𝒞𝒶𝓅𝒾𝓉𝑜𝓁𝑜 𝟼
❝𝑃𝑜𝑠𝑠𝑜 𝑎𝑐𝑐𝑒𝑡𝑡𝑎𝑟𝑒 𝑑𝑖 𝑓𝑎𝑙𝑙𝑖𝑟𝑒, 𝑐𝘩𝑖𝑢𝑛𝑞𝑢𝑒 𝑓𝑎𝑙𝑙𝑖𝑠𝑐𝑒 𝑖𝑛 𝑞𝑢𝑎𝑙𝑐𝘩𝑒 𝑐𝑜𝑠𝑎. 𝑀𝑎 𝑛𝑜𝑛 𝑝𝑜𝑠𝑠𝑜 𝑎𝑐𝑐𝑒𝑡𝑡𝑎𝑟𝑒 𝑑𝑖 𝑛𝑜𝑛 𝑡𝑒𝑛𝑡𝑎𝑟𝑒.❞
||𝑀𝑖𝑐𝘩𝑎𝑒𝑙 𝐽𝑜𝑟𝑑𝑎𝑛||
I lampioni si accesero, ormai il sole stava tramontando, creando un cielo che si poteva paragonare ad un dipinto.
Il luminoso celeste del giorno stava lasciando spazio a delle sfumature gialle, che andavano a farsi sempre più scure in prossimità del sole, fino a diventare arancioni.
Dalla parte opposta invece già si poteva vedere l'intenso blu, che sarebbe poi diventato nero una volta preso il pieno possesso del cielo.
Kayla era andata a fare la spesa, voleva cucinare lei quella sera, ed era intenzionata a tornare subito a casa, ma alla fine si ritrovò con il fermarsi al campo da basket, dove si era sfidata con Kagami poco dopo il suo arrivo.
Fortunatamente avevano lasciato un pallone accanto al canestro, era una cosa che aveva sempre apprezzato, così facendo chiunque volesse fare qualche tiro aveva la possibilità di farlo.
Era da una buona decina di minuti che la ragazza stava cercando un modo per superare Akashi durante una sfida uno contro uno.
Lo immaginava proprio di fronte a lei, sguardo intimidatorio compreso.
L'unico rumore che si sentiva era la palla che si scontrava con il terreno, in modo calmo, senza alcuna fretta.
I suoi occhi studiavano il campo e la sua mente pensava a varie mosse che avrebbe potuto fare per contrastare quelle dell'amico.
Ci aveva provato e riprovato, ma ogni scenario che si era immaginata finiva con lui che prendeva il controllo del gioco. Era sempre Seijuro a vincere, sembrava quasi non ci fosse modo di superarlo. Non sapeva come avrebbe potuto passarlo.
Tentò nuovamente, non si sarebbe abbattuta così facilmente, non era da lei.
Corse in avanti, creando nella sua mente l'immagine di Akashi che cercava di bloccarle ogni passaggio.
Si ferma e scatta di lato, ma lui la segue.
È veloce, molto più di lei.
Si tira per un momento indietro, per poi fare una finta e cambiare lato, ma il ragazzo continua a seguirla.
La blocca.
La blocca sempre.
Se provasse a tirare Akashi la fermerebbe sul nascere dell'azione, per poterlo fare deve prima superarlo. Ma se provasse a superarlo verrebbe bloccata lo stesso.
Si trovava davanti ad un muro da scavalcare a mani nude.
Il problema era che lei non aveva tutto il tempo del mondo, Akashi poteva decidere da un momento all'altro che non si sarebbe più allenato con lei.
Quindi addio risposte, non avrebbe saputo quello che era successo negli anni nei quali non c'era stata.
Strinse i denti e ci riprovò.
Ancora, ancora e ancora.
Però il risultato era sempre lo stesso, non riusciva a sbloccarsi. Non riusciva a trovare una soluzione.
«Se solo avessi qualcuno che provasse veramente a bloccare i miei tiri...» Si lamentò con voce bassa, immaginarsi di avere qualcuno davanti a se è totalmente diverso dall'avercelo sul serio.
Nemmeno il tempo di finire di formulare il pensiero che gli occhi le caddero su un ragazzo, che stava passando proprio in quel momento davanti al campo da basket.
«Oh» sussurrò incredula, il suo desiderio era stato ascoltato.
Scosse la testa, riprendendosi dalla sorpresa e correndo subito verso l'alta rete che divideva il campo dalla strada.
«Ei!» Lo chiamò a gran voce.
Il giovane si girò, con fare disinteressato.
«Mh?»
«Scusa se ti disturbo, ma tu giochi a basket?» Chiese sperando in una risposta positiva.
«Cosa ti importa?» Si era girato verso di lei, con entrambe le mani nelle tasche della giacca.
«Lo prendo per un si.» Kayla mostrò la palla che aveva in mano.
«Mi servirebbe qualcuno che provi a bloccarmi mentre cerco di smarcarmi.»
Lui sospirò pesantemente.
«Scordatelo.» Si voltò per andarsene, ma la ragazza non era una che mollava facilmente la presa.
Aveva risposto in modo evasivo, quindi giocava sicuramente a basket, altrimenti le avrebbe detto subito di no invece di fare domande.
«Aspetta! Non ti prenderò molto tempo, una sola prova, per favore.» Cercò di insistere Kayla.
«Trovati qualcun altro, ho cose più importanti da fare» cominciò a camminare per andarsene, ma si dovette fermare nuovamente quando si ritrovò la giovane a pochi passi da lui.
Era uscita velocemente dal campo, afferrando la sua borsa, per andare da lui.
Il ragazzo pensava che fosse veramente seccante tutta quella sua insistenza, soprattutto perché non lo conosceva. Bastò quello a fargli individuare quella che era la sua indole, e quindi il suo carattere.
«Per caso hai paura di perdere contro una ragazza?» Alzò le sopracciglia e lo guardò a testa alta, aveva tutte le intenzioni di ricorrere ad ogni stratagemma per poterlo convincere.
«La tua insistenza è fastidiosa, assilli in questo modo tutte le persone che incontri?» Rispose lui, seccato da quella situazione.
Lei alzò le spalle con fare innocente.
«No, ma se non volevi essere disturbato ti bastava dirmi che non giocavi a basket.
Probabilmente non ti avrei creduto, ma ti avrei lasciato stare.» Spiegò con un tono che stava a sottolineare l'ovvietà di ciò che aveva appena detto.
Il ragazzo sbuffò prima di porle un'ulteriore domanda.
«Per quanto hai intenzione di seguirmi ancora?»
«Forse non mi reputi alla tua altezza?» Chiese invece Kayla, senza rispondere alla sua domanda.
La ragazza sperò con tutta se stessa di non aver appena incontrato qualcuno altro con le stesse manie di Akashi, già gestire lui non era facile.
Il suo amico d'infanzia bastava e avanzava.
Lo vide fermarsi di botto e per poco non gli andò addosso.
«Un solo tentativo, almeno la smetti di infastidirmi.» Aveva intenzione di stracciarla visto come lo stava tormentando.
In poco tempo si ritrovarono nuovamente al campo, Kayla non riusciva a togliersi dal viso l'espressione soddisfatta che aveva tirato fuori quando lo aveva sentito accettare la proposta di allenamento.
Il giovane dai capelli blu notte aveva accettato solo per il gusto di sconfiggerla, ma si ritrovò a scoprire qualcosa che accese il suo interesse.
Solitamente quando scattava, per prendere palla, gli avversari non riuscivano a fare un passo, non si rendevano conto di aver perso il controllo del gioco fino a che non vedevano più nessuno davanti a loro.
In quel momento invece c'era qualcosa di diverso.
Quella ragazza aveva percepito il suo movimento, lo vide dal suo sguardo.
I suoi occhi erano saettati verso la direzione che il giovane stava per prendere e si era mossa di conseguenza, ma per quanto i suoi riflessi l'avessero messa in guardia non fu abbastanza veloce.
Non demorse e si girò immediatamente nel tentativo di riprendersi il controllo del gioco.
Non si stava facendo assalire dal panico per aver perso subito palla, la sua calma e la sua concentrazione erano disarmanti, non sembrava nemmeno più la ragazza che poco prima lo stava assillando senza smettere di parlare un minuto.
Kayla aveva in mente cosa fare, stava per scoprire se la sua mossa l'avrebbe portata da qualche, ma il telefono le prese a squillare prepotentemente.
Entrambi furono costretti a bloccare l'azione di gioco.
«Che fai, non rispondi?» Domandò il ragazzo poggiando a terra la palla, segno che non aveva intenzione di continuare.
La ragazza dai lunghi capelli viola lo osservò.
«Beh, non posso lasciarlo squillare all'infinito.» L'altro cominciò ad allontanarsi, con le mani nuovamente nelle tasche della giacca.
Venne però fermato dalla voce di lei.
«Probabilmente dopo oggi cambierai strada, ma se dovessi ripassare di qui nel momento in cui ci sono io mi piacerebbe fare un altro uno contro uno.» Gli disse prendendo il telefono dalla borsa.
Il giovane le lanciò un'occhiata da sopra la spalla, per poi riprendere a camminare senza darle una risposta.
Doveva ammetterlo, quella ragazza era stata la prima dopo tanto tempo a catturare un po' della sua attenzione.
Però questo non cambiò il fatto che non era riuscita a togliergli palla.
Si era accorta della mossa che lui stava per fare, ma non fu abbastanza.
Per il ragazzo risultò facile superarla, proprio come succedeva con tutti gli altri, non c'era motivo di tornare e sfidarla nuovamente.
Kayla però aveva come la sensazione che quella non sarebbe stata la loro prima e ultima sfida.
Non lo richiamò, decidendo invece di rispondere.
«Si?»
«Ti sei persa per caso?»
«No, mi sono fermata un momento al campo, perché, che ore si sono fatte?»
Scostò un momento il cellulare e sbarrò appena gli occhi.
«Oddio!»
«Già...» Kagami sospirò leggermente dall'altro capo del telefono.
«Prima di uscire mi hai vietato di mangiare qualsiasi cosa prima di cena perché vuoi assolutamente cucinare tu, ma io sto letteralmente morendo di fame.» Si lamentò buttando la testa all'indietro, proprio sullo schienale del divano dove era seduto.
«Scusa! Massimo dieci minuti e sono a casa! Ce la fai ad aspettare, vero?»
«Potrei essermi alzato dal divano per sgranocchiare qualcosa.» Mentì per farle uno scherzo, anche se il pensiero gli aveva sfiorato la mente.
Kayla si infilò la borsa sulla spalla e prese la busta della spesa.
«Kagami Taiga, se ora mangi e stasera lasci qualcosa te la vedrai con me» disse cominciando a camminare con passo veloce.
«Cosa sei, mia nonna per caso?» Quella frase fece ridere la ragazza.
«Se vuoi mi fermo a prendere una parrucca e un bastone, mi presenterò a casa con l'abbigliamento giusto» disse lei.
L'immagine di Kayla vestita da nonna provocò in Kagami una leggera risata.
«No, grazie, preferirei evitare.»
«Non mi impedirai di vestirmi così ad Halloween, sappilo.» Decise lei, iniziando a pensare a tutte le cose che avrebbe dovuto comprare per potersi travestire al meglio.
«No...» Cominciò a dire il rosso, ma la ragazza lo bloccò.
«Ti rincorrerò per tutta casa con un'infinità di piatti pronti per essere mangiati.»
Taiga scosse la testa.
«Sai che anche io ho un limite, vero?»
L'amica scoppiò a ridere, portandosi subito dopo una mano sulla bocca per contenersi.
«Bella battuta! Dai, sono quasi arrivata, a tra poco limit boy.»
«Ti prego dimmi che non andrai avanti con questo soprannome a lungo» disse supplicante il rosso.
«Tranquillo, da domani non ti ci chiamerò più, forse.» Kayla avrebbe lasciato stare già dal giorno dopo, ma in quel momento voleva tenerlo sulle spine.
«Vedremo, cup girl.» Kagami la chiamò così a causa della fissa della ragazza per le tazze, fortunatamente non aveva ancora trovato il tempo per comprarle, ma il giovane sapeva che da un momento all'altro se ne sarebbe trovato almeno tre in casa, per rimanere stretti con i numeri.
«Ci hai provato, ma questo soprannome suona così carino!» Rise prima di salutarlo e attaccare, riusciva a vedere il palazzo che ormai era diventata casa sua.
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