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5|Once Again

Titolo: Ancora una volta

Coppia: Dylan O' Brien-Thomas Brodie Sangster

Rating: Arancione

Genere: RPF, romantico, slash, lemon

Avvertimenti: *RPF=(real person fiction) cui i protagonisti sono persone realmente esistenti, quali attori, musicisti o sportivi. Questa ff nasce dall'amore che ho per Dylan O'Brien e Thomas Brodie Sangster o come preferisco chiamarli io: Dylmas. Vedo in loro molta chimica, e non mi dispiacerebbe se fosse accaduto qualcosa del genere. Perdonate eventuali errori, non scrivo da tempo. Song: ►Afterglow & Kiss me di Ed Sheeran. [9711 parole]







╰☆Once Again☆╮

Un concentrato nembo di fumo uscì dalle labbra schiuse, aleggiando sopra la zazzera bruna e disordinata.

Inerte se ne stava supino sulla poltrona color caffè. La testa inclinata all'indietro e lo sguardo al monocorde soffitto bianco panna; di tanto in tanto chiudeva gli occhi per rivivere meglio tutti i ricordi che aveva condiviso con un inglese dai capelli oro miele, occhi scuri e penetranti e un portamento affascinante quanto invidiabile.

Ricordi che racchiudevano cinque anni, i più intensi della sua vita.

Quello passato era stato l'ultimo giorno, siglato con la festa di addio del cast di the death cure, terzo ed ultimo capitolo della saga di the maze runner. Aveva brindato con Kaya, Dexter, il simpatico Will, il grande Wes e Thomas...

Avevano tutti bevuto e ballato in una discoteca fuori città, solo pochi fan li avevano interrotti per gli autografi e le foto.

Era scorso tutto in tranquillità, tra risate in amicizia, scherzi e aneddoti demenziali. Non era successo niente di nota. Niente che valesse la pena rammentare.

Perché mai doveva ricordare che i suoi sguardi rivolti a Thomas Brodie Sangster erano stati bellamente ignorati? Non era mai successo, nel corso degli anni i loro occhi si erano sempre cercati, avevano sempre giocato a rincorrersi e a sfuggirsi, perché quell'indifferenza improvvisa?

Era un freddo che Dylan avvertiva irreale, pungente, insopportabile. Impossibile. Dopo tutto quello che c'era stato, non poteva esserci quel gelo, quel distacco. Quel non essersi vissuti.

All'inizio aveva sospettato- o meglio, aveva piacevolmente creduto-si trattasse di una trovata erotica del biondo, un pizzico di pepe che avrebbe movimentato la loro notte poi in camera, teoria che era decisamente crollata quando giunti in hotel, al ritorno della festa, ognuno era entrato nella propria stanza, augurandosi una buonanotte spiccia.

Thomas non l'aveva neanche guardato, aveva inserito la card nella serratura ed era filato dentro, come se fosse di fretta. Ma per cosa? Per dormire?

Cazzo, quella era l'ultima notte che trascorrevano vicini. Le loro camere confinavano. Perché non approfittarne? Non riusciva a spiegarselo.

Beh, senz'altro, per Dylan quella era stata una doccia ghiacciata, la più gran delusione che avesse avuto fino ad allora, più di una sconfitta dei Mets.

Erano entrambi consapevoli che non si sarebbero più rivisti-almeno sul set di tmr ormai giunto al termine-, e probabilmente, per Thomas, non aveva senso continuare la loro storia d'amore clandestina.

Come se quello che c'era stato tra loro fosse cancellabile.

Indignato da quel comportamento e ferito profondamente nell'orgoglio, Dylan si era trattenuto dal bussare alla sua camera, per poi inchiodarlo al muro, sbraitandogli contro perché durante la serata non l'avesse preso in considerazione, ridendo alle sue battute idiote, o solo minimamente, guardandolo.

Sembrava che Thomas avesse dimenticato ciò che avevano condiviso.

Per Dylan, che aveva ogni loro momento impresso nella mente, era stato tutto. Anche se gli impegni li avrebbero divisi, O'Brien si sarebbe organizzato, programmando un viaggio in Inghilterra solo per incontrarlo, non l'avrebbe dimenticato facilmente, non poteva.

Non vedere più Thomas lo feriva come una lama dalla punta affilata che traforava il petto, scendendo in profondità senza alcuna benevolenza. Un lento ed agonizzante martirio.

Perché Sangster non provava lo stesso? Perché era indenne a quei sentimenti?

Lo aveva visto bene, in forma, sorrideva alle battute di Dexter e degli altri, mentre lui, ignorato, aveva pensato di rifugiarsi nei bicchieri di champagne, spinto dalla nostalgia, dalla consapevolezza che fosse l'ultima festa di the maze runner, con lui al suo fianco e che stesse andando anche di merda.

Quel ragazzo dai capelli che tanto amava, che inconsapevolmente gli aveva fottuto il cervello, gli stava portando via la pace.

Lo stesso ragazzo che da piccolo aveva recitato in Love Actually con quel visino tenero, incapace di far del male a una mosca, lo stava distruggendo con la sua indifferenza.

Dylan si era innamorato di Thomas ancora prima di conoscerlo a fondo, come poteva dimenticarlo solo perché sarebbero stati distanti? Per la sua mente, la distanza non sarebbe stato un ostacolo insormontabile, per il proprio corpo invece...Beh, quello avrebbe sofferto, eccome...

L'americano era fissato con le gambe del biondo, cercava sempre un pretesto per toccargliele. Era un bisogno irrazionale, anche durante le interviste era capitato spesso, e lui consciamente se ne accorgeva sempre troppo tardi, quando le telecamere l'avevano già filmato.

Il fatto è che non riusciva a farne a meno. Belle, snelle e slanciate, le adorava, anche se le preferiva scoperte, attorno alle sue, nel suo letto.

Beh, era da ciechi non notare che tra loro ci fosse più di una semplice amicizia.

Il loro supplizio aveva avuto inizio già dalle riprese del labirinto, si erano quasi e scherzosamente baciati dietro le quinte, ma poi avevano approfondito lontano da occhi indiscreti, la sera in hotel, nella sua stanza.

Dylan ricordava bene come era iniziata. Thomas aveva bussato alla sua porta dicendogli che si sentiva insicuro su alcune scene, solo dopo in realtà, l'americano aveva capito.

Si era trattato di un piano ideato dal biondo, per capire se, lontano dalle telecamere, Dylan si fosse allontanato nuovamente o sarebbe andato dritto al bacio. Beh, Thomas non aveva fallito e Dylan aveva abbassato le sue barriere difensive oltre che i propri pantaloni.

Aspirò ancora, pensare i loro trascorsi non migliorava le cose, né il suo umore. L'atteggiamento di Thomas gli aveva decisamente lasciato l'amaro in bocca e l'anima in subbuglio.

A breve entrambi sarebbero partiti per tornare a casa, separandosi ufficialmente. Nessuno dei due usava molto i social, quindi escluse le ipotesi che avrebbero potuto coltivare il loro rapporto tramite internet e poi, anche se fosse stato, cosa poteva farsene?

A Dylan piaceva il contatto, sfiorare Thomas. Sentire il solletico procurato dal fiato del biondo sulla propria nuca, le mani marmoree come una statua e agili come quelle di un arciere vagare sul suo petto, curiose. I baci, i morsi e quello che combinava la lingua...

Aveva gli occhi chiusi e stava immaginando il biondo su di sé, in una di quelle posizioni che non ci vuole tanto per comprendere cosa sarebbe accaduto a breve.

Gli mancava, gli mancava davvero tanto e poteva cercarlo soltanto nei suoi pensieri, nei sogni, nei ricordi.

Si inumidì le labbra passandovi la lingua, fantasticando che quella non fosse la propria ma quella del biondo, immaginava di stringerlo sulle sue cosce. I bacini che si scontravano frenetici, le loro...

Un allarme peggio di una sveglia lo destò bruscamente, portandolo a guardarsi intorno smarrito. Si sentiva come un ladro colto sul fatto, il viso paonazzo di vergogna, imbarazzato per quello che stava pensando.

L'alcool della sera precedente, le birre scadenti, l'eccessivo uso di tabacco e aver avuto la testa all' in giù per più di un'ora non svegliavano nessuno, nemmeno una bellezza del cinema come Dylan O' Brien. Non era affatto immune alla sbornia.

Scattò in piedi, cercando di fare mente locale su cosa stesse accadendo. Era tutto così caotico e improvviso.

Portò le dita alle orecchie, tappandone una. Doveva capire da dove provenisse quel fastidioso stridio, neanche il tempo di ragionare che dall'alto, dell'acqua iniziò a schizzare per tutta la stanza, annaffiandolo interamente.

Poteva trattarsi soltanto di una cosa: l'allarme antincendio. Cavoli, come aveva fatto a non pensarci prima. Sperò che fosse un allarme individuale stanza per stanza, altrimenti gli irrigatori non erano scoppiati soltanto nella sua camera, ma in quelle di tutto il piano. Che figura...

Avrebbe dovuto ricordarsi di aprire la finestra, o almeno avere la decenza di fumare all'aperto. Era come rimbambito, non riusciva a pensare altro che all'inglese, offuscando tutto il resto.

Saltellò sul posto per scorgere se ci fosse qualche pulsante ai lati, se fosse stato fortunato, sarebbe riuscito egli stesso a disattivarlo senza interpellare i tecnici dell'hotel.

Doveva cavarsela da solo, non avrebbe potuto ricevere nessuno in camera, inoltre il suo aspetto non era dei migliori dato la notte insonne e travagliata.

Volenteroso ma con scarso equilibrio salì sul letto, allungò le braccia al soffitto-per fortuna basso e raggiungibile- e cercò un pulsante di spegnimento ai lati dell'aggeggio. Era complicato perché l'acqua a fiotti continuava a uscire ininterrottamente, abbacinandolo.

I capelli erano ormai zuppi, il viso dava l'impressione di aver fatto un tuffo in mare, i vestiti erano completamente fradici. La t-shirt bianca gli si era attaccata addosso, e i pantaloni per i punti in cui erano bagnati potevano creare sfondi fraintendibili.

Come un miraggio, trovò qualcosa sotto il palmo e azzardato, lo schiacciò; la sirena si arrestò e con essa anche l'irrigazione. Spalancò gli occhi incredulo, mentre le sue labbra lentamente si aprivano in un sorriso fiero. Non poteva crederci: ce l'aveva fatta.

La sua vita sentimentale stava andando a rotoli ma era riuscito a stoppare un allarme, era un passo avanti. Una cosa per cui essere felici.

Barcollò sul grosso letto, lasciandosi poi cadere sdraiato. Le braccia spalancate verso l'alto e il respiro affannato. Il petto si alzava e abbassava con difficoltà. Era stata dura, ma l'aveva superata...o no?

Neanche il tempo di chiudere gli occhi e riprendere a respirare regolarmente, che qualcuno bussò alla sua porta.

Un tocco.

Non era importante.

Due tocchi.

Dovevano essere quelli della manutenzione o delle pulizie.

Tre tocchi.

Ma quanto sapevano rompere? Non potevano mettere in conto che stesse ancora dormendo e lasciarlo in pace? No.

Dylan O'Brien e la pace, due rette parallele che non si sarebbero incontrate, non quel giorno.

Sbarrò gli occhi, in guardia. Chiunque fosse nascosto dietro la porta, visto i tocchi insistenti, non avrebbe desistito facilmente. Si girò prima da un lato e poi dall'altro, irritato. Avrebbe aperto, ma non avrebbe permesso a nessuno di entrare.

Quella camera era letteralmente un porcile e puzzava di fumo. Si buttò giù dal letto, spalancando la grossa finestra per far aerare la stanza in pochi secondi, mosse sveltamente le mani di qua e di là come se potesse accelerare l'allontanamento dell'aria nociva, poi corse verso il bagno dandosi una sistemata ai capelli, bagnati com'erano non avevano alcun garbo.

Quando stava per avvicinarsi alla porta ricordò il posacenere che, in una rapida corsa, spostò sul davanzale della finestra. Era lì il suo posto.

«Signori mi dispiace che l'allarme vi abbia scomodato, ma ho risolto. Ho tutto sotto con-» liberò a raffica, mentre apriva la porta. Si bloccò vedendo che di fronte a sé non c'era né un tecnico, né un cameriere, né altro personale dell'hotel.

"Settle down with me, cover me up. Cuddle me in..."

Le labbra schiuse, il rossore improvviso, il batticuore, gli occhi lucidi e quella faccia da pesce lesso significava soltanto una cosa: lui nei paraggi, o come in quel momento, di fronte.

Dylan era semplicemente...incredulo, visibilmente sorpreso nel trovare il motivo della sua notte disperata, insonne, depressiva, lì davanti a lui, come se niente fosse.

Thomas sembrava più stupito di lui, probabilmente perché non si aspettava di trovarlo in quello stato, alla Baywatch. Era zuppo da capo a piedi e la t-shirt bianca che gli procurava fastidio perché appiccicosa, era per il biondo una visione del tutto...erotica.

Boccheggiò, senza proferire alcun tipo di parola perché non gli usciva niente di sensato o che Thomas meritasse. Aveva l'istinto di tirarlo con violenza in camera, bloccarlo alla parete e baciarlo fino a perdere l'ossigeno, ma doveva frenarsi, salvaguardarsi. Aveva sofferto per quell'indifferenza e non avrebbe ceduto facilmente.

"Lie down with me, and hold me in your arms"

«H-hai fatto una doccia senza togliere i vestiti?» fu il biondo a rompere il ghiaccio per la tensione più presente di sempre, il tono basso e lievemente divertito.

O'Brien gli rivolse un'occhiata mediocre-come d'altronde aveva già fatto in precedenza Sangster-, poi abbassò lo sguardo sui propri vestiti, i denti morsicavano il labbro inferiore con veemenza, aveva cominciato a penzolare sul posto, chiara reazione del suo nervosismo; le braccia incrociate al petto, e la testa che si muoveva prima a destra e poi a sinistra in segno di no.

«Okay... » procedette Thomas, senza arrendersi. Sarebbe riuscito a smuoverlo. «Allora stai gareggiando con qualcuno per mr. Maglietta bagnata.» Liberò in un ghigno derisorio.

Thomas voleva mantenere la professionalità e il distacco imposto dal moro, ma la visione davanti a sé non glielo permetteva; da quando Dylan aveva aperto la porta, era completamente atterrato su un altro pianeta.

Se lo stava squadrando interamente, senza tralasciare il minimo dettaglio. Dal capello più lungo ai piedi, scalzi sulla fredda moquette.

Seguendo i denti di Dylan che scavavano il labbro inferiore con quella determinata intensità, inconsapevole aveva passato la lingua tra le sue. Non era affatto un presagio positivo per la resistenza del moro; O'Brien avrebbe abbattuto le barriere ancor prima di ribellarsi.

Thomas era pazzo dell'americano. Quella sua naturalezza, spontaneità, lo avevano colpito dal primo momento. Sapeva che il giocoso americano non aveva filtri o maschere, era schietto, limpido. E gli piaceva da impazzire.

Non aveva mai conosciuto un ragazzo così umile nonostante le mille doti, spigliato, ottimista, divertente, travolgente...Si trovava sempre a scherzare con lui, si sentiva così leggero e maledettamente bene. Dylan era l'unico capace di smuoverlo, di sbloccarlo.

Prima di lui, nessuno c'era mai riuscito, neanche il suo miglior amico Jack Montgomery. Per non parlare sui set, aveva sempre tenuto un certo distacco con i colleghi, un sorriso appena accennato di circostanza e cortesia, invece, con Dylan rideva a crepapelle, senza trattenersi. Dylan gli faceva bene, e poi...era bello da mozzare il fiato.

Quei capelli castano scuri che tanto amava avere tra le sue dita, quegli occhi che lo bruciavano ogni qualvolta si posavano sul suo corpo, il naso che avrebbe strusciato teneramente contro il suo un altro milione di volte, quella bocca che avrebbe torturato con morsi famelici.

Era forse questo che Dylan gli stava chiedendo tacitamente? Interrompi questa mia afflizione e procurala tu?

Quel collo che avrebbe torturato con dei succhiotti, quei pettorali muscolosi contro la propria schiena tutte le notti che avevano dormito insieme, quelle braccia strette al suo corpo che gli trasmettevano senso di protezione. Quegli addominali...quella maglietta era illegale, da censurare!

Maledizione, aveva già iniziato a pulsare.

«Qualcosa mi dice che potresti vincere.» Tornò in sé, un colpo di tosse gli raschiò la gola. Era in imbarazzo, se Dylan avesse abbassato lo sguardo avrebbe notato la lieve protuberanza nei suoi skinny neri.

«Come mai sei qui?» domandò frivolo, ignorando l'apprezzamento. Doveva essere spietato. La minima esitazione e avrebbe perso.

L'inglese fece qualche passo indietro, la mano destra che prima era nella tasca dei pantaloni andò tra i capelli, portandoli all'indietro. Sangster sembrava in difficoltà, probabilmente- pensò Dylan- non si aspettava di sentirlo così distante.

«Sono passato a salutarti, tra un'ora ho l'aereo e presumo anche tu.» Rivelò, puntando i suoi piccoli occhi sul moro a pochi passi da lui. Più guardava O'Brien più gli sembrava irriguardoso. Non poteva biasimarlo. Era consapevole del suo atteggiamento la sera prima.

«Che senso ha, Thomas?» Domandò il più piccolo, fronteggiando lo sguardo. I suoi occhi, i suoi meravigliosi occhi castani con sfumature più chiare se esposti al sole avevano una luce diversa. Una scarica gialla saettava come un fulmine, capace di stroncarlo con una sola occhiata. Era infuriato.

Sangster ebbe un tuffo al cuore per come Dylan lo aveva chiamato.

Era nata la coincidenza che il personaggio interpretato dal moro si chiamasse come lui in realtà, e poiché il suo personaggio-Newt- preferiva chiamarlo Tommy, Dylan si era rivolto a lui sempre con quel nomignolo tenero e affettuoso.

Chiamarlo per intero significava soltanto che fosse incazzato nero, e in cinque anni, quella poteva definirsi la prima volta; il loro rapporto era sempre stato rose e fiori.

"And your heart's against my chest, your lips pressed to my neck. I'm falling for your eyes, but they don't know me yet."

Lanciò una rapida e scrutatrice occhiata per il corridoio, poi con l'indice come per colpevolizzare, indicò quello che aveva dinanzi a sé;

«Mi hai ignorato tutta la fottuta serata, Thomas.» Sputò velenoso, colmo di rammarico. «Avremo potuto trascorrere la notte insieme.» Proferì con tono più basso, avvampando tutto d'un tratto. Argh, se ne era già pentito. Gli era uscita spontanea quella frase e non ne andava molto fiero.

Si stava mostrando debole e deluso, non più arrabbiato e irremovibile come si era prefissato. Il biondo si grattò la nuca, impacciato, guardandosi attorno con aria circospetta. Ci mancava soltanto che qualche cameriera ai piani li sentisse o peggio, dei giornalisti, come avvoltoi, subito ne avrebbero approfittato per uno scoop in prima pagina.

«Posso entrare?» Chiese cauto, soppesando le parole e il tono. Dylan sembrava irritabile ma ancora peggio disincantato.

Il moro scoccò la lingua, si guardò alle spalle, era consapevole che la sua camera fosse un porcile, inondata da fumo che rendeva l'aria irrespirabile; sapeva anche che prima di aprire la porta aveva giurato di non far entrare nessuno, ma Thomas non era nessuno.

Come se gli pesasse-cosa non affatto vera-O'Brien si spostò, permettendogli l'accesso. Allungò di nuovo la testa verso il corridoio e, accertatosi che nessuno li avesse visti, si affrettò a richiuderla.

Quando Sangster fu all'interno, fu invaso da un'ondata di fumo fastidiosa ma non disse niente. Non all'inizio. Gettò una rapida occhiata per la stanza, le camere erano completamente uguali come mobilio e predisposizione, ovviamente lui l'aveva lasciata in maniera differente.

«Non hai dormito, mh?» Constatò, girandosi e rivolgendo il viso al moro. Stava mangiucchiando le pellicine delle dita, tipico segnale di soggezione. Lo faceva molto anche durante le interviste, non gli piaceva stare troppo sotto i riflettori.

«È così evidente?» domandò retorico, il tono leggermente infastidito. Si avvicinò alla poltrona, afferrò il pacchetto di sigarette e ne accese una appena fu vicino alla finestra;

I gomiti sul davanzale e lo sguardo vitreo al centro urbano; c'era troppo traffico e la gente era troppo di corsa per accorgersi che proprio Dylan O'Brien era affacciato al mondo, da una finestra che dava su una delle strade più importanti d'America.

«Se può consolarti, la mia camera era identica alla tua prima che togliessi il casino da mezzo.» Rincuorò il biondo, affiancandolo. Dylan guardava la città, aspirando la nicotina, Thomas, invece, aveva di meglio da fare, ammirarlo ad esempio. Il suo profilo come tutto del resto di Dylan O'Brien era così... incantevole.

«Come te non ho dormito...» Persistette, cercando di non far scemare la conversazione. Gli occhi caddero sulle lattine di birra a terra nell'angolo, smorzò un sorriso flebile. Erano uguali in tutto.

«Incredibile...ho bevuto anch'io quello schifo di birre e fumato come un turco.» con uno sguardo cercò di contare i mozziconi che giacevano ormai nel posacenere, Dylan si voltò a guardarlo, e spostò l'oggetto al lato non in comune con Thomas, per nasconderglieli.

«Come me non hai dormito, come me hai fumato, hai bevuto...» Elencò seccato, la sigaretta penzolava dalle labbra. Il biondo gliela tolse con i suoi soliti modi eleganti e provocatori, fece un tiro e poi la spense nel posacenere. Poteva giurare che i suoi polmoni si fossero ingrigiti di catrame.

«Ma come me, Thomas, mi hai pensato?» quasi urlò, voltando il busto e il viso al lato del biondo, avvicinandosi. L'inglese indietreggiò meccanicamente. Gli sembrò di rivivere la scena dell'ultimo film quando Newt attaccava Thomas, confinandolo al muro. Poté giurare che Dylan stava provando un risentimento simile.

«S-sì, ti h-ho pensato Dylan O'Brien.» Farfugliò schietto, alle strette. L'americano corrugò la fronte, non credeva alle proprie orecchie. Pensava che l'indifferenza del biondo si sarebbe protratta e, invece, stava crollando lì, nella sua stanza, di fronte a lui. «E ho sperato che bussassi alla porta della mia stanza, stanotte.» Rivelò affranto, il capo chino. Il moro lo guardò scioccato, incredulo, scettico.

«Ieri sera mi hai ignorato tutto il tempo, come potevo venire da te?» Domandò O'Brien, spiazzato. Gli sembrava una richiesta assurda, Thomas sembrò capire di essere in errore, abbassò il capo facendo un sì con la testa;

«Ho sbagliato, lo so...ma l'ho fatto solo perché il mio manager sta sospettando qualcosa, soprattutto adesso che tu e Britt avete rotto. E se vuoi saperlo anche i tuoi ti sorvegliano...» avvisò, mordendosi il labbro inferiore, indietreggiando di poco. Sembrava distrutto, proprio come lui.

«Non me ne fotte un cazzo, Thomas.» Stroncò l'americano menefreghista. Non impiegò neanche il tempo per pensare, a cosa serviva? Sapeva quello che voleva.

Quella determinazione, quella strafottenza rapirono l'attenzione di Sangster, spaventandolo. Dylan sapeva essere molto imprevedibile.

«Non volevano che ti rivolgessi certi sguardi, ma l'hai visto, l'ha visto tutto il mondo, non ci sono riuscito e sai perché? Ti so guardare solo in quel modo, come se fossi la cosa più bella che io abbia mai visto ed è così...» ammise sconfitto, portandosi le mani tra i capelli umidicci e passando rapidamente la lingua tra le labbra secche.

Era teso, ma cominciava a sentirsi meglio, esternare ciò che sentiva ad alta voce al ragazzo per cui provava qualcosa gli era sembrato stupido ma stava riuscendo a farlo sentire meglio, sollevato, in pace con sé stesso.

Thomas lo guardava interdetto, erano così belle le parole di Dylan che non voleva interromperlo con una sgridata né con un bacio fervido, desiderava che continuasse.
Sarebbero state le parole che ogni sera lo avrebbero cullato prima di dormire, frasi che si sarebbe ripetuto ogni mattina, al risveglio, per incoraggiarsi e affrontare una giornata lontana da lui.

Dylan tirò su con il naso, un braccio gli teneva il fianco. «Non volevano che ti toccassi ma l'ho fatto e non solo perché li ho tacitamente sfidati facendogli capire che non me ne frega di rischiare, ma perché non riesco a non farlo. Ho bisogno di toccarti, Thomas...» quell'ultima frase la proferì con voce bassa e roca, avvicinandosi al biondo e toccandogli una ciocca di capelli, scendendo alla guancia. A quel contatto il biondo chiuse gli occhi, godendo di quel momento. Avvicinò la propria mano a quella di Dylan, incastrando le dita.

"And with a feeling I'll forget, I'm in love now..."

«Ho persino detto che credo in noi come coppia» Ricordò poi, ridacchiando. Non aveva mai litigato con Thomas, né credeva ci sarebbe mai riuscito. Era partito carico e letale e poi si era perso per strada, con quel biondino perdeva in partenza, ogni volta.

L'inglese lo imitò, puntando i suoi occhi nocciola in quelli castani.

«Dio, avrei voluto ucciderti.» Confessò, soffocando un ghigno.

«Anch'io...» Sorprese il moro «A volte sembri così indifferente...dovresti essere felice che ci vedono bene insieme.»

«Lo sono, ma non è abbastanza per mandare all'aria tutto. Hai molte possibilità di successo, sei così giovane e ti chiamano per diversi film, per ricoprire ruolo da protagonista. Ti conoscono tutti per Stiles di Teen Wolf, hai un vasto pubblico e non tutti faranno il tifo per i Dylmas. Non permetterò che questo che c'è tra noi, possa ostacolarti.» teorizzò senza mai staccare i propri occhi dalla figura malinconica di fronte a sé. Dylan sbuffò, voleva controbattere, ma sapeva anche che il più grande aveva ragione, maledettamente ragione, come la maggior parte delle volte.

«È in questi momenti che non mi pento di averti ucciso.» Sdrammatizzò con sorriso fiero.

«Cosa?» Riprese il biondo, la testa curiosa inclinata a un lato.

«Per favore, Tommy. Per favore...» Citò piagnucoloso, ricordando una scena iconica del terzo film.

«Ma brutto stronzo.» Offese scherzoso Sangster, tirandogli un pugno sulla spalla. Dylan lo bloccò d'impeto, stringendo la mano del biondo nella propria, visibilmente più grande. «Credevo che quelle lacrime fossero vere, che fossi dispiaciuto per la morte di Newt.» enunciò deluso, imbronciando il labbro.

«Lo ero e lo sono, Newt e Thomas dovevano avere un finale felice, come noi...» Dichiarò Dylan fermo, non mollando la stretta. Thomas non disse nulla a riguardo ma il suo sguardo sembrava condividere a pieno. Sbuffò per scostare il ciuffo già cresciuto che ricadeva sulla fronte, ostacolandogli la visuale.

«Cazzo, dimenticavo, l'allenamento di American Assassin.» Maledisse, trattenendo una finta fitta di dolore. Indietreggiò, bloccandosi da solo in un angolo, Dylan aveva avanzato verso il compagno senza mollare la presa

«Eh già, ho imparato molto, biondino. Non ti conviene.» Stuzzicò con sorriso sghembo, facendo intendere ben altro, altro che mosse di karate, come aveva alluso pareva più...kamasutra. Per fortuna in American Assassin non c'era stata nessuna scena di sesso, solo un bacio a inizio film già troppo per la gelosia incontrollabile di Sangster.

Le mani di Thomas erano ai lati della sua testa, contro il muro, bloccate da quelle di Dylan che esercitavano una lieve pressione. L'uno di fronte all'altro.

I loro petti si scontravano, Thomas poté avvertire la maglia bagnata del moro contro la sua, asciutta e profumata. Amava quel contatto ma desiderava che si azzerasse del tutto con un fervido bacio passionale.

Erano occhi negli occhi, incatenati gli uni negli altri. I nasi quasi si sfioravano, ed entrambi, si stavano torturando le labbra, sperando che fosse l'altro a porre fine a quella tortura precipitandosi sulla bocca.

Dylan si stava trattenendo, si era già spinto troppo con la sua dichiarazione d'amore, aspettava un segnale dal biondo, voleva che per un attimo fosse il più grande a condurre il gioco, ma Sangster gli sapeva resistere bene e sapeva provocarlo anche meglio; rilasciò un respiro pesante, la bocca schiusa e rosea curvata in un sorriso di uno che la sapeva lunga. Lo sguardo scese al cavallo dei propri pantaloni, sottintendendo il rilievo che premeva per uscire, passò lentamente o meglio eroticamente la lingua tra le labbra e in quel momento... tutti i neuroni di O'Brien si fusero, peggio di un corto circuito. Non poteva più resistere.

«Oh, fanculo.» Proferì arreso, e senza lasciar capire nient'altro, in un attimo sciolse le loro mani, tirando il biondo a sé, precipitandosi sulla sua bocca, sensuale e appetitosa. Non si trattò di un bacio di permesso o casto, bensì uno sofferto, famelico, divoratore.

Si trascinarono via dal muro, senza mai staccarsi da loro. Si mangiavano, mordevano, leccavano totalmente in sintonia. Thomas rischiò di cadere diverse volte, il suo desiderio sommato a quello di Dylan li rendeva schiavi delle loro stesse azioni, perdevano l'equilibrio, si strascicavano l'uno contro l'altro in un numero di passi penoso per una danza.

"Kiss me like you wanna be loved, you wanna be loved, you wanna be loved..."

Le mani di Thomas toccarono il petto del moro e senza chiedere alcun permesso cominciarono a vagare sotto la maglia ormai zuppa. Bramava di toccare il suo corpo da anni prima, ai tempi delle ultime interviste del secondo capitolo della saga.

Il moro rabbrividì a quel tocco, quelle mani fredde anche se in netto contrasto con la sua schiena calda, lo fecero sentire bene, a casa. Non riusciva a descrivere a parole quanto gli fossero mancate perciò ci provò con i baci alternandosi a morsi voraci.

Senza staccarsi da quel bacio focoso, entrambi con movimenti buffi e sgangherati sfilarono la maglia del più piccolo, Dylan si affrettò a tirar via la giacca del più grande, sbottonando la camicia bianca di lino.

"This feels like falling in love, falling in love. We're falling in love."

O'Brien rimase a petto nudo, con i polpacci urtò il letto e si lasciò cadere seduto, trascinando sulle sue gambe il biondo, quindi Sangster aveva le proprie cosce divaricate su quelle del più piccolo. Le loro intimità si scontravano appena, il desiderio era tangibile.

L'americano staccò per un attimo le loro labbra, doveva decisamente riprendere fiato. «Non vedi l'orario?» corrugò la fronte, confuso e ansante. Quei baci lo disconnettevano, rincoglionendolo più di sempre. «Il tuo volo-» Replicò, con sguardo stralunato. Conosceva Thomas, e sapeva che appena avrebbe riacquisito lucidità, lo avrebbe rimproverato per averlo trascinato troppo...Dopotutto gli diceva sempre;

'Dyl, menomale che tra i due uno con la testa sulle spalle c'è. Se non fosse per me, tutto il mondo ci avrebbe scoperto già da tempo, a partire dai nostri amici...'

Thomas non sapeva che anche se negava fino a perdere il fiato, i suoi occhi parlavano per lui. Quel tipo di sguardo lo rivolgeva soltanto a un essere umano.

Sangster gli posò il proprio indice sulle labbra, per zittirlo.

«Che si fotta. Ne prenderò un altro.» Liquidò con occhi socchiusi, languidi. Vera nocciola fusa-pensò Dylan estasiato da tanta bellezza-. L'inglese circuì le proprie braccia attorno alle spalle del più piccolo, riprendendo a baciarlo, baci teneri alternati ad altri più intensi.

"Stop the clocks, it's amazing...
You should see the way the light dances off your head...A million colours of hazel, golden and red..."

Il fresco alito dell'inglese pizzicò sul collo dell'americano, che sogghignò per quel solletico, allontanandosi per mirare la bellezza del ragazzo che amava tanto;

L'espressione seria e sincera. «Sei bellissimo.» sussurrò, e un ampio sorriso ornò le labbra del biondo. Gli toccò i capelli, poi il viso, scese alle strette e sensuali spalle, carezzò il petto che, con una presa determinata tirò più verso il proprio scoperto, come per dire 'sei mio, non mi scappi' circuì i lineari fianchi, agguantando il sedere, lo strinse nelle sue mani, una presa salda come se fosse il tesoro di un pirata.

Sangster trattenne un ghigno di piacere, ma non i brividi che provò lungo la schiena, che come scariche elettriche vagabondavano verso tutto il corpo impossibili da frenare; a corto di fiato, la bocca schiusa a cuoricino, gli occhi deboli e stregati, assistette a una visione del tutto erotizzante.

Dylan, il suo Dylan, stava leccando il suo indice con una sensualità che lo fece rabbrividire proprio lì, un'eccitazione incontenibile che accrebbe quando il moro aprì le labbra e, senza interrompere il contatto visivo, prese a morderglielo dolcemente.

Era una tortura. Aveva bisogno di stringerlo a sé, di baciarlo fino a far bruciare i polmoni in assenza di aria, necessitava di sentirlo vicino più che mai, di fare l'amore con lui.

Ritrasse il dito e, per ribellarsi da quel piacevole ma torturante supplizio, portò i palmi contro il petto muscoloso del moro, applicò una giusta forza e lo spintonò all'indietro; Dylan cadde sdraiandosi, ma-prevedendo le mosse- non lasciò a Thomas il tempo di contrattaccare che si tirò su, sovrastandolo. Un sorriso soddisfatto e vittorioso aleggiava sulle labbra dell'americano.

Sangster era sdraiato in posizione supina, i capelli già scomposti, e l'aria mista tra l'essere stato "sconfitto" e rapito perché, non capita mica tutti i giorni essere la vittima di Dylan O'Brien(?); c'erano quelle braccia possenti a sovrastarlo e racchiuderlo in un'ampolla di protezione, che forse il ruolo da 'sottomesso' non sarebbe stato per niente male.

Il fisico allenato del moro, soprattutto dopo le riprese di American Asssassin era notevolmente migliorato, anche se lo aveva sempre contemplato. Era sempre stato bello da togliere il fiato quel moretto americano, e i propri slip che tiravano soffocanti, erano la prova schiacciante.

«Potremo fermarci a questo.» Suggerì Dylan amabilmente, chinandosi solo con il capo e strusciando il proprio naso contro quello del biondo.

Era un gesto affettuoso, tenero, da cuccioli...Nei loro precedenti incontri per quanta passione spruzzassero entrambi, avevano sempre mostrato rispetto e dolcezza nei confronti dell'altro; non erano mai andati fino in fondo, si erano baciati e al massimo avevano esagerato con qualche preliminare. Avevano ruzzolato in un letto avvinghiati, dormendo insieme per poi sgattaiolare all'alba nelle corrispettive stanze, lasciando così credere a tutti che fossero solo amici.

Tutte le volte che si separavano uno dei due diceva: Ancora una volta?

E l'altro di risposta, affermava; "Ancora una volta"

Era una sorta di rituale, portafortuna, di mantra.

Stava a significare che avrebbero vissuto ancora una volta quelle emozioni, che ancora una volta avrebbero visitato insieme il paradiso, e ancora una volta si sarebbero scambiati quei baci famelici che toglievano la sete. Un' ancora una volta protratto all'infinito.

Thomas portò le mani tra i capelli di Dylan, scese lungo le guance paffute e si fermò alle labbra. Le calcò mentre il moro, impacciato o perché sprovvisto momentaneamente di riflessi, non l'acchiappava con i denti;

"My eyes are caught in your gaze all over again..."

«O andare oltre.» Suggerì con voce bassa e roca, accattivante. Quell'accento inglese faceva letteralmente impazzire O'Brien.

«Potrebbero scoprirci -...» mise in conto il moro, destandosi da quell'inibizione. Si morse la guancia, pentito subito per quella frase razionale. Non voleva assolutamente che il biondo riacquisisse lucidità tirandosi indietro.

«Al diavolo, Dyl.» Troncò il più grande e, approfittando dell'esitazione dell'altro, si spinse sopra il compagno.

Thomas aveva le gambe strette attorno a quelle di Dylan, ora era seduto sul suo...rilievo, più simile a una montagna che a una collina. O'Brien non riuscì a contenere una risata isterica per l'imbarazzo. Thomas l'amava, l'avrebbe impostata volentieri come sveglia, senz'altro la mattina avrebbe aperto gli occhi bendisposto nei confronti dell'umanità, invece, che comportarsi come il grinch di Jim Carrey.

Le sue dita affusolate calcarono i pettorali, scendendo agli addominali e alla linea alba marcata.

Si fermò, non sarebbe andato già dritto al sodo. Si sporse in avanti, unendo di nuovo la propria lingua a quella di Dylan; s'intrecciavano, lasciavano per stuzzicarsi, s'inseguivano galoppanti, frenetiche e inarrestabili.

Un bacio che durò interminabili minuti e che fu Sangster a interrompere con abbastanza impetuosità; Dylan represse un mugugno sofferente, uno sbuffo che si tramutò in un intercalare eccitante quando notò l'intenzione dell'altro.

Thomas gli stava leccando il lobo dell'orecchio, addentandolo con ardore, scese poi al mento iniziando a leccarlo;

«Allora eri serio...» Dedusse O'Brien, trattenendo un nuovo ghigno, più per il solletico che per l'impiccio. Il biondo si interruppe, rivolgendogli un'occhiata curiosa.

«Me l'hai leccato davvero, il mento...Lo trovi davvero così...leccabile?» specificò, ricordando un dietro le quinte di the death cure. Le sue mani si stavano insinuando sotto la camicia del biondo, dietro la schiena. Sangster nascose il proprio viso nell'incavo della spalla del più piccolo, soffocando una risata divertita. Dylan non capì se perché soffrisse il titillamento o perché gli aveva ricordato una rivelazione di cui non andava fiero; aveva parlato spontaneamente delle sue fantasie al cast, svelando una parte che avrebbe voluto tenere nascosta per sempre.

«Tu sicuramente sei quello che sa nascondere meglio quello che prova.» Canzonò l'americano ironico, temperando un sorriso. Thomas era intelligente, ma l'amore frega anche quelli con più intelletto, quella frase che gli era spontaneamente scappata era una prova lampante della sua attrazione nei confronti del moro, per non parlare delle occhiate che gli rivolgeva durante le interviste. Si mangiavano con gli occhi, e per quanto l'inglese si sforzasse a celare il tutto, non era in grado di seppellire una cosa evidente come quella.

Feroce interruppe quel piacevole contatto, scendendo rapido verso il collo mordendolo e succhiandolo.

Dylan blaterò qualcosa, del tipo 'Cerca di non lasciarmi segni, come lo spiegherò?' ma Thomas imperterrito continuava nella sua tortura, godendo a ogni torsione del più piccolo sotto di sé. Era una vendetta, di sicuro.

Posizionato a cavalcioni su di lui, aveva tutto sotto controllo, soprattutto l'affare tra le sue gambe. Dovette sentirlo perché azzardato, mentre la sua lingua assaporava la pelle del più piccolo, la sua mano sinistra subentrò nei pantaloni bagnati del moro, superando i boxer per giungere lì. Era umido, e Dylan sorrise vergognoso, non si trattava soltanto dell'acqua dell'allarme, ma anche del liquido pre-orgasmico.

L'inglese lo toccò e Dylan tremò d'eccitazione. Le pupille dilatate seguivano i momenti del più grande come se fosse una luce e lui, una curiosa falena, incantata. Seguiva il biondo in ogni sua singola mossa, come se avesse un pendolo ipnotizzatore davanti agli occhi, che lo attirasse come il polo al magnete;

Le guance arrossate, gli occhi colmi di desiderio, i capelli scomposti, Sangster era una bellezza senza eguali; con il respiro affannato come se avesse partecipato a una maratona, sfilò i pantaloni grigi della tuta di Dylan, il quale sollevò il bacino per impiegare meno tempo possibile. L'erezione del moro era visibile nei boxer bigi, soffocante e prorompente. Thomas la sfiorò con il palmo da sopra il tessuto e Dylan si contorse sotto il suo tocco delicato ma deciso.

Il petto di O' Brien si alzava e abbassava lentamente, la respirazione, la cosa più semplice dell'essere umano, risultava difficile in una circostanza come quella. Aveva il respiro mozzato e la testa annebbiata, soltanto una cosa gli balenava nella mente: Thomas. Thomas con solo una mutanda addosso. Thomas nella sua stanza. Nel suo letto.

Stava impazzendo.

Tirò il biondo a sé, facendolo scivolare su un fianco. Dylan si avvinghiò a lui, stretti in un abbraccio ruzzolavano per tutto il letto, sovrastandosi di tanto in tanto, baciandosi, facendosi il solletico e soffocando risate procurate dall'imbarazzo. O'Brien riuscì a sbottonargli tutta la camicia, ma non gliela sfilò, cosa che fece con gli skinny che lanciò in direzione della poltrona. Rapidamente Sangster si privò anche delle scarpe, lasciandosi cadere completamente sul letto.

Dylan era su un fianco, la gamba destra atletica e bronzea sovrastava le lunghe e marmoree cosce del biondo. Thomas era supino, nelle grinfie del suo amato moretto, che gli stava riservando attenzioni al collo pallido e smilzo.

Erano entrambi in boxer, al limite dell'eccitazione. Dylan scese a baciargli il petto, mordicchiandogli dolcemente il capezzolo sinistro; sfiorò il petto privo di peluria con il pollice e l'indice destro, cominciando poi a disegnare dei ghirigori invisibili, con il braccio sinistro, invece, si teneva su con la testa.

Thomas si issò, ora erano entrambi la stessa posizione, l'uno di fronte l'altro. Le gote paonazze per il caldo e l'imbarazzo. Avevano già avuto incontri del genere, eppure, c'era sempre quella vergogna, quella timidezza, quell'imbarazzo...

Dylan, che si sentiva sotto osservazione cominciò a ridere, tirando un cuscino verso di sé, tumulandosi.

«Che c'è?» Chiese il biondo sulla difensiva.

O'Brien cercò di tornare a respirare, frenando l'imminente voglia di scoppiargli a ridere di nuovo in faccia.

«Beh, hai un'erezione...» Constatò, lanciò un'ulteriore occhiata al bacino del biondo, un occhio aperto e l'altro semichiuso. «Piuttosto evidente...» Dettagliò, issandosi e imprigionando l'inglese tra le sue braccia. «Ti è mai venuto così duro anche durante le interviste?» interpellò diretto, lo sguardo serio e indagante.

