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Montgomery pls shut up

Non so se vi è mai capitato di vedere le immagini, magari passate al telegiornale, di un paese o addirittura interi paesi e città stravolti da disastri naturali tipo uragani, trombe d'aria eccetera.

Nico ricordava vagamente quando, negli anni '80, c'era stato il crollo di una diga in Pennsylvania e i giornali avevano riportato le foto del disastro, case sventrate, letti trascinati in strada, negozi distrutti, fango ovunque.

Niente però avrebbe potuto prepararlo a quel vulcano in eruzione che era il suo ragazzo o al caos che lo travolse quella mattina.

La sveglia suonò come sempre alle sette e trenta. E come sempre Nico si chiese perché avesse accettato quella volte questa follia dell'andare a scuola, se non l'avesse fatto avrebbe potuto restare a letto.

Sbuffando, si costrinse ad aprire un occhio, tirandosi a sedere, sobbalzando quando il suo...beh, ecco, quello, toccò il materasso.

<Cazzo!> Ringhiò a denti stretti, e avrebbe voluto prendere a schiaffi Will e la sua maledettissima mancanza di delicatezza quando facevano l'amore.

Andò in cucina e si preparò il caffè, lasciandone un po' nella moka anche per Will, quando avesse deciso di alzarsi. Insisteva per ostinarsi a portarlo a scuola, anche se Nico gli aveva detto più volte che gli sarebbe bastato un secondo per arrivare, se avesse voluto. Ma la testa di quel biondino era peggio di un muro di mattoni, era inutile insistere.

Finito di bere la propria colazione buttò qualche libro a caso nello zaino e decise che si era sprecato anche troppo.

Solo dopo aver fatto la doccia si rese conto di un particolare: anche Will doveva alzarsi. Ed erano già le sette e quaranta.

Quando lo chiamò il biondo brontolò qualcosa di incomprensibile e lo sacansò con un gesto.

<Will guarda che fai tardi.> Lo avvertì allora e in un secondo si scatenò il putiferio.

Allora, certo, le urla di prima mattina non erano la cosa che più Nico apprezzava, ma vedere Will che si aggirava per casa nel panico totale era abbastanza divertente, specialmente quando si infilò la maglia al contrario, con l'etichetta che gli grattava il mento.

<Will, hai la->

<É tardi!>

<Si, ma hai la->

<È tardissimo!>

<Will! La maglia!>

<Oddio, hai ragione!>

Prese una maglietta dall'armadio e l'infilò sopra a quella che già indossava. Storta.

Nico rise, prendendolo per i polsi e facendolo sedere sul bordo del materasso. <Okay, Speedy Gonzales, adesso cerca di darti una calmata, va bene? In cinque minuti sei riuscito a farmi venire il mal di testa.>

<Perché non mi hai svegliato prima?> Piagniucolò.

<Guarda che la sveglia è suonata anche per te.>

Will brontolò, lasciando che Nico gli sfilasse prima l'una e l'altra maglia.

<Sembri mia mamma.> Lo prese in giro il biondo, con i capelli tutti arruffati.

<Ma sta zitto.> Gli ridiede la maglietta ordinandogli di infilarsela ma Will non sembrava nemmeno ascoltarlo. Buttò la maglia a terra.

<Ehi!> Protestò Nico.
Will rise, tirandolo sopra di se. <Buongiorno.> Disse smielato.

Nico sbuffò, ma sorrise a sua volta. <Buongiorno, scemo. Alzati, adesso.> Gli stampò un bacio sulla bocca e seguì il suo stesso suggerimento.

Will si alzò gongolando. Faceva sempre così quando era Nico a baciarlo per primo.
<Che bambino!> Commentò il moro scuotendo la testa mentre usciva dalla stanza.

<Ti amo anche io!>

<Io non ti amo affatto!> Nico ormai era in cucina.

<Sei adorabile!> Gli strillò di rimando Will dalla camera da letto.

Alla fine salirono in macchina in orario, e Will accostò dal late opposto della strada rispetto all'ingresso della scuola di Nico esattamente dieci minuti prima del suono della campanella.

<Hai visto? Siamo in perfetto orario. Hai fatto tutto quel casino per niente.>

Will sollevò le spalle. <Che posso dire?>

<Che sei un cretino.>

<Sono un cretino.>

<Hai ragione.>

<Grazie. Mi dai un bacio prima di andare?>

<Ew! Che schifo! Certo che no.>

<Così mi ferisci.>

<Oh dei!> Sospirò alla fine Nico baciandolo. <Contento?>

<Un'altro?>

<Va prima che chiami la polizia.>

Prese il proprio zaino dai sedili posteriori e una volta sceso dall'auto aspettò che Will se ne fosse andato per avviarsi all'ingresso.

Ormai Will aveva rinunciato alla sua stupidissima idea di tener segreto che stavano assieme, e Nico non poteva che esserne felice. Sarebbe stata una rottura di balle dover trovare una scusa ogni volta che li vedevano assieme.

Stava per oltrepassare il cancello quando una voce tristemente nota lo fermò. <Di Angelo!> Esclamò Montgomery facendosi avanti con quelle due canaglie dei suoi amici.

Nico roteò gli occhi. <Che cosa vuoi?>

<Ma come, non posso salutare un amico?> Si lamentò avvolgendo le spalle di Nico con un braccio.

Il moro dovette metterci tutto se stesso per non spezzarglielo. <Levami le mani di dosso.> Sputò infastidito.

<Come sei cattivo.> Si finse offeso Adam. <Eppure sembrava ti piacesse poco fa.> Ridacchiò, e qualcosa nei suoi occhi piccoli e cattivi luccicò. Se fosse stato un semidio Nico avrebbe detto che era figlio di Ares: aveva la stessa espressione crudele che hanno i ragazzi della capanna 5 quando un ragazzino nuovo arriva al campo ed é ora di ficcargli la testa nel gabinetto.

<Senti, non so cosa intendi e non me ne frega proprio un cazzo, quindi ciao.> Cercò di levarselo di torno in fretta Nico facendo un passo in avanti, ma uno dei suoi due amici adesso era lì.

Ma come? Non erano dietro ad Adam fino ad un secondo prima? E poi, da dove venivano? Non li aveva mai visti nel gruppetto di trogloditi con cui girava di solito Montgomery.

<Oh Nico, perché non ci presenti la tua amichetta un giorno? Ah no, aspetta, amichetto, giusto? Non pensavo fossi gay.> Ridacchiò.

Nico lo guardò confuso. <E allora?>

<No, niente, ma ti credevo meglio.> Disse cattivo, ma a Nico non importava davvero.

In lontananza vide Santana che scendeva da un'auto grigio fumo. Strano, di solito arrivava sempre in autobus. Quando lo vide sollevò la mano, poi si accorse di chi era in compagnia e aggrottò la fronte.

Nico sospirò. <Io invece lo sospettavo che fossi un pezzo di merda.> Rispose superandolo senza troppe storie, lasciandolo a boccheggiare spiazzato per la risposta.

<Ehi. Che ci facevi con Montgomery?> Chiese Santana ancora confusa.

<Cercavo di scrostarmelo da sotto le scarpe.>

Lei rise. <Il tuo umorismo mi fa bene di prima mattina.> Confesso mentre entravano nell'edificio.

<Se lo dici tu.>

<Ah, a proposito!> Esclamò lei all'improvviso emozionata. <Che fai sabato sera?>

Nico le lanciò un'occhiata confusa. <Perché vuoi saperlo?>

<Non sto progettando di ucciderti eh!> Sbottò lei, che si era abituata a velocità record al carattere di Nico.

<Niente, credo.> Ma per quanto ne sapeva lui avrebbe anche potuto diver incontrare la regina di Inghilterra. Stupida memoria!

<Ottimo!> Santana frugò un'attimo nello zaino e poi allungò a Nico una busta gialla un po' stropicciata.

<E questa?>

<Aprila!> Lo esortò lei alternando l'entusiasmo a un lieve imbarazzo. Sembrava indecisa.

Nico la guardò sospettoso un'ultima volta e poi aprí la busta. Dentro c'era un cartoncino piegato a metà con sopra scritti un'indirizzo e un orario con la calligrafia tutta bombata di Santana. <Una festa?>

Lei ridacchiò, arrossendo appena. <Diciotto anni non si compiono tutti i giorni.> Sottolineò alzando le spalle.

Nico ci mise un secondo a elaborare. <Tu hai diciotto anni!?>

<No.> Lo corresse lei, venendo interrotta dal suono della campanella. <Li avrò sabato a mezzanotte.> Proseguì mentre si sedevano ai loro banchi.

<Quindi sei un'anno più grande.> Constatò Nico, che nascondeva la sorpresa sotto un lieve tono disinteressato. Non si aspettava affatto che Santana fosse più grande di lui, semmai il contrario.

<I miei sono emigrati in America quando avevo sette anni, quando mio padre ha ottenuto la cittadinanza ormai l'anno era quasi finito, e così il successivo mi hanno riscritta in prima elementare.> Spiegò la ragazza tirando fuori il libro di letteratura inglese. <Hai fatto i compiti?> Aggiunse poi.

Nico ripensò a Will che gli accarezzava i capelli. Avvampò, improvvisamente in imbarazzo.
<S-sì.>

<Stai bene? Sei un po' rosso. Non è che hai la febbre?> Chiese Santana preoccupata, ma Nico allontanò la sua mano con uno schiaffetto. <Giù le mani.>

Lei rise. <Ups, dimenticavo. Comunque, alla festa, puoi anche portare quello schianto del tuo ragazzo. Anzi, ti obbligo a farlo.> Precisò poi con un sorrisetto furbo.

<Non mi piace quel sorriso. Conosco un'altra persona che lo fa.> Si lamentò Nico rabbrividendo proprio mentre la professoressa entrava in aula.

<Buongiorno ragazzi.> Salutò ancheggiando in modo pericoloso su un paio di tacchi vertiginosi. Nico si immaginò di vederla perdere l'equilibrio e volare a terra. Divertente.

<Ah sì? E chi?> Riprese la conversazione Santana, adesso sottovoce.

<Will.> Brontolò Nico, risiedendosi. Una scarica di dolore gli corse su per la schiena, facendolo irrigidire. <E non promette mai bene.> Aggiunse a denti stretti.

Santana ridacchiò. <Oh. Capisco.>

Nico la fulminò con lo sguardo. <Non sei diver->

<Di Angelo! Grazie di essersi offerto di leggere alla classe il testo che avevo assegnato da studiare per oggi.> Intervenne la professoressa, che in qualche modo si era materializzata a fianco al suo banco.

<Cosa?> Nico quasi si strozzò. Un po' perché il suo profumo troppo dolce gli appestava le narici e minacciava di farlo lacrimare, un po' perché l'idea di leggere davanti alla classe era persino peggio che pulire le stalle al campo. E fidatevi, non è un'esperienza che si augura a cuor leggero.

<Mi ha sentito. Prego.> Ripeté allontanandosi con quella sua camminata da papera.

Nico rimase un secondo pietrificato, poi sospirò e quindi aprí il libro.
Per uno sconvolgente, meraviglioso secondo le lettere rimasero ferme al loro posto: le A non vorticavano su se stesse come una giostra del Luna Park, le B e le D non facevano a cambio di posto e la punteggiatura aveva deciso che magari il tempo non era bello abbastanza per andare a zonzo sulla pagina.
Un secondo solo dopo, sul foglio c'era il putiferio. Nico ebbe voglia di urlare.

Fisso qualche secondo la pagina e poi scosse la testa. <Professoressa, io non->

<Che c'è Nico, hai dimenticato come si legge?> Ridacchiò Montgomery dal banco a fianco al suo. Qualcuno lo seguì, e le lettere si agitarono con più vigore.

<Hai sbagliato classe, Adam. La terza elementare non c'è nemmeno in questa scuola.> Gli rispose a tono Santana, e le risate aumentarono. Nico rivolse un piccolo sorriso alla ragazza, che rispose con uno più grande e luminoso.

<Allora sigor Di Angelo?> Insistette la professoressa, e Nico ebbe voglia di strapparle quelle sue labbra gonfie di botox.

<Sa che non posso leggere questa dannatissima poesia. Cos'è, mi sta prendendo in giro?> Sbottò Nico, al limite.

<Allora davvero non sa leggere!> Esclamò Adam, e Nico non ce la fece più.

<Si chiama dislessia, cretino!> Sbottò voltandosi verso di lui.

La professoressa allargò le labbra in una 'o' sorpresa, come se se ne fosse appena ricordata.
Ma scherziamo?

Montgomery ghignò. <Cos'è, una forma di autismo?>

<Molto meno grave della stupidità che affligge te.> Ribatté Nico, Santana scoppiò a ridere e anche altre risatine trattenute si levarono dagli altri banchi.

<M-mi dispiace.> Balbettò la professoressa. <Credo di essermene dimenticata. Montgomery, leggi tu allora.>

Sentendolo leggere Nico si chiese se non fosse dislessico pure lui. Almeno fin quando Santana non sospirò: <Che capra.>

<Ti sento, puttanella.> La apostrofò lui, e Nico fu sul punto di mollargli un pugno, ma Santana fu più svelta.

<Ecco appunto. Un troglodita.> Annuì a se stessa, incurante degli epiteti che Adam le affibbiava.

Nico la squadrò trattenendo una risata. Era dura ammetterlo, ma quella ragazza gli piaceva sempre di più.

<Che fai, mi fissi?> Chiese lei divertita.
Nico alzò il mento. <Sei forte.>

Lei parve sorpresa. <Oh mio dio. Non ero pronta a un complimento. Come stanno i miei capelli? Dovrei fare un selfie e immortalare il momento?> Chiese agitandosi freneticamente sulla sedia.

Nico alzò gli occhi al cielo. <Ritiro tutto.>

A fine giornata Nico si sedette sui gradini dell'ingresso perché Will sarebbe arrivato un po' in ritardo, dato che le sue lezioni finivano alla stessa ora.

Santana gli si sedette di fianco, lisciandosi la divisa delle cheerleaders. Una domanda affiorò nella mente di Nico.

<Perché sei nelle cheerleaders?>

Lei sussultò. <Come?>

<Ti ho chiesto che ci fai in quel pollaio di galline starnazzanti.>

Lei trattenne una risata. <Non credi di essere un po' duro?>

Nico alzò un sopracciglio, indicando un trio di ragazze con la stessa divisa che si contorceva per mettere in risalto le curve soffocando contemporaneamente per trattenere un'inesistente pancia. <Tu dici?>

Santana le fissò disgustata e sconsolata. <Okay, hai vinto. Ora mi prenderai per una sciocca, ma l'ho fatto, beh ecco, per far colpo su un ragazzo.> Ammise arrossendo.

Nico collegò in quel momento due fatti: Santana era sicuramente una ragazza bellissima, senza umbra di dubbio, e non l'aveva mai vista con nessun ragazzo, nonostante fosse ovvio che in molti le sbavano dietro.

<Capisco.>

<Lui non è nella nostra scuola.> Precisò lei, come se Nico l'avesse chiesto, anche se in realtà non lo infastidiva che si stesse aprendo con lui. <Ma è nella squadra di basket del suo liceo, o almeno lo era quando io ero al primo anno, ora va all'università, quindi alle partite lo vedevo, ed essendo una cheerleaders ero in campo, e in questo modo è più facile che lui mi notasse.> Spiegò grattandosi la nuca.

Nico stette zitto.

<Pensi che anche io sia una gallina in preda ad una crisi ormonale?>

Il moro annuì. <Ma sei quasi simpatica, quindi va bene lo stesso.> La rassicurò, beccandosi una gomitata nelle costole come risposta.

<Tutti questi complimenti? Cos'è, il tuo ragazzo ti ha dato una zolletta di zucchero per addolcirti?>

Nico sbuffò. <Andreste d'accordo, tu e il mio fidanzato.> Borbottò, e come un mostro evocato dagli inferi Will si materializzò all'ingresso, sulla sua auto, con gli occhiali in testa e i capelli spettinati dal vento.

Will Solace mi fa male al cuore.

Dovrebbe essere illegale.

<Certo che è proprio figo.> Sospirò Santana, salutandolo con la mano.

Eh già.

Will scese dall'auto, raggiungendoli con la sua camminata tranquilla di chi non ha un pensiero al mondo.
Qualche ragazza lo fissò troppo a lungo, e un paio di ragazzi borbottarono infastiditi.

<Santana!> Salutò Will, poi si spostò e lasciò un bacio sulla bocca di Nico.
Le ragazze sospirarono sconsolate e i ragazzi sollevati.

Nico notò solo in quel momento che indossava le infradito.

<Sei andato in università con le infradito?> Chiese il minore confuso.

Will ridacchiò in imbarazzo, e pure Santana, accorgendosi di quel dettaglio rise. <Nella fretta non me ne sono accorto. E voi? Com'è andata la giornata?>

I due si guardarono. <Diciamo che poteva andare peggio.> Decise Nico.

<Ah, visto che sei qui, Will.> Intervenne Santana. <Siccome so che Nico non te ne parlerebbe mai, sabato festeggio diciotto anni, e ho intenzione di dare una festa. So che ci conosciamo poco e da poco, ma mi piacerebbe che ci foste.>

Will le sorrise e il sole per un secondo si fece più luminoso. <Con piacere! Vedrai, riuscirò a trascinare questo cadavere alla festa.>

<È una battuta Will?> Chiese Nico incrociando le braccia al petto.

Lui gli fece l'occhiolino.

Una macchina accostò in quel momento al marciapiedi e il guidatore suonò il clacson un paio di volte. Santana allungò il collo e un enorme sorriso le si aprí sul volto. <Bene, questo è il mio passaggio. Ci vediamo Sabato allora! Ciao!> E poi corse via.

Will tese la mano a Nico. <Allora? Andiamo?>

Nico la fissò e sbuffando -perché se non l'avesse fatto Will avrebbe capito che gli piaceva quando gli prendeva la mano- l'afferrò.
<Andiamo.>

~ spazio autrice

PS. Per quanto riguarda l'immagine, un po' di cultura poetica fa sempre bene a mio avviso.
Tra l'altro, doppio aggiornamento, ditemi che sono stata brava.

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