Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

𝑳'𝑰𝒏𝒊𝒛𝒊𝒐

Fu così che la vita alla clinica ebbe inizio per Baby. Era stata assunta da Fig come aiutante, un lavoro che sembrava semplice, ma che si rivelò ben presto più complesso di quanto immaginasse. Non appena Fig le spiegò i dettagli del lavoro, parlando di quanto l'avrebbe pagata e dei turni che avrebbe dovuto fare, Baby si sentì subito sopraffatta. Fig, con il suo sorriso affabile e il tono rassicurante, cercò di darle una visione positiva della situazione, ma la scura espressione di Varrick fecero emergere un altro quadro. Non appena la conversazione si concluse, Varrick, con un'espressione che sembrava più dura del metallo, si avvicinò senza dire una parola. In mano teneva una scopa e nell'altra un secchio pieno di acqua e sapone. Con uno sguardo che non lasciava spazio a discussioni, le porse gli strumenti, e Baby, anche se sorpresa, li prese.

Quando cercò di protestare, però, aprendo la bocca per dire qualcosa, Varrick le lanciò uno sguardo ammonitore e si allontanò immediatamente, mettendosi al lavoro su un prototipo di mano cibernetica. La sua attenzione era già tutta rivolta al dispositivo, che stava assemblando con una precisione quasi maniacale. Non un accenno di parola, solo il suono metallico degli strumenti che entravano in gioco, come se Baby fosse solo un elemento di disturbo nella sua zona di concentrazione.

Fig, che aveva osservato tutta la scena con una certa apprensione, si avvicinò a Baby e le strinse la spalla in un gesto di conforto. "Non preoccuparti, gli piace tenere il muso quando le cose non vanno come vuole lui. Si abituerà a te, vedrai." La sua voce aveva un tono amichevole, ma c'era qualcosa di più profondo nella sua espressione, come se anche lui fosse stato testimone di quella tensione più volte. Poi, come se stesse cercando di sdrammatizzare la situazione, si avvicinò al suo orecchio e le sussurrò: "Evita di menzionare la parola 'cybox' o 'cyberpugilato', però. Non vogliamo che il suo umore peggiori più del necessario. Almeno per il momento."

Baby sbarrò gli occhi. "Cosa? Ma io ho bisogno di allenarmi al più presto!" La sua voce rivelava chiaramente l'urgenza che la prendeva, ma Fig, osservandola con un sorriso comprensivo, scosse la testa. "Non si può avere tutto subito, Cicca. La vita non funziona così." Poi fece un passo indietro e, con un'aria quasi filosofica, le lanciò un ultimo commento, prima di girarsi per allontanarsi. "Ogni cosa ha il suo tempo."

Baby rimase lì, il secchio e la scopa ancora tra le mani, a fissare la scena che si stava svolgendo davanti a lei. Doveva aspettare, volare basso, era l'unica opzione disponibile. A quanto pareva.

Iniziò così anche il suo primo giorno di lavoro. Baby si era ripromessa di non dare troppo nell'occhio, di tenere la bocca chiusa. Ma, nonostante la sua determinazione a rimanere in disparte, non riusciva a smettere di lanciare occhiate furtive alla figura di Varrick, che si muoveva con disinteresse tra i suoi strumenti, incurante della sua presenza.

Per qualche motivo che sfuggiva a Baby, sembrava che Varrick riuscisse a percepire quando la stava osservando. Ogni volta che lei lo fissava di sfuggita, lui si voltava appena, per darle sempre le spalle, come se volesse ignorarla o, peggio, metterla a tacere senza dire una parola.

Il gioco sembrava proseguire, e quando successe di nuovo, Baby non poté fare a meno di sbuffare. Iniziò a manovrare il manico della scopa con un gesto nervoso, facendola scivolare avanti e indietro sul pavimento bagnato, mentre puliva tra le lunghe file di scaffali e scatoloni sparsi a terra. I marchi sui vari scatoloni raccontavano storie di corporazioni e aziende che operavano nel mondo della cibernetica, alcune delle quali avevano una linea speciale dedicata alla cibernetica da combattimento. Lo sporco che veniva rimosso ogni volta che spingeva la scopa in avanti sembrava raccontare una storia di abbandono, di un luogo che, nonostante l'apparenza di un lavoro impeccabile, aveva bisogno di molto di più di una semplice ripulita.

Man mano che si addentrava nel lato "magazzino" della clinica, e lo sporco cresceva, e non riusciva a capire come potesse esserci così tanta sporcizia in un posto che, a giudicare dal suo cyrurgo, avrebbe dovuto essere perfettamente ordinato e pulito. Varrick era l'unico a lavorare nella clinica, però, e quindi non aveva il tempo di occuparsi della sua completa pulizia.

Forse, quello era un motivo valido. Ma Baby non se ne preoccupò più di tanto, in fondo era lì per fare quel lavoro, e lo stava facendo perché aveva bisogno di un posto dove stare, di qualcosa che le permettesse di non pensare continuamente al suo passato. E poi, pensò, almeno stava facendo qualcosa di utile. Il pensiero le diede una certa calma interiore, e le ore passarono più facilmente. La monotonia del movimento della scopa, il rumore ritmico dell'acqua che sfregava sul pavimento, la distrassero dalla fastidiosa sensazione di essere ignorata e tenuta a distanza.

Quando il tempo per la pausa pranzo arrivò, Varrick interruppe il suo lavoro con un tono distaccato, ancora con la schiena voltata verso di lei. "Ci sono delle barrette proteiche e dei panini di carne in frigo." La sua voce era una di quelle che non lasciavano spazio a discussioni. Baby, pur volendo ribattere, si limitò a lanciare uno sguardo al frigorifero, che si trovava accanto alla scrivania, nascosto nella penombra. L'idea di mangiare un panino freddo o una barretta proteica non la entusiasmava affatto, ma la fame che sentiva nella pancia non le lasciava scelta. "Prendi qualcosa e mettiti a mangiare," proseguì Varrick, senza girarsi. La sua voce suonava più come un ordine, ma Baby non ci fece troppo caso. Era affamata, e in quel momento pensò che qualsiasi cosa sarebbe andata bene.

Mentre si dirigeva verso il frigo, però, le venne in mente che aveva ancora delle provviste nella sua sacca d'allenamento, quella vecchia borsa che portava sempre con sé. Appoggiò la scopa al muro con un gesto rapido, facendo attenzione a non calpestare il pavimento bagnato.

Arrivò alla sacca e la aprì con un movimento distratto. "Non serve," disse a voce alta, quasi a confermare la sua scelta. "Ho ancora quello che mi avevi dato." Lo guardò ancora, come se cercasse un segno di approvazione, ma Varrick non fece alcuna mossa. Il suo silenzio era tanto più forte di qualsiasi risposta che avrebbe potuto dare. Era come se il suo corpo e la sua mente fossero completamente distaccati da tutto ciò che accadeva intorno a lui, come se fosse più interessato agli strumenti che teneva in mano che alla realtà che lo circondava.

Baby prese un pezzo di carne secca dalla sua sacca e si voltò verso di lui. "Grazie, a proposito," disse con un tono che cercava di sembrare educato, e cortese, che tradiva un senso di speranza. Speranza che finalmente lui le desse attenzione. Ma ancora una volta, Varrick non rispose. Il suo silenzio divenne più pesante, più opprimente, e Baby capì che parlare con lui sarebbe stato inutile. Si voltò e si diresse verso la porta, lasciando il silenzio alle sue spalle con un sospiro.

Uscì dalla clinica e si fermò a mangiare fuori, dove la solitudine e la frescura dell'aria le diedero una piccola tregua. Ogni boccone che masticava sembrava portar via un po' della tensione che si era accumulata dentro di lei. La realtà che aveva di fronte non era quella che sperava, ma doveva adattarsi. Varrick non sembrava disposto a parlare, e quindi pensò che fosse meglio seguire il consiglio di Fig: aspettare, e avere pazienza.

Quando tornò dalla pausa pranzo, Baby riprese il suo lavoro con una determinazione silenziosa. La sensazione di frustrazione che aveva accumulato durante la giornata non si era dissipata, anzi, sembrava aver preso radice, diventando parte di lei. Il silenzio era totale, interrotto solo dal suono della scopa che sfregava sul pavimento e dal rumore leggero delle sue scarpe contro il cemento.

Varrick, come sempre, si concentrava sui suoi attrezzi, ignorandola come se fosse un elemento invisibile nella stanza. Non si avvicinava, non la guardava mai. Lei ricominciò a lanciare sguardi furtivi verso la sua figura, ma lui sembrava sempre consapevole di quando stava osservandolo.

La giornata si trascinò, lunga e monotona, fino alla fine del pomeriggio. Baby si sforzò di concentrarsi sul suo lavoro, cercando di non pensare a tutto ciò che avrebbe voluto fare, a come avrebbe voluto allenarsi, ma doveva accontentarsi di una pulizia che sembrava infinita. Ogni volta che si addentrava più nel magazzino, scopriva strati di polvere e sporco più spessi, accumulati negli anni. Il luogo, purtroppo, ne aveva davvero bisogno. Quando finalmente le ultime ore della giornata arrivarono, il cielo fuori si tingeva di arancio e il tramonto si rifletteva sulle finestre sporche, dando alla clinica una luce calda e morbida.

Poi, come se il tempo stesso si fosse finalmente fermato, Varrick si avvicinò a lei. Il suo tono era secco, come sempre, ma per la prima volta nella giornata sembrava prendere considerare la sua presenza di sua spontanea volontà. "Hai finito per oggi?" chiese, ma non aspettò la sua risposta. Prese la scopa dalle mani di Baby e la posò contro il muro, come se il lavoro fosse ormai concluso. "Vieni," aggiunse, con un tono che non lasciava spazio a discussioni.

Baby lo seguì, sentendo il suo cuore accelerare, anche se non capiva bene perché. Varrick si diresse verso il frigorifero e, con un gesto rapido, lo aprì. Con una mossa meccanica, estrasse una confezione di noodles istantanei. "Quello che ti ho dato non ti riempirà lo stomaco, ma questo sì," disse, porgendole il pacchetto senza un sorriso.

Baby lo prese, senza dire nulla. I suoi occhi si alzarono per un attimo, cercando di catturare il suo sguardo, ma lui non la guardò mai. "Certo, non è il cibo più salutare che raccomanderei," continuò lui, mentre si voltava per dirigersi verso il divano. "Ma nessuno mi aveva detto che avrei dovuto condividere la clinica con qualcun altro." Le parole gli uscirono a mezza voce, come se stesse parlando più a sé stesso che a lei.

Baby sbuffò, ma non si fermò. Lo seguì, ancora una volta, senza parole, e osservò il modo in cui si accovacciava sul divano. Lì, da sotto il divano, prese delle coperte piegate con cura e le stese sopra il sofà. "Puoi usare questo divano per dormire," disse, come se fosse un favore. "Non ho altro."

Le coperte erano morbide, l'odore del cotone pulito misto al profumo di polvere. Baby si fermò per un attimo a guardarle, e poi si voltò verso Varrick, un po' più vicina ma ancora incerta. "Grazie," mormorò, ma poi un pensiero improvviso la colpì, e si sentì obbligata a chiedere. "E tu, dove dormi?"

Varrick non le rispose. Si incamminò invece verso il banco, senza distogliere lo sguardo dai suoi attrezzi. Baby lo osservò, sperando che quella fosse solo una pausa, ma lui non riprese a parlare.

Baby sentì un nodo in gola. "Non mangi?" chiese, insistendo ancora una volta, e finalmente la risposta arrivò, breve, secca, senza alcuna emozione: "No," disse, e si rimise al lavoro, concentrato sulla mano cibernetica che aveva lasciato a metà. Non un altro sguardo, non una parola in più.

Baby sospirò, un suono basso che tradiva una leggera frustrazione. Un sorriso quasi amaro si dipinse sul suo volto, ma dentro di sé si disse di non mollare.

I cyberpugili non mollavano. Mai.

Così, Baby decise di prepararsi la cena. Si avvicinò al lavandino e aprì il rubinetto. Aprì la valvola dell'acqua calda e, mentre il vapore saliva nell'aria, scartò il pacchetto di noodles, facendo scivolare via le bacchette di legno attaccate al confezionamento.

Il rumore dell'acqua che gorgogliava nel contenitore riempì il silenzio per alcuni minuti. Guardò l'acqua bollente e decise di aggiungere i noodles, osservando il modo in cui si affondavano nell'acqua prima di mescolarli delicatamente. L'acqua calda cominciò a emanare un profumo sottile e appetitoso. Con un sospiro soddisfatto, si allontanò dal rubinetto, stringendosi nella felpa larga che le dava una sensazione di calore. Si diresse verso il divano, dove si lasciò cadere, cercando la posizione più comoda per aspettare che la sua cena prendesse forma.

Nell'attesa, Baby si guardò intorno distrattamente, ma i suoi occhi furono subito catturati dalla figura di Varrick. Era lì, piegato su uno degli attrezzi insanguinati, mentre si concentrava sulla pulizia. La sua schiena, forte e muscolosa, si muoveva sotto la canotta rossa che indossava, ogni muscolo che si distendeva e si contraeva in modo affascinante. Le braccia, poderose e robuste, flettevano con forza, accompagnate dal suono dei cavi metallici che sfioravano la pelle della sua pelle.

Baby non poté fare a meno di osservare: le braccia cibernetiche di Varrick erano una fusione di meccanica e carne, tanto perfette quanto inquietanti. Ogni suo movimento sembrava un perfetto bilanciamento tra la forza fisica e quella meccanica, un'unione che lo rendeva quasi invincibile.

Un pensiero si insinuò nella sua mente, facendo vibrare un brivido lungo la schiena. Il Terribile Kang. Il nome che faceva tremare chiunque lo pronunciasse. Tutti pensavano che fosse morto, che fosse fuggito dalla città o che fosse stato abbattuto dalla vergogna subita. Eppure, lì davanti a lei, c'era proprio lui, solo con un nome diverso, il suo vero nome: Dax Varrick. Un uomo che viveva con quella leggenda attaccata al suo nome come una seconda pelle, ma che ora si trovava a fare il cyrurgo. Non era ciò che si aspettava, eppure era una realtà che si imponeva con tutta la sua forza.

Lui era vivo, e impegnato nel difficile mestiere del cyrurgo. La pratica del memomare era presente anche lì, eppure nel campo della cyrurgia era molto più precisa, quasi scientifica. Non mirava a infliggere danno, ma a guarire, a riparare. Tuttavia, Baby non poteva fare a meno di pensare che Varrick, con tutta la sua forza, con la sua reputazione, fosse un uomo che si trovava a fare un lavoro che nessuno avrebbe mai immaginato per lui.

Quando si accorse che la sua cena era pronta, Baby prese le bacchette e cominciò a mangiare, portando alla bocca i noodles ancora fumanti. Il primo filo che succhiò scivolò velocemente, emettendo un rumoroso schiuk! che riecheggiò nell'aria.

Continuò a mangiare, senza fretta, perdendosi nel piacere di una cena calda e gustosa, che da tempo non poteva permettersi. Le tasche vuote, sempre a corto di crybz, le avevano impedito di concedersi un lusso simile. Ogni boccone di noodles, ogni sorso di brodo, sembrava un piccolo trionfo. Iniziò a bere il brodo di verdure e carne con un rumore sonoro, liscio e soddisfacente, e presto gli schiuk degli spaghetti si mescolarono con gli slurp del liquido caldo. Il piacere semplice di quel momento le fece dimenticare tutto il resto, anche la presenza di Varrick, che tanto non sembrava badarle.

Le dava un fastidio insopportabile che lui non la considerasse affatto, e non riusciva a smettere di chiedersi fino a quando avrebbe dovuto sopportare quella sua indifferenza. La sua pazienza era ormai agli sgoccioli, come un filo sottile pronto a spezzarsi. C'era anche un'altra cosa che la turbava: voleva testare il suo nuovo braccio cibernetico il prima possibile. L'eccitazione cresceva dentro di lei ogni volta che pensava alla potenza che avrebbe potuto scatenare. Non vedeva l'ora di sentirlo lavorare, di sentire la forza che quel braccio le avrebbe dato.

Quando Baby raggiunse il culmine del suo godimento culinario, la voce di Varrick risuonò, secca e inattesa. "Ti dispiace?"

Lei si fermò di colpo, gli spaghetti sospesi a metà tra la bocca e la ciotola. Alzò gli occhi e incontrò lo sguardo di Varrick. La stava guardando con la coda dell'occhio, un'espressione di fastidio che traspariva da ogni linea del suo volto. Non era una novità: solitamente aveva un'espressione seria e rigida, ma quella, sebbene non fosse più amichevole, portava almeno una piccola variazione.

All'inizio Baby pensò di scusarsi, ma poi, realizzando che finalmente le stava prestando della vera attenzione, guardandola addirittura negli occhi, decise di non farlo e optò per un'altra strada. Scrollò le spalle, per nulla turbata, e succhiò gli spaghetti che penzolavano ancora dalla bacchetta. "Oh no, tranquillo, non mi disturbi!" disse poi con un tono allegro, quasi spensierato. "Puoi pure continuare".

Varrick rimase in silenzio. Dopo un lungo istante, si voltò e riprese il suo lavoro, ma un suono basso, carico di frustrazione, sfuggì dalle sue labbra.

Baby abbassò lo sguardo sui noodles con un piccolo sorriso di vittoria che le affiorava sul volto. Varrick l'aveva ignorata per tutta la giornata, e allora lei aveva deciso che, quando non stava lavorando, avrebbe fatto ciò che le pareva. E in quel momento, il suo piacere era quello di godersi un pacchetto di noodles istantanei, in tutta tranquillità e... sonorità.

Magari, agendo così, l'avrebbe costretto, suo malgrado, a darle un po' di attenzione.

Un piccolo trionfo, pensò Baby, mentre finiva il suo pasto.

Se solo avesse saputo che quella giornata si sarebbe ripetuta, interminabile e monotona, come un ciclo che non finiva mai. Baby, immersa nelle sue mansioni, passava il tempo a pulire la clinica o a sistemare strani aggeggi sugli scaffali, mentre Varrick, imperturbabile, continuava a ignorarla, o almeno a cercare di farlo.

Ma lei non si dava per vinta. Presto iniziò a perfezionare l'arte di farsi notare, e il suo metodo era semplice quanto efficace: fare rumore, continuamente, ovunque. Persino quando usciva per prendere una boccata d'aria, non perdeva l'occasione di far scricchiolare la porta, accompagnandola con attenzione fino alla fine, facendo in modo che il suono si diffondesse in tutta la clinica. Ogni passo, ogni gesto, sembrava calcolato per attirare un'attenzione che, finora, le era sempre sfuggita. E quando, di riflesso, fissava la schiena di Varrick, il cuore le batteva un po' più forte. Le piaceva osservare come, ogni volta, le sue spalle si irrigidivano, come se il suono fosse riuscito a toccarlo, a fargli rompere il suo muro di indifferenza. Un sorriso, appena accennato, le spuntava sul volto, soddisfatta di quel piccolo segno che forse, finalmente, stava ottenendo qualcosa da lui.

Ma per quanto ancora avrebbe dovuto continuare così? Ogni giorno sembrava uguale, un continuo cercare di attirare la sua attenzione, sperando che almeno una volta Varrick cedesse e la notasse davvero. Baby si chiedeva quanto tempo sarebbe dovuta restare in quella condizione, a fare rumore, a giocare a questa sorta di gioco silenzioso, senza mai ottenere quello che voleva davvero: che il Terribile Kang l'allenasse.

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro