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Chamber of Reflection by
Mac DeMarco
1:45 ───ㅇ───── 3:51


Quando mi svegliai sentii il freddo della mattina che mi faceva venire i brividi.
Si, ero ancora in quella cella lurida.
Sentivo la schiena a pezzi e le mani immobili e congelate.
Mi sedetti a gambe incrociate e mi guardai attorno, sebbene fosse prima mattina avevo la vista offuscata.
Notai altre figure imprigionate tra le sbarre e le guardavo una ad una sebbene vedessi solo le loro oscure ombre.
"Hey, cazzo vuoi?" Mi chiese una.
Io rimasi basito: "Niente".
Un'altra voce poi disse: "Calma, è nuovo lui. Non hai visto che è arrivato ieri?".
"Si ma ho sentito che lo rilasceranno già in una settimana" fu la risposta.
Io rimasi ad ascoltarli mentre dibattevano, mi sentivo stranamente in colpa.

Poi vidi il volto di Han nella mia testa sorridere, e subito dopo il viso preoccupato di quando mi portarono via.
Mi scese una lacrima sulla guancia.
Chiamai la guardia: "Scusi, io quando potrò tornare a casa mia? Ho dei gatti a cui badare".
Lui prese il suo registro virtuale: "Tu te la cavi in 3 giorni" poi se ne andò.

Intorno alle 9.00 ci fecero uscire in quello che definivano cortile.
Una distesa di cemento con i prigionieri che correvano e giocavano a basket, altri fumavano, parlavano, giocavano a carte.
Io rimasi appoggiato alla rete a guardare tutti, l'aria fuori era secca come quella interna alla struttura.
Avevo l'uniforme fradicia di sudore e umidità del giorno prima, ripensavo ai miei gatti e se davvero le guardie mi avessero detto la verità quando mi dissero che sarebbero andati loro ad occuparsene.

─── ・ 。☕️゚. ───

Entrai nella sala grande della mensa.
Molti dei prigionieri si tiravano il cibo mentre le guardie non facevano nulla quando si vedevano le prime risse.

Mangiai da solo, in un angolo.
Mi sembrava mi mancasse il respiro dentro quelle mura.
E Han... si, lui mi mancava da morire.
E del caffè veramente buono, non come quello scuro che davano lì che era solo acqua sporca.
La maggior parte delle persone erano di classe bassa come me, le riconoscevo dal colore dell'uniforme: gialla per quelli della alta, arancione quella media e nera per quelli della bassa.
Ovviamente tra tutti eravamo i più mal ridotti e trattati peggio lì.

─── ・ 。☕️゚. ───

Dopo 3 giorni, per me all'inferno, potei uscire di prigione.
Allo sportello mi diedero i vestiti per cambiarmi, li avevano tenuti così male che erano troppo stropicciati.
Mi rifiutai di cambiarmi e uscii dalla stazione con l'uniforme e i vestiti piegati in mano.

Mentre camminavo tutte le persone attorno a me mi fissavano, come fossi uno straniero o una feccia.
Cercavo di non guardare su nessuno, non volevo perdere la strada per tornare a casa.
Decisi di fare la scorciatoia per arrivare prima, non sapendo di fare un grande sbaglio.
La strada era deserta a parte qualche barbone seduto sul cartone di qualche scatole.
Almeno io non era finito a quella situazione, non ancora almeno.
Mi ero dimenticato che su quella strada c'era il cafè in cui lavorava Han, ero così abituato a fare quella strada per andare e tornare dal lavoro che mi passò proprio dalla mente.

Già dall'esterno sentivo il profumo di caffè appena fatto, e dopo 3 giorni di carcere avevo davvero voglia di un buon caffè.
Così quando mi ritrovai davanti guardai dentro in cerca di Han; non sapevo nemmeno se c'era un suo turno al mattino.
Destino vuole che invece ci fosse.
E non servendo come al solito.
Stava a parlare con un ragazzo, sullo stesso posto dove ero seduto io l'ultima volta, chiacchieravano liberamente col sorriso e ridevano.
Poi Han si avvicinò al ragazzo e si baciarono.

Rimasi qualche istante immobile, cercando di capire qualcosa che sapevo già.
Fu istintivo.
Ma non riuscii a guardare a lungo, sentivo un dolore alla pancia, un nodo alla gola e mi sembrava difficile respirare.
La paura, il panico e il esitare.
Non mi fermai oltre e corsi via verso casa.

Mi chiusi dentro il mio appartamento, gli occhi mi si appannarono all'istante e migliaia di lacrime salate cominciarono a scendermi sulle guance per poi finire a terra bagnando le travi di legno.
Singhiozzavo così forte che io stesso mi sentivo e mi stupivo.
Mi appoggiai al tavolo, sentivo le gambe afflosciarsi e il respiro mancava.
I miei gatti accorsero e cominciarono a miagolare, se cercavano cibo o carezze non lo so ma a sentirli mi venne un mal di teste molto forte e mi sembrava girasse tutto.
Ero stremato, mi sentivo malato, freddo e tutto attorno a me appariva sfocato e estraneo, sebbene fosse l'unico posto in cui mi sia mai sentito veramente al sicuro dal mondo fuori, dalla gente, dai potenti e dalle classi.

E tutto per colpa di queste maledette classi.
Amici e Amore sono fumati, come la mia vita che ormai si era illuminata.

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