55 - Grata (Parte 3)
La donna non credette alle parole che le sue orecchie avevano appena udito.
Era fermamente convinta che Minhee non l'avrebbe mai perdonata; anzi, era addirittura convinta che non avrebbe nemmeno mai più avuto l'onore e il piacere di rivedere sua figlia.
Invece in quel preciso istante, la giovane dai capelli castani si trovava di fronte a lei; il volto era rigato dalle lacrime, ma le aveva appena concesso il suo perdono e le stava sorridendo, nonostante la voce e il viso rotti dal pianto.
"Non merito il tuo perdono-"
"Chiunque merita una seconda possibilità." Disse immediatamente Minhee.
La madre guardò la ragazza con occhi increduli; non riusciva a riconoscere la propria figlia, pensò che in quegli ultimi due anni Minhee fosse cresciuta tantissimo, e che davanti a sé non si trovava seduta la sua piccola principessa, bensì una bellissima giovane donna adulta e molto intelligente.
La più grande guardò la minore con totale ammirazione, era rimasta rapita dalla maturità che Minhee stava dimostrando di avere, e per il modo in cui stava gestendo quella spinosa situazione.
Stava per ribattere di nuovo, ma la voce della più piccola la bloccò.
"Non posso dimenticare ciò che hai fatto per me. E non mi riferisco solo a quando papà si trovava ancora tra noi."
Senza farsi vedere, e tentando di non destare sospetti alle persone che stavano assistendo al loro incontro, gli occhi di Minhee indicarono le telecamere poste negli angoli della stanza.
La signora Lee capì subito a cosa la castana si stesse riferendo; Minhee si riferiva alla pena che la donna stava scontando, ma che in realtà avrebbe dovuto scontare lei, dato che era stata la più giovane a togliere la vita a quel mostro.
"Ho cercato di agire come avrebbe dovuto fare una madre. Almeno in quel momento." Sussurrò la più anziana, spiegando il perché si era presa lei la colpa riguardo ciò che accadde quella tragica notte di due anni fa.
"Il rancore che avevo dentro di me, e che mi aveva tormentata per tutti quei mesi non mi ha dato per niente modo di apprezzare il tuo gesto. È passato in secondo piano, dando posto all'odio e alla marea di sensazioni negative che avevo accumulato con il passare del tempo. Ma ora che riesco a riflettere con più lucidità, e che la mia ragione finalmente non è più coperta da tutta quella rabbia repressa, posso affermare che ho apprezzato tanto quello che hai fatto per me. Se ho avuto la possibilità di continuare con la mia vita, di andare all'università, e soprattutto di incontrare persone importanti, così tanto fondamentali per me da non riuscire a vedere un futuro senza di loro, lo devo solamente a te. Quindi sì mamma, ti perdono. E ti prego di accettare questa seconda possibilità, perché te la meriti."
La madre di Minhee continuò a piangere ininterrottamente, profondamente toccata e commossa dalle parole della più piccola.
Il desiderio di abbracciarla era forte, e dovette resistere e sopportare con sofferenza tale restrizione.
"Vorrei abbracciarti così tanto, ma non posso..." Singhiozzò la donna.
"Tranquilla, lo so. Quel poliziotto ha detto prima che entrassi che non era permesso alcun contatto tra visitatore e detenuto."
"Che ingiustizia." Commentò l'anziana signora, mentre tentava di asciugare il viso con il fazzoletto che Minhee le aveva dato in precedenza.
"No... è ingiusto il fatto che tu non abbia accettato le cure sin dall'inizio. Hai un tumore al seno mamma, appena scoperto avresti dovuto curarlo subito, invece il medico mi ha detto che sono passati mesi, ma tu continui a rifiutare ogni tipo di cura. Perché? Perché cavolo non accetti le cure? Morirai così!"
Minhee cercò di calmarsi; il suo respiro era irregolare, il nervosismo la agitò ancor più di prima.
Il medico era stato chiaro, un anno fa durante una visita di routine avevano trovato il tumore della madre, e fortunatamente si trovava ancora allo stadio 0.
Questo stava a significare che il tumore non era aggressivo se curato subito, ma successivamente sarebbe potuto diventarlo.
Il vero problema però arrivò quando la signora Lee rifiutò categoricamente ogni tipo di cura; i medici avevano cercato di farla ragionare, di farle cambiare idea, ma la donna fu irremovibile, e non ricevette più alcun controllo.
A distanza di numerosi mesi, adesso il dottore non sapeva quanto fosse diventata grave la malattia che aveva colpito il seno della donna; ma basandosi sulle sue esperienze e conoscenze mediche, sapeva che fosse avanzato di livello, e che la situazione si fosse aggravata.
Bastava anche solo vederla, per capire che fisicamente non fosse messa bene.
Ma senza il consenso da parte della paziente, che era ancora capace di prendere decisioni da sola, il team di medici non potevano muoversi.
Il discorso di Minhee immobilizzò completamente sua madre.
La voce dura e severa della figlia, assieme allo sguardo serio che le stava rivolgendo, ammutolirono all'istante la donna; adesso si era riconciliata con la più giovane, ma nei mesi precedenti Minhee non si era né fatta vedere, né fatta sentire, e questo aveva avuto un grosso impatto sulle decisioni di quest'ultima.
"Perché avrei dovuto?" Mormorò con un filo di voce la più grande, di colpo gli occhi erano divenuti gelidi e oscuri.
"Cosa?" Minhee sollevò un sopracciglio, il viso segnato dalla confusione, ma il suo cuore perse un battito quando la madre ripeté chiaramente le sue parole.
"Perché avrei dovuto accettare le cure?"
Gli occhi di Minhee si spalancarono, dentro di sé si chiese perché sua madre stesse ponendo una domanda simile.
"Perché non avresti dovuto? Devi stare dentro solo sei anni mamma. Tra altri quattro anni sarai fuori da qui, e potrai ricominciare a vivere di nuovo. Potrai lasciarti questa brutta esperienza alle spa-"
"Perché dovrei accettare le cure, se uscita da qui non saprò neanche dove andare?"
L'elevato tono di voce della signora Lee bloccò Minhee; l'espressione sul volto della maggiore era cambiata, adesso era più rigida e seriosa rispetto a com'era un attimo fa.
"Ma-"
"Uscita da qui non saprei cosa fare, non avrei un posto dove andare, non c'è nemmeno una persona che aspetta di riabbracciarmi là fuori, quindi perché dovrei curarmi? Per chi?"
'Per me.' Disse dentro di sé la ragazza, ma lo stupido orgoglio che risiedeva in lei le permise solo di pensarle quelle due piccole paroline.
"Ma la zia-"
"La zia non mi viene più a trovare da mesi ormai." Spiegò la donna.
Minhee chiese il motivo di tale decisione, le sembrò strano che la sorella maggiore di sua madre non fosse più andata a farle visita.
Ricordava bene che quando era stata affidata a lei poiché ancora minorenne, sua zia insisteva per andare a trovare insieme la signora Lee, ma Minhee si era sempre rifiutata, perché troppo accecata dall'odio.
"Una volta scoperta la verità, non è più venuta a farmi visita." Continuò la donna, e Minhee ancora confusa agrottò le sopracciglia.
"La verità? Cosa le hai detto?" Domandò subito dopo, il panico iniziò a crescere dentro di lei.
"Soffrivo molto per la tua mancanza. Non rispondevi alle mie chiamate, non mi venivi a trovare, per me era una sofferenza vedere tua zia che veniva a farmi visita senza di te. Non te ne facevo una colpa, sapevo che mi odiavi ma ci stavo comunque molto male. Quindi un giorno non ho più resistito, e ho spiegato a tua zia perché tu non avevi la benché minima intenzione di vedermi o parlarmi."
Minhee deglutì; si guardò intorno, la sua attenzione si posò nuovamente sulle telecamere.
"Le hai detto... tutto?" Chiese ansiosa, ma riprese a respirare quando vide la donna scuotere negativamente il capo.
"No, ma le ho raccontato grosso modo che tipo di persona era lui. Come ci aveva trattato durante gli anni in cui stavamo assieme, e soprattutto come si era comportato con te."
Minhee annuì, e la madre continuò a spiegare.
"L'ultima volta che l'ho vista, se n'è andata dicendo che ora capiva come mai tu mi odiassi così tanto."
Minhee non seppe cosa dire.
Adesso comprendeva perché sua madre aveva rifiutato le cure sin dall'inizio; lei aveva continuato a ignorarla per tutti quei mesi, mentre sua zia, la sorella maggiore della donna, le aveva voltato le spalle proprio nel momento in cui lei aveva più bisogno, lasciandola sola.
La signora Lee era così sicura di non avere nessuno per cui continuare a vivere.
"Mamma..."
"Mi merito questo. Quando ho saputo di questo tumore, ho pensato subito che fosse una punizione che Dio mi aveva lanciato per il comportamento che avevo avuto con te. Per essere stata una cattiva madre. Merito di morire."
"Nessuno merita di morire. Smettila." Ringhiò la più giovane, una scintilla rabbiosa si presentò nei suoi occhi.
Era furiosa per come stesse parlando sua madre.
La vita era un dono prezioso, e lei lo stava gettando via come fosse spazzatura; questo a Minhee non piaceva affatto.
Ancora una volta, il tono severo e il volto colmo di serietà della più piccola irrigidì la più grande.
"Hai chiesto prima per chi dovresti curarti..." Minhee sussurrò, ripetendo ciò che aveva pronunciato la signora Lee in precedenza.
"Per te stessa. Come io ti ho dato una seconda possibilità, dovresti dartela anche tu. Ripeto: tutti meritano una seconda possibilità, non continuare a punirti per quell'errore. Non gettare via la tua vita come se fosse un oggetto privo di valore. Puoi ricominciare a vivere mamma. Puoi rifarti una vita una volta uscita da qui, ma devi curarti prima."
"Ma-"
"E non pensare di essere sola; quando uscirai, ci sarò io là fuori ad aspettarti."
Il battito cardiaco della femmina più anziana accelerò; il suo cuore batté come mai aveva fatto prima d'ora, e lacrime di commozione riapparvero sul suo viso.
"Oggi non faccio altro che piangere..." Mormorò, ricominciando a singhiozzare.
Minhee le porse educatamente un altro fazzoletto; gli occhi nocciola e un po' lucidi della ragazza si rifletterono in quelli di sua madre, anch'essi di una sfumatura color nocciola molto intensa e accesa.
Il suono ferroso provocato dall'apertura della porta attirò gli sguardi di entrambe; l'uomo con cui poco prima Minhee e Yoongi avevano parlato fece capolino, avvisando loro che erano rimasti solo cinque minuti, poi la visita sarebbe finita.
"Accetta le cure per favore. Non lo dico più... ma lo devi fare subito! Il medico ha detto che è già passato troppo tempo." Minhee insistette.
Un'incontenibile gioia sovrastò la più piccola, appena vide la madre annuire.
"Va bene tesoro."
YOONGI'S POV
Trascorse qualche altro minuto da quando il poliziotto avvisò che la visita sarebbe dovuta finire a breve.
Riaprì il portone di metallo, e con passo lento, e il volto chino, rividi finalmente il mio scricciolo.
Poi Minhee rialzò la testa, e sussultai quando i miei occhi incontrarono i suoi, rossi e pieni di lacrime.
Le corsi immediatamente incontro e la abbracciai; la strinsi fortemente tra le mie braccia, mentre lei si liberò di tutto quell'enorme dolore e sofferenza che l'avevano accompagnata per mesi e mesi.
La piccola pianse a dirotto; la feci sedere, cercai di calmarla, di accarezzarla dolcemente e di confortarla.
L'uomo di prima era sparito, ma tornò poco dopo con una bottiglietta d'acqua fresca; lo ringraziai, e quasi ordinai a Minhee di prendere qualche sorso.
Il suo respiro era ripetutamente interrotto dai singhiozzi, il suo corpo scosso da tanti tremori.
Non riusciva a dire mezza parola, e anch'io non riuscii a fiatare, in un momento del genere le parole sarebbero risultate inutili.
La tenni vicina a me, continuai a stringerla e ad aumentare la presa sul suo esile corpicino; nel frattempo lei ricambiò l'abbraccio, premendo il viso contro il mio petto.
Ben presto il mio giubbotto venne umettato dalle sue lacrime; il mio cuore si contorse in una dolente morsa, le mie orecchie non sopportavano più di sentire lo straziante suono del suo pianto.
Avrei tanto voluto fare un incantesimo e ridurre il suo dolore, o trovare un modo per assorbirlo del tutto, togliendolo a lei e trasferendolo dentro di me.
Purtroppo la magia non esisteva, quindi l'unica cosa che potevo fare era starle vicino e non lasciarla sola.
E non lo avrei mai fatto, né ora, né mai.
"Scusatemi..."
Il capo responsabile, insieme al medico comparirono di fronte a noi.
Si vedeva che si trovavano visibilmente a disagio per aver interrotto un momento tanto fragile e delicato, ma sembrava avessero fretta di parlarci.
Il medico molto velocemente disse che era lieto che la signora Lee avesse cambiato idea, e a quanto pare erano pronti a trasportarla subito in ospedale per visitarla e controllare quanto fosse peggiorata la malattia.
"La signora Lee ha chiesto se puoi esserci anche tu." Concluse, guardando Minhee con sguardo comprensivo e pieno di dolcezza.
Minhee si voltò all'istante verso di me, i suoi occhi erano divenuti gonfi per le tante lacrime che aveva versato quel giorno.
In un primo momento non riuscii a cogliere il messaggio che stava cercando di mandarmi, ma ipotizzai che volesse andare con sua madre.
"Vuoi andare?" Sussurrai, e lei debolmente annuì.
"Ti dispiace?" Chiese, la voce era bassa e roca.
"Assolutamente no. Ti raggiungo con la macchina, ci troviamo laggiù, okay?"
Un microscopico e accennato sorriso scivolò sulle sue labbra; rapidamente si avvicinò e stampò un bacio sulla mia guancia, per poi alzarsi e seguire il medico.
Molto probabilmente c'era già un'ambulanza ad aspettarli, pronta per partire e dirigersi verso l'ospedale di Busan.
Non persi tempo, anche perché dovevo cercare su internet dove si trovasse l'edificio.
Non avevo chiesto a Minhee come fosse andato l'incontro; vederla piangere in quel modo mi aveva fatto pensare che forse non fosse andato benissimo, e invece se sua madre aveva accettato di procedere con le cure, e aveva chiesto che anche Minhee fosse presente durante la visita di oggi, presunsi che il loro incontro non doveva essere andato tanto male.
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Dopo un sacco di giri inutili che feci grazie a Naver map, riuscii a trovare l'ospedale.
Non mi ero voluto affidare ai cartelli della città, consapevole che mi avrebbero fatto girare a vuoto per ore... eppure internet aveva fatto la stessa cosa.
Però ero riuscito ad arrivare, questo era l'importante.
Con un messaggio informai lo scricciolo del mio arrivo, e lei mi fece sapere a che piano si trovava in quel momento, così trovato l'ascensore giusto che mi avrebbe portato al piano desiderato, la raggiunsi in un attimo.
"La stanno visitando." Disse, non appena fui più vicino a lei.
Mi sedetti al suo fianco, e portai la mano ai suoi capelli per scompigliarli dolcemente.
Ero sollevato di vedere che aveva finalmente smesso di piangere, e anche se dentro la mia testa si erano create numerose domande nel tempo che avevo impiegato per arrivare fin qui, cercai di non fare l'impiccione ficcanaso, mantenendo i tanti dubbi e pensieri che mi stavano attanagliando, per me.
"Scusa." Ad un certo punto sussurrò con un filo di voce, al che io la guardai con un sopracciglio incurvato verso l'alto.
"Per cosa ti stai scusando?"
"Non stai passando un bel compleanno..." Mormorò, gli occhi erano ancorati verso il pavimento, il tono della sua vocina si abbassava sempre di più.
"Sono con te. Mi basta questo." Risposi immediatamente senza batter ciglio.
Dopo qualche secondo riflettei bene sulle mie parole, e mi domandai internamente da quando fossi diventato così dolce.
Avevo sempre odiato le coppiette che si scambiavano certe frasi così tanto mielose da risultare nauseanti, ma avevo constatato con il passare del tempo, e senza nemmeno rendermi conto, che io e Minhee eravamo diventati proprio quel tipo di coppia.
Arricciai il naso al pensiero, lo scricciolo era riuscita a far emergere lo zucchero che si nascondeva al mio interno.
"Sei così dolce." Commentò lei sorridendo, e io storsi la bocca quasi contrariato.
"Sì, troppo." Replicai.
Minhee allungò le braccia verso di me, alla ricerca di affetto e qualche coccola.
Sogghignai, e allargando le mie braccia lei si introdusse nel mezzo.
A quel punto chiusi l'abbraccio avvolgendo il suo busto e la strinsi, accostando sempre di più il suo corpo al mio.
Guardai il suo faccino, e pensai che la mia piccoletta si meritava di essere completamente ricoperta di coccole e dolcezza.
Anche se non ero abituato a concedere simili effusioni, con lei veniva quasi naturale; riuscivo a dimostrare il mio affetto senza neanche rimuginarci troppo sopra.
Questa era una delle tante qualità di Minhee.
"Sei stanco?" Mi chiese qualche minuto dopo.
Onestamente cominciavo a sentire la stanchezza farsi spazio dentro di me; quella mattina mi ero alzato presto, avevo guidato per cinque ore buone, senza contare la pressione psicologica a cui ero stato sottoposto durante tutto il viaggio.
Una volta svelato il motivo di quel piccolo viaggetto, la tensione che mi aveva tormentato da giorni non mi aveva abbandonato del tutto; aveva continuato ad assediarmi anche una volta entrati dentro il carcere, e tuttora stava continuando ad affliggermi, perché non sapevo che esito avrebbe avuto la visita della mamma di Minhee.
E il non sapere rendeva in generale le persone sempre molto paranoiche e agitate.
"Non molto. Tu?"
"Io un pochino, inizio ad avere sonno." Minhee rispose innocentemente e con sincerità.
Emise un tenero sbadiglio, e dopo aver strofinato un po' gli occhi affaticati, appoggiò il suo viso sul mio petto, accoccolandosi e chiudendo subito dopo le palpebre.
Sorrisi, continuai ad accarezzare teneramente le lisce ciocche castane, che mi divertii ad arricciare attorno alle mie dita.
"Appena arrivati al B&B, potrai farti una lunga dormita scricciolo."
"Anche tu. So che sei stanco, anche se non lo vuoi ammettere ad alta voce." Borbottò.
Lo scricciolo ormai mi conosceva bene.
Non sapevo bene quanto tempo fosse trascorso, ma finalmente il medico con cui avevamo parlato in carcere si fece vedere; scossi Minhee per la spalla perché nel frattempo si era appisolata, e ci preparammo a sentire quel che aveva da dirci.
E a giudicare dall'espressione che aveva disegnata sul volto, non sembrava ci fossero buone notizie.
Il medico cominciò a spiegare; come egli aveva previsto, la madre di Minhee avrebbe dovuto curare la malattia appena scoperta, era passato troppo tempo e il tumore che l'aveva colpita adesso era passato di livello.
L'uomo fu molto bravo a esprimersi, riuscii a capire attraverso le sue parole cos'era successo al seno della donna.
Adesso il tumore aveva raggiunto il terzo stadio; a quanto pareva gli stadi di un tumore al seno erano quattro, quindi il fatto che la malattia non avesse ancora raggiunto l'ultimo stadio doveva rincuorarci, ma il medico non voleva darci false speranze, e con una serietà a dir poco spaventosa ci disse che anche con il terzo stadio, la madre di Minhee aveva poche possibilità di sopravvivere.
Avrebbe dovuto cominciare la chemioterapia oggi stesso; ci spostammo nel suo ufficio personale, dove avremmo potuto avere più privacy e libertà di parlare.
Minhee dette i suoi dati e un recapito telefonico per farsi chiamare e tenersi informata sulle condizioni della madre; il medico per sicurezza chiese anche i miei di dati, e senza problemi compilai i fogli che poggiò sopra la scrivania.
Ci mostrò i vari esami che aveva fatto alla donna, ci fece vedere prima quelli che aveva fatto durante la prima visita, e poi li confrontò con quelli fatti quel pomeriggio.
La differenza tra i due risultati era evidente; nel corso dei mesi il tumore si era espanso velocemente, e se un anno fa la malattia aveva colpito solo i linfonodi del seno, adesso aveva raggiunto anche quelli che si trovavano sotto l'ascella, diventando un cancro invasivo e aggressivo.
Il medico poi ci presentò i vari programmi della chemioterapia, ma ci spiegò subito che date le condizioni gravi della signora, avrebbero dovuto ricoverarla, e quindi trattenerla in ospedale.
Ci mostrò poi i tanti farmaci che le avrebbero dovuto somministrare, alcuni per via endovenosa, e altri erano normali compresse; però puntualizzò immediatamente anche la possibile presenza degli effetti collaterali che questi farmaci avrebbero potuto causare.
Le medicine potevano provocare la nausea, anche il vomito, e se la madre di Minhee avesse rigettato le cure perché il suo corpo non era in grado di assumerle, poteva risultare un grosso problema.
Altri effetti collaterali potevano essere la perdita dei capelli, o l'alterazione dei globuli, poteva presentarsi una riduzione dei globuli sia bianchi che rossi e... o cavolo, cominciava a venirmi mal di testa.
E non volevo immaginare i tanti pensieri che stavano frullando nella mente della piccoletta.
Con la coda dell'occhio controllai come stesse; il suo viso era interamente travolto dalla totale inespressività.
Sapevo che stava immagazzinando il tutto, per poi liberarsi una volta uscita fuori da questo ospedale.
Posai la mia mano sopra la sua ma lei non si mosse, sembrava essersi pietrificata sul posto.
"Scusate, mi rendo conto che questo è un argomento delicato e-"
"Non si scusi, vada avanti."
Con mio enorme stupore fu Minhee a fermarlo e chiedergli di continuare a parlare.
Ero rimasto incredulo dalla maturità, ma anche freddezza con cui stava gestendo questa complicata situazione; in questo istante la piccoletta era il mio amato scricciolo di sempre, ma di enormi dimensioni.
Era cresciuta, e stava affrontando questa esperienza nel migliore dei modi... ero davvero orgoglioso di lei.
Il medico ci elencò il resto degli effetti collaterali, e dovevo dire che erano parecchi; speravo che non arrivasse il punto in cui Minhee avrebbe dovuto vedere sua madre sopportare condizioni del genere.
Ma da quel che continuava a dirci l'uomo, le speranze erano vane.
Ci informò che nei prossimi giorni le avrebbero fatto molteplici esami e visite, per accertarsi quali farmaci la signora avrebbe potuto assumere, e quali no.
Poteva risultare allergica a qualche farmaco, quindi avrebbero dovuto trovare una soluzione per quell'allergia e somministrarle una medicina diversa.
Ci dette una marea di fogli, e ci mettemmo d'accordo per rimanere in contatto telefonicamente, dato che non abitavamo a Busan e non potevamo recarci lì ogni giorno.
Alla fine del colloquio, ci accompagnò dalla madre di Minhee.
Tentennai quando il medico, l'infermiera e Minhee entrarono nella stanza; rimasi immobile sullo stipite della porta, non sapendo se dovevo fare anch'io il mio ingresso, o aspettare fuori.
D'altronde non ero un parente, ma appena Minhee si voltò verso di me, capii immediatamente dal suo sguardo che mi voleva dentro, accanto a lei.
Quindi con passo titubante avanzai, mi affiancai a Minhee e così vidi per la prima volta sua madre.
Accidenti, era la copia identica dello scricciolo, solo più anziana e visibilmente malata.
Il medico illustrò alla signora il programma dei seguenti giorni, le spiegò bene o male tutto quel che disse a noi poco prima, in ufficio.
Quando ebbe finito, uscì insieme all'infermiera per lasciarci da soli con lei.
Percepii lo sguardo insistente della madre di Minhee su di me; erano poche le volte in cui mi ero sentito veramente a disagio, e questa era una di quelle.
"Mamma, lui è Yoongi." Disse Minhee, dal tono di voce compresi che anche lei non si trovasse molto a suo agio in questo momento.
Educatamente mi inchinai, dicendole che mi dispiaceva conoscerla in circostanze simili, e che avrei voluto conoscerla in un altro modo.
Sinceramente, quando scoprii come si era comportata con Minhee in passato, l'avevo odiata.
Avevo odiato il trattamento che le aveva riservato, avevo odiato il fatto che Minhee avesse avuto come madre una donna così debole e sottomessa.
Ma Minhee l'aveva perdonata, e io avrei accettato qualunque decisione avesse scelto.
Per di più mi sembrava una donna gentile, ma soprattutto pentita; sicuramente quando si erano parlate prima in carcere, la madre aveva chiesto scusa a Minhee per tutto quel che le aveva fatto e per quel che sua figlia era stata costretta a sopportare a causa dei suoi errori.
Quindi era inutile provare rancore per lei.
"Lui è lui?" Domandò la madre a Minhee.
Inarcai un sopracciglio confuso, forse Minhee le aveva già parlato di me prima.
E capii infatti che fu così, quando quest'ultima, con le gote leggermente arrossite, annuì.
"È molto carino." Commentò sua madre.
Ero diventato trasparente per caso?
Perché parlava come se non mi trovassi più di fronte a lei?
"Forse dovrei usci-"
"No no. Scusa, non volevo metterti a disagio." La donna mi bloccò, e io sorrisi un po' imbarazzato.
Se non voleva mettermi a disagio, lo stava facendo male.
Minhee si sedette accanto a lei, io invece mi sedetti sul divanetto situato in fondo alla stanza.
Lo scricciolo cominciò a raccontare a sua madre come stava procedendo la sua vita; fu una scena bella da vedere perché nonostante la malattia, e tutte le informazioni pesanti e negative che ci aveva dato il medico poco prima, la piccoletta cambiò totalmente argomento, tentando di distrarla parlandole di Yun, delle altre persone che aveva conosciuto, dell'università, e degli esami che avrebbe dovuto affrontare a breve.
Il volto della madre si riempì di orgoglio e fierezza, si vedeva che era estremamente felice di sapere che sua figlia stava conducendo una vita normale, e che non era sola, ma vicina a sé aveva costantemente persone che si erano affezionate a lei, e che le donavano tutto l'amore che meritava di ricevere.
L'imbarazzo crebbe quando Minhee le raccontò il nostro primo incontro.
Ancora una volta mi chiesi se fossi diventato trasparente, ma assistetti più che volentieri e con un pizzico di divertimento, al visino color ciliegia di Minhee, e agli occhi a forma di cuoricino che aveva mentre raccontava le frasi e i gesti che io avevo rivolto a lei, e lei aveva rivolto a me.
Ma non potevo negare che l'imbarazzo fosse alle stelle, non pensavo di poter raggiungere certi livelli di romanticismo, eppure durante il riassunto che Minhee fece a sua mamma, realizzai per la seconda volta quel giorno che ero un fidanzato terribilmente sdolcinato.
"Che romantico!" Commentò sua madre, dandomi definitivamente il colpo di grazia.
Senza rendersene conto, Minhee raccontò anche dei problemi che aveva avuto al liceo.
Non lo fece apposta per ferire sua madre, in realtà la sua intenzione era quella di raccontare come aveva conosciuto la sua migliore amica, ma non mi passò inosservato il fascio di tristezza che attraversò il volto dell'anziana donna.
Ma ella sorrise quasi subito, intenerita dall'esuberanza della più piccola, che continuava a dire quanto fosse contenta di aver incontrato una persona così straordinaria come Yun.
Aveva inconsciamente rivelato che a causa del suo passato, era stata presa di mira da dei coglioni; fortunatamente la biondina aveva preso le sue difese quando ancora nemmeno la conosceva.
Non lo sapevo; non sapevo come si erano conosciute le due, sapevo solo che si erano incontrate quando Minhee si era trasferita a Seoul, ma non mi aveva mai detto in che modo aveva fatto la conoscenza di Yun.
La donna sorrise al pazzo racconto di Nuvola, che poi scoprimmo chiamarsi Napoleone; dopodiché Minhee le fece sapere che aveva conosciuto i miei genitori, e si soffermò nel descrivere Holly, elogiandolo e dedicandogli numerosi complimenti.
Il mio cagnolino l'aveva decisamente conquistata.
Sua madre le chiese se andasse d'accordo con la futura suocera, e appena udii quelle parole sentii un brivido percorrere tutto il tratto della mia schiena.
Stavamo assieme da due mesi, già toccavamo quell'argomento?
Sarebbe dovuto passare qualche annetto prima di arrivare a fare quel passo importante.
Ma la vocina e il visetto allegri di Minhee ebbero il potere di rilassarmi in un attimo; disse alla signora Lee che andava d'accordo con mia madre, e aveva ragione... mia madre si era innamorata di lei non appena l'aveva vista.
Anche mio padre, una volta rimasti da soli, mi disse che lo scricciolo gli aveva fatto una bella impressione, e aveva sottolineato il cambiamento involontario che la mia persona aveva subìto da quando mi frequentavo con lei.
Mio padre mi rivelò che aveva notato quanto fossi felice, mi disse che sorridevo più spesso rispetto a prima, e quando incontrò Minhee capì la causa del mio sorriso.
Ma lo avevo sempre saputo, in fondo era tutto nato da un sorriso.
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Il giorno dopo ci recammo nuovamente in ospedale; ricordai bene le tante scuse che Minhee mi fece la sera prima, si sentiva in colpa per non avermi fatto passare un bel compleanno, e io ribadii che per me l'importante era stare con lei.
C'era tempo per festeggiare, e poi non ero mai stato così attaccato al giorno in cui ero venuto alla luce.
Anzi in realtà non lo sopportavo molto poiché più gli anni passavano, più aumentavano anche le responsabilità e i problemi legati al mondo degli adulti.
Con il passare dei mesi, appena arrivava il fine settimana ci recavamo a Busan; Minhee voleva cercare di essere vicina il più possibile a sua madre durante la chemioterapia.
Più volte mi diceva che dato che non era stata presente nei precedenti due anni, voleva rimediare adesso, anche se era consapevole che fosse tardi.
Io la accompagnavo ogni volta; prendevamo l'aereo, così in meno di un'ora già ci trovavamo a destinazione, evitando così il lungo e scomodo viaggio in auto.
La cura non procedette bene; la madre di Minhee rigettava i farmaci, il suo corpo diveniva sempre più debole, i capelli iniziarono a cadere.
Il medico ogni fine settimana ci accoglieva sempre con qualche cattiva notizia, e io sapevo che di lì a poco, sarebbe finita.
Furono mesi duri, stressanti e faticosi.
Riuscire a studiare durante la settimana, per poi recarsi il venerdì sera a Busan e restarci fino a domenica, e poi ripartire di nuovo e tornare a Seoul.
Non potevo negare che tutto questo risultò pesante, ma strinsi i denti per il mio scricciolo, perché se tutto questo era pesante per me, per lei lo era il triplo o forse anche di più.
Non riuscivo a capacitarmi come riuscisse Minhee ad avere la testa per continuare a studiare; si chiudeva dentro camera sua, parlava poco e nulla con me e Yun, e si concentrava totalmente nello studio.
Era periodo d'esami, e se io riuscivo a passarli per il rotto della cuffia, lei li passava a pieni voti, sconvolgendomi ogni volta.
Poi il venerdì tornavamo a Busan, e lei stava costantemente dietro alle cure della madre, a ciò che dicevano i medici, e ai tanti problemi che la donna stava dando, sia fisicamente che caratterialmente.
Perché sì, la malattia l'aveva portata ad essere parecchio ingestibile.
Qualsiasi altra persona si sarebbe presa una pausa dagli studi, mentre lei riuscì a gestire entrambe le situazioni in maniera impeccabile.
Il mio orgoglio per Minhee cresceva sempre di più.
Tutto questo durò otto mesi; agli inizi di novembre, la madre di Minhee esalò il suo ultimo respiro, dando così una fine alla sua lunga e dolorosa sofferenza.
Minhee non pianse.
Si tenne tutto dentro, lo sapeva, se lo sentiva che la donna non avrebbe vissuto ancora a lungo.
Mi preoccupai quando vidi che lo scricciolo reagì così freddamente alla morte di sua madre; attesi con ansia il momento in cui sarebbe scoppiata, ma quel momento non arrivò mai.
I miei genitori ci aiutarono a organizzare il funerale; decidemmo di comune accordo di trasferire il corpo della signora Lee al cimitero di Seoul, così sarebbe stata più vicina a Minhee, e saremmo potuti andare a trovarla senza dover prendere l'aereo ogni volta.
Il giorno del funerale, chiesero a Minhee di dire qualche parola, ma lei non si pronunciò; al suo posto parlò la zia, che appena venne a sapere della gravosa malattia che aveva colpito sua sorella, si riavvicinò a quest'ultima e alla nipote.
Erano presenti poche persone quel giorno, ma c'eravamo tutti; Minhee era seduta tra me e Yun, i nostri amici erano tutti accorsi per stare al fianco della mia piccoletta, la famiglia di Yun era seduta in fondo insieme alla zia di Minhee, e i miei genitori si erano affiancati a loro.
Ero fortemente grato per come si erano comportati i miei di fronte a questo contesto; avevano trattato Minhee come se fosse una loro figlia acquisita, e questo mi aveva particolarmente toccato.
Ognuno di noi lasciò sulla tomba di Lee Minhee un crisantemo giallo, simbolo di lutto, ma anche di rinascita.
Perché quel giorno se ne andava via una vita, ma ne rinasceva un'altra: ero certo che da quel giorno, la mia piccola Minhee avrebbe ricominciato a vivere.
Difatti non mi stupii quando vidi il crisantemo scelto da Minhee; esistevano tantissime varietà di crisantemi, ma se io, i miei genitori, i nostri amici e tutti gli altri avevamo scelto il classico fiore giallo, lo scricciolo tra le dita reggeva un crisantemo bianco, dai numerosi petali che donavano al fiore una forma particolarmente rotonda.
Mi ero informato al riguardo, e sapevo che i petali indicavano gli anni di vita, quindi quel fiore simboleggiava a tutti gli effetti la rinascita.
Un minuscolo sorriso apparve sulle mie labbra; quel fiore era per sua madre, ma anche per lei.
Si inginocchiò di fronte alla tomba di sua madre, e inserì il fiore bianco proprio in mezzo al mazzo di crisantemi gialli, lasciati in precedenza da tutti noi.
Quando il funerale finì, e salutammo e ringraziammo tutte le persone che si erano presentate quel giorno, finalmente rimasi da solo con lei.
I miei genitori mi fecero il favore di lasciarci l'appartamento; mi dissero che sarebbero andati dai nonni, così io e Minhee saremmo potuti restare soli.
Sapevo che lo avevano fatto più per Minhee che per me; in un momento di debolezza, mi sfogai con mio padre dicendogli che ero preoccupato, perché Minhee ancora non aveva avuto una reazione da quando aveva saputo della morte di sua madre.
Mio padre mi consigliò di non lasciarla mai sola, di restarle sempre accanto, soprattutto dopo il funerale.
Per questo ci avevano lasciato casa libera, portandosi dietro anche Holly.
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"Mi sarebbe piaciuto vedere Holly." Mormorò, appena entrammo nell'appartamento.
Oh... beh, forse la presenza di Holly le avrebbe fatto bene, ma i miei avevano pensato che potesse essere di disturbo invece.
"Le occasioni per vederlo e giocare con lui non mancheranno." Risposi.
Minhee si spaparanzò letteralmente sul divano.
Lo capivo dall'espressione che aveva sul viso... era esausta, stremata.
Sembrava che le fossero state risucchiate tutte le energie, fino all'ultimo goccio.
E sicuramente era così.
Probabilmente, solo adesso stava accusando tutta la stanchezza che si era accumulata nel corso degli ultimi mesi.
"Sei stanca piccola? Vuoi andare a sdraiarti un po' sul letto?" Chiesi dolcemente, sedendomi accanto a lei.
Lei negò con la testa, restando immobile con il resto del corpo.
"So che sei stanca." Insistetti.
Un lieve sogghigno comparve sul suo volto visibilmente spossato e sfinito.
"Anche tu." Ribatté con un filo di voce.
Non risposi e decisi di fare di testa mia.
Quindi afferrai con cautela il suo corpo e la sollevai; lei non emise alcun lamento, non reagì quando vide che la stavo portando in camera mia.
La distesi con delicatezza sul materasso del letto e mi sdraiai accanto a lei.
Presi la coperta e la dispiegai sopra di noi, era una serata molto fredda e speravo che le coperte potessero riuscire a scaldare quell'atmosfera così gelida.
"Grazie..." Sussurrò ad un certo punto Minhee.
Gli occhi erano totalmente affondati nei miei; erano lucidi, deboli, vulnerabili.
Lei, era vulnerabile.
"Per cosa?" Chiesi, il tono di voce lasciò le mie labbra sottoforma di filo molto sottile.
"Per tutto."
Gli occhi a cerbiatto di Minhee, ormai spenti da mesi, pian piano si riempirono di lacrime.
Eccolo, il momento che tanto avevo aspettato.
Speravo arrivasse il prima possibile, perché se Minhee si fosse liberata di quella sofferenza al più presto, avrebbe potuto ricominciare a respirare e a vivere come aveva sempre fatto.
"Non mi devi ringraziare." Replicai, sicuro e convinto delle parole appena pronunciate.
"Sì invece. Nessun ragazzo avrebbe mai fatto quel che hai fatto tu. Mi sei stato vicino per tutti questi mesi, non mi hai mai lasciato sola, nemmeno un minuto. Mi hai sempre capita, compresa, hai sempre accettato ogni mia decisione. E anche quando vedevo quanto fossi stanco, non hai mai ceduto, e hai continuato a stringere i denti e a resistere, solo per me."
Adesso pure i miei occhi erano diventati lucidi.
Stavo per baciarla, ma Minhee mi bloccò.
"Ti amo Min Yoongi. Non lasciarmi mai."
"Mai." Risposi immediatamente.
Non mi accorsi che le lacrime iniziarono a scendere e a bagnare il cuscino posizionato sotto le nostre teste.
"Minhee? Ricordi cosa ti dissi la prima volta che ci incontrammo?"
"Come potrei non ricordarlo?" Rispose lei, facendomi sentire uno stupido per averle posto una domanda tanto imbecille.
"Avevi detto che esisteva un metodo per addolcire la vita, basta trovare il tipo di zucchero giusto."
Lo scricciolo ricordò con un sorriso le esatte parole che le rivolsi quel giorno.
La guardai, con occhi colmi d'amore e con il cuore che stava scoppiando nel petto.
La gola era inaridita, e i brividi facevano tremare il mio corpo.
Ma erano tutte sensazioni bellissime, se provocate dalla mia dolce metà.
"Penso proprio di aver trovato il tipo di zucchero giusto per me, sai?" Mormorai, avvicinando il mio viso al suo, e facendo sfiorare le punte dei nostri nasi.
"Sai... penso di averlo trovato pure io."
"Togliamo il penso, perché io ne ero sicuro fin dalla prima volta che ti ho vista."
Non le permisi di rispondere, attaccai la mia bocca alla sua, desideroso di sentire la morbidezza delle sue labbra, di godere appieno della loro sofficità, del loro sapore per cui avevo sviluppato una dipendenza che mai mi avrebbe stancato.
Se Kang Minhee aveva detto che c'era il sole nel mio sorriso.
E se io avevo detto che quel sole nel mio sorriso era lei.
Io avrei fatto modo che questo sole, avrebbe vissuto per sempre dentro di noi.
~ Angolo Autrice ~
Diversamente da quel che si può pensare, questo capitolo non è l'epilogo di Smile. 🙈
Ma vi annuncio che siamo moooolto vicini.
Metto subito le mani avanti riguardo la questione del tumore: non studio medicina, e non sono un dottore, le informazioni le ho prese tutte da internet.
Ma ecco, ho letto vari articoli e non penso siano cavolate.
Capitolo super triste lo so, ma ci voleva per mettere un punto a questa parte riguardante la madre di Minhee.
Anche perché non volevo prolungarla più di tanto, questo capitolo difatti è venuto anche più lungo (più di 6.000 parole) però non volevo farci una quarta parte, e quindi ho preferito andare avanti e concludere il tutto con questo terzo capitolo.
Spero che comunque vi sia piaciuto, e che vi abbia regalato qualche emozione.💜
Al prossimo aggiornamento.✨
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