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Remains of the Day: Capitolo 1


Era una serata come tante. Quel giorno, il quale era solito avere una lieve, ma piacevole e rinfrescante pioggerella, aveva lasciato spazio assieme alle sue nuvole ad un cielo stellato, che con il loro splendente luccichio sfumavano e rendevano più vivace il suo manto violaceo e bluastro.  In compenso all'insolito -ma non raro- avvenimento, l'aria restava ugualmente fresca, probabilmente per via del vento che si faceva più forte e punzecchiante via via che si  superavano le abitazioni e i palazzi, praticamente sul confine della città. 

A fronteggiare quell'atmosfera di pace, quasi facendo a gara con le stesse stelle, vi erano una moltitudine di insegne a neon, che con una velocità paragonabile al tempo impiegato dalle luci a intermittenza attiravano con i loro prodotti un'enorme formicolio di passanti nei rispettivi negozi. 

Sembrava una scena pacifica, e forse anche troppo; dopotutto era un po' insolito poter immaginare che, esattamente un posto simile, fosse un luogo di castigo e di penitenza, laddove i suoi resilienti, ormai ben lontani dal privilegio stesso della vita, non erano altro se non ingabbiati in una prigione di colpe eterna. 

Del resto l'inferno non serviva necessariamente a risemblare con un velo di rimpianto i propri errori, specie se, in quanto dannati, non era possibile comprendere a pieno la gravità dei loro sbagli se non di riconoscere quanto il luogo di per sé facesse veramente schifo. E di certo, fra tutti i gironi, quello della lussuria era probabilmente il meno orribile di tutti, ma ciò non nascondeva il fatto che, se solo per un istante non avessero esistato a compiere ciò che era stato fatto, quel loro atto di pura incontinenza sarebbe poi stato recuperabile e perdonato in quel luogo di pace eterna che era conosciuto essere con il nome di Paradiso. 

 In mezzo a quella folla, quasi a passo svelto e furtivo, si aggiravano per la strada due figure per mano, che per evitare di restare ammassate in mezzo a tutte quelle anime -e anche per ripararsi dal vento- compivano con degli slalom veloci un giro fra i vari negozi, che venivano ispezionati con delle occhiate furtive per poi rigettararsi a macchia d'olio fra gli altri

Una delle due, nonché  la più impaziente, percorreva a grande velocità ogni tratto di strada che dava un qualche negozio, stringendo forte la mano dell'altra che rischiava di restare indietro e di rimanere schiacciata fra i vari passanti.

Ennesimo giro: un'occhiata e via. Nella moltitudine di istanti impiegati nel doversi immischiare nuovamente  fra gli altri dannati, ci fu un breve scambio di battute fra le due anime. 

-Certo che per essere un gatto sei proprio una schiappa a correre!- cominciò quella davanti con scherno, sistemandosi nella furia del momento una ciocca di capelli corvini che le cadevano sugli occhi. 

- Ma insomma! Non è certo colpa mia se c'è tutta questa gente che mi blocca la strada!- si giustificò rapidamente l'altra alle sue spalle, la quale continuava, già da un bel pezzo a schivare faticosamente la folla senza mai fermarsi un secondo. 

L'altra scoppiò a ridere, girandosi di poco dietro per vedere quanto fosse messa in difficoltà la compagna, per poi concentrasi nuovamente nella corsa con più foga di prima. 

- Guarda che se il negozio dovesse chiudere darò la colpa solo a te della nostra uscita!- la minacciò ridendo la corvina. 

L'altra sorrise a sua volta, aumentando ancora di più il passo per poter comunicare più facilmente con lei.

-Come se la predica non dovesse poi toccare anche te!- 

Entrambe le anime tacquero, proseguendo con più energia di prima la loro corsa verso la meta prestabilita. Nel momento in cui realizzarono di essere arrivate, la ragazza davanti frenò improvvisamente, lasciando che l'altra le finisse lievemente addosso. Dopo essersi entrambe sistemate, entrambe le giovani cominciarono ad avviarsi lentamente verso l'entrata. 

-Ok, ricapitoliamo- iniziò quella che correva prima alle spalle della corvina.

-Quello che devi fare è presentarti con il tuo documento e confermare di avere ventuno anni, e se tutto andrà bene e nessuno ti chiederà niente, allora potrai comprare quello che ti serviva. Deve essere un'entrata veloce, pratica e senza troppi sospetti...- 

Una mano sulla spalla fu l'unica cosa che le bastò per poter essere frenata dal suo stesso monologo. La corvina le sorrise rincuorante, quasi come se servisse a calmare più lei che sé stessa.

-Ehy, ehy, ehy, facci piano! Non è mica possibile che debba essere proprio io a ricordarti come si vive qui in questo porcile!- la riprese dolcemente guardandola negli occhi. 

- Andrà tutto bene, e in caso contrario...-

-...noi due ce la svignamo?- completò timidamente la frase l'altra giovane. 

La corvina sorrise trionfante.

-Esattamente!-

La ragazza sospirò, tirando fuori degli auricolari che si mise subito nelle orecchie. 

-Io resterò qui fuori, ma non esitare a chiedermi qualsiasi cosa. Ricordati soltanto di farmi un segno, va bene, Himiko?- 

-Ci puoi contare, Reimi.- 

Nel mentre che Himiko entrava all'interno dell'edificio,  Reimi appoggiò la testa contro il muro, osservando per qualche istante la sua amica avvicinarsi tranquillamente al bancone del negozio d'armi. 

Sospirò ancora. 

Tirò fuori il telefono, e aperta la sua playlist musicale, cominciò ad ascoltare un po' di musica per calmare i nervi del momento. 

Ecco le prime note del brano, che seppur malinconiche cominciavano dolcemente la canzone. 

La sua canzone.

Such a lonely day, and it's mine
The most loneliest day of my life
Such a lonely day, should be banned
It's a day that I can't stand

Reimi non poté fare a meno di concordare, come al suo solito, con le parole della canzone; all'inferno si conviveva con sé stessi e con i propri sbagli, ma nonostante tutto si era sempre compatiti, poiché si aveva, come luogo stesso di comunanza, il proprio peccato per il quale si era trascinati lì. 

Ma lei era innocente, la sua anima non doveva restare lì, confinata in una danza eterna fra le pene altrui, cosa che veniva provata, perfino adesso, da quei simboli sul viso che indicavano la sua originaria appartenenza al limbo del quale era antecedentemente prigioniera. 

The most loneliest day of my life
The most loneliest day of my life

Such a lonely day shouldn't exist
It's a day that I'll never miss
Such a lonely day, and it's mine
The most loneliest day of my life

Chiuse lentamente gli occhi, un gesto istintivo, istantaneo, che precedeva con la rapidità tuoneggiante di un lampo un immagine che ricordava di avere provato sulla sua pelle fin troppo bene. 

And if you go, I wanna go with you

All'improvviso, dei rovi cominciarono a stringersi attorno al suo corpo, stritolandolo con forza, ma senza mai farlo sanguinare con le loro spine. Lentamente, le spine nerastre presero la forma di tante mani, di una, in particolare, ne seppe riconoscere la provienza sul suo collo. 

La sua mano.

And if you die, I wanna die with you

Il suo corpo, pallido, gelido, era premuto al suo, e sempre avvolto da quelle mani, sia lui che lei venivano trascinati con forza nell'oscurità, le loro anime, ormai prive della forma originale, plasmate in una nuova.

Reimi odiava quel corpo, troppo simile al suo, simile al suo Stand, Killer Queen, dalle apparenze astratte di un gatto umanoide e di cui si era munito per uccidere così tante vittime.

Ma lei, se già prima non riusciva minimamente a tollerare il suo nome, ora più che mai incolpava Yoshikage Kira per averla fatta finire lì, incatenata a lui, in quel posto orrendo privo della salvezza eterna.

Take your hand and walk away

Un frastuono più forte dei soliti a cui era abituata la risvegliò dal suo stato di subconscio. Il suo primo pensiero, nel momento in cui riaprì gli occhi, passò subito a Himiko, che nel temere che fosse stata scoperta, si affacciò immediatamente di fronte all'entrata del negozio. 

La ragazza però stava bene, intenta ancora a provare sotto gli occhi fieri del proprietario un lanciarazzi grande il doppio della sua stessa statura. 

Ma allora che cos'era? 

Spense subito il telefono, cominciando a dare un'occhiata in giro. Non bastò molto per capire, però, che il fatidico rumore provenisse da un gruppo di demoni radunati in un vicolo.

Reimi si avvicinò ancora un po', estraendo lentamente una piccola granata che aveva tenuto per tutto quel tempo nella sua borsa a tracolla e che non avrebbe esitato ad usare in caso le cose fossero precipitate. 

Dopo avere dato un'altra occhiata furtiva al negozio, si decise di addentrarsi, seppur con molta cautela, nel luogo dove sembrava esserci, giudicando dalle voci, uno litigio molto serio. Tra quei demoni sembrava infatti essercene uno a terra-piuttosto malconcio- che cercava di difendersi dagli altri che lo stavano riempiendo a calci in cambio di soldi. 

La ragazza tremò per un istante: non era possibile, era già il terzo assalto questa settimana! 

Trattenne il fiato, e nel momento in cui riuscì a riguadagnare la piena fiducia e controllo nei polsi delle mani, tirò fuori la leva della granata e la lanciò dritta nella loro direzione.

Non ci volle molto per quest'ultima di esplodere, liberando in aria una grande quantità di polvere fucsia che entrò immediatamente negli occhi degli aggressori più vicini al botto e facendo scappare gli altri illesi. 

Fu proprio nel momento in cui si accasciarono quelli rimasti che la giovane intervenì,  cercando di aiutare, come meglio poteva, il malcapitato che era rimasto a terra. 

-Ehy Reimi, vieni a vedere il bel gingillino che ho comprato!- esclamò Himiko nello stesso istante in cui era uscita dal negozio, per poi notare, con stupore, che Reimi si trovasse all'interno di quel vicolo. 

- Ma che ca...cosa ci fai qui? È così buio, per non parlare della puzza di merda che si sente da qui!-

Reimi non la stava ascoltando, intenta a scrutare, nonostante la scarsa presenza della luce, di vedere i lineamenti dell'individuo rimasto ancora per terra. Il suo lieve sorriso cambiò subito in un'espressione di pieno stupore, nel mentre che realizzava, seppur lentamente, a riconoscere con sgomento la persona che era davanti a sé. 

Calde lacrime cominciarono a umidirle il viso nel momento in cui, con grande fatica ed emozione, pronunciò le lettere del suo nome.

-R-Rohan...sei tu?- 

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