si morse il labbro dalla rabbia.
"Chi?" chiesi stupita.
"Eh, quella... tu ancora non la conosci bene!" replicò.

Ero appena rientrata a casa, ero proprio stanca. Ero tornata sul posto e feci qualche giro in cerca della mia amica ma alla fine di lei nessuna traccia. Ero preoccupata, quello sì. Il tempo di lavarmi e svestirmi e mi buttai sul letto, non chiusi decisamente occhio per quanto fossi in pensiero per lei. Clara, la mia migliore compagna di un'intera vita. Mi ricordo tutto di lei dal primo giorno che l'ho incontrata. Non ho ancora dimenticato il primo momento, come fare e chi riesce a farlo ormai? Era il primo giorno di scuola, capitammo allo stesso banco e da lì non ci lasciammo mai.
Sentii suonare alla porta, d'improvviso nel cuore della notte. Ebbi un sussulto, suonarono di nuovo. Poi sentii bussare ripetutamente e delle urla, riconobbi che era lei. Le staranno facendo qualcosa, pensai. Le faranno anche a me, ma non me ne importa. Per un'amica farei di tutto anche a costo della vita, perchè lei è tutto. La mia famiglia, come i miei figli e pure più di mio marito e tutti gli altri maschi poi.
Camillo se ne accorse, si giro e s'alzò.

"Vittoria, cos'è? Non fate rumore a quest'ora!" mi rimproverò.
"É Clara!" dissi e corse verso la porta anticipandomi, lo seguii dopo aver messo ovviamente entrambi vestaglia e pantofole di flanella.

Faceva freddo, dicembre era alle porte.
Lui solo pigiama, io solo camicia da notte.
Aprì il chiavistello che teneva ferma la porta e alla fine anche questa.
La vidi in ginocchio sulla strada, al di là del cancello.

"Clara!" gridai, aprii anche quello.
"Che fine hai fatto, bell'amica e menomale che ti consideravi tale! Così si fa?" piangeva tirandomi i pugni sulle braccia, non erano forti avendo esaurito l'energia.

Si trascinava parole indecifrabili.

"Che fine avete fatto voi, veramente! Silenzio! Guarda com'è combinata!" mi anticipò Camillo che nel frattempo mi aveva raggiunta.
"Vieni, sei ubriaca!" la feci accomodare "Prendi un bicchiere d'acqua!" continuai e rise.
"Con Damiano!" balbettò.
"Chi?" chiesi.
"No, nulla! Il tenente!" biascicò.
"Cosa?" chiesi un'altra volta.

Camillo si mise una mano tra i capelli, lo vidi.

"Camillo, state bene?" chiesi ancora.
"Si, no! Tutto ok!" cercava di tranquillizzare.
"Mah, sicuro? Che non mi pare!" replicai.
"Era bellissimo il tenente Damiano Giancarlo Wolfgang!" farfugliò.
"Dai adesso sei stanca e devi solo riposare, un bicchiere d'acqua e poi si va a letto, ok? E zitta che le bimbe dormono che già hai fatto abbastanza rumore!" a mia volta io.
"Si, scusa amica!" ancora lei.
"E ora siete venuta sola?" s'intromise mio marito.
"Si, adesso l'hanno richiamato alla base!" esclamò ridendo.
"Cosa ridete?" chiese il marchese.
"Camillo!" lo ammonii con lo sguardo.
"Guarda in che guaio si sta mettendo!" mi fulminò lui a sua volta "Non è cosa con quell'uomo!" continuò.

Lo fissai perplessa.

"Ci credi? Io no!" ancora lui.

