Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

𝔄𝔩𝔢𝔵




Se non avete letto Tredici Rose e i suoi sequel, vi consiglio di non leggere quanto segue, perché il testo contiene molti spoiler importanti.

Alexander Jordan Woomingan

Sesso: Maschio

Nato il: 13.08.1998

Luogo di nascita: Seattle (Washington), Stati Uniti d'America

Nazionalità: Americana

Segno zodiacale: Leone

Ruolo: Protagonista

Specie: Ex umano, magyr (vampiro con poteri magici)

Occhi: Grigi

Capelli: Biondo oro

Altezza: 1,76

Pelle: Chiara

Dopo questa breve scheda tecnica orribilmente sterile, passiamo a un bel resoconto scritto come si deve!

Innanzitutto, come viene detto sopra, ho scelto Alex per primo perché è il protagonista principale della serie.

Cominciamo dal nome. Dunque, in origine Alex non si chiamava così, almeno non nelle prime bozze di ciò che prima sarebbe nato col titolo di "Scusa se non sono morto - L'Albero di Reida", e in seguito diventato "Tredici Rose - The Obyrian Series".

Il nome di bozza di Lexie era (non fatevi venire uno scompenso, né strane idee xD) James.

Sì, lo so, neanche io riesco a crederci, ma è la verità.

Il nome era James, ma per qualche ragione sentivo che non andava bene, non per lui; ogni personaggio nasce con un nome scritto in faccia e quel nome alla fine capii essere Alexander, detto Alex o Lex, o ancora Lexie (solo per gli amici intimi). Prima di questa versione finale, però, optai per Xander, una semplice variante, ma non mi convinceva e tornai al più semplice ed incisivo Alex.

Non nascondo che è tra i miei nomi preferiti in assoluto, specie perché alcune figure storiche di rilievo e che ho amato durante la mia formazione scolastica si chiamavano proprio così. Un esempio? Facile: Alessandro Magno, che ho sempre ammirato per le sue gesta e la sua bravura indiscussa come conquistatore.

È un nome proprio di altre figure di rilievo: per citare Petya, ad esempio, potrei nominare Alessandro Manzoni, celebre autore de I Promessi Sposi. Mi duole ammettere di aver saputo apprezzare quest'opera solo dopo la scuola, quando ho riletto per conto mio il tutto; abbiamo anche i Dumas (padre e figlio) entrambi scrittori e drammaturghi; il costruttore Eiffel, a cui è attribuita l'omonima Torre a Parigi; per ultimo, Alexandre Desplat, compositore contemporaneo che apprezzo particolarmente.

Una costante nel mio modo di scegliere i nomi per i personaggi, è di ricercare le loro origini e spaziare nei loro significati etimologici.

Sin dall'inizio sapevo che Alex avrebbe avuto un futuro parecchio interessante e in crescendo, e per questo motivo mi convinsi a chiamarlo così. Un nome, un programma, insomma!

Passiamo alle sue preferenze!

Tralasciando il periodo in cui i suoi neuroni parevano aver fatto le valigie e preso il primo volo per Scemilandia e prendendo in considerazione solo il suo carattere post-Andrew (non scherzo, quell'uomo ha compiuto un esorcismo!), quando avviene il salto temporale Alex ci si presenta come un uomo in sostanza tranquillo, forse anche troppo.

Nelle idee per lui cestinate perché le ritenevo o sbagliate, oppure pensavo c'entrassero poco niente, in origine Alex avrebbe dovuto soffrire di una depressione molto più evidente ed essere già divorziato e dipendente da farmaci vari per ragioni disparate che poi, nella storia canonica, sono venute fuori lo stesso.

Comunque: lo vediamo dotato di molta più pazienza e calma, di riflessività e resilienza, e questo lo dobbiamo un po' anche alla sua orribile esperienza con Logan Durby. Ciò che non uccide fortifica, o in ogni caso cambia le persone, e la regola è valsa anche per lui.
Tuttavia, voglio precisare che se Alex non si fosse mai messo in testa di fare il bulletto quand'era ragazzo e avesse scelto una vita come si deve, sarebbe stato non molto diverso da come lo vediamo in seguito: una persona fragile e dal cuore non così di pietra, con non poche fobie e incertezze, soprattutto quella dell'abbandono.

Se guardiamo con attenzione tanti suoi atteggiamenti, è chiaro che fra le sue paure peggiori ci sia quella di essere abbandonato e lasciato da solo, di non avere più nessuno a preoccuparsi per lui e volergli bene. Penso sia fra le paure peggiori di cui un essere umano possa soffrire, perché a volte si rivela infondata e immaginaria, altre invece una spiacevole conferma, e questa sua paura raggiunge il picco massimo quando Brian, credendo di aiutarlo, lo fa internare, o ancora quando sua moglie gli presenta le carte del divorzio e gli nega la possibilità di salutare il figlio un'ultima volta.

In linea generale, l'Alex trentunenne apprezza le persone sincere, quelle che restano perché vogliono farlo, ma al tempo stesso non chiede loro di farlo perché dentro si sente immeritevole di compagnia e comprensione; strano ma vero, la sua versione adulta non ha molte preferenze, non segue alcuno sport con interesse, non ha veri e propri passatempi. Da quando il figlio è nato Alex ha lavorato e fatto in sostanza solo quello, sia per non far mancare niente ad Anthony, sia per sfuggire alla situazione di stallo messicano con la moglie, che una volta amava (anche se non come amava Andrew, è un amore molto più blando e superficiale) e ora invece mal sopporta, soprattutto per i modi di fare e il suo sentirsi superiore al prossimo, specie a chi ha bisogno. Emblematica è stata la scena in cui prende le difese di Rachel, la loro giovane domestica. Scrivere la seconda parte di Tredici Rose è stato come riscrivere al contrario la prima, invertendo i ruoli, il carattere di Alex: nella prima è un bulletto prepotente e spaccone, superficiale e malizioso, indifferente ai sentimenti altrui, convinto che il mondo ruoti attorno a lui; nella seconda è remissivo, ha un carattere chiuso e in un certo senso più problematico di quando era giovane, aggravato dall'evidente depressione. Sbaglia chi pensa che le persone depresse si riconoscano subito, persino all'esterno e a una semplice occhiata; spesso la depressione è l'esatto contrario, è subdola come può esserlo una malattia: se ne sta dentro chi ne soffre, viene incubata, poi accresciuta da problemi esterni, dal senso di inadeguatezza che magari era già presente, dalle insicurezze personali, quel costante senso di vuoto e mancanza di qualcosa, o ancora da brutte esperienze. Non è una regola questa, ma è molto più comune di quanto la gente pensi, e uscirne è molto, molto difficile, specie se non c'è nessuno disposto ad aiutare, ad armarsi di infinita pazienza e buona volontà e soprattutto amore e rispetto, perché in fin dei conti queste due ultime cose sono alla base di tutto.

Alex di amore ne riceve, ma non con l'intensità di cui necessiterebbe: ha Brian che gli vuole bene, che gli è rimasto accanto per tredici anni e non ignora affatto la realtà; Brian sa della sua depressione, sa che non è uscito neanche dopo anni e anni, lo ha capito da quando Alex era a un passo dal voler suicidarsi per la prima volta; gli è stata sbattuta in faccia con violento e spietato realismo e per questo ha cercato di essere una presenza ancora più costante, seppur da lontano.
Fiona non rispetta il marito e questo è evidente, lo si capisce quando gli presenta le carte del divorzio, quando approfitta della sua malattia per fuggire da una situazione destinata in ogni caso a esplodere; Fiona non va vista, però, come una di quelle classiche macchiette da film, una di quelle mogli perfide e senza cuore, ma come una vittima collaterale del girone infernale in cui Alex è sprofondato; come tutte le persone ragionevoli e dotate di spirito di auto-conservazione, forse un eccesso di esso, vuole salvarsi e magari salvare anche la propria creatura, una madre resta sempre una madre, una madre sceglierà sempre suo figlio e sapeva che Anthony avrebbe sofferto ancora nel vedere il padre divorato dal cancro e coi nervi a pezzi, gli nega l'ultimo saluto per proteggerlo, non è una cattiveria nei confronti del marito, ma un modo — magari sbagliato, magari estremo e crudele — di salvaguardare quello straccio di infanzia e innocenza rimasta in Anthony.

Fiona a suo modo ha solo fatto quel che poteva per proteggere ciò che ama, con mezzi errati e pretesti ambigui, ma lo ha fatto.

La batosta più grande, però, Alex l'ha chiaramente ricevuta per mano di Andrew.

Prima in modo indiretto e inconsapevole, quando il cadavere del suo storico innamorato viene trovato e per giunta da Brian. In quel momento, quando Brian gli telefona per dirglielo, le sue flebili e ansiose speranze di rivedere Andy sono colate a picco, andate giù peggio del Titanic. Teniamo presente che era già sposato e all'epoca sperava solo che Andrew fosse sopravvissuto ad Arwin, alias Richard Glamis, il Mostro di Hanging Creek. Già da allora si era arreso all'idea che fra loro fosse finita per sempre, ma non per questo aveva smesso di amarlo, di sentire la sua mancanza, di sperare che fosse ancora vivo.
Quando Andrew, però, ritorna e lo fa con furore, le speranze di Alex si rivelano un incubo a occhi aperti e lo spingono con prepotenza indietro negli anni, gli fanno ripercorrere il sentiero già solcato con Logan: violenza, abusi psicologici e anche fisici, crudeltà e sadismo. Logan e Andrew non sono così diversi, quando il primo si rivela essere il nuovo Mostro di Hanging Creek. Variano solamente le ragioni di base che li spingono a comportarsi così: Logan è un sadico di natura, lo era sin da ragazzo, aveva il chiaro e tipico profilo da aspirante assassino o criminale, Andrew invece è un concentrato di dolore e paura repressi, di odio non così ingiustificato, di amarezza, tristezza e rassegnazione. Lui non è mai stato cattivo, neanche nei momenti peggiori, non lo era di base e recitava una parte, dava ascolto alla rabbia e alla sofferenza accumulate nel tempo per avere un obiettivo, un qualcosa per cui lottare.
L'attore Tom Hiddleston — conosciuto per aver interpretato Loki nei film della Marvel e altre pellicole davvero belle — una volta ha detto che ogni cattivo, nella sua mente e personale visione distorta di sé, è un eroe, uno che in realtà pensa di fare del bene, di riportare la giustizia dove non ve n'è affatto, e Andrew risponde a tale definizione.
Lui vede come il vero e unico responsabile, come il cattivo da sconfiggere, Alex, e il bello è che Alex è diviso fra il pensarla come lui e voler fermarlo prima che possa fare altri danni.

Alex, in tutta la serie di Obyria, non è stato, non è e mai sarà l'eroe, non nel senso che solitamente si affibbia a molti protagonisti. Non è buono fino all'impossibile, ma neanche malvagio; non è perfetto, commette non pochi errori, alcuni grossolani, altri chiunque avrebbe potuto farli; non ha la concezione del bene sopra ogni cosa. Lui, come tanti altri personaggi che ho creato, crede negli uomini e nelle loro azioni, crede nelle loro scelte, nel fatto che tutti possano sbagliare o fare la cosa giusta, dipende solo dalle intenzioni, e proietta anche su di sé tale visione: sa di essere fallibile, di non essere perfetto, in Necromantia Averni esprime più volte il senso di inadeguatezza di fronte a una situazione surreale e quasi riecheggiante di toni epici ormai perduti: una guerra su larga scala, un nemico che si erge sopra tutti per il potere, per portare una rivoluzione epocale, o ancora un destino supremo che non perdona al quale sottostare.
Ho cercato di discostarmi dai classici tropes e clichés circa i personaggi principali, l'ho reso umano anche se è diventato un vampiro, ho fatto in modo che restasse tale, che non sorgesse in lui un vago senso di onnipotenza perché è immortale e storie varie, l'ho reso sì importante e fondamentale, ma non fino in fondo il fulcro di tutto. Quella di Valknut e delle sorti legate fra loro, in un certo senso, voleva essere un po' una metafora di una cosa che troppo spesso, oggi, tendiamo tutti a dimenticare. Come dice Luigi XIV nella serie televisiva Versailles: ciò che facciamo ha risonanza nel mondo, ciò significa semplicemente che se fai una cosa, non puoi proprio sperare che non abbia poi delle conseguenze, che non faccia del bene o del male a qualcuno, che non produca un effetto a catena, grande o piccolo che sia.
A questo si rifà anche il concetto del battito d'ali delle farfalle: una farfalla, sbattendo le ali, ali leggere, che in teoria non dovrebbero fare niente a nessuno, dall'altro capo del mondo potrebbe scatenare un uragano, una calamità su larga scalo. Qui si parla per iperboli, si porta agli estremi un semplice esempio, ma basta a far capire quando sia facile scatenare qualcosa di enorme anche soltanto stando un giorno a scuola, nella propria classe, intenti a macchinare uno scherzo di pessimo gusto, una bravata atta a mortificare e ridicolizzare una persona che non ha fatto mai del male a nessuno. Tredici Rose e i suoi sequel non sono altro che una metafora nella metafora, per così dire, al volo delle farfalle più potente di quel che si crede mi sono ispirata.

Togliendo questa digressione, concludo dicendo che Alex è un personaggio con mille sfaccettature, pieno di problemi e insicurezze, ma la sua volontà di fare del bene è genuina, fa quello che fa in buona fede, non più per nuocere al prossimo, ma per esserne il supporto e il porto sicuro.
È questa sua buona fede a fargli superare le rimostranze nei confronti di Andrew e dargli un'altra possibilità; chi ha sofferto capisce chi sta soffrendo e cerca di aiutarlo, non di ostacolarlo o farlo peggiorare. Come Andrew una volta lo ha salvato, ora è Alex a voler salvare Andrew da sé stesso, perché Andrew non è come Logan e Alex questo lo ha capito. Per Andy c'è speranza e questo è evidente da quando i due tornano insieme sul serio: lo vediamo tornare premuroso con chi ama, disponibile ad aiutare il prossimo, sarcastico e tagliente come al solito, ma diverso, cambiato dalle esperienze e rimesso in piedi dalla vicinanza di Alex.
Per loro, per il rapporto che hanno sviluppato e svilupperanno ancora, per la loro stessa sottotrama, un po' ho preso spunto da San Paolo e Sant'Agostino nei loro famosi discorsi sull'amore.

Alex, dunque, ha come motore principale l'amore e per quanto sia una cosa vista e rivista, mai è scontata. Anzi, in un mondo nel quale viviamo, corroso dall'odio verso chi è diverso, o più debole e fragile, un mondo che non perdona niente, un mondo che si ritene al centro di tutto e pensa che tutto gli sia dovuto, ricordare che una parola gentile, una carezza, una mano tesa a chi è caduto e non riesce a tornare su, può salvare non solo la vita a una persona, mille o cento, ma anche riportare la luce dove ci sono le tenebre. Ricordare tutto questo è importante, lo è di più nel mondo in cui vive Alex, non così diverso in fin dei conti da quello reale.

Perdonatemi la smielatezza di questa frase, ma quando ci vuole, ci vuole: Alex vive d'amore e morirebbe per esso, nel nome di uno fra i sentimenti più grandi e potenti, ma anche più fragili e facili da uccidere.

Ora passiamo ai tratti distintivi, alle particolarità e così via.

Di Alex non ho fatto mai una descrizione approfondita fino al punto da essere troppo invasiva, mi sono limitata a delinearne i contorni: capelli biondi, occhi grigi, caucasico, labbra piene e naso alla francese, diritto e ben delineato. Ha una voce sulla media, né troppo chiara, né troppo profonda, ma se chiedete a Andrew vi dirà che quando urla sembra peggio di una gallina con crisi isteriche. Da ragazzo aveva una corporatura tipicamente da atleta, poi però la situazione cambia verso la fine del primo libro e migliora nei sequel, anche se non tornerà mai veramente ad essere prestante come quando era umano e non stava ancora male.

Non porta nulla di particolare addosso, né orecchini né altro, né ha tatuaggi.

La sua altezza precisa, come ho detto, è di un metro e settantasei. Il suo colore preferito è il bianco e neanche questa scelta è casuale, così pure quella del fargli portare una rosa bianca sulla tomba di Andrew ogni anno per tredici anni consecutivi. Devo dire di aver preso spunto, per tale simbologia, dalla cultura orientale, nella quale il bianco è un colore che rimanda al lutto, veniva usato in antichità in occasione dei funerali, anche se al giorno d'oggi ha perso questa funzionalità e il Giappone si è un po' "orientalizzato", optando per il classico nero. Il bianco significa anche "lealtà", cosa che nel primo libro simboleggia l'atto di contrizione e amore di Alex verso il defunto Andrew. Tuttavia, la rosa bianca (mantenendo sempre il significato di morte e lutto giapponese) è anche un messaggio fra le righe, un contorto spoiler, è come se Alex portasse con sé la morte, è come se essa fosse al suo fianco in attesa di colpire.
È ancora, però, un rimando al suo desiderio giovanile di sposare Andy e vivere al suo fianco, desiderio che purtroppo è rimasto irrealizzato.

Il bianco, perciò, qui lo collego alla morte e al lutto imminente e Alex è strettamente legato a questo argomento, ecco perché ho optato per tale colore fra le sue preferenze.

Ora delle curiosità più generali!

Per il suo personaggio, ricordo che mi ispirai al protagonista maschile della fiaba "La Bella e la Bestia". Tredici Rose in origine doveva essere una sorta di retelling, oltre che un thriller in chiave tutto, fuorché soprannaturale, poi però il mio amore per le tenebre e le creature che vi si aggirano ha preso il sopravvento. Un altro personaggio da cui trassi molta ispirazione, anche per il nome tra l'altro, è Alice Kingsley de Alice nel Paese delle Meraviglie.

Secondo le iniziali bozze, Alex sarebbe dovuto essere il vero e unico assassino di Andrew nel senso più letterale e orribile, ma scartai l'idea perché non mi piaceva.

La storia "What If?", Infinito, contiene scene ed eventi che in un primo momento avrei voluto integrare in Tredici Rose e poi, però, vennero scartate.

Il numero tredici è un numero ricorrente, come si sarà notato, e sì, nell'universo della serie di Obyria porta davvero molto, molto male. Non a caso Alex è andato incontro a un bel po' di sventure!

Nella versione scartata di Tredici Rose, Alex non si sarebbe dovuto sposare né avrebbe dovuto avere dei figli, poi invece cambiai idea e scelsi di renderlo un uomo di famiglia; sempre nella versione abbozzata, il finale sarebbe stato ben diverso e molto più cupo, e inoltre avrebbe eliminato ogni possibilità di continuare la storia con dei sequel nei quali sarebbero stati inclusi i personaggi che oggi conosciamo: Andrew avrebbe ucciso Alex e Brian in uno scontro finale e Skyler, arrivato in tempo per vedere il suo ex migliore amico strappare il cuore dal petto di Lex, non avendo altra scelta, disgustato e anche stanco di vedere tanto sangue scorrere ad Hanging Creek, avrebbe eliminato Andrew sparandogli con dei proiettili di legno. Il resto, onestamente, resta tutt'oggi nell'ombra e ne sono ben felice.

Per finire, e qui probabilmente mi tirerete il collo: nella versione eliminata Alex non si sarebbe redento, sarebbe rimasto il vero antagonista in tutto e per tutto, senza attraversare il percorso caratteriale che oggi conosciamo.

Bene, credo di aver scritto anche troppo! Se avete delle domande o altri dubbi che volete risolvere sul conto di Alex, non esitate a farmi delle domande nei commenti!

In occasione del compleanno ormai quasi prossimo di Alex, lascio anche questa grafica nuova di zecca:

È tutto, almeno per ora!

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro