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Capitolo 37

Hiroto's pov

Avevo la testa annebbiata. Completamente annebbiata. 

Mi svegliai stanco e indolenzito, e quando aprii gli occhi Haizaki non era già più nel letto. E nemmeno nella stanza. Pensai di aver fatto enormemente ritardo, ma l'orologio sul comodino mi rassicurò: era ancora presto.
Ciononostante, dopo quel primo pensiero, "Haizaki non c'è", non riuscii a togliermi il suo nome dalla testa. 

Neanche quando mi sedetti a fare colazione con Fudou.
Neanche quando l'allenatore ci cominciò ad illustrare la nostra posizione nelle classifiche.
Neanche quando il fidato aiutante dell'allenatore ci rivelò di essere l'attaccante della Cina, e si mise a raccontare la sua storia per darci le dovute spiegazioni.

Per carità, ciò che raccontava era interessante, non c'è che dire, ma avevo questo pallino fisso nella testa che non riuscivo a togliermi. E questo pallino continuava a portare sopra il suo fo**utissimo nome. 

Nonostante ciò, compresi tutto ciò che avevano detto: la mente di un dio opera sempre e comunque. Compresi la storia del capocannoniere cinese e di come mai l'allenatore avesse addestrato prima lui, poi la Raimon, e adesso noi. Tuttavia, avevo la mente molto oltre. 

Al contrario del demoniaccio, quello sembrava più che preso dalla conversazione. Poco male, almeno mentre blaterava in camera avrei potuto carpire dei dettagli che magari avevo lasciato indietro. E poi - detesto ammetterlo, ma non posso più negarlo - la sua voce non è poi così male da ascoltare. 

Fortunatamente c'era sempre una cosa capace di riportarmi con i piedi per terra: il calcio. Così, quando cominciarono gli allenamenti e le analisi nel caso in cui dovessimo affrontare la Cina, mi sentivo quasi me stesso. Da ieri sera, qualcosa dentro di me si agitava inquieta, e io non sapevo né che nome darle, né come contrastarla. 
So che suona un po' da Endou ma, beh, per fortuna c'è il calcio. 

Quando tornai sul campo riaprii gli occhi su tutta la squadra, e notai ciò che notavano tutti: il puffetto blu, dall'ultima partita, si stava integrando sempre meglio con la squadra. Partecipava a tutti gli allenamenti e si offriva sempre di rimettere in ordine, discuteva delle strategie e proponeva i suoi punti di vista - anche interessanti - sulle tecniche da usare in campo. Aiutava in cucina e portava la cena in tavola. Pensavamo tutti che fosse il suo modo per sdebitarsi, e devo dire che mi ha fatto piacere che ci provasse tanto. 

Quando mi rifugiai in camera dopo cena trovai Haizaki sotto la doccia, lo sentivo dallo scrocio dell'acqua che proveniva dal bagno. E quando uscì, vidi i suoi occhi color carmino vivi e chiari. Forse mi ci soffermai un secondo di troppo. 

E per quel secondo di troppo mi giocai il cervello.

Forse anche il cuore.

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