«So trattenermi, buddy. Però sì...a volte è capitato, anche se averti nudo, su di me, è di gran lunga efficace.» Ammise paonazzo, senza mai staccare lo sguardo da quel fisico scolpito, al pari di un Dio dell'antichità greca.

«Mmh ... Non mi hai mai pensato in circostanze ambigue, per eccitarti?» Dylan non sembrava soddisfatto di quella risposta, ne voleva una più diretta, priva di vergogna, spigliata.

La sua eccitazione ormai al limite si scontrava con quella del biondo. Probabilmente stava provocando di proposito quella frizione, anzi no, Thomas ne era sicuro. Quanto poteva essere stronzo Dylan O'Brien? Sangster mantenne il contatto visivo, cercando di essere sincero al 100% e di trattenersi per non urlargli ad alta voce; 'Ti muovi a scoparmi?'

«Mi sono masturbato vedendoti in American Assassin.» Sputò il rospo, le guance stavano andando letteralmente a fuoco. «Diverse volte...» continuò, distogliendo lo sguardo dagli occhi del moro per riporlo sul suo petto. «Tu?...» Chiese con un filo di voce, in soggezione. Probabilmente Thomas avrebbe voluto sprofondare nel letto per l'imbarazzo indescrivibile di quel momento. Doveva essere sotto l'effetto Dylanite, perché le parole gli scorrevano senza filtri, se ne pentiva solo dopo averle dette ad alta voce.

«Beh...ho guardato le tue foto online, le nostre foto sul cellulare e ...Ho rotto il tasto del replay del quasi bacio tra Thomas e Newt. Sono stato un po' cattivo, eh?» Dedusse fintamente dispiaciuto. «Però... sai cosa ho notato, mr. Sangster?» Non lasciò il tempo all'altro di chiedere, che parlò; «Hai una mascella super sexy.» Adulò, chinandosi per strappargli un morso al punto ammirato.

«Ah, ah» Rise sarcastico «Sappi che hai molti fans sulla coscienza, nel 2014 vagavi ancora nella sfera dell'eterosessualità. Per fortuna la sera in camera tua ho assistito a tutt'altro.» Sorrisero maliziosi entrambi a quel ricordo: il loro primo bacio.

Dylan scese la mano lungo il petto del biondo, giocò con la molla degli slip, gli lanciò un'occhiata, un permesso tacito che Thomas accolse con un sorriso indulgente. Passò la lingua tra le labbra, come se stesse assaporando quel momento.

O'Brien distese le braccia davanti a sé, ai lati di Thomas. La sua testa si stava abbassando all'altezza del bacino, il biondo chiuse gli occhi, mentre la pelle delicata veniva scoperta all'aria fresca della stanza.

Una lingua la stava carezzando, ispezionando, lambendo. L'inglese avrebbe voluto godere a pieni polmoni, ma si trattenne, chiunque poteva passare per il corridoio e fermarsi ad origliare.

Soffocò i gemiti nel cuscino, mentre Dylan inglobava il suo sesso dando inizio a un preliminare. Thomas cominciò a contorcersi sotto le mosse del più piccolo, infilò le mani nei suoi capelli morbidi e scuri, ansimando. O'Brien sapeva bene cosa fare, nelle precedenti visite aveva appreso le zone erogene del biondo, ora doveva solo ricalcarle.

Sangster si stava aggrappando al lenzuolo, lo stringeva tra le mani, più Dylan toccava determinati punti 'critici' più aumentava la stretta. Amava quel momento, cercò di trattenere i gemiti che come lamenti soffocanti uscivano dalle sue labbra rosee.

«Lo voglio...» Biascicò in un soffio, in preda all'eccitazione. Il viso accaldato, i capelli lievemente sudati, le labbra gonfie, l'espressione stralunata, per Dylan vedere Thomas in quello stato, che continuava a contorcersi, inarcando la schiena, irrequieto di stare in quella posizione da sottomesso, era la veduta più bella che avesse visto in vita sua.

Finse di non sentirlo, continuando a leccarlo più voracemente. Thomas dovette contenersi o avrebbe lanciato gemiti a pieni polmoni, richiamando l'attenzione dei passanti nel corridoio.

«Aaah...» gli uscì a bassa voce, il respiro corto, spezzato. Aveva la gola secca per il troppo sudore e l'emozione gli toglieva la voce.

Si morse il labbro per punirsi, non doveva dar sfogo a quei versi, sarebbero stati sgamati nel giro di poco. Afferrò non poco gentile i capelli del moro allontanandolo dalla sua intimità. Fu colpito da un freddo all'altezza del bacino, che si estese rapido per tutto il corpo, giurò fino all'altezza del cuore, includendolo. La bocca di Dylan era così attenta, così calda, e anche se in un contesto come quello di 'sesso', appariva dolce e romantica. Stavano dando voce al loro amore, nulla era sbagliato.

«Lo pretendo.» Enunciò presuntuoso omettendo il soggetto, gli occhi fissi incastrati in quello del moro. Lo sguardo era acceso, saettava come un fulmine, precipitoso e pericoloso. Dylan lo riconobbe: quello era lo sguardo del desiderio, della perdita di controllo.

«Lo voglio in bocca, Dyl.» Non c'era il soggetto, ma O'Brien colse il riferimento.

Si morse il labbro inferiore, lentamente. Era eccitato per diverse cose; primo, per quella richiesta diretta quanto inaspettata, secondo, Thomas Sangster- il suo unico sogno erotico era nel suo letto, nudo e stavano facendo sesso orale- completamente privo di lucidità, si stava facendo cullare dalle sue voglie, la testa annebbiata dalla realizzazione che il desiderio di entrambi si stava avverando...Era un sogno, uno dei tanti sui quali fantasticava la sera prima di dormire. Un sogno che ora stava prendendo forma, concretizzandosi.

«Davvero, Tommy?» Stuzzicò con un sorriso beffardo, calandosi di nuovo verso il basso. L'inglese voleva tenere lo sguardo fisso sul ragazzo che lo faceva impazzire con i vestiti figuriamoci senza, ma proprio non ci riusciva. Se avesse guardato tutto il tempo, avrebbe goduto ad alta voce, incurante dei passanti nel corridoio; come una preda agguantata dal predatore, continuava a dimenarsi sotto i tocchi determinati e feroci di Dylan, che accattivante aveva preso a leccare il glande in un modo assai...divino.

«Guardami, Thomas. Guardami.» Sembrava un imploro, ma Dylan stava giocando ignobilmente quelle carte. L'inglese che era in uno stato pietoso, di goduria massima e sofferenza proporzionata, guardandolo avrebbe mollato. Il suo cuore sarebbe collassato e il suo sesso scoppiato.

O'Brien leccò la sommità su e giù per la lunghezza, la sua lingua era svelta, agile, sapeva come muoversi, mandando il cervello del più grande in panne.

Si dimenò diverse volte da quei tocchi, ma non riusciva a liberarsene del tutto, a prendere in mano la situazione, forse non voleva perché non c'era niente di più letale e bello. Dylan l'aveva disarmato.

Era una tortura così piacevole che la vera crudeltà sarebbe stata interromperla, quindi si privò delle difese, piantando il suo sguardo in quello del più piccolo, godendo di ogni singolo istante. Fanculo se gli fosse uscito qualche gemito di troppo.

La lingua stuzzichevole del moro giocava in diversi punti, scendendo anche verso l'interno coscia. Erano completamente, totalmente, indelebilmente ubriachi d'amore.

"We were love drunk waiting on a miracle, trying to find ourselves in the winter snow. So alone in love like the world had disappeared..."

«Fermati...Ti prego, Dyl.» Il tono era stato compassionevole, davvero troppo, ma almeno convincente da far sì che il moro si arrestasse e gli riservasse la giusta attenzione. «Poggia le ginocchia sul materasso.» diede consiglio l'inglese, il moro gli rivolse un'occhiata curiosa ma inibito non oppose resistenza. Doveva essere al limite, non era stato così accondiscendente tutto il tempo, notò il biondo, sollevato.

Tenevano entrambi le ginocchia inchiodate sul materasso, il busto all'in piedi, l'uno di fronte all'altro. Thomas si lasciò cadere seduto, il sedere scoperto era sui femori così che fosse più basso, più vicino al ventre del moro. Senza dire nulla e con fin troppo impeto, calò gli slip dell'americano, ghermendo la sua erezione e portandola alle labbra. La masturbò con movimenti regolari delle mani e della bocca.

Dylan chiuse gli occhi, inebriandosi di quel momento. Era rilassato, felice, si sentiva a casa; poté giurare che era il miglior preliminare che avevano avuto fino ad allora, forse perché nessuno a differenza delle esperienze passate li aveva interrotti-

Godé a pieno, senza reprimere del tutto i gemiti, un misto di parole sconnesse che uscivano dalle sue labbra. Il biondo di tanto in tanto andava a morderle, depositando qualche bacio per poi tornare alla sua erezione, gonfia e protesa. Baci lascivi, impudichi, dissoluti.

O'Brien traversò le proprie dita in quella chioma soffice e bionda- mai scomposta come allora, in tutte le altre circostanze Thomas aveva sempre i capelli rigorosamente in ordine, - che tanto amava toccare, che avrebbe voluto vedere ogni mattina appena apriva gli occhi, di fianco a sé. La preferiva al suo cuscino. E non aveva mai preferito nessuno al suo cuscino inseparabile.

Dylan affondò le proprie dita nella schiena inarcata del biondo di fronte a sé, se avesse avuto delle unghie probabilmente gli avrebbe fatto uscire una gocciolina di sangue. L'ardore era decisamente troppo.

«Thomas, che ne diresti di ...» La testa gli appariva leggera, come se avesse scolato quintali di alcool e fatto uso di sostanze stupefacenti, beh Thomas Brodie Sangster lo era. Lo era, altrimenti non si sarebbe insinuato costantemente nella sua testa, 24 ore su 24.

«Tommy...» biascicò, avvertiva il corpo molle, rilassato al massimo. Non poteva star avvicinandosi all'orgasmo, lui voleva...

«Dyl...» andò incontro il biondo, c'era sempre stata chimica tra loro. Molte volte si capivano soltanto guardandosi ed altre non c'era neanche bisogno di rivolgersi la minima occhiata, che nella testa di entrambi balenava lo stesso pensiero. «Che ne dici di prepararmi?»

Quella domanda destò il moro, ritornando in sé, lucido. Fissò Sangster turbato, scettico da quella proposta.

«Vuoi farlo?» Domandò, una nota fin troppa accentuata di incertezza mista alla paura gli era sfuggita dalle labbra socchiuse.

«Perché tu? Arrivati a questo punto, riusciresti a non farlo?» Sfidò con il suo accento pesante e attraente, gli occhi in due fessure, le labbra schiuse. Guardò la sua erezione e quella del moro, erano all'estremo, vicine e scontranti. «Ti voglio dentro.» Dichiarò deciso senza mezzi termini, con una sicurezza che in cinque anni Dylan non aveva mai notato. Portò le dita alla bocca, bagnandole con la propria saliva. Non aveva del lubrificante, avrebbe provato con quella.

O'Brien lo guardava piacevolmente allibito, se così poteva definirsi, completamente senza parole. Non aveva mai visto Thomas Brodie Sangster toccarsi, prepararsi per permettergli di entrare, e la sua mente stava elaborando tutto in maniera lenta e pragmatica. Stava succedendo davvero, nel letto della sua stanza. Entrambi nudi stavano per fare l'amore. Se avesse sbagliato qualcosa, non se lo sarebbe mai perdonato.

«Trombone che ne dici di mantenere alto il titolo?» Schernì il biondo, guardando il moro fermo, imbambolato di fronte a sé con espressione da pesce lesso in volto.

«Scusa, è che...sei meraviglioso.» Affermò, gli zigomi arrossati. «Devo ancora metabolizzare che sta succedendo per davvero.» Rivelò schietto, curvando le labbra in un sorriso sincero. Sangster gli rivolse uno degli sguardi più belli che aveva, saturo d'amore. «E tranquillo, non solo mantengo alto questo titolo, ma anche la bandiera...» Enunciò sereno, pienamente convinto.

«Questa potevi risparmiartela.» canzonò il biondo, ed entrambi scoppiarono a ridere in una fragorosa risata. Dylan sovrastò Thomas con il proprio corpo, baciandolo con voracità, mentre una sua falange lubrificata dalla propria saliva entrava nell'orifizio del più grande. Thomas accennò una smorfia di fastidio, ma lo rassicurò dicendogli; «Tranquillo, è lieve... Ho letto che è normale...Per favore, continua.» sussurrò in un lamento caritatevole. Era fastidioso ma piacevole, e valeva la pena insistere, sapevano entrambi che si sarebbe rivelato sempre meglio.

Dylan dilatò l'orifizio con l'entrata di un altro dito, mentre Sangster teneva ben tesa l'erezione del moro. Non c'era bisogno delle abili mani dell'inglese, O'Brien era eccitato solo sapendo che le sue dita erano nel corpo del ragazzo per cui aveva perso ogni logica. Era stato sincero: la sua bandiera era ben alta.

«Dove ti saresti informato? Siti specifici o nei racconti dei nostri fans?» Sdrammatizzò il moro, sopra di lui. Tacitamente avevano scelto la posizione più romantica di tutte, ma anche quella più problematica e stancante. Dylan sovrastava il corpo di Thomas, che supino teneva le gambe divaricate, i suoi polpacci poggiavano sulle spalle del più piccolo, il bacino issato per permettere l'accesso. Sangster esitò, per dargli il beneficio del dubbio, poi scoppiò a ridere poco dopo, rassicurandolo.

«Beh, è possibile che un me depresso dall'inesistenza di contenuti Newtmas negli ultimi anni, abbia cercato fan art che ci raffigurassero nudi e sì...ho letto qualcosina.» Ammise Dylan, girando le sue dita nel corpo caldo e accogliente del compagno.

«Stavi messo male.» Punzecchiò il biondo, provocatore.

«Ma ora posso recuperare.» Tagliò corto l'americano, uno sguardo definito, di sfida.

«Non ho dubbi, trombone...» Stuzzicò il più grande, prendendo il viso del moro tra le mani. Si guardarono, uno sguardo di permesso, di felicità e paura mescolate. Non erano mai arrivati a quel punto e anche se si trattava della prima volta per entrambi, spaventosa e anche un po' imbarazzante, non sembravano intenti a rinunciarvi. Si volevano dal primo momento che erano diventati colleghi, amici, e infine amanti. Si strinsero le mani, per un ulteriore contatto, per la loro unione, per essere insieme, in sincronia, vicini avvertendo l'uno le emozioni dell'altro.

Dylan entrò in Thomas, suggellando la loro unione fisica, quella morale era unita ancor prima che si incontrassero. L'accesso fu doloroso, ma quella sensazione di benessere, di unione, di essere diventati tutt'uno li spinse a proseguire, accantonando il fastidio. O'Brien si spinse un altro po', con movimenti attenti e lenti. Non voleva procurare alcun dolore alla sua metà, stavano facendo l'amore non sesso estremo, per quello sperò che in futuro ci sarebbero state occasioni.

Thomas trattenne lo spasimo, incitandolo a non fermarsi, ad aumentare il ritmo. Dylan fece come detto, e ciò che sembrò scoordinato e doloroso all'inizio, dopo diverse spinte si rivelò l'esatto contrario, piacevole e coordinato. Erano anime gemelle forse, create l'una per l'altra. In simbiosi.

Furono così coinvolti da quella passione, da quella magia che non badarono neanche più alla posizione scomoda che probabilmente si sarebbe fatta sentire in seguito, nel viaggio in aereo con le articolazioni indolenzite. A nessuno dei due importava. Le spinte secche e decise, gli occhi languidi che si cercavano, che urlavano per loro. Studiarono l'uno le espressioni dell'altro, dalle tensioni dei muscoli facciali a quell'espressione rilassata che nasceva con spinte più delicate e amorevoli. Cercarono di trattenere il più possibile i gemiti che uscivano soffocanti dalle loro labbra, infrangendosi nel minimo spazio che li divideva.

Thomas torturava le lenzuola, stringendole nel palmo della mano destra mentre con la sinistra si aggrappava ai capelli di Dylan che scendeva alle sue braccia, possenti e forzute. Si era ancorato al suo braccio per avere lo stesso ritmo.

Non avevano fiato, non avevano respiro, non si avvertiva null'altro che i loro cuori battere all'unisono e il rumore del traffico in città. Ai piani sembrava non esserci nessuno e ciò era maggiormente eccitante. Si sentivano liberi, privi di ogni catena, di ogni ostacolo e interruzione.

Dylan all'altezza dello stomaco non percepiva più farfalle ma un ammasso di rinoceronti che correva inseguendo prede. Era in pace con sé stesso, si sentiva benedetto. Aveva trovato il suo posto nel mondo: in qualsiasi letto o spazio ma con Thomas Brodie Sangster.

Inondarono la stanza del loro amore, tra gemiti soffusi e nomignoli che si attribuirono durante l'atto. Dylan era diventato ormai 'trombone' per chissà quale assurdo motivo, mentre Thomas aveva un soprannome più normale: biondino. Uno che avrebbero potuto usare sempre, anche in presenza di terzi.

Avvinghiati l'uno all'altro, si muovevano in contemporanea procurando diverse scariche di piacere. In quel momento non pensarono alla fine delle interviste, della trilogia, che sarebbero tornati a casa loro, separandosi. Stavano godendo a pieno quel momento magico e che avrebbero fatto sicuramente succedere di nuovo.

Il primo a raggiungere l'amplesso fu Thomas, dalla posizione in cui era lo sperma schizzò sul proprio petto. A quella visuale, paradisiaca ed erotica, Dylan non resistette per più di qualche minuto, cedendo e liberandosi fuori dal partner. Rilasciò un sospiro affannato, accasciandosi su un lato, sfinito. Provocatore, umidì un dito assaggiando il liquido del ragazzo che amava.

«Ho sempre immaginato che avessi un buon sapore.» Rivelò dolce, sdraiandosi con la schiena contro il letto e la pancia all'aria.

Thomas lo guardò estasiato, privo di parole. «Anche tu.» Disse dopo aver assaggiato l'essenza del moro. Lo abbracciò, accoccolandosi sul suo petto;

Calò il silenzio, si coccolarono senza dire nulla. Il fiato corto di Thomas muoveva la leggera peluria scura che ricopriva la linea alba di Dylan. Erano ancora nudi, ma il lenzuolo bianco teneva coperte le loro nudità. Sangster calcò gli addominali del moro, lasciandovi baci. Dylan volse lo sguardo alla finestra, senza mai smettere di carezzare i capelli, il collo e le spalle del biondo.

Era una brutta sensazione, quel paradiso che aveva vissuto fino a poco tempo fa sembrava essere svanito come un castello di sabbia sovrastato da un'onda spietata. Cominciava ad avvertire già un senso di nostalgia. Come poteva essere felice da vivere per stringere tra le braccia l'amore della sua vita, e triste da morire perché si sarebbe separati?

"So alone in love like the world had disappeared...Oh I won't be silent and I won't let go...I will hold on tighter 'til the afterglow, and we'll burn so bright 'til the darkness softly clears...Oh I will hold on to the afterglow..."

Tirò su col naso, impedendo a una lacrima di rigargli la guancia. Era fuori discussione piangere dopo aver fatto sesso, per di più con Thomas Brodie Sangster.

L'inglese sollevò il capo, notando subito qualcosa di diverso nello sguardo dell'amato, un velo di tristezza.

«A cosa stai pensando?» Chiese flebile, il fiato ancora fresco che pizzicava sulla nuca scura di O'Brien. L'americano distolse lo sguardo dall'ampia vetrata riportandolo sulla dolce metà.

Thomas non aveva sbagliato a vedere, gli occhi di Dylan erano più lucidi ma non per felicità.

«L'incidente.» Non ci fu bisogno di specificare, Sangster sapeva benissimo a quale brutto momento O'Brien stesse facendo riferimento, riguardava le riprese dell'ultimo capitolo della saga. Avrebbero dovute registrarle nel 2016, ma a causa di quell'orribile accaduto, furono rinviate all'anno successivo.

Thomas gli carezzò la guancia e vi lasciò dei baci, per confortarlo.

«Ebbi tanta paura.» Ammise ovvio, passò la lingua tra le labbra e sembrava profondamente in difficoltà. Pareva quasi che dovesse rivelare qualcosa che non aveva mai fatto. Una ruga di preoccupazione si presentò sulla fronte del biondo, si issò sulle braccia, attento. «Poi però pensai che fosse stato un bene, le riprese sarebbero riprese l'anno seguente e ti avrei rivisto.» Thomas aggrottò il cipiglio, non poteva credere né ai suoi occhi né alle sue orecchie. O'Brien anche dopo aver fatto quell'amore così passionale, sapeva essere così smielato?

«Sto cercando di dirti che...la paura di morire che ho provato anni fa, paragonata a quello che sto affrontando in questo esatto momento, è nulla.» Asserì infelice. Si sollevò, le spalle contro il capezzale del letto, un'espressione seria e la schiena rigida. «L'unica paura che ho, Thomas Brodie Sangster, è quella di perderti.» Proferì con la serietà di una proposta di matrimonio. Gli occhi lucidi e bagnati.

Sangster gli si avvicinò lentamente, incredulo e commosso; fece scontrare prima i loro nasi e poi gli lasciò un tenero bacio a stampo sulle labbra. Le mani sfioravano le punte dell'orecchie del più piccolo, scendendo al viso; «Non mi perderai, Dylan O'Brien, mai. Ti prometto che userò anche skype per te. Faremo videochiamate e organizzeremo i nostri viaggi.» Rassicurò, il mento tremava appena. Dylan non era l'unico vulnerabile.

Si abbracciarono nuovamente, avvinghiandosi l'uno all'altro come se ne valesse della loro vita. Nudi, ruzzolarono nel letto, facendosi il solletico e spazzando via quel velo di tristezza. Almeno Dylan non era scoppiato a piangere come nel peggior dei casi aveva messo in conto.

Come un fulmine a ciel sereno, un telefono prese a squillare; si scoprì essere quello di Thomas. Dylan cercò di afferrarlo, per non farlo scendere, ma il biondo riuscì a sgattaiolare dalla sua ferrea e calda presa.

Avvertì un freddo lancinante che gli punse il corpo. Gli sarebbe mancato quel tepore.

Per un pelo non inciampò nei suoi stessi pantaloni, estrasse il cellulare dalla tasca, vedendo lampeggiare sul display il nome del suo manager; lo tranquillizzò, dicendogli che l'avrebbe raggiunto a breve.

«È Jeffrey, è giù all'hall. Devo sbrigarmi.» Avvisò, raccattando i vestiti e indossandoli alla rinfusa. Corse in bagno, sistemando ciò che avrebbe destato più sospetto: i capelli sfatti. No, pensandoci qualcos'altro avrebbe richiamato l'attenzione: la sua camminata leggermente sofferta. Quello era il brutto di essere passivi, rettificò Dylan, il quale se ne stava in silenzio, come una macchina da presa lasciata accesa in uno studio cinematografico chiuso, guardando il suo ragazzo prepararsi per andare via.

Stava metabolizzando tutti quegli attimi, gli ultimi prima di chissà quant'altro tempo. Restò supino sul letto, le gambe divaricate e il lenzuolo bianco che gli copriva fino al busto. Era deprimente.

Come poteva nel giro di poco tempo aver visitato il paradiso ed essere sprofondato all'inferno? Non se ne capacitava.

A destarlo da quelle paranoie fu Thomas che, in fretta e furia, gli si avvicinò accelerato, lasciandogli un fugace bacio sulle labbra.

«Faremo una videochiamata appena mi si scollano di dosso.» Tranquillizzò, dandogli un altro bacio, più intenso. Non erano sazi l'uno dell'altro, non importava quante ore avessero trascorso a guardarsi, a baciarsi, a fare l'amore. Non si sarebbero mai stancati l'uno dell'altro. Dylan voleva convincersene perché proprio non ce l'avrebbe fatta a pensare l'opposto.

Sangster aprì lentamente la porta, sbirciando se ci fosse qualcuno fuori.

«Thomas...» chiamò Dylan in un sussurro.

E come un mantra, una ripetizione, un portafortuna, timoroso enunciò; «Ancora una volta?»

Thomas lo guardò compiaciuto, sincero e innamorato. «Ancora una volta.» ripeté sicuro, salutandolo.

Sparì dietro la porta della stanza 107, e Dylan avvertì un vuoto al centro del petto, come qualcuno gli avesse spaccato il petto e profanato il proprio cuore.

Sprofondò sotto le coperte, avvolto da un freddo inconsueto e agghiacciante. Allungò il braccio verso la sveglia sita sul comodino e con sollievo notò che per il suo aereo c'era ancora tempo. Al momento non aveva alcuna forza per alzarsi e recarsi al bagno.

Scosciato si mosse nel letto, avvicinandosi al suo cuscino, quello inseparabile e personale. Lo stesso che Thomas aveva usato per soffocare i propri gemiti. Lo strinse a sé, respirando a pieno il profumo di quell'inglese che gli aveva fatto perdere la testa già nel lontano 2014.

"Oh I will hold on to the afterglow..."

Non doveva disperarsi, né piangersi addosso.

Si sarebbero rivisti. Non sapeva quando, né dove, ma sarebbe successo. Voleva crederci e sperarci con tutto sé stesso.

Ma una frase sincera, dettata dall'angoscia, gli uscì incontrollabile ad alta voce, e non poté farci nulla perché era...vera. Come se avesse un interlocutore dinanzi a sé, proferì;

«Ancora una volta, ancora una volta...»

«Ancora una volta il mondo non saprà di noi.»

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