#𝟬𝟴 ⫷ 𝗙𝗢𝗨𝗥 𝗙𝗨𝗖𝗞𝗜𝗡𝗚 𝗠𝗢𝗥𝗢𝗡𝗦 ⫸
𝐖𝐀𝐑𝐍𝐈𝐍𝐆
"Per tutto il capitolo saranno presenti tantissime parolacce, battute demenziali e trash.
Se amate le battute demenziali allora farete tante, ma tante, risate.
Buona lettura."
𝐖𝐀𝐑𝐍𝐈𝐍𝐆
𝕿𝖍𝖊𝖗𝖊'𝖘 𝖒𝖆𝖓𝖞 𝖆 𝖘𝖑𝖎𝖕 '𝖙𝖜𝖎𝖝𝖙 𝖈𝖚𝖕 𝖆𝖓𝖉 𝖑𝖎𝖕
Conoscere i propri limiti significava accettare, con consapevolezza, tutti i lati positivi e negativi per ritrovare se stessi, senza precludere un cambiamento sul fronte della maturità. Saper riconoscere i propri errori, invece, donava l'opportunità di imparare e, nella migliore delle ipotesi, risolvere un problema.
In entrambi i casi l'autoanalisi portava a interrogarsi, porsi domande valide, dubbi indigesti e arrivare a risposte concrete. Dunque, persino un caso umano come Jeon Jungkook, dopo essere stato pestato e lasciato in un vicolo a marcire, dovrebbe saper cogliere quando essere maturi e smettere di dire cazzate: accettando i propri errori e riconoscendo i suoi fottuti limiti mentali.
Perché solo un coglione avrebbe potuto rifiutare l'aiuto di qualcuno — anche un qualcuno come Fay Davis. Giusto?
Ma Jungkook sapeva essere una fottutissima drama queen — persino molto peggio di Jimin se si fosse impegnato — e anche morente, pieno di lividi e sdraiato sul piscio dei barboni del retro dell'Ozone, ebbe il coraggio di rispondere in quel modo grossolano, vile e stronzo, alla sua co-manager.
Fay molleggiò sulle gambe per rialzarsi, avvertì l'aria farsi eccessivamente gelida per una notte come quella. Il freddo e l'odio pronunciato, scivolati giù da quella bocca sanguinante, le fecero perdere di vista il suo obbiettivo: era arrivata lì, con il sudore sulla fronte, gli avambracci ancora vibranti per le buche sull'asfalto e quel fottuto bamboccio viziato le aveva detto — in maniera per niente gentile — di tornarsene a casa?
Era nata a Washington DC, sua madre era una cristiana praticante fanatica ma la tossicità della sua famiglia non finiva lì — no, assolutamente no — c'era ancora un membro di cui non andava per niente fiera: suo padre.
Randall Ezekiel Davis era il tipico uomo bianco medio americano, nato nel sud degli Stati Uniti in Alabama e nella vecchia casa di suo nonno in campagna, a Montgomery, dove la bandiera confederata se ne stava appiccata sopra al portone d'ingresso. Portava i baffi sotto il naso dall'età dei vent'anni, la camicia a scacchi durante la domenica a pranzo e un paio di fucili appesi al muro. Era un uomo di poche parole, finì il liceo a calci in culo e si trasferì a Washington per sposarsi una donna conosciuta al campeggio. Tuttora sopportava sua moglie perché era una donna di vecchio stampo: cristiana e casalinga.
Randall parlava poco, cosa inconfutabile, ma quando lo faceva Fay desiderava che il fornello del gas dells cucina esplodesse con tutta la famiglia all'interno. La vita era bianca o nera: se qualcuno frignava veniva frustato con la cintura. Se si condivideva propaganda LGBT sotto il tetto di casa si veniva nuovamente frustati. Se qualcuno avesse osato dargli contro avrebbe gridato come un pazzo. Se Fay avesse portato un nero come fidanzato in casa sua non l'avrebbe nemmeno più guardata in faccia.
Quando Fay compì vent'anni sua padre si assopì quasi del tutto; guardava le partite di football in silenzio; sopportava sua moglie in silenzio; seguiva il telegiornale e le notizie sulle presidenziali sempre in silenzio. Tolse addirittura la cornice con Donald Trump dal salotto. Accadde questo perché Fay riuscì a gettargli addosso tutto l'odio e il ribrezzo che provava nei suoi, si beccò un ultimo schiaffo in faccia prima del college e poi Randall, in qualche modo, si perse nel silenzio.
Quel sublime silenzio per lei fu la rivincita di una vita passata a campare sotto il tossico inquadramento della mentalità anni settanta; urlò quanto fosse stata infelice per tutti quegli anni a causa loro, di come si sia sentita un peso economico che avrebbe comunque — e nonostante tutto, anche oltre la ragione — dovuto ringraziare i suoi genitori per averle dato quella vita.
Quale vita? Una vita che non aveva nemmeno richiesto e le sembrava assurdo, tuttora, dover spiegare ai suoi genitori che per mettere al mondo un figlio l'amore e la stabilità non erano richieste facoltative; diventare genitori comportava prendersi le giuste responsabilità ed essere realmente pronti per esserci sempre. Loro invece pretendevano da lei un ringraziamento illogico, una devozione primordiale, solo perché pensavano di aver trasmesso i giusti valori di estrema destra e mangiato il loro cibo quando nel resto del mondo i bambini morivano di fame.
Con i segni delle cinghie sulla pelle dovette stare zitta, almeno fino ai vent'anni, e pregare a tavola per il pane acconsentito da Dio e dai sacrifici di suo padre. Tutto il resto non venne mai contemplato o visto se non come eresie.
La sua famiglia fu l'emblema del disastro, totalmente disfunzionale e scappò via da Washington dopo il college per farsi una vita lontana da loro; per sua sfortuna ereditò la stessa rabbia di suo padre e le medesime pulsioni sopprimenti. Per questo odiava arrabbiarsi, ricordava un lato che non avrebbe mai voluto possedere, né rivivere. L'idea di aver appena dato la mano a Jungkook e che quest'ultimo l'avesse rigettata, guardata con sufficienza, la distrusse nel profondo. Il rancore la portò a scoppiare completamente.
Quindi strinse in pugni e puntò un dito contro il cantante, all'altezza del petto calcolando l'esatto punto dove avrebbe sentito dolore: «Devi stare zitto!» sibilò piena e ingorda di rabbia grigia. Le rughe sottili, intorno alle palpebre, si ispessirono cedendo le fossette del comando.
Jungkook aprì la bocca dopo aver corrucciato lo sguardo: «Tu non mi dici cosa devo fare, Fay Davis di Washington DC» guardò il dito, «se volevi la mia attenzione e una scusa per toccarmi potevi metterti una gonna corta e scoprire le tue belle gambe»
Jungkook cercò di metterla in difficoltà; bramava vergogna e la voleva in quel momento per umiliarla in modo da farle vedere che poteva cavarsela da solo.
«Che cosa hai detto?» sibilò freddamente Fay.
«Se hai problemi di udito non é un problema che mi riguarda» disse impertinente. Pensò di fare il simpatico davanti alla sua squadra, ma nessuno rideva. Jimin smise di piagnucolare qualche minuto prima mentre Hoseok continuò a mordersi la lingua per stare zitto. Yoongi semplicemente assistette alla scena in modo svogliato.
Fay afferrò il colletto della camicia di Jungkook e lo tirò vicino al suo naso, l'odore di alcol e fumo arrivò come uno schiaffo in faccia. Il moro sbarrò gli occhi sorpreso e Hoseok fece uno scatto percependo gli animi farsi agitati. «Stai zitto» ringhiò vomitandogli addosso tutto ciò che provava per lui, «Zitto! Devi stare zitto lurido e viscido stronzo! Mi sono stancata di te, della tua lingua di merda e del tuo merdoso modo di fare!»
Jimin si mise le mani sopra i timpani mentre Yoongi e Hoseok schiusero la bocca con un velo di shock addosso.
La ragazza non riprese nemmeno fiato perché continuò a fargli il culo: «La tua vita fa così schifo, Jeon Jungkook, ma così tanto da schifo da sentirti obbligato a renderla un inferno anche agli altri? Allora vai da un cazzo di psicologo come tutti noi e ficcateli nel culo, uno per uno, i tuoi complessi di inferiorità irrisolti!» lasciò il colletto e lo spinse per terra, priva di sensi di colpa quando lo vide ricapitolare all'indietro con i gomiti, «Alzati da solo, a me non m'importa di come raccoglierai quel poco di palle che ti sono rimaste attaccate e rotolate in questo patetico vicolo. Patetico come te tra l'altro» lo guardò dall'alto in basso apposta, «Perché sono arrivata al mio limite di sopportazione»
Una volta finito Fay non guardò più in faccia nessuno di loro, né lo sguardo penetrante di Jungkook. Girò i tacchi ignorando gli occhi insistenti e pesanti di Yoongi per tornarsene alla macchina. Aprì lo sportello posteriore: «Caricate quel pezzo di merda nei sedili posteriori. Se il principino di sto cazzo non sta comodo può accontentarsi della suite nel bagagliaio» e salì adirata.
«Ti ha fatto il culo...» disse Jimin a bassa voce, pulì al volo i vestiti di Jungkook ma quest'ultimo lo mandò al diavolo. «Tsk! Sono solo troppo stanco e signore per risponderle a tono, fidati» ma il tono non fu convincente.
Nessuno ebbe il coraggio di contraddire Fay o di parlarle; Jungkook questa volta rimase a bocca asciutta e con i dolori al coccige per la caduta. Quella stronza — ringhiò tra i denti appena Hoseok e Yoongi riuscirono ad alzarlo completamente in piedi. Come aveva osato!? Avrebbe potuto persino denunciarla per maltrattamento — si diede dell'idiota da solo, perché non mai avrebbe giocato il suo orgoglio per quel futile motivo.
Si limitò a non sfidarla nuovamente — aveva vinto una battaglia, ma non la guerra.
Dal canto di Fay, li vide sbrigarsi e affiancarlo per farlo camminare, quella scena le fece venire voglia di preme l'acceleratore e investirlo più volte. Era scappata da Washington per avere successo e giustizia nella vita, non era venuta a New York per lavare il sedere a una rockstar problematica: non si meritava questa fine, non quando di mezzo c'era della passione. Amava la musica e al contempo il marketing del settore musicale; entrare a far parte della Billion of Hope fu il biglietto d'oro per la sua fabbrica di cioccolata.
Vedendoli zoppicare si immaginò il suo futuro da co-manager andare alle ortiche non appena Namjoon l'avrebbe scoperto. Sapeva che non era stata colpa sua, ma aveva il terrore di dover tornare a Washington con la coda tra le gambe.
Temeva i fallimenti.
Respirò.
«Non sono abbastanza egoista per un lavoro del genere» chiuse gli occhi e cercò di tenere a bada l'attacco di panico che sentiva salire nella pancia.
Inspirò.
«Ma sono abbastanza forte da farlo comunque e andare contro i miei limiti» cercò di convincersi.
Sentì i borbottii di Jungkook e la preoccupazione fin troppo esagerata di Jimin. Si schiaffeggiò mentalmente per riprendersi e scacciò con rabbia il senso di angoscia interiore. Yoongi fu il primo a salire e si mise nel sedile posteriore dopo aver lasciato, senza troppe cerimonie, Jungkook nel centro. L'auto profumava di lavanda e quell'odore sembrò calmare momentaneamente i nervi di Jungkook. Jimin si mise dietro con lui e Hoseok al fianco del guidatore. Fay però si ricordò del mal di machina di Yoongi.
«Non sali davanti?» gli chiese dallo specchietto. Yoongi si grattò la guancia in modo distratto ed esitò guardando Jungkook: «Posso resistere per una sera. Sono più preoccupato per la nausea di Jungkook, in caso gli tengo su la testa»
Il moro lo squadrò: «Quale nausea?»
«Hai picchiato la testa?»
«Boh, probabile» alzò le spalle.
«Hai perso i sensi?» chiese Yoongi seccato.
«Sì» Jungkook contò sulle dita, «circa tre volte»
Yoongi guardò Fay e chiese: «Hai un sacchetto per vomitare o qualcosa del genere?» La ragazza alzò gli occhi al cielo e sbuffò sonoramente, aprì il cruscotto e tirò fuori una borsa con una vistosa marca per assorbenti e fiorellini stampati fuori. «Ho solo questa. Meglio di niente» Al cantante si alzò l'angolo della bocca in un mezzo ghigno: «Carina, te l'hanno data con i punti per la spesa?»
Dopo che Fay gli lanciò la borsa addosso fece un sorriso ironico: «Carina quella camicia. La fanno anche da uomo?» immediatamente di elevò un coro di schiamazzi divertiti. La ragazza ignorò gli insulti di Jungkook per intercettare prima Yoongi: «Usa quella. Se vedi che comincia a vomitare passagliela sopra alla testa e legagliela intorno al collo»
La testa colorata di Jimin spuntò da dietro il sedile: «Sbaglio o facendo così rischia di morire asfissiato?»
«Non sbagli» esclamò Fay.
Il viso del bassista di corrucciò un po', tant'è che le labbra di chiusero come il becco di un pulcino per poi aprirsi: «Ma allora perché— Oh! Ah! Ora ho capito la battuta»
«Alla buon ora...» sussurrò Fay sentendo i rimasugli del sonno calargli addosso; fece retromarcia, uscì velocemente dal vicolo e disse a tutti loro di abbassarsi sui sedili per nascondersi dalla gente ancora in fila davanti all'Ozone.
Hoseok sbirciò fuori dopo qualche secondo e vide il locale ormai ben lontano da loro, si girò alla sua sinistra e domandò a Fay: «Quindi... ora che facciamo?»
Tutti quanti si rimisero a sedere composti. La ragazza sospirò e si massaggiò la fronte: «Non ne ho la più pallida idea» lanciò una rapida occhiata a Jungkook, se ne stava con gli occhi chiusi e appisolato per finta sotto il movimento ondulatorio della macchina. A volte la bocca sottile si arricciava in piccole smorfie di dolore e il sangue secco sul labbro la fece un po' impensierire: a casa sua non aveva nulla con cui curare quelle ferite e non era un medico. Se avesse veramente sbattuto la testa con un trauma cranico in corso? Oppure degli organi perforati!?
«Andiamo all'ospedale!» esclamò Fay aspettandosi il loro appoggio, ma l'unica cosa che ricevette fu un "no" secco da tutti. Hoseok cercò di farla ragionare e argomentò: «C'è il rischio che qualcuno ci riconosca e conciati così... finiremo sicuramente paparazzati entro domani mattina»
«Oppure su qualche memebase» asserì annoiato Jimin spulciando sui social come un'adolescente di quindici anni, «alcune fanno ridere. Tipo questa» ruotò il cellulare e mostrò a Jungkook un meme di una casalinga con la faccia di Yoongi e la scritta: "CleanER."
Jungkook scoppiò a ridere e Yoongi, indignato per aver profanato Klever come nome d'arte, gli afferrò il cellulare per lancialo per terra. «Ehi!» Jimin si allungò per raccoglierlo, «Vaffanculo!»
«Ragazzi! Cristo santo!» Fay agitò una mano per ottenere un po' di attenzione, «Concentrati! Dobbiamo pensare a cosa fare e, visto che nessuno di voi ha idee che non includano dei fottutissimi fotomontaggi con la faccia di Yoongi sopra, direi di portare Jungkook all'ospedale!»
Hoseok fu l'unico a calcolarla: «E se ci vedessero!? Hai detto che ancora Namjoon non sa nulla, quindi direi di passare del tutto inosservati. Se finiremo sui giornali un'altra volta, per giunta ridotti così, ci prenderà le palle per poi cucirle insieme e farci un telo da mare» la supplicò seriamente preoccupato.
Jungkook nel frattempo non ascoltò una parola — in modo assolutamente volontario — e mostrò un altro meme a Jimin: questa volta c'era la foto di un pinguino con la faccia di quest'ultimo sopra e la scritta "PinguERS."
Scoppiarono a ridere come un duo di deficienti e Fay, stufa della loro soglia d'attenzione assolutamente inesistente, sbottò mandandoli al diavolo: «Okay basta: vi scarico al Mount Sinai e quando avrete finito vi verrò a prendere!» strinse il volante fino a far divenire le nocche bianche, «Non voglio discussioni, nel frattempo mi farò tre caffè sulla Park mentre sarete fuori dalle palle!» il suo tono non supportava nessuna replica.
Tutti si lamentarono, specialmente Hoseok: «Così finiremo nei guai!» si agitò in modo molto drammatico.
«Dovevate pensarci prima!» alzò la voce ormai esaurita fino al midollo, «Prima di fare di testa vostra e immischiarvi in festini privati di merda!» il petto si gonfiò e abbassò come le montagne russe.
Jungkook le sbraitò contro: «Abbassa quella cazzo di voce!»
«E tu aprila per dire solo cose sensate!»
Il moro ruotò gli occhi: «Sai meglio di me che andare al Mount Sinai è un suicidio persino per te, perché fidati di me: quelle sanguisughe ti troveranno e finirai anche tu paparazzata»
«Chi sei, Gesù!? Resusciti quando cazzo ti pare per condividere la tua sapienza col popolo!?» sentì l'ansia salire alla svelta, «Pensi che non lo sappia già? É ovvio che finirò sui giornali per colpa vostra ma come devo fare?» emise un lamento, «Guarda come diavolo sei ridotto, la tua faccia fa... fa schifo!»
«Wow, se avessi saputo prima che eri in quel periodo del mese avrei chiesto a Jimin di passarti un tampone interno» rispose Jungkook minimizzando il problema.
Jimin sentì menzionare il suo nome e scattò: «Un che? Un cosa?» Jungkook soppresse un ghigno: «Un Tampax, Hello Kitty. Ma a giudicare da questa graziosa borsa a fiorellini» la sollevò per enfatizzare, «forse la poony ha già il suo arsenale»
Fay digrignò i denti. Era una borsa carina e data in dotazione per una maxi spesa sui prodotti per la cura del corpo: «Non sei divertente» Jungkook fece un sorriso impertinente: «Non volevo esserlo infatti. Rilassati,» sbuffò «la mia faccia non fa schifo e un modo lo troviamo lo stesso senza andare in quel fottuto ospedale»
«E da dove lo tiri fuori questo "modo", dal cilindro?»
«Se me lo chiedi con più gentilezza dal cilindro posso farti uscire una bella colomba»
Fay inorridì: «Sei disgustoso» continuò, «disgustoso e aberrante»
«Quindi niente trucco di magia?»
Le uscì un ringhio che divenne alto il doppio dei decibel di sopportazione; Jimin si tappò le orecchie e per sbaglio calciò il sedile di Fay con le ginocchia. Una volta. Poi due. E infine tre.
«Fay perché non provi a calmarti un po'?» borbottò Jimin infastidito, odiava le persone che urlavano e loro non erano dei bambini dell'asilo. Quei pantaloni erano troppo stretti sul cazzo per cui, nuovamente per sbaglio, calciò il sedile per la quarta volta.
La bomba scoppiò.
«E tu perché non tieni fermo quelle ginocchia del cazzo!? Mi stanno scavando la spina dorsale da ben cinque minuti!» se la prese anche con lui e Jimin, risentito, le urlò da dietro: «Non l'ho fatto apposta! Non é colpa mia se questi jeans mi bloccano il flusso sanguigno!»
«Allora slacciati i bottoni!»
«Come se non l'avessi fatto prima! Sono pantaloni studiati per stare su, mostrare il mio bellissimo culo e rimorchiare! Dio quanto vorrei togliermeli!» gridò drammatico mandando al diavolo ogni briciola di mascolinità dal corpo.
«Vorremmo tutti tante cose Jimin, guarda un po'!» esordì sarcastica fermandosi davanti al rosso del semaforo tra la Madison Ave e la 109th, «Ma non possiamo avere tutto perciò smettila di agitarti come un'anguilla!» Tirò il freno a mano e rilasciò il piede teso dal pedale.
«Prima mi stavi più simpatica» brontolò Jimin.
Fay fece una risatina di scherno: «Sicuramente piangerò per questo» ribatté.
Le gote del bassista si tinsero di rosso e per ripicca riprese a calciare le rotule contro la quinta vertebra della guidatrice. «Ora avrai un motivo per piangere davvero!»
«Jimin giuro che ti spedisco in Cina a calci nel culo! Smettila!» lo minacciò esausta: com'era possibile che il Mount Sinai fosse così lontano e la strada così trafficata in tarda notte? New York era enorme ma non così infinita come quel viaggio insieme ai LTB.
Jimin si fermò sconvolto, «Cina? Sono coreano brutta razzista di merda—» sbraitò ma venne fermato da Jungkook: non ne poteva più di sentire tutte quelle urla, le strilla e la petulante voce acuta del suo compagno. Gli mise una mano in bocca: «Tappati quella bocca "PinguERS" prima che ti stacchi le corde vocali per lenciarle sotto a un camion!» lo azzittì schiantandolo contro la portiera.
Improvvisamente tutti quanti iniziarono a litigare: Fay cercò di rimetterli in riga urlando; Jimin iniziò a picchiare Jungkook e quest'ultimo spiaccicò la faccia del bassista contro il finestrino per allontanarlo; Hoseok piagnucolava e consigliò a tutti quanti di parlare uno alla volta. La macchina prese a traballare, le auto vicino all'incrocio trovarono la scena fin troppo comica dal fuori: erano semplicemente quattro coglioni dentro a una Ford con una donna al volante.
Solo una persona, per tutto il tragitto, se n'era stato zitto e buono a meditare su cosa potessero fare: per concentrarsi Yoongi isolò la mente per elaborare un piano che avesse successo e tutelasse tutti quanti, anche Fay, dopotutto si era sbattuta all'una di notte per venirli a prendere. E se ora starnazzava come una gallina per l'esasperazione immatura di Jungkook. L'ospedale era fuori questione, meglio una clinica privata ma... a quell'ora e senza appuntamento? Avevano bisogno di un dottore...
Finalmente spalancò gli occhi dopo che ebbe trovato la soluzione a tutti i problemi.
Si allungò verso Fay: «Svolta sulla 108 St, vai in fondo e gira a sinistra oltre il Peter Minuit Playground» con tono placido riuscì a zittire tutti quanti. Fay lo guardò sottecchi e sussultò: «Cosa c'è dopo il Peter Minuit Playground?» assottigliò gli occhi confusa.
«Yoongi... sei un genio!» urlarono all'unisono i tre ragazzi per poi guardarlo eccitati. Yoongi alzò le spalle trattenendo un ghigno molto sottile e bacchettò Jimin: «Mi chiamo Klever per un motivo, non CleanER» e fece ben capire che si era legato al dito quel meme.
«Però era divertente, ammettilo»
«No. Non lo era»
Ancora una volta nessuno calcolò Fay e si girò verso di loro: «Qualcuno può rispondermi? Perché dovrei prendere la 108 St?» domandò ancora. A breve sarebbe scattato il verde e quell'ameba dal cervello a diesel si era risvegliato dal mondo dei morti tutto a un tratto. Il tastierista indicò il parabrezza: «Imbocca quella via, ti spiegherò strada facendo»
«Non posso farlo. Ormai sono sulla corsia interna e quando scatterà il verde avrò una colonna di macchine a bloccarmi la strada» la fila al suo fianco era gremita di taxi e c'era addirittura un autobus in fondo alla via.
Yoongi adocchiò la fila: «Fallo lo stesso» disse sbrigativo.
A Fay uscì una risatina isterica: «Si hai ragione posso farlo. Dopo che avrò azionato le ali per volare»
«Se parti col rosso puoi farlo» la donna alzò la testa di scatto sentendo la voce di Jungkook premerle contro la pelle del collo. Appena sotto le ciocche scure. «Scordatelo» ignorò il fatto che ora fosse così vicino alla sua schiena; tolse il freno a mano e posò il piede sul pedale dell'acceleratore. Jungkook notò quel dettaglio.
«Dannazione perché!?» sbuffò.
«Perché é elementare, Jeon Jungkook: infrangerei almeno una decina di codici stradali; prenderei una multa salata e poi... aspetta fammi ricordare un secondo» finse di pensare, «giusto: morire in un frontale»
Jungkook allungò un braccio e spinse come un incosciente la gamba di Fay; l'arto accusò il colpo e per colpa di quello spasmo l'auto finì due metri più avanti. Lei sbiancò e tutti quanti cercarono un appiglio in cui tenersi. «Sei impazzito!» gridò col cuore in gola, ma ormai la macchina era sotto il semaforo. Jungkook approfittò immediatamente: «Siamo nel mezzo non vedi! Sbrigati! Parti ora!»
Lei, presa dalla paura, spinse il piede sull'acceleratore con la pesantezza di un sasso.
«Fay tra poco devi girare!» quell'incrocio era lungo quasi cinquanta metri per lato, «devi girare ora!» scimmiottò Jimin in preda all'ansia e si dilungò per indicarle con un dito la 108 St.
Ma lei ormai era nel panico e la testa completamente annebbiata: "Va bene tutto, anche essere licenziata, ma morire per una stronzata non era possibile", disse a se stessa. Se sarebbe andata dritta, senza girare, forse avrebbe avuto più chance di sopravvivere alle macchine che spuntavano lateralmente.
«Non... non siamo sulla corsia giusta, non lo farò» ripeté tremando e ne scansò dopo che questa suonò più volte il clacson. Andò dritta come una scheggia fino a quando il volante venne scosso vorticosamente da una mano totalmente tatuata e che si sovrappose alla sua. Questa girò con forza verso sinistra. Le gomme fischiarono sopra l'asfalto umido, il rumore fu così forte da coprire le urla di spavento di tutti e cinque — tranne Jungkook, l'unico che riuscì a me tenere il sangue freddo. Yoongi addirittura iniziò a respirare dentro la borsa coi fiorellini per non vomitare.
La macchina si ritrovò ruotata di novanta gradi nel bel mezzo dell'incrocio trafficato della Madison Ave. I brividi sotto le pelli dei passeggeri rizzarono gli animi, Hoseok urlò di stare attenti quando incrociò i fari di un taxi provenire dalla sua destra. «Moriremo tutti!» d'istinto chiuse gli occhi preparandosi all'impatto.
I clacson risuonarono per tutta la via; le persone sui marciapiedi guardarono la scena con le bocche aperte.
«Mi dispiace ma oggi non è la giornata giusta per morire» sprezzante e privo di paura, con una frase talmente trash da poter essere inserita nella saga di Fast & Furious, Jungkook si sporse ancora di più oltre la spalla della donna paralizzata al volante. Le afferrò le guance in modo doloroso per svegliarla, strinse la bocca e la guardò. Proprio come pensava: Fay era terrorizzata.
Avvicinò la bocca al suo orecchio e ringhiò gutturale: «Premi quel fottuto acceleratore, Fay svegliati!»
Svegliati.
La mente mandò messaggi a tutto il corpo. Bastò quel nano secondo per girare il viso verso la 108 St, premere l'acceleratore come se fosse il tasto d'invio della tastiera e partire con i pezzi di gomma bruciata sotto i loro culi. Il taxi, grazie alla mossa di Jungkook, riuscì a superare l'incrocio illeso per un pelo. Con una velocità di sessanta chilometri orari frenò con estrema difficoltà, ma grazie a quel riavvio dell'acceleratore della Ford si salvarono entrambi. Il veicolo giallo si fermò per miracolo sul ciglio di un marciapiede, sticchiando un cerchione.
La Ford riprese la marcia con una velocità più sobria e sotto un religioso silenzio provocato dal terrore. Fay continuo a guidare senza una logica, ma con un meccanismo dettato dall'adrenalina. Quando sentì un caldo formicolio al collo si rese conto di avere ancora intorno a esso la mano del cantante. Era stretta ma non faceva alcun male.
Deglutì per il bruciante calore che si irradiò sulla pelle. Era senza voce, non trovò il coraggio di fagli notare quel particolare; Jungkook continuò a fissare la strada per essere più sicuro, dopodiché sospirò appagato per non essere morto in quell'incrocio.
«Siamo... siamo vivi?» Jimin si guardò gli arti stupito e Yoongi abbassò il finestrino per riprendere aria. Hoseok fissò il silenzio bianco come un cencio.
Junkook inchinò la testa verso il collo abbronzato di Fay e la vide troppo nervosa. Lì per lì non colse il motivo. Poi sentì la sua presa sopra la trachea, il mento a pochi centimetri dalla tempia e il respiro affannato vicino all'orecchio della donna.
Il senso di angoscia crebbe a dismisura dentro Fay quando odorò il forte odore di sigaretta rimasto fra le dita dell'uomo. Senza dire una parola il moro strofinò il pollice sulla mandibola in modo impercettibile.
Sussurrò a bassissima voce: «Sei stata brava» biascicò roco, allontanò le bocca dal suo orecchio e tornò con il culo sul sedile.
Tutti quanti videro quella scena ma nessuno osò dire niente, erano vivi e tutti interi quindi: basta battute. Hoseok scosse leggermente la spalla di Fay per tranquillizzarla: «Se ti fa sentire meglio... nemmeno io avrei appoggiato la scelta di Jungkook» sussurrò in modo da tirarle su il morale. Lei sbatté le palpebre e si risvegliò: «Mi sto chiedendo come facciamo a essere ancora vivi»
Hoseok sorrise leggermente: «Vorrei poterti risollevare il morale. E darti un po' di speranza» fece un sorriso tremolante, «ma lavorando per noi questa potrebbe diventare ordinaria amministrazione»
Fay deglutì, preferì non indagare e concentrarsi sulla strada. «Scusami Yoongi, per quanto ancora devo proseguire dritto?» Il tastierista riconobbe le case a schiera della via: «Quando vedrai l'inizio di Park Ave fermati lì e trova un parcheggio»
«E una volta arrivati?» chiese sfinita, «Ci sarà qualcosa che rimedierà a questo enorme casino? Dio spero che non mi abbiano preso il numero di targa» mormorò sconsolata.
«In quell'incrocio non ci sono telecamere, perlomeno non nella strada in cui ci siamo imbucati» fece un sorriso misterioso, «diciamo che so il fatto mio e non faccio nulla per caso»
«Quindi non mi troverò una lettera da un giudice che mi chiederà di presenziare in tribunale?» mormorò sollevata.
«Esattamente»
Sorrise e tornò a respirare in modo abbondante e salutare: «Che sollievo» vide Park Ave, «Ci siamo. Ora posso sapere chi sarà la nostra manna dal cielo?
Yoongi pronunciò solo una parola: «Seokjin»
Fay rimase in silenzio: chi diavolo era Soogcin?
«Soogcin? È uno di quei farmaci strani che crea impotenza?» domandò ironicamente.
Jungkook non si trattenne questa volta: «Conosci solo farmaci per l'impotenza? Non sapevo che fosse uno dei tuoi kinks» quella battuta fece ridere il resto della banda e Fay lo fulminò dallo specchietto retrovisore.
«No» coglione, «però potresti assumerlo per imparare a tenerti il cazzo dentro le mutante almeno per un giorno» e questo scatenò il secondo giro di risate, persino Yoongi la trovò carina.
Il cantante fece schioccare la lingua al palato: «Perché mai dovrei spendere dei soldi per un farmaco quando mi basterebbe ascoltare la tua voce per farmelo ammosciare» attaccò, «con effetto immediato» alluse al suo cazzo riposato nelle mutande.
«Giusto, ora funziona così. Lessi un nuovo articolo a proposito sulle nuove generazioni maschili, dove amano essere coccolati e corteggiati come principesse. Un modo carino per appagare il proprio narcisismo» incatenò il suo sguardo contro il suo tramite lo specchietto retrovisore, «e colmare quei due minuti scarsi di eiaculazione precoce. Chissà perché ora molte donne preferiscono restare single»
Jungkook strinse la mascella: «Questo ridicolo articolo per quindicenni con problemi di autostima, lo hai tirato fuori da Seventeen?»
Fay adocchiò un parcheggio libero e mise la freccia per parcheggiare: «L'ho letto su Scientific American Magazine, in uno studio condotto a Bloomington in Indiana, ma non credo che faccia per te. Ti consiglio Disney Channel»
Jimin si mise in mezzo: «Io amo High School Musical!» ma a quel commento nessuno ci fece caso; Hoseok sorrise cortese a Jimin: «A me piaceva di più Camp Rock»
Jungkook si innervosì contro di loro: «Vaffanculo Camp Rock! E vaffanculo anche High School Musical!»
Jimin lo guardò in modo truce: «Ehi, ma vaffanculo tu!»
Il cantante fece un lungo respiro per restare calmo, si trovò in una situazione precaria e la pazienza non poteva crollargli in quel momento. Perciò riprese il discorso di prima: «Cosa diavolo c'entrano adesso le puttanate sul narcisimo maschile col fatto che appena parli me lo fai ammosciare?»
La donna finalmente spense la macchina e poté fronteggiarlo una volta per tutte faccia a faccia: «Significa che io non sono per tutti. Te lo faccio ammosciare? Bene!» strinse le labbra, «Avanti il prossimo. Magari un prossimo che saprà gestirmi»
La faccia di Jungkook fu impagabile secondo Yoongi; la famosa poony di Washington aveva preso il toro per le corna e lasciato mezzo morto con le palle all'aria. Jungkook era fin troppo stanco per litigare ancora e, discorrere con una frigida — a detta sua —, sarebbe stato uno spreco di energie.
«Bacchettona frigida» ringhiò tra i denti, chiuse gli occhi poco dopo e si abbandonò sul sedile. Finalmente scesero tutti quanti dalla macchina, tratte lui, per respirare un po' di aria nuova e isolarsi dopo aver scaricato le batterie sociali.
L'etichetta con su scritto "Kim SeokJin" scintillò tra i numerosi nomi dei residenti della palazzina. Yoongi fu l'unico ad avvicinarsi al palazzo; Hoseok andò dietro a una siepe per pisciare mentre Jimin si appoggiò alla macchina con lo sguardo assordo rivolto verso il nulla. Fay si sgranchì le gambe e si strinse alla giacca di pelle del padre per proteggersi dal freddo. Preferì combattere contro il gelo piuttosto che tornarsene dentro l'auto con quell'altro fenomeno schizzato.
Si toccò il collo lentamente: com'era possibile che ancora avvertiva sulla pelle un dolce bruciore? Jungkook si stese giù, su tutti i sedili, e respirò l'odore di lavanda sparso nell'abitacolo: era pungente, forte ma al contempo ammaliante. Un dolce sonnifero. Respirò più a fondo, assaporò l'intenso odore dei campi viola — l'odore di lei — per poi disperarsi in una calma agghiacciante.
Ogni cosa sapeva di lei.
Era destabilizzante.
Ignorò quel fastidioso formicolio sotto l'ombelico, non si sarebbe mai perdonato se avesse avuto un'erezione per così poco. Specialmente per una come lei. E non dopo averle detto che la sua voce glielo faceva ammosciare. Perciò fece finta di nulla, così come in ogni giorno della sua vita da quando venne messo al mondo.
Il ronzio del citofono sembrò risvegliare l'intero condominio del quartiere; ormai erano le tre di notte e si vide una luce, in alto verso gli ultimi piani, accedersi.
Poi un rumore metallico risvegliò Yoongi: «Sono le tre del mattino. Ve lo giuro, se é uno scherzo chiamo la polizia!» si udì uno strillo soffocato e Yoongi sospirò: fortunatamente era a casa.
«Amico abbiamo un problema» appoggiò un braccio contro il muro. Dalla fronte sudata scesero piccole gocce di sudore freddo.
«Amico? Ma che— Yoongi sei tu!?» balbettò scioccato.
«Affermativo»
«Che cosa ci fai a quest'ora sotto casa mia!?» la voce si fece stranita, perse tutta l'arrabbiatura iniziale. Yoongi biascicò: «Te l'ho detto, abbiamo un problema» ribadì stringendo le dita sopra il ponte nasale.
La voce robotica di Seokjin deglutì: «Abbiamo? Problema?» fece uscire un sospiro lungo almeno cinque secondi, «Yoongi perché cazzo stai girando il remake di "Una notte da leoni"!? Quanto è grosso questo "problema?"» domandò in pensiero.
Yoongi si girò per guardare i LTB, insieme a Fay, uno per uno, dopodiché si staccò di slancio dal muro. Fece cenno a Jungkook di scendere dalla Ford per prepararsi all'imminente incontro con Kim Seokjin.
E poi, finalmente, Yoongi rispose: «Tanto Seokjin, abbiamo un bel problema»
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Ig: _v20000_
Questi sono i memes creati da me🫶🏻
BUONGIORNO!
Iniziamo con i soliti punti (nonsens scusate ma ho la memoria di un pesce):
- Fay ha il proprio pensiero sulla questione
-Il primo approccio fisico fra Fay e Nookie, anzi!, ci sono ben due approcci fisici in questo capitolo. Il primo è il papabile strangolamento di Nookie aka cocoboy da parte della Davis, poi quella fottuta mano sopra il collo.
Gei keiiii togli la mano da lì!
-Yoongi e Jungkook con le loro idee del cazzo molto random... Raga non fate mai una cosa del genere. LA CORSIA CENTRALE RIMANE QUELLA! Loro sono dei pingoni che si fanno di metadone, non provate a farlo 🥲
-La derapata di 90 gradi mi ha fatto impazzire. Spero che vi sia piaciuta (super trash) e il blocco improvviso da parte di Fay è super comprensibile, io sarei rimasta a braccetto al banana taxi.
-Seokjin is here!!! È arrivato quel povero uomo... non vi dirò altro!
Fatemi sapere che cosa ne pensate!!
Alla prossima
💜💜
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