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𝒞𝒶𝓅𝒾𝓉𝑜𝓁𝑜 𝟹

❝𝐼 𝑚𝑜𝑛𝑡𝑖, 𝑔𝑙𝑖 𝑎𝑙𝑏𝑒𝑟𝑖 𝑒 𝑖 𝑓𝑖𝑢𝑚𝑖 𝑚𝑢𝑡𝑎𝑛𝑜 𝑖𝑙 𝑙𝑜𝑟𝑜 𝑎𝑠𝑝𝑒𝑡𝑡𝑜 𝑐𝑜𝑛 𝑙'𝑎𝑣𝑣𝑖𝑐𝑒𝑛𝑑𝑎𝑟𝑠𝑖 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑒 𝑜𝑟𝑒 𝑒 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑒 𝑠𝑡𝑎𝑔𝑖𝑜𝑛𝑖, 𝑐𝑜𝑚𝑒 𝑢𝑛 𝑢𝑜𝑚𝑜 𝑐𝑎𝑚𝑏𝑖𝑎 𝑐𝑜𝑛 𝑙𝑒 𝑒𝑠𝑝𝑒𝑟𝑖𝑒𝑛𝑧𝑒 𝑒 𝑙𝑒 𝑒𝑚𝑜𝑧𝑖𝑜𝑛𝑖.❞

||𝐾𝑎𝘩𝑙𝑖𝑙 𝐺𝑖𝑏𝑟𝑎𝑛||

[ℱ𝓁𝒶𝓈𝒽𝒷𝒶𝒸𝓀]

«Immagino dovrai rimandare i tuoi piani di lavoro.» Stava dicendo una giovane donna dai lunghi capelli viola, in quel momento raccolti elegantemente sulla testa.

«Si, intendevo concludere degli affari a breve, ma con quello che è successo non credo sia il momento adatto per discuterne» rispose l'uomo accanto a lei.

La donna si strinse leggermente al braccio del marito, mentre con la mano libera teneva quella della figlia, di soli cinque anni.

Kayla di tanto in tanto li osservava, sentiva spesso il padre parlare con entusiasmo degli affari che stava per concludere.

Abbassò lo sguardo sui suoi vestiti, poi guardò quelli dei genitori, tutti rigorosamente neri.

Era piccola, ma non ingenua, sapeva cosa significava.

Giunti a destinazione videro altre persone.
Entrarono subito nella grande villa, un uomo si avvicinò a loro per accoglierli, probabilmente era colui con cui il padre era in affari.

Sentì i suoi genitori fargli le condoglianze e lei li seguì a ruota, però la sua attenzione venne subito spostata altrove.

Precisamente verso una stanza.
Vide qualcuno da solo, in piedi e con le braccia lasciate pendere verso i fianchi.

Lasciò la mano della madre per andare lì.

«Kayla, non andartene in giro» disse lei, ma il proprietario della casa la fermò, assicurandole che non c'era alcun problema.

La bambina a quel punto continuò per la sua strada.

Entrò nella stanza. Colui che si trovava al suo interno era un bambino.

Stava guardando la foto di una donna che, a giudicare dal colore dei capelli, sicuramente era sua madre.

Kayla fece vagare lo sguardo per tutta la stanza.
Era piena di fiori di ogni tipo, ma l'atmosfera trasmetteva solo tristezza.

Il bambino non si era nemmeno accorto della sua presenza, poteva solo immaginare come potesse sentirsi.

Non lo conosceva, non lo aveva nemmeno mai visto, ma d'istinto fece dei passi verso di lui, per poi afferrargli, con delicatezza, la mano.

Lui di tutta risposta sussultò appena, girando la testa verso la nuova arrivata, sembrava sorpreso dal gesto.

Kayla strinse leggermente la presa, non voleva che si sentisse solo in un momento così difficile.

Il piccolo non rispose alla stretta, rimase semplicemente lì, in silenzio.

Aveva riportato lo sguardo verso la foto della madre senza dire una parola, ma lasciando che la bambina gli tenesse la mano.

Anche Kayla non disse nulla, ad essere sinceri non sapeva cosa dirgli.

Il suo gesto però parlò da solo, perché dopo qualche minuto il piccolo dai capelli rossi chiuse lentamente la mano attorno alla sua.

[ℱ𝒾𝓃𝑒 𝒻𝓁𝒶𝓈𝒽𝒷𝒶𝒸𝓀]

«Seijuro.» Aveva sussurrato Kayla, la cosa che notò immediatamente fu il colore dei suoi occhi, non erano entrambi rossi.

Il ragazzo spostò la sua attenzione sulla cavalla, portando una mano sul suo muso.

D'istinto l'avrebbe abbracciato, stringendolo a se, in quegli anni le era mancato così tanto.

Però aveva visto durezza nel suo sguardo, non erano gli occhi gentili che ricordava lei.
Faticava a riconoscerlo dal bambino con cui passava intere giornate.

Si chiedeva cosa fosse successo durante tutto quel tempo in cui non c'era stata.

«Mi hai riconosciuta quando ti ho urtato per sbaglio, non è così? Come?» Domandò Kayla, doveva chiedergli molte cose, ma decise di cominciare da lì.

Vide spuntare sul viso di Akashi un leggero sorriso.
«Vai dritta al punto, mi piace.»

Il giovane si voltò di nuovo verso di lei.
«È stato facile, porti ancora l'orecchino.»

«Ma poteva benissimo essere un'altra persona, non solo io ne indosso di questo tipo, sai?» Rispose accennando anche lei ad un sorriso.

«Ero sicuro fossi tu.»
«Senza un minimo di dubbio?»

«Esattamente, come ero certo che ti avrei trovata qui» disse guardandosi intorno per un momento.
«Ti conosco, so quali sono i tuoi hobby.»

«Lo so, ma tutta questa tua sicurezza mi ha sorpresa» affermò Kayla, appoggiandosi alla staccionata dietro di lei.

A guardarlo sembrava veramente che non avesse avuto alcun tipo di dubbio al riguardo.

Le possibilità di sbagliarsi erano alte, eppure, stando alle sue parole, lui era andato lì senza calcolare quel risultato.

«Le mie intuizioni sono sempre giuste, il fatto che tu sia qui ne è la prova.» Le spiegò Seijuro.

Le persone cambiano durante gli anni, è vero, ma il suo modo di parlare, il suo sguardo, apparivano così diversi agli occhi della ragazza.

Le sembrava quasi di parlare con una persona completamente diversa.

Ma soprattutto, da quando usava il suo nome completo?
L'aveva sempre chiamata "Kay-chan", fin da subito.

[ℱ𝓁𝒶𝓈𝒽𝒷𝒶𝒸𝓀]

«Qui dentro comincia ad essere soffocante» disse in un sussurro il bambino dai capelli rossi dopo interminabili minuti.

Kayla aveva rispettato il suo silenzio, e non aveva cercato di farlo uscire dalla stanza.
Probabilmente quello era il posto dove poteva sentirsi più vicino alla madre.

«Allora andiamo fuori, il giardino dovrebbe essere un posto calmo... Vuoi andare lì?» Propose la piccola.

In un momento come quello stare in mezzo a persone che ti guardano con compassione e dispiacere non era la cosa migliore da fare.

«Si... Ti faccio strada.» Lasciò delicatamente la sua mano e si incamminò.

Uscì dalla stanza, ma non prima di essersi voltato un'ultima volta verso la foto della madre.

Non aveva molta voglia di parlare, infatti si era chiuso nuovamente nel silenzio.

Una volta nel grande giardino si sedette immediatamente su una panchina in pietra.

Osservava la natura davanti a lui senza dire nulla.

Kayla notò come cercasse di mantenere un respiro regolare.
Capì in un batter d'occhio come stesse cercando di non piangere.

Decise di presentarsi. Non l'aveva mandata via, come minimo dovevano conoscere il nome dell'altro.

«Io sono Kayla» disse spezzando quel silenzio.

«È un bel nome.» Le rispose guardandola per un istante, la sua voce era bassa, si vedeva lontano un miglio come provasse a non crollare.
«Posso chiamarti Kay-chan?»

Lei era stata l'unica ad averlo trattato diversamente.

Non avrebbe dovuto chiederle una cosa del genere, visto che si erano appena conosciuti, ma la bambina si era presentata usando il suo nome, invece del cognome, quindi si permise di fare quella richiesta.

«Mi piace!» Rispose Kayla sorridendo.

«Io mi chiamo Seijuro» disse poi lui rivolgendole un piccolo sorriso, anche se malinconico per via della giornata.

[ℱ𝒾𝓃𝑒 𝒻𝓁𝒶𝓈𝒽𝒷𝒶𝒸𝓀]

La ragazza lo osservava attentamente cercando di capirci qualcosa, ma fu tutto inutile.

Non conoscendo quello che era successo dalla sua partenza non poteva arrivare a nessuna conclusione, l'unica cosa da fare era chiedere direttamente a lui, sempre se avesse risposto alle sue domande.

Si staccò dalla staccionata e fece dei passi verso il ragazzo, il quale continuò a mantenere il contatto visivo.

«Il tuo occhio.» Kayla allungò una mano verso il suo viso.
«Cosa è succe-» Si bloccò nel momento stesso in cui il ragazzo le afferrò il polso, non facendola avvicinare ulteriormente.

La giovane non aveva intenzione di portare la sua mano così vicina al suo volto, era stato un gesto spontaneo, non ci aveva pensato.

«Battimi in una partita uno contro uno, e risponderò alle altre tue domande» disse Akashi.

Il tono che aveva usato era uno di quelli che non ammettevano rifiuti.
Un tono fermo, deciso, autoritario.

Kayla decise di sorvolare, per quella volta, su quel dettaglio. Era troppo concentrata sul ricevere le risposte alle sue domande.

«Quindi se perdo non mi dirai niente, non potrò farti altre domande.» La sua era una constatazione, che espresse a voce alta.

«Solo i vincitori ottengono quello che vogliono, quindi ti basta battermi.»

La ragazza lo guardò dritto negli occhi, non era intimorita da quel suo atteggiamento.

«Va bene» rispose alla fine.

A quel punto Akashi lasciò andare il suo polso.

Riuscirono a trovare un pallone da basket per pura fortuna.
Si allontanarono in modo da non dare fastidio alla famiglia che aveva accolto le richieste di Kayla riguardo il lavoro.

Il ragazzo fece tenere la palla a lei, voleva vedere come giocasse.

La giovane cominciò a palleggiare, studiando il suo avversario.
Il suo atteggiamento era così diverso che probabilmente lo era anche il suo stile di gioco.

«Sai che dovrai dare tutta te stessa, vero?» Domandò lui avvicinandosi velocemente.

Kayla si spostò rapidamente di lato, per non farsi prendere subito la palla.

«Dopotutto...» Continuò a dire il ragazzo anticipando la sua mossa.
«Sono io che ti ho insegnato a giocare.» Con uno scatto del braccio prese in mano la situazione, ora era lui ad avere il controllo del gioco.

Kayla si girò verso la sua figura senza perdere tempo.

Le sue reazioni erano così veloci ed improvvise da lasciarla sorpresa, non aveva calcolato a dovere quanto fosse migliorato in quegli anni.

«Non potrei mai dimenticare qualcosa di così importante» rispose lei.

Quando gli fu davanti cercò di seguire i suoi movimenti, provando a capire da quale parte avrebbe provato a superarla.

Lui sapeva quale era lo stile di gioco della ragazza, si basava molto sulla velocità e sulla rapidità, anche nell'esaminare le mosse dell'avversario.

Però lui lo era molto di più.
Prese a passarsi la palla da una mano all'altra, creando dei movimenti che misero in difficoltà Kayla.

Faticava a stargli dietro, e nel momento stesso in cui si mosse per provare a bloccarlo perse l'equilibrio.

Non si era nemmeno accorta dell'instabilità che aveva preso possesso delle sue gambe.

Furono inutili i suoi tentativi di rimanere in piedi, alla fine non potè evitare di cadere in ginocchio.

La giovane non faceva altro che chiedersi cosa fosse successo.

Girò la testa di lato e fu costretta ad alzare lo sguardo per incontrare gli occhi di Akashi, che la stava guardando dall'alto dopo essersi fermato.

«Hai perso» affermò il ragazzo per niente sorpreso, era sicuro di vincere.

«Come hai fatto?» Chiese lei alzandosi, per poi spolverarsi i pantaloni con le mani.

«Ero stato chiaro, se tu avessi perso non avrei risposto ad altre domande.» Le ricordò Seijuro.

«Allora sfidiamoci di nuovo» disse Kayla con tono deciso, non avrebbe rinunciato così facilmente.

«Il risultato non cambierebbe.»
«Non dico di sfidarci ora, ma continua ad allenarti con me. Riuscirò a batterti e allora risponderai alle mie domande.»

Akashi fece un sorrisetto.
«Solitamente non lascio che gli altri mi parlino in questo modo.» Raccolse la palla che si trovava accanto a lui.

«Ma voglio vedere fino a che punto possono spingersi le tue abilità, quindi te lo concedo.»
«Me lo concedi? Sappi che avrei insistito se mi avessi detto di no.»
«Non te lo avrei permesso.»

Akashi allungò il pallone verso la ragazza.
«Il nostro vero scontro sarà al torneo scolastico, sicuramente ti unirai alla squadra di basket, quindi impegnati per arrivarci.»

Kayla lo afferrò per poi spostare nuovamente gli occhi sul ragazzo.
«Non perderò, è una promessa. E sai che le mantengo.»

«Nemmeno io ho intenzione di perdere, non succederà, perché non perdo mai.»

Dopodiché le chiese in quali giorni l'avrebbe trovata lì, informandola che lui si sarebbe presentato sempre alla stessa ora di quel giorno.

L'intimò di arrivare sempre in orario prima di andarsene.

Non avevano più toccato l'argomento dell'orecchino.

In quel momento i due pezzi dovevano rimanere separati.

Potevano definirsi riuniti, ma non del tutto.
Un po' come lei e Akashi. Si erano rincontrati, eppure lei lo aveva sentito distante.

Chiedere dell'oggetto che rappresentava la loro promessa non era una delle scelte migliori da fare in quel momento.

Kayla decise che glie ne avrebbe parlato solo dopo essersi avvicinata a lui.

Non sapeva se e quando ci sarebbe riuscita, però non era una ragazza che mollava.

A costo di ribaltare il mondo, la giovane avrebbe raggiunto il suo obiettivo.

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