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Jason minaccia Will

Mentre se ne stava steso affianco a Will, Nico si rese conto che per la prima volta dopo mesi non avrebbero dormito nello stesso letto, e per un secondo il panico ebbe la meglio.

I suoi incubi a volte lo trovavano anche tra le braccia del suo ragazzo, da solo era certo che non sarebbe riuscito a chiudere occhio. E fosse stato per quello avrebbe anche potuto farsene una ragione, ma quelle immagini...

Si tirò a sedere di scatto, passandosi una mano fra i capelli. Will lo imitò immediatamente, preoccupato. <Nico, che c'è?>

Il moro scosse la testa. <Niente.> Biascicò, poi tossì e lo ripetè in un tono che suonasse più convincete. Will non sembrava ancora del tutto convinto, ma annuì. Nico gli fece un mezzo sorriso e poi si alzò dal letto. Sbriciò fuori dalla finestra e vide che ormai non c'era più nessuno in giro, e la maggior parte delle cabine era buia e silenziosa, probabilmente già da un pezzo.

Con un lo stomaco chiuso si voltò. <Credo tu debba andare.>

Will fece una faccia strana. <Nico, se sei ancora arrabbiato, lo capisco, ma-...>

<No!> Si affrettò a dire Nico e Will rilassò le spalle. <Solo non voglio finire nei guai con Chirone.>

Will ridacchiò, alzandosi dal letto e zoppicando fino a Nico. Gli diede un bacio sulla fronte e sorridendo gli augurò la buonanotte. Nico ricambiò il sorriso, più o meno. <'Notte.>

Aspettò un po' sull'ingresso della cabina e quando Will fu quasi arrivato chiuse la porta sospirando.

Non voleva preoccupare Will, e poi anche se non ce l'aveva con lui dopo quel pomeriggio non era sicuro di voler dormire con lui, anche se questo voleva dire farlo con i suoi vecchi amici incubi.

Tra un sospiro e l'altro si spogliò e si fece una doccia fredda, infilandosi un paio di pantaloni della tuta a caso e la maglietta del campo che aveva lasciato nell'armadio della sua cabina quando erano partiti. Sul comodino di fianco al letto c'erano anche il libro che gli aveva regalato Will e la collana del campo.

Quando avevano lasciato il campo aveva deciso non portarla, mentre Will la sua l'aveva tenuta ma non la indossava.

Nico la prese e se la mise al collo senza pensarci. La ceramica era fredda contro la pelle e il laccetto di cuoio era un po' troppo lungo, ma era fastidiosamente piacevole averla addosso. Poi prese il libro e l'aprì su una pagina a caso, leggendo a spizzichi e bocconi da quel punto in poi. Non stava veramente prestando attenzione alle parole, voleva solo stare sveglio il più possibile, così da essere troppo stanco per sognare quando si fosse addormentato.

Quella giornata sembrava essere durata un secolo, ma aveva paura che il suo cervello fosse ancora abbastanza attivo da permettergli di avere qualche incubo. Era piuttosto certo che la mezzanotte fosse passata da un pezzo quando iniziarono a chiuderglisi le palpebre.

Stava rileggendo la stessa pagina da chissà quanto. Chiuse il libro e lo buttò per terra, trascinandosi sotto le coperte.

Le palpebre gli si chiusero da sole e quando le riaprì non dovevano essere passati più di una manciata di minuti.

Si mise a sedere, con la gola secca e lo stomaco contratto su se stesso. Strizzò gli occhi ma la stanza era così buia che non vedeva a un palmo dal proprio naso.

Il suo stomaco emise un brontolio basso e doloroso, e Nico si biasimò per aver saltato la cena. Sospirando provò a scendere dal letto per andare in bagno e almeno bere qualcosa, dato che gli sembrava che il deserto del Sahara gli fosse scivolato in gola, ma quando stava per alzarsi picchiò la testa contro qualcosa di duro.

<Ahio!> Sbottò massaggiandosi la fronte. <Ma che...?> Allungò una mano di fronte a se e incontrò una superficie liscia e solida, e si chiese se fosse così scemo da aver sbattuto contro il muro. Provò a far scorrere la mano sulla parete e con suo grande orrore si rese conto che quella gli correva tutto attorno.

<No.>Si disse in preda al panico. <Non può essere!>

Provò a prendersi le mani e sentì le dita attraversarsi tra di loro. Stava svanendo. La giara. Provò a battere il pugno contro la ceramica ma sapeva già che era inutile. <Aiuto!> Strillò con il cuore a mille. Il sangue gli urlava nelle orecchie.

Continuò a urlare e a tirare pugni finché non gli fece male la gola e riuscì a sentire l'odore del sangue. <No...non posso morire qui!> Mormorò sull'orlo della disperazione. Estrasse la spada e gridando di rabbia mollò un fendente con tutta la forza che aveva, a costo di spezzare la lama. Invece, con sua grande sorpresa, la parete della giara si squarciò come un lenzuolo. Nico rotolò fuori e l'aria bollente del Tartaro gli riempì i polmoni.

Si guardò le mani ansimando, convinto di trovarle traslucide, e invece erano perfettamente solide, neanche il minimo accenno di trasparenza.

Stava per sospirare di sollievo quando un mostro sbucò fuori dal nulla, balzandogli addosso. Nico strillò, ma riuscì a trafiggerlo con la spada, rendendosi subito conto che se erano nel tartaro era inutile. Il mostro infatti non si accorse nemmeno di avere una lama nel petto, e continuò nel suo tentativo di staccare a Nico la testa a morsi.

Il figlio di Ade riuscì a scrollarselo di dosso con un calcio, e si rimise in piedi immediatamente. La bestia ringhiò , soffiò e digrignò i denti. Stava per partire all'attacco quando qualcos'altro afferrò Nico per le spalle, sbattendolo a terra togliendogli il respiro.
<Uccidere.> Sibilò un'altro mostro, più umanoide del precedente, con due pozzi neri al posto degli occhi. <Smembrare. Spolpare. Mangiare. Bere il sangue.> Aggiunse mentre Nico si dimenava nella sua stretta.

Oltre la figura della creatura che lo sovrastava Nico riuscì a cogliere decine di altri mostri che si avvicinavano. <No!> Gridò agitando la spada senza una logica, solo guidato dalla paura e dal pensiero che non voleva morire.

Centinaia di mani si allungarono verso di lui, fondendosi in un'unico manto nero che lo ricoprì soffocandolo. Era senza peso, fluttuava in qualcosa di freddo e poco denso. Annaspò in cerca d'aria e si sentì i polmoni riempirsi d'acqua. Agitando le braccia risalì e quando raggiunse la superficie inspirò a pieni polmoni, tossendo fuori l'acqua della baia di Long Island.

Agitando le braccia scompostamente riusciva a stare a galla. Ad un centinaio di metri e luci del campo brillavano nella notte. Con un verso di sollievo si diresse in quella direzione. Ringraziò l'adrenalina e magari suo padre di riuscire ad arrivare alla riva, dato che non sapeva nuotare.

Si trascinò sulla spiaggia, tossendo e sputacchiando. Aveva i vestiti appiccicati al corpo e appesantiti dall'acqua. <Nico!> Esclamò una voce familiare. Il moro sollevò la testa di scatto, aspettandosi di incontrare gli occhi blu di Will. Invece davanti a lui non c'era nessuno.

Si mise in piedi a fatica. Era nella casa grande. Seymour se ne stava appeso al muro, emettendo un ringhio basso e continuo dal fondo della gola mentre puntava gli occhi su Nico. Il figlio di Ade rabbrividì ma si guardò intorno. Era tutto tranquillo. Oltre la finestra vide Chirone e il signor D giocare tranquillamente a pinnacolo al tavolino in veranda, sotto uno splendido sole. Corse alla porta, ma quando la spalancò l'aria fredda della notte lo investì con una folata che gli fece drizzare i capelli sulla nuca.

Mosse un passo fuori e di nuovo la voce di Will gli rimbombò nelle orecchie. Questa volta però era fredda e piatta. Si voltò di scatto, sobbalzando. Will era al suo fianco. Aveva indosso la maglia del campo, ma era macchiata e sporca di terra. Anche Will era sporco di terra, e aveva un taglio sulla guancia.

<Will! Oh miei dei, Will ero così-> Provò ad abbracciarlo ma il biondo lo allontanò malamente, guardandolo schifato e arrabbiato. Nico sentì il proprio cuore spezzarsi. <Will...>

Il figlio di Apollo non disse nulla, gli diede le spalle e si allontanò sul prato. Nico ricacciò indietro le lacrime e gli corse dietro. <Will!> Sbottò arrabbiato acchiappandolo per un braccio e costringendolo a voltarsi.

Cecil lo guardò con tano odio che Nico ebbe voglia di sparire. Nico gli lasciò andare il braccio. <Scusa, io credevo che fossi-...>

<È colpa tua.> Lo accusò il figlio di Ermes. Lo stesso tono piatto che aveva usato prima Will per chiamarlo.

<Cosa?> Le parole gli uscirono strozzate.

<L'hai abbandonato.> Lo accusò qualcuno alle sue spalle. Nico si voltò ancora, con il battito alle stelle e la testa che gli scoppiava. Will e gli altri ragazzi del campo lo scrutavano. Nico indietreggiò di un passo.

<N-non capisco.>

<È colpa tua.> Sibilò Will. Cercando i suoi occhi Nico trovo solo due orbite vuote pronte a inghiottirlo. Sentì il terreno mancargli sotto i piedi e barcollò cercando di mantenere l'equilibrio. Will allungò una mano e Nico cercò di afferrarla.

<Sei un mostro, Nicola di Angelo.> Disse Will prima di lasciarlo cadere. Il piede di Nico scivolò e lui si ritrovò inghiottito dal terreno.

Cadde per meno di un secondo ma quando atterrò la botta fu talmente forte che fu sicuro di essersi rotto almeno un paio di ossa. Non riusciva a controllare il respiro. Gli tremavano le mani. Non riusciva a ragionare. Aveva la mente annebbiata.

Un flash bianchissimo gli ferì gli occhi. Li strizzò grugnendo di dolore e quando li riaprì Bianca di Angelo era di fronte a lui.
Nico trattenne il fiato. <Bianca...>

<Perché lo fai Nico?> Chiese lei, triste.

Lui scosse la testa. <No Bianca, non ti ho evocata io. Credimi!>

Lei gli rivolse uno sguardo dispiaciuto e poi guardò oltre lui. Nico voleva vedere cosa stesse guardando ma appena si fu rimesso in piedi qualcosa lo afferrò per le caviglie e lo strattonò indietro, facendolo cadere faccia a terra nella polvere. Avvertì il sapore del sangue in bocca. Si era morso la lingua.

Sollevò gli occhi su Bianca ma lei era sparita. Ora era di nuovo nel Tartaro. Ne sentiva l'odore.

Stava per rialzarsi ma qualsiasi cosa l'avesse afferrato cominciò a tirare ancora. Nico strillò. Provò ad aggrapparsi a qualcosa affondando le unghie nella terra ma le sue mani scivolavano nella polvere.

Allora cercò la propria spada ma non era al suo fianco. Scalciò via le mani attorno alle proprie caviglie e si voltò sulla schiena appena in tempo per vedere se stesso sollevare la spada sopra la testa.

<No!> Gridò balzando a sedere. Annaspò in cerca d'aria. Strinse le lenzuola tra le mani e si rese conto che era nella propria stanza.

Si sentiva sudato e senza fiato come dopo una maratona. Si leccò le labbra secche. Era così agitato che non si rese conto di star ancora stringendo le lenzuola finché non gli venne un crampo alla mano.

Gli ci vollero diversi minuti per calmarsi. Poi con cautela scese dal letto e si diresse in bagno. Senza pensarci due volte ficcò la testa sotto il rubinetto, aprendo l'acqua gelida. Rimase sotto finché non ebbe perso sensibilità sulla guancia destra, allora chiuse il getto e si raddrizzò. Nel piccolo specchio appeso alla parete vide il proprio riflesso. Gli occhi iniettati di sangue, la pelle cadaverica tirata sugli zigomi e due profonde borse viola scuro sotto gli occhi.

<Faccio schifo.> Si disse da solo. Il sole invadeva già la cabina, ma a giudicare dalla luce doveva essere appena l'alba. Decise che non aveva voglia di asciugarsi e capelli. E che aveva decisamente voglia di uscire da quella cabina.

Si infilò dei jeans e una maglietta sotto la giacca. Si appese con riluttanza la spada al fianco, con ancora vivida in mente l'immagine di se stesso che cercava di ucciderlo.

<Che sogno del cazzo.> Brontolò uscendo. Per un po' semplicemente rimase seduto fuori dalla porta, poi si alzò e iniziò ad avviarsi verso l'arena. Allenarsi probabilmente l'avrebbe distratto.

Stava giusto attraversando il prato quando una voce chiamò il suo nome. Nico fece un salto per lo spavento e la risata tranquilla di Will Solace gli fece venire la pelle d'oca. <Ehi.>

Nico deglutì. Will sembrava Will. Con la maglietta del campo, dei pantaloncini da basket e le infradito ai piedi. Sorrideva allegro con i capelli biondi che sembravano oro puro alla luce dell'alba.

<Che ci fai sveglio a quest'ora?> Domandò Will arrivandogli di fronte. Nico stava per rispondere quando Will lo guardò davvero e aggrottò la fronte. <Amore, stai bene?> Chiese preoccupato e Nico non riuscì a trattenersi dal bisogno di abbracciarlo.

Sospirò sollevato quando Will lo accolse tra le braccia. Aveva avuto paura che l'avrebbe allontanato come nel sogno. <Ehi..> Disse Will accarezzandogli piano i capelli. <Tesoro, così mi spaventi. Dimmi che succede.>

<Ho avuto un'incubo.> Confessò sentendo Will irrigidirsi.

<Li hai ancora?>

Nico annuì e Will sospirò. <Sarei dovuto rimanere con te.>

Nico non rispose. La sera prima aveva avuto qualche dubbio ma ora avrebbe dato qualunque cosa per dormire con Will.
Come leggendolo nel pensiero il biondo lo prese per mano e lo trascinò nella direzione opposta in cui stava andando prima.

<Will dove...?>

<Hai bisogno di dormire.> Rispose secco il biondo. Poi si voltò e gli fece l'occhiolino. <Ordini del dottore.>

Nico riuscì a sorridergli. Arrivarono in infermeria e Will gli ordinò di stendersi su una branda. Nico fece come gli diceva e il figlio di Apollo lo precedette mettendosi al posto del cuscino, che finì sul letto vicino.

Poi indicò le proprie gambe incrociate a Nico. <Appoggia la testa qua e dormi.>

Nico era così stanco che non aveva nemmeno voglia di discutere. Si stese e le mani di Will iniziarono subito ad accarezzargli piano i capelli, dandogli i brividi. Chiuse gli occhi e immediatamente venne colto dall'ansia. Li riaprì di scatto e fece per alzarsi, ma Will gli mise una mano sulla fronte e lo tenne fermo.

<Nico, guardami.> Ordinò con tono fermo ma gentile. Il corpo di Nico fu obbligato ad ubbidire. Will gli sorrise e gli bacio la fronte. <Io sono qua. Ti prometto che non farai nessun incubo. Fidati. Okay?>

Nico scrutò a lungo gli occhi azzurri di Will e poi non si sprecò nemmeno ad annuire. Chiuse gli occhi e dopo nemmeno un minuto Will sentì che stava dormendo.

Sospirò sollevato, continuando a scorrere le dita fra i ricci bagnati di Nico. Sapeva che aveva ancora qualche incubo a volte, e si dava la colpa di non essere rimasto con lui quella sera.

Gli sarebbe piaciuto che Nico gli avesse chiesto di sua spontanea volontà di restare, ma Nico non era uno che chiedeva aiuto, specialmente non dopo ieri.

Will, ora che avevano risolto, ridacchiò al ricordo degli sguardi assassini di Kayla e Austin.

Quando era entrato in mensa per la cena era già per metà pentito di come aveva trattato di Nico, e vedendo il suo tavolo vuoto si era sentito in colpa. Poi si era lasciato cadere al suo solito posto e Austin gli aveva mollato una sberla tra capo e collo.

<Ehi!> Protestò il biondo. <Ma che-?>

<Sei stato un vero stronzo oggi, Will.> Sputò senza mezzi termini Kayla.

