Cαριƚσʅσ 16
Quanto sembrava ridimensionarsi la vita se ammassata in pochi scatoloni? A questo pensava Jisoo nel salotto semivuoto e spoglio di quello che era da anni il suo appartamento.
Quei pacchi ridimensionavano tutto, riducevano all'osso ciò che si immagina essere non quantificabile: la propria esistenza.
Invece era lì davanti ai suoi occhi; aveva potuto impacchettare tutto, pressarlo per non eccedere nello spazio: tutti i suoi averi, tutti i suoi desideri, tutti i suoi sogni.
Pensata in quei termini la vita sembrava nient'altro che un insieme di mattoncini che a fatica si cerca di tenere costantemente in piedi per non farli crollare, ma che in qualsiasi momento, potevano anche essere smontati e riposizionati a proprio piacimento altrove.
In pochi mesi era crollato tutto, e ora doveva ricostruire, reinventarsi, dare a quegli scatoloni una nuova essenza. Ma come avrebbe fatto?
Quella domanda continuava a sfiorarle la mente e a tentare di cogliere la sua attenzione, impegnata come era a organizzare ogni cosa.
La risposta era sempre quella, semplice e sbrigativa: in un modo o nell'altro ce l'avrebbe fatta, sarebbe andata avanti, come fanno tutti, come è giusto che fosse.
Per Jisoo era inutile oramai nutrirsi di domande, ansie e paure, perchè l'avrebbero solo costretta a guardarsi indietro e a restare pietrificata.
Invece, una decisione era stata presa, l'avevano presa entrambi: quello era il loro finale, senza recriminazioni, senza altre parole vuote da aggiungere.
Tutto era stato stabilito: avrebbe caricato quegli scatoloni nella sua vecchia macchina sgangherata e sarebbe partita verso Seoul quella sera stessa. Jimin e Yoongi l'avrebbero ospitata per i primi tempi, fino a quando non avrebbe trovato un'altra sistemazione e, il lunedì seguente, avrebbe preso servizio alla PharmaJ.
E lui? Cosa avrebbe fatto Taehyung, invece?
Era passata una settimana dalla loro ultima vera conversazione, quella all'ON, quando una sensazione di freddo intenso aveva cominciato a pervadere le vene di Jisoo, in contrasto con la calda atmosfera natalizia.
Da allora Taehyung non era stato altro che un'ombra immateriale: si erano intercettati casualmente una sola volta. Era rincasato salutandola freddamente, per poi prendere alcuni vestiti ed effetti personali e sparire con la stessa velocità con cui era apparso.
Continuava a stare da Seojoon, in attesa che lei se ne andasse definitivamente per liberare a sua volta quell'appartamento.
Quella che fino ad allora era stata una vita da costruire insieme giorno dopo giorno, tornava ad appartenere a due entità separate, nessuna delle quali avrebbe continuato a vivere lì.
Le mura di quella casa non avrebbero più risuonato delle loro risate, dei loro sospiri nella notte, di urla e accuse lanciate nei momenti di scontro.
Quel pavimento non avrebbe più accolto i loro passi, il rincorrersi tra le stanze solo per fingere di non voler essere acciuffati un'altra volta.
Non si sarebbero più seguiti, ognuno avrebbe preso direzioni diverse, cercando a proprio modo la felicità, sperando che non rimanesse imprigionata proprio in quell'appartamento.
Perché Dio se non erano stati veramente felici lì, insieme, ogni giorno, ogni ora, ogni attimo condiviso!
Lo sapeva Jisoo e lo avrebbero saputo entrambi, sempre.
Glie lo ricordava il suo cuore, appeso tra lo sterno e lo stomaco come un peso morto, mentre cercava di archiviare i ricordi che ogni centimetro quadro di quelle pareti le facevano riaffiorare alla mente.
«Tutto bene?», le chiese sua madre, vedendola ferma immobile davanti alla finestra.
«Sì, sì. Avevo bisogno di una pausa», rispose lei, abbozzando un sorriso poco convincente.
«Credo di aver chiuso l'ultimo pacco. Controlla l'armadio, penso che siano rimasti solo i vestiti di Taehyung»
«Ok. Grazie»
Sua madre l'aveva aiutata tutta la giornata a mettere a posto le sue cose, girandole attorno in silenzio come se non volesse disturbarla.
Tutti oramai sapevano della sua decisione, eppure nessuno aveva voluto commentarla, forse per paura di risultare invadenti o sgraditi.
Si limitavano a farle i loro complimenti per il nuovo traguardo lavorativo, senza nominare Taehyung e la fine della loro storia, come se quello fosse solo un incidente collaterale.
«So che non è facile tesoro, ma stai facendo la cosa giusta per te», le disse sua madre, poggiandole delicatamente una mano sulla spalla destra.
«Già... », sospirò Jisoo, sperando che il discorso si interrompesse in quel preciso momento, visto che non aveva la forza di affrontarlo.
«Le cose si sistemeranno.
La distanza potrebbe aiutarvi a vedere tutto dalla giusta prospettiva...»
«Non credo che guardiamo nella stessa direzione ormai», aggiunse Jisoo con amarezza.
Sua madre abbassò gli occhi e Jisoo ebbe la netta sensazione che volesse aggiungere qualcosa. Ma non lo fece.
«Ti aiuto a sistemare i pacchi in macchina?», le chiese, cambiando discorso di colpo.
«No mamma. Hai già fatto troppo. Piano, piano, li carico da sola»
In un attimo sua madre l'afferrò per le spalle e la portò a sé, stringendola in un abbraccio.
«Mamma... », fece lei, respirando sulla sua spalla e sentendo gli occhi già umidi di lacrime.
La stringeva forte, come se volesse farla diventare di nuovo bambina tra le sue braccia.
Era il loro primo distacco, il primo strappo dopo anni vissuti quasi in simbiosi.
«Scusa, non farci caso», disse sua madre, allentando la presa e tamponandosi gli occhi con il palmo della mano.
Le regalò un sorriso umido, che doveva costarle tanto, ma che era del tutto sincero, perché ciò che sua madre aveva sempre desiderato per lei era la felicità e se sentiva di doverla trovare a Seoul lei non glie l'avrebbe mai impedito.
Le aveva donato grandi ali per volare e la libertà di farlo e, questa volta, Jisoo era consapevole che avrebbe dovuto spiccare il volo.
«Guida con prudenza e chiamami appena arrivi, va bene?
Jimin ti aspetta a casa?»
«Stai tranquilla. Sono in buone mani, Jimin non vede l'ora di accogliermi», rispose Jisoo, sforzandosi di sorridere per stemperare quel momento così toccante.
«Allora vado. Promettimi che chiamerai, che mangerai e che soprattutto starai bene», le chiese sua madre, carezzandole la guancia e guardandola dritto negli occhi.
Jisoo si limitò ad annuire, domandandosi lei stessa se sarebbe riuscita a rispettare l'ultima frase di quella promessa.
«Ora vado veramente!», annunciò sua madre, guardandola per l'ultima volta con le lacrime agli occhi, per poi girarsi velocemente in direzione della porta per nascondere il suo stato emotivo. Afferrò la maniglia e uscì.
Jisoo rimase sola in quella casa vuota che non sapeva più di lei, né di loro.
Cominciò a respirare a pieni polmoni proprio per evitare di scoppiare in lacrime; non era quello che le serviva in quel momento.
Doveva solo continuare a rimanere attiva e seguire la sua tabella di marcia, tutto pur di non essere colta da alcun ripensamento.
Si infilò la giacca, fece scivolare le chiavi della macchina nella tasca e sollevò il primo scatolone da terra.
«Accidenti quanto pesa!», esclamò, tentando di aprire goffamente la porta di casa.
La prima cosa che notò una volta aperto l'uscio, furono un paio di sneakers bianche che riconobbe al primo sguardo.
Il cuore sembrò gelarlesi nel petto: Taehyung ara in piedi, di fronte a lei, fuori dal loro appartamento.
Jisoo alzò di colpo il volto e i suoi occhi sembrarono scontrarsi con quelli di lui, che la guardava sorpreso almeno quanto lei.
«Aspetta, ti do una mano!», le fece, avvicinandosi per afferrare il pacco che Jisoo teneva sotto il braccio destro.
«No, no non c'è bisogno... », tentò di rispondere lei, ma senza successo.
«Dove lo porto?», le chiese, tenendo il cartone con entrambe le mani.
«Devo caricare tutto in macchina... », rispose Jisoo ancora scombussolata da quella scena.
«Ok», rispose lui, impassibile, prendendo le scale.
Jisoo cominciò a seguirlo in silenzio mentre una valanga di pensieri le affollavano la mente:
"Che ci fa qui?"
"Pensava che me ne fossi già andata?"
"Oppure voleva vedermi?"
"Non può sempre sparire e poi riapparire a suo piacimento!"
"Che cosa avrà da dirmi? Sempre che voglia dirmi qualcosa..."
«Mi apri l'auto?», le chiese Taehyung una volta usciti fuori, interrompendo il flusso di coscienza di Jisoo.
Lei obbedì in silenzio, aprendo il bagagliaio e lui fece scivolare delicatamente lo scatolone all'interno.
L'aria era gelida, nonostante il sole non fosse ancora calato e i loro respiri creavano scie di fumo che si perdevano nell'aria.
Jisoo continuava a scrutarlo in silenzio per cogliere le sue intenzioni, mentre Taehyung era impegnato a creare spazio all'interno dell' auto.
«Immagino che ne hai altri», le disse, voltandosi di scatto verso di lei.
«Sì, ma faccio da sola, non devi disturbarti», le disse lei prontamente.
In tutta risposta Taehyung non la stette a sentire e si diresse nuovamente verso l'interno del palazzo per trasportare un nuovo scatolone.
Jisoo lo seguì, maledicendo la sua testardaggine.
Lo vide entrare in casa, dal momento che aveva lasciato la porta semichiusa.
Taehyung afferrò un nuovo pacco e fece dietrofront senza dire una parola.
In quell'attimo, nella mente di Jisoo, riaffiorò il ricordo di quando si era trasferito da lei, per iniziare la loro vita insieme.
Ora il percorso era cambiato: non trasportava più qualcosa dentro quelle mura per arricchirle la vita e plasmarla alla sua, ma portava via man mano pezzi lei, strappandola da sé stessa e da quello che erano stati.
Jisoo assistette impassibile a quella danza che sapeva già di distacco e di lontananza, cercando di silenziare quanto potesse tutte le sensazioni negative che sembravano trasudarle anche dalla pelle.
Taehyung continuò a portare al piano terra scatoloni, borse, incarti vari, senza battere ciglio, senza lasciar trapelare nulla del suo stato d'animo, come un'automa concentrato sullo svolgere al meglio il suo lavoro.
Jisoo si sentiva svuotare ad ogni singolo passo, consapevole che ogni rampa di scale percorsa li stava allontanando sempre più fino al saluto finale, a cui stava preparando cuore e mente.
Da un lato sperava che gli arrivasse una chiamata dell'ultimo minuto, la richiesta improrogabile di recarsi all'
ON o al K, in modo tale che non avrebbe potuto aggiungere altro e sarebbe sparito nel silenzio.
Dall'altra, bramava di sapere cosa lo avesse spinto di nuovo lì, da lei, quando ormai tutte le parole sembravano essere troppo in ritardo per essere pronunciate.
Quando salirono per l'ennesima volta nell'appartamento ormai sgombro e si accorsero entrambi di aver terminato, una nube di disagio palpabile si abbatté su di loro.
Entrambi rimasero immobili, consapevoli di non poter continuare quello strano tran tran tra l'appartamento e il piano terra.
«Abbiamo finito a quanto pare!», esordì Taehyung, guardando ovunque tranne che nella direzione di Jisoo.
«Che ci fai qui?», riuscì a chiedere lei con un filo di voce, andando dritta al punto, mentre il cuore che batteva incessante nel petto, sembrava incapace di attendere qualsiasi risposta.
Quella domanda costrinse Taehyung a poggiare lo sguardo su di lei.
Si strinse nel giaccone scuro e rispose:
«Volevo salutarti e augurarti il meglio... »
Jisoo pensò che se l'avesse colpita con un coltello le avrebbe fatto meno male.
Le augurava il meglio, nonostante neanche lei sapesse se la scelta di lasciare tutto e allontanarsi da lui fosse veramente il meglio per lei.
«Ah e poi ti ho portato questo», aggiunse, piegandosi in basso per afferrare un sacchetto che Jisoo non aveva notato.
Le si avvicinò per porgerglielo, stando attento a non incrociare il suo sguardo, come se si vergognasse di quel gesto.
Rimase spiazzata e, con le mani tremanti iniziò a frugare nella busta, tastando qualcosa di morbido e caldo.
Tirò su, scoprendo una coperta grigia di pile.
Jisoo capì all'istante e sentì una fitta in pieno petto.
«Ho pensato che Seoul è al nord e che...»
«...ho sempre freddo», continuò la frase lei.
«Già», ammise Taehyung visibilmente in imbarazzo.
Lui non l'avrebbe più avvolta con il suo calore, non le avrebbe più fatto da scudo contro il freddo, le giornate storte e i pensieri molesti.
Taehyung non l'avrebbe più protetta e fatta sentire al sicuro.
Le sarebbe rimasta solo quella coperta, che non sapeva comunque di lui.
«Beh, io tornerò il prima possibile per prendere le mie cose»
«Non c'è fretta, prenditi tutto il tempo che vuoi», si affrettò a dire Jisoo con tono piatto, guardando per terra.
Lo vide guardarsi attorno, con le mani affondate nelle tasche della giacca, per poi dire:
«Fa strano eh?»
«Vederla così vuota?»
«Non esserci più»
Jisoo rimase in silenzio, non seppe cosa aggiungere.
Erano lì, entrambi in quell'attimo sospeso prima dell'addio e ciò che erano stati insieme e che avevano costruito, già sembrava non esistere più.
Sapeva che quel momento le sarebbe rimasto impresso per sempre, per riviverlo in tutti i momenti in cui Taehyung sarebbe riaffiorato nei suoi ricordi.
Non voleva che rimanesse solo quello, voleva ricordare altro e non loro in piedi in una stanza asettica che si preparavano al distacco finale.
Eppure era inevitabile, quella scena rappresentava tutto, un insieme d'immagini evocative della fine, della frattura, del punto.
«Dovrai partire, immagino. Ti sto trattenendo», disse Taehyung.
"No, non lo stai facendo.
Trattenermi vorrebbe dire chiedermi di non partire, di non lasciarti, perché siamo più importanti di tutto il resto.
Vorrebbe dire non mettermi di fronte a una scelta, dirmi che tu ci sarai comunque!", gli avrebbe voluto gridare lei con tutta la forza che aveva.
Eppure non lo fece e si limitò ad annuire.
Taehyung diede un'ultima occhiata al salotto e uscì in silenzio sul pianerottolo.
Lei lo seguì, chiudendosi la porta alle spalle per poi girare le chiavi a doppia mandata su quella che fino ad allora era stata la sua vita.
Scesero le scale, lentamente, in silenzio, per l'ultima volta, mentre Jisoo sentiva solo la mente ovattata.
Raggiunse lo sportello della macchina e lo aprì, mentre Taehyung le era alle spalle.
Non capiva cosa volesse fare, non riusciva a prevedere i suoi gesti e così si infilò in macchina, lato guidatore.
Lui appoggiò entrambe le mani sullo sportello, facendo incrociare finalmente i loro occhi.
Jisoo li sentiva umidi e sapeva che non avrebbe potuto tradire le sue emozioni, lui le avrebbe viste tutte, sfogliate una ad una come le pagine di un libro.
«Buon viaggio», disse con una nota dolce nella voce.
Lei lo interpretò come un augurio per tutto, per quel futuro che entrambi si apprestavano a cominciare a vivere lontani l'uno dall'altra.
Jisoo non riuscì a dire altro, sentì solo una lacrima scendere lenta sulla guancia sinistra.
Taehyung si staccò dallo sportello, permettendole di chiuderlo e fece qualche passo indietro.
Con un groppo alla gola lei girò la chiave nel quadro dell'auto e lentamente rilasciò la frizione.
L'auto si mosse in avanti, percorrendo il parcheggio del suo palazzo.
Prima di immettersi sulla strada principale, gli occhi le si posarono per un ultimo istante sullo specchietto retrovisore: in lontananza Taehyung se ne stava ancora in piedi, con le mani affondate nelle tasche, a guardarla andar via.
Dalla radio cominciarono a risuonare le note di Skinny love di Birdy.
[Dovrebbe esserci un GIF o un video qui. Aggiorna l'app ora per scoprirlo.]
"And I told you to be patient
And I told you to be fine
And I told you to be balanced
And I told you to be kind
And now, all your love is wasted
Then who the hell was I?"
Avevano forse chiesto a quell'amore troppo: gli avevano chiesto di essere indistruttibile, paziente, sempre
presente, credendolo forte, più forte di ciò che si era rivelato.
Era diventato un amore fragile, insicuro, che non aveva più gli strumenti per combattere.
'"Cause now I'm breaking at the bridges
And at the end of all your lies
Who will love you?
Who will fight?
And who will fall far behind?
Come on skinny love"
Non c'erano vittime o colpevoli, avevano perso entrambi.
Nessuno dei due era stato in grado di custodire quel sentimento, prenderlo per mano e continuare a farlo crescere.
Jisoo non riuscì a trattenere le lacrime un minuto in più e cominciò a piangere, mentre il rosa e l'arancio di un bellissimo tramonto invernale l'accompagnavano verso un nuovo capitolo.
Ditemi la vostra!
Raccontantemi tutte le vostre sensazioni!
Io ne ho dovute raccogliere un bel po' per questo capitolo... spero che sia reale, che vi abbia colpiti come un pugno nello stomaco o come una carezza lasciata dal vento...
È duro, ma al tempo stesso delicato...come volevo che fosse il loro addio💔
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