Chiusi il cancello dietro di noi. Salimmo i gradini ed entrammo in casa, Camillo chiuse la porta.

~~~

Il sole irradiava la stanza, una nuova mattina era appena cominciata.
Iniziai a mugolare come per sgranchire la voce, m'incominciavo piano piano a stiracchiare. Buttavo giù un piede poi l'altro, mi sporgevo un po'. Anzi forse pure troppo a tal punto da cadere sul tappeto o se non addirittura per terra, aprii finalmente gli occhi sbuffando e fatto questo mi rialzai.
Mi giravo verso il letto, mio marito ancora dormiva. Era a pancia in giù quando mi recai verso la porta.
Uscivo così dalla stanza rosa, così ero solita chiamarla.
Un king side bed bianco con baldacchino al centro stanza, la parete da cui si estendeva era dipinta di un cipria scuro. Due lumi alti color panna e neri con lo stelo in stile liberty si ergevano ai lati poggiando su due piccoli comodini beige. Un grande specchio accanto con la cornice dorata e un applique era sempre pronto a dargli luce. Un armadio dello stesso colore del letto arredava l'altra parte della stanza, un applique accanto lo irradiava con una luce chiara, timida e soffusa. Era di un crema e un tortora altresì particolari. Per terra un biondo parquet levigava la camera, un tappeto nero ne faceva da contrasto. Le volte a stella sopra di noi erano candide e così anche le altre pareti che componevano l'ambiente.
Uscivo nel giardino retrostante all'entrata. Lì si che il bianco dominava su tutto.
Mi adagiavo su un divanetto Liberty dai cuscini di nocciola, arrivò la governante con in mano un vassoio pieno di prelibatezze. Ella conosceva i miei gusti, caffè e torta di mele aveva preparato quel giorno. Squisitissima, come lei d'altronde.
Sostavo per un po' sotto il gazebo in posizione d'estasi quasi fossi una diva del cinema ma non ero nulla o almeno mettendomi in confronto. Godevo di quei primi raggi appena dopo l'aurora. Respirare il profumo dell'aria, quell'odore di edera inebriava i sensi.
Si allontanava di poco, poi ritornava sempre con quel vassoio argenteo ma stavolta vi recava sopra un quotidiano che mi porse lasciandolo sul tavolino.

"LECCE, OMICIDIO AL PALAZZO D'INTENDENZA: CERCASI COLPEVOLE" è tutto quel che vi lessi nel titolo della testata.

Nel frattempo vi giungeva anche Camillo sedendo accanto a me, mi posò soavemente un piccolo bacio sulla spalla tornando poi a sè continuandomi a guardare.
Io sorseggiavo pigramente la mia tazzina verde petrolio che ancora tardava a raffreddarsi.

"L'hai saputo? Leggi qua!" gli porsi il giornale che guardò per un attimo.
"Si, per questo sono in piedi prima del dovuto!"rispose.
"Io no, non avevo sonno e poi pensavo fosse tardi invece... poi mi sono ricordata che era sabato e quindi..." mi trascinai quasi le parole "Così è stato ucciso il Conte Goffredo Falconieri... quindi adesso ricordo, mi sembra assurdo... quindi... quello sparo che si è sentito ieri... ora collego... chissà chi sarà stato l'assassino... dovranno pure trovarlo..." continuai raggelata, lui annuì in pensieroso silenzio, poi mi abbracciò baciandomi dolcemente il capo.
"Già.. vedi perchè ti dicevo di stare attenta a Clara!" mi sussurrò avvicinandosi all'orecchio.
"È vero, lui era contro la dittatura... ah, a proposito... che mi hai fatto ricordare che avevo dimenticato e menomale... aveva ragione stanotte... che amica decisamente sbadata che sono... lei non si è ancora svegliata..." blateravo.
"Beh, io... adesso vado!" affermò sentendo le campane della chiesa vicina rintoccare l'ora.

Rimanevo di nuovo sola, era questo che più odiavo della vita coniugale. È vero molte volte Camillo mi coinvolgeva negli affari di famiglia ma erano altrettante le volte che mi toccava combattere la noia tra le quattro mura che recintavano la grande dimora.
Sentii il telefono squillare, mi feci forza per alzarmi ormai mezza intorpidita per essere stata troppo tempo inerme nella zona relax.
Non riuscii a rispondere, Clara mi anticipò. La inseguivano le mie piccole.

"Aspettate un attimo, belle!" udii la sua voce "Pronto?" continuò.

Pochi istanti di silenzio.

"Il Marchese Camillo Simone? Aspettate, Ve lo chiamo! Camillo!" continuò gridando.
"È uscito ma puoi sempre passarlo a me!" intervenni sotto voce.
"Aspettate un secondo!" ancora lei.

Ci venimmo incontro e ci incrociammo.

"Bella voce!" mi bisbigliò all'orecchio tutta premurosa e sorridente, la cornetta sul mobile accanto all'apparecchio.

Ecco che vi giungeva anch'io.

"L'avete trovato? Passatemelo... anzi, no! Facciamo una cosa... ditegli di venire alla Piazzetta della Chiesa Greca! Credo sia più che ottimo incontrarci lì!" rimasi in silenzio, dedussi che era lui.

Dopo un po' aveva riagganciato, s'aspettava una risposta forse. Non lo feci, era troppo pericoloso. Non riuscii, era probabilmente la paura che qualcuno mi scoprisse non essendo completamente sola a casa. Non sapevo più, ero o non ero più sicura di me. Non parlai, questo era vero ma non ci avevo pensato per due volte prima di scegliere e seguii il cuore. Una rapida doccia, una bella sistemata e fu tutto, uscire di casa e avviarmi era la sola cosa che mancava e lo feci. In fondo come disse Jung?

"A volte devi fare qualcosa di imperdonabile solo per poter continuare a vivere!".

Andò vestita così...

Note dell'Autrice:

Ahah Avete visto un po' come vanno le cose? E quindi? Lo scoprirete soltanto se leggerete il seguito! E chi sono sto Damiano e sto Ministro degli Esteri? Forse avrete già capito... Almeno il secondo! I Falconieri erano dei Signori di Lecce, ovviamente Goffredo è della mia fantasia! Stay tuned!

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