Will boccheggiò. In primo luogo come sapevano loro? E in secondo, come prego!?

<Esatto.> Insistette Austin. <Lou ci ha raccontato com'è andata. Lo sai che non è colpa sua.>

Will era nel fuoco incrociato. Mentre difendeva un lato veniva colpito a morte dall'altro.

<Credi che noi non siamo preoccupati per Cecil? O che non lo siano i suoi fratelli, magari?> Proseguì Kayla.

<No!> Protestò Will. <Certo che no! Ma->

<Ma continuando a cercare Cecil altri ragazzi si sarebbero persi. Magari qualcuno dei nostri fratelli.> Austin indicò il resto del tavolo di Apollo. Will irrigidì la schiena al pensiero.

Ci fu un'attimo di silenzio e poi Kayla sospirò, addolcendo il tono della voce disse a Will: <Lo sappiamo che tieni molto a Cecil. Ma non hai idea di quanto tu abbia ferito Nico.>

Austin annuì. <Fare la cosa giusta è sempre difficile di per se, non c'è bisogno che anche la persona che ami ti si metta contro. Capisci che intendo?>

Will annuì. Poi lanciò un'occhiata fuori dal padiglione e sospirando si mise in piedi. <Mi sa che devo andare a chiedere scusa.>

Kayla annuì. <Sarà il caso.>

<Anche perché sennò dovremo chiamare Jason Grace.> Spiegò Austin.

<E Percy.> Aggiunse Kayla.

<E adesso che c'entrano loro?> Chiese Will confuso. Austin si ficcò una mano in tasca e passò a Will un post-it piegato in quattro.

Sopra, con una calligrafia disordinata, c'era scritto: Will, per questa volta la pasci liscia ma fa soffrire ancora Nico e ti farò del male fisico -Jason

Will sollevò uni sguardo spaventato sul fratello. <Ma cosa?>

<Giralo.> Gli disse Kayla.

Sul retro, scritto più ordinatamente: E io nasconderò il tuo corpo, anche se "non sono il suo tipo"

La seconda nota non era firmata ma Will aveva una vaga idea di chi fosse.

Austin e Kayla ridacchiarono. <Me l'ha dato Jason prima di partire.> Scrollò le spalle. <Fossi in te non mi metterei contro di lui. O contro Percy.>

Will si infilò il foglietto in tasca, riluttante.

Ora, mentre Nico dormiva tranquillo, tirò fuori il foglietto e lo rilesse. Pensandoci era una cosa bella, che Nico avesse qualcun altro che si preoccupava così per lui. Non che Will credesse che non lo meritasse, anzi. Era che Nico aveva la tendenza a scansare chiunque gli porgesse una mano.

Lentamente scivolò via dalla posizione in cui si trovava, appoggiando la testa di Nico su un cuscino. Il moro mugugnò ma non si svegliò. Will gli accarezzò un po' i capelli e poi si allontanò per appiccicare il post-it sul retro della sua cartellina.

Era ancora molto presto. Forse nemmeno le sette. Intanto che Nico dormiva Will si mise a riordinare le scorte. Quel pomeriggio Argo avrebbe portato i rifornimenti e il magazzino doveva essere essere in ordine per fare spazio.

Stava ancora finendo di riarrotolare le bende lavate quando Austin entrò in magazzino. <Ehi fratello!> Lo salutò.

<Ciao.> Rispose Will sorridendo.

Austin lanciò un'occhiata ai letti e poi guardò Will sollevando le sopracciglia. Il biondo sbuffò. <Devi dedurre che è andata bene ieri?>

<Oh miei dei Austin, ma cos'hai che non va!?>

L'accusato alzò le mani in segni di resa. <Stavo solo chiedendo!>

Will sbuffò, poi però sorrise. <È andata bene.>

Austin ridacchiò. <Forza, ti do una mano.>

~spazio autrice

Ho appena realizzato una cosa: io sono proprio il genere di autrice che non sopporto. Sparisco, poi riappaio e vi vizio con due capitoli al giorno e poi sparirò di nuovo. Pubblico sempre a orari diversi.
Siete bravi a sopportarmi.

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