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Storia vera di un ragazzo masochista

Mentre tornavano verso l'infermeria, vedendo il fratello pallido, Austin gli diede qualche pacca sulla spalla. <Sei stato bravo Will. >

Il biondo annuì, poco convinto, rabbrividendo. <Ho ricordato cose che non volevo ricordare.> Replicò il maggiore stringendosi nelle braccia.

<Will!> Sam, una figlia di Apollo arrivata al campo l'inverno prima, corse incontro ai due ragazzi sventolando una mano.

Indossava dei pantaloni mimetici e un top nero, quando l'aveva vista la prima volta, Will aveva pensato che sembrava più una figlia di Ares che di Apollo, infatti, andava molto d'accordo con gli inquilini della cabina 5.

<Che succede Sam?> Chiese Austin.

<Di Angelo, mi sono distratta un secondo e quel ragazzino è sgattaiolato via. Dei, è tremendo. Sarei andata a cercarlo ma una ragazza si è sentita male, non avete idea, vomito ovunque, che schifo. Credo che il suo nome fosse Molly. Detesto avere il dono della medicina, se fossi stata una musicista come Austin, non avrei certo passato le mie giornate a scrostare vomito dalle pareti.> Si lamentó la ragazza. <Cosa stavo dicendo?>

Will, che inizialmente aveva avuto voglia di strangolare la sorella, rise mettendole una mano sulla spalla. <Tranquilla Sam, torna a vedere come sta Molly.>

<No, ti prego.> Lo implorò, ma Austin, ridendo, le mise un braccio sulle spalle.

<Forza Sam, andiamo.> La incoraggió.

Will ridacchió, osservandoli allontanarsi; quando i suoi fratelli furono rientrati in infermeria, mise le mani sui fianchi. <Se fossi un ragazzino italiano apatico, dove andrei?>

Il biondo si guardó attorno, e poi i suoi occhi si soffermarono sull'arena di combattimento.
Sospirando, si incamminò.

Quando scorse il figlio di Ade intento ad allenarsi, quasi scoppiò a ridere. <Ovviamente.>

Il ragazzino bloccò un'attacco da parte del proprio avversario -un tizio alto e grosso con indosso la maglia viola del campo Giove- e con un colpo secco del polso lo disarmó, facendo volare l'arma dell'altro a svariati metri di distanza.

In un secondo, la lama nera di Nico di Angelo era puntata alla gola del povero romano, che alzò prontamente le mani. <Hai vinto! >

Nico annuì, stava per rispondere quando la Signora O'Leary, apparsa da chissà dove, gli balzò addosso, seppellendolo sotto chili e chili di pelo.

<Dei del cielo!> Esclamò Will, precipitandosi in suo aiuto.

<Vieni bella.> Chiamò il biondo, attirando l'attenzione del segugio con un fantoccio per l'allenamento.

<Uof!> Rispose la Signora O'Leary, precipitandosi verso la propria nuova preda.

<Per gli Inferi! Signora O'Lary, volevi uccidermi!?> Strillò Nico, prendendo una lunga boccata d'aria. Quando notó Will, impegnato a coccolare l'animale, ammutolì.

<Che ci fai qui?> Indagó il più giovane, raccogliendo la propria arma da terra e avvicinandoglisi. Quando il segugio lo notó, inzió a scodinzolare più vigorosamente, cercando di leccarlo.  Nico fece un passo indietro.

<Sono venuto a cercarti.> Rispose il biondo, schivando di pochi centimetri la lingua bavosa della Signora O'Lary.

Nico mugoló in risposta, afferrando un bastone e scagliandolo lontano, il segugio corse a prenderlo.

<Mi pareva di averti detto che dovevi restare in infermeria. Se sbaglio correggimi, magari me lo sono solo sognato.>

<L'hai fatto, invece. Ma non ti ho ascoltato.> Replicò Nico, alzando le spalle.

Will rise, in fondo Nico stava bene ormai, l'unico motivo per cui lo faceva restare in Infermeria era perché gli piaceva averlo vicino.

Mentre attraversavano il prato, in silenzio, Will si concesse di sbriciare un paio di volte il viso di Nico: per avere solo sedici anni, sembrava decisamente più grande.

I capelli neri erano troppo lunghi, e lo facevano sembrare ancora più pallido. Il sole sembrava non avere effetto su di lui, al contrario del figlio di Apollo, che sentiva la melanina lavorare sulla propria pelle per mantenere il proprio livello di abbronzatura su: surfista hawaiano.

<Perché mi fissi?> Sbottò Nico lanciandogli un'occhiataccia, che fece arrossire Will suo malgrado.

<Non ti stavo fissando.> Mentí il biondo accelerando il passo. Nico lo fissò scocciato, ma vedendo le sue guance diventare praticamente porpora non riuscì a trattenere una risata.

Pensò che Will era carino quando era in imbarazzo. Poi si prese mentalmente a calci per quel pensiero.

Aveva appena superato la propria cotta per Percy e certo non era il tipo da interessarsi subito a qualcun'altro, specialmente qualcuno come Will.

Sospirando, Nico rientró in infermeria e si sedette sul proprio letto a gambe incrociate, la fronte aggrottata , tenendosi i gomiti con le mani.

Will, da lontano, si chiese se l'altro non stesse progettando di uccidere qualcuno.

<Dovresti smettere di fissarlo, sembri uno stalker.> Gli sussurrò qualcuno all'orecchio, facendo fare al biondo un salto di qualche metro.

Girandosi, con le palpitazioni alle stelle, si ritrovò faccia a faccia con niente meno che Percy Jackson e il suo sorrisino da attaccabrighe.

<Percy!> Esclamò Will, sorpreso e un po' spaventato. <Io n-non stavo fissando proprio nessuno!> Precisò poi, fingendosi molto preso dall'inventario che stava 'compilando' qualche istante prima.

<Oh certo, e io sono il migliore amico di Era.> Ridacchiò il figlio di Poseidone passandosi una mano tra i capelli, umidi.

Quel ragazzo, sembrava sempre che appena rientrato da una lunga corsa sulla spiaggia; come del resto Will pareva aver passato ore a prendere il sole, quando invece praticamente era un vampiro, ormai.

<Dovresti fare attenzione a parlare della regina degli dei in questo modo.> Lo ammonì Will.

<Mi ha tolto sei mesi di vita, a questo punto credo che si sia sfogata a sufficienza.> Protestó Percy, infilando le mani in tasca, improvvisamente scorbutico.

<Io non ne sarei tanto sicuro...> Ribatté Will, ma decise di non approfondire la conversazione. <Come mai da queste parti? Stai male? Annabeth?>

Jackson scosse la testa, tornando allegro. <Oh no, tutto bene. Sono venuto a sentire come sta Nico.>

Will deglutì, e qualcosa di appiccicoso e acido gli rimase incollato in gola. <Capisco, vai pure.>

Percy parve in difficoltà, lanció uno sguardo a Nico -che adesso pareva ragionare su dove poter seppellire il cadavere della propria vittima- e poi al biondo.

<Ecco...io non credo che voglia parlare con me.> Precisò il moro, alzando le spalle sconsolato, e Will ripensò a quello che era successo un paio di giorni prima, quando era andato a cercare Nico per trascinarlo in infermeria. Si chiese cosa avesse detto a Jackson.

<Io invece credo di sì.> Ribatté il biondo, e decise che quella sare avrebbe sbattuto la testa contro un muro, ripetutamente, per quell'uscita. Ma per quanto fosse geloso del figlio di Poseidone, se quei due avevano litigato, era quel tipo di babbeo che avrebbe fatto sì che si riappacificaro.

<Ma...> Percy provò a protestare, ma Will riportó gli occhi sulla propria cartellina, e l'altro recepí il messaggio.

Prese un respiro profondo e si avvicinò a Nico -che doveva aver escogitato un ottimo piano, per come appariva soddisfatto- quando vide arrivarsi incontro Jackson su un primo momento parve voler fuggire usando un viaggio-ombra, ma notando lo sguardo di fuoco che gli lanciò Will decise di restare fermo dov'era.

Qualsiasi cosa dovesse dirgli Percy, sarebbe stata sicuramente meno dolorosa della punizione che Will gli avrebbe inflitto se solo avesse osato utilizzare i propri poteri.

'Puoi farcela, Nico.'

~spaizo autrice

Povero Nico, mi sento di maltrattarlo...

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