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⋆୨୧ 𝐽𝑢𝑠𝑡 𝑡𝑜 𝑠𝑒𝑒 𝑦𝑜𝑢 𝑏𝑒𝑡𝑡𝑒𝑟 ୨୧⋆

!☆𝐶ℎ𝑎𝑝𝑡𝑒𝑟 𝟾☆¡
.𖤣𖥧𖡼.𖤣𖥧𖡼.𖤣𖥧𖡼.𖤣𖥧 ❁

Le urla e le lacrime si interruppero e tutto finì, lasciando vivo solo quell'eco di silenzio che agitava gli animi dei coinquilini.

Niente più violino e niente più musica, solo cuori rapidi e agitati da forse quelle che parevano correnti inesplorate, nuove per due come loro.

E per la prima volta Alhaitham si mosse.
Fece un inaspettato passo nei confronti delle persone, oltrepassando quel confine di incuranza che lo separava da chiunque, dal mondo.

Quel confine che divideva la capacità di provare e comprendere le emozioni e la sua totale indifferenza ad esse.

Lui che era l'uomo più indifferente per antonomasia, si sorprese di se stesso e delle sue azioni. Aveva messo in secondo piano l'uso della parola e della ragione. Il suo tanto agognato ed immenso vocabolario era stato sopraffatto da un genere di contatto fisico che non credeva nemmeno di essere in grado di dare.

Si era mosso senza riflettere, come se quella fosse la risposta più semplice alla risoluzione del problema e Kaveh ne sembrava così bisognoso...

Era quindi questo il calore che era in grado di trasmettere un abbraccio?

Ma lui non era per le risposte semplici e banali, era per quelle strategiche e calcolate... e allora perché era finito in quella situazione così contorta?

Stava vestendo i soliti panni in cui Kaveh si trovava ogni volta che agiva senza riflettere, privo del controllo su ciò che sarebbe successo da lì a quel momento.

Avrebbe voluto scappare, nel suo mondo fatto di libri e parole che capiva solo lui, di rune che le persone comuni non riuscivano nemmeno ad immaginare di comprendere, perché era lì dove era certo al 100% di avere la situazione sotto mano, ma in quel momento era pietrificato, incapace di muoversi.

E il corpo di Kaveh prevalse sul suo.

Sentiva le sue forti braccia che gli circondavano il collo, la fronte appoggiata sulla sua spalla e quei suoi dannati capelli biondi che gli pizzicavano la pelle, mentre erano l'unica cosa che riusciva a vedere.

Il corpo stretto al suo e le sue braccia sul busto dell'uomo che si facevano sempre più molli e quel suo insopportabile profumo alla vaniglia, incenso e muschio bianco che lo avvolgeva, dandogli alla testa.

Alhaitham era una vittima della situazione e lui non era abituato ad esserlo. Vittima del momento, vittima di Kaveh e del suo corpo sul suo e così scavava con foga nella sua mente alla ricerca della via di fuga perfetta.

In qualche modo doveva darsi delle spiegazioni a quella situazione.
Forse non stava bene, era il mal di testa che gli cresceva ogni istante di più o forse era Kaveh a non stare bene, tutto l'alcol che aveva bevuto doveva per forza avergli fatto male. Magari erano entrambi a non stare bene, perchè non riusciva ad attribuire una definizione concreta a ciò che sentiva.

Non sarebbe riuscita a spiegarla.

Lui non riusciva mai a spiegare come si sentisse, così prendeva tutto e lo chiudeva all'interno di un baule, che rigettava sul fondo dell'oceano.
Quei sentimenti a cui non attribuiva alcun valore, non avrebbero mai visto la luce del Sole, non avrebbero mai dovuto vederla.

Poi la realtà tornò con prepotenza da lui e la voce del biondo si fece udibile alle sue orecchie ancora coperte dalle cuffie.

«Ti batte così forte il cuore»

Come avrebbe dovuto rispondere ad una tale affermazione?

«È davvero ironico se ci pensi, non credevo nemmeno ne avessi uno»

Ridacchiò sereno come se tutta la rabbia e la frustrazione che provava fino a poco tempo prima fosse svanita nel nulla... era bastato davvero quel tipo di gesto per calmarlo?

«Sei ubriaco Kaveh»

Alhaitham doveva pur dare una spiegazione, una colpa a quella situazione.

«Forse lo sono, ma che differenza fa»

In quel momento girò la testa, ma non si allontanò dallo Scriba, lasciò che i loro occhi si incrociassero e nessuno dei due fece niente per impedirlo.
Ed in piedi come due scemi, sull'uscio della camera di Kaveh, lasciavano che quel momento di breve durata sembrasse eterno.

«Perché non vai a dormire Kaveh?»

Alhaitham non credeva di avere la forza necessaria per prendere e scappare via, per quanto desiderasse farlo, per questo sperava che fosse Kaveh a muoversi al posto suo.

Forse quella sera sperava in un po' troppe cose. Non era da lui essere così.

Sperava che Kaveh dimenticasse tutto, che l'alcol facesse i suoi soliti sporchi giochetti. Sperava con tutto se stesso che l'indomani scordasse ogni cosa, ogni dettaglio, ogni parola e persino ogni sospiro. Sperava sparisse tutto, che la faccenda finisse nel dimenticatoio, nel suo angolo più buio, dove nessuno sarebbe stato in grado di recuperarla.

Ma forse nulla di tutto quello sarebbe sparito affatto.

«Non ho sonno, e poi penso di star già dormendo sai... Non credo esista realtà possibile in cui io e te ci ritroviamo avvinghiati come una coppietta»

Sospirò allegro, riappoggiando la fronte sulla spalla di Alhaitham il cui trattenne il respiro. Forse Kaveh non si rese conto dell'errore appena commesso, perché stava sempre più superando confini che lo Scriba non era in grado di metabolizzare, infatti per lui stava diventando fin troppo, così fece per allontanarsi il più possibile dal biondo.

Sciolse le braccia che teneva prive di forza al corpo di Kaveh e gliele portò sul petto con l'intento di spingerlo via, ma non ci riuscì perché la presa sul suo collo si fece più salda.

«Kaveh, lasciami andare»

L'uomo ignorò la richiesta. Sperava di aver sentito male, che fosse una sua stupida voce nella testa che gli suggeriva la più probabile delle risposte, che Alhaitham avrebbe mai potuto dare, quindi sperava, sperava e sperava ancora.

Ma quella era evidentemente una notte senza Luna e Alhaitham ripeté una seconda volta la sua richiesta.

L'Architetto sapeva che quel momento sarebbe prima o poi giunto, così si godette quegli ultimi istanti che sembravano avergli fatto trovare la pace nel mondo, consapevole che l'avrebbe persa nel momento in cui si sarebbe allontanato dal suo coinquilino.

Ma non era in grado di lasciarlo andare.

«Non lasciarmi anche tu» Bisbigliò ricolmo di vergogna.

Le notti senza Luna erano le peggiori e forse non era propriamente di Alhaitham, che Kaveh aveva bisogno. Forse sarebbe andato bene chiunque purchè quella sera lo avesse fatto sentire amato, lo avesse fatto sentire umano e forse quel banale e comune contatto fisico che non riceveva da tempo, era ciò che lo aveva fatto sentire tale.

Tutto ciò che necessitava era la presenza di qualcuno che gli desse del calore, perché per quanto indipendenti possano essere le persone, non sempre sono in grado di darselo da soli.

Privi di calore bisogna in qualche modo coprirsi dal freddo.

E Alhaitham si allontanò da lui, non curante del gelo. L'assenza di calore non lo terrorizzava.

Kaveh non riusciva ad alzare lo sguardo.
Avrebbe dovuto saperlo ormai, avrebbe dovuto farci il callo, a quella sua consapevolezza sul fatto che avrebbe perso qualunque cosa dal momento stesso in cui l'avrebbe ottenuta, anche nel mondo dei sogni.

Ma non gliela avrebbe resa facile, non l'avrebbe lasciato andare senza nemmeno provarci.

Così prima che metri di distanza si ponessero fra loro, Kaveh gli afferrò il polso.

«Ti prego... é davvero così difficile per te fare qualche sforzo per sembrare umano?» Bisbigliò di nuovo.

Kaveh che era finito con il pregare Alhaitham? Doveva essere davvero tanto ubriaco per far sì che avvenisse una cosa del genere.
Eppure sperava che quello bastasse a convincere lo Scriba a restare, anche perché non avrebbe saputo che altro inventarsi, stava esaurendo le idee.

Ed Alhaitham non trovò le parole per rispondere. Cosa voleva dire? Che lui non sembrava umano? Lì per lì si ritrovò a pensare che erano le solite frivole parole di Kaveh, quelle a cui non avrebbe dovuto tener conto nemmeno per sbaglio, eppure iniziarono a ronzargli in testa senza motivo.

Forse avrebbe dovuto apprendere che tra tutte le parole di Kaveh, quelle a cui forse avrebbe dovuto attribuire più importanza, erano quelle che pronunciava quando era ubriaco, quando si privava lui stesso di quel filtro che il suo buon senso gli imponeva e quando si ritrovava spoglio di esso niente più lo fermava.

Ma da quand'è che era diventato così difficile per Alhaitham affrontare Kaveh?
Da quand'è che Kaveh lo stava trascinando in quel suo mondo di sensazioni?

Strinse i pugni e sospirò.

Ed alla fine, forse, quella sera era la più adatta per sperare, perché l'assenza della luce della Luna, avrebbe permesso alle stelle di brillare più che mai e forse di esaudire qualche desiderio anche per lui.

«Va bene» Disse Alhaitham straziato dall'idea di temere quell'idiota del suo coinquilino. Non sarebbe più scappato.

Il più giovane fra i due quindi, rientrò nella stanza senza dire altro. Si tolse la giacca e la posò sulla sedia di Kaveh. Curiosò tra i libri che teneva sulla scrivania e ne prese uno, il più interessante, poi salì sul letto dell'uomo e si sedette raggiungendo la parete su cui poggiò la schiena.

E Kaveh sembrò non capirci più niente. In una sola giornata pensò di averne viste di tutti i colori eppure quel colore che gli si presentava davanti non lo aveva mai visto... rimase incantato, incantato dal fatto che Alhaitham era rimasto davvero e che al bagliore della Luna i suoi capelli sembravano neve pronta a sciogliersi, mentre iniziava a sfogliare le pagine di quel libro che aveva appena preso.

Ma faceva solo finta di guardare le pagine ingiallite di quel libro che teneva fra le mani, perché al di sotto di quei ciuffi di capelli che gli nascondevano lo sguardo, i suoi occhi studiavano attenti la reazione di Kaveh, che come uno sciocco se ne stava lì in piedi come uno stoccafisso.

Il suo coinquilino era un vero e proprio disastro, uno sciocco irrecuperabile, che si autodistruggeva complicandosi la vita più di quanto essa non lo fosse già, eppure, per qualche oscuro motivo, continuava ad avvalersi della sua compagnia...

Poi sentì la testa di Kaveh poggiarsi nuovamente sulla sua spalla... L'uomo lo aveva raggiunto sedendosi al suo fianco, scegliendo di usare lui come cuscino piuttosto che usare uno dei suoi.

Chiuse gli occhi e iniziò a parlare, incurante del fatto che Alhaitham stesse leggendo e del fatto che probabilmente non avrebbe nemmeno ricevuto una risposta.

«Sai, penso che tu sia sulla buona strada per diventare un buon coinquilino dopotutto»

Alhaitham lo ignorò, così facendo sperava che prima o poi l'avrebbe finita e che si sarebbe messo a dormire.

«Prima ti ho visto con certe espressioni in faccia che non ti avevo mai visto fare, ho pensato che fossi andato davvero nel panico e che non sapessi davvero cosa fare, perché io so che tu sei bravo a risolvere i problemi pratici e non persone che si disperano. Se ti fossi trovato di fronte una persona qualsiasi avresti detto qualcosa tipo "Smettila che facendo così non risolvi nulla" ma io non sono una persona qualunque e quindi hai capito che dovevi usare quello che normalmente viene chiamato "Tatto" seppur a modo tuo. Ed ogni tanto mi sembra di tornare quelli che eravamo abituati ad essere, perché in qualche modo, so che tu mi capisci»

Kaveh blaterava, blaterava ancora, non la finiva più, sembrava che la tecnica di Alhaitham di ignorarlo, non funzionasse come aveva sperato, per questo chiuse il libro e lo usò come arma per colpire la testa del biondo.

«Non so se ti è chiaro il fatto che ormai è tardi e che dovresti andare a dormire»

L'uomo aprì gli occhi, tirandosi su e si portò le mani sul punto della testa colpito.

«Cattivo! Io mi stavo già riposando»
«Si immagino guarda, non facevi altro che borbottare»

Poi rimasero a fissarsi come due scemi e più i secondi passavano e più Kaveh non potè fare a meno di scoppiare dal ridere di Alhaitham e di quella sua solita espressione seria sulla faccia, che non si levava quasi mai.

«Sei solo un brontolone» Sorrise.

Sfilò poi il libro dalle mani dello Scriba, lo poggiò altrove sul letto e approfittò dello spazio che aveva creato, per sdraiarsi sulle gambe dell'uomo sulla quale aveva appoggiato la testa.

Concentrò la sua attenzione sul volto di Alhaitham, che con uno sguardo sorpreso lo scrutava non sapendo più che inventarsi con lui, e ai suoi capelli che penzolavano verso il basso, dovuto all'inclinazione che la sua testa aveva assunto per guardalo, così Kaveh allungò una mano verso di lui, sistemandogli delle ciocche lontane dal viso.

Alhaitham trattenne il respiro e le ciocche che Kaveh gli aveva sistemato tornarono presto al loro posto.

«Rilassati... Non hai motivo di essere così teso»

Anche se lo Scriba lo avesse negato, la cosa era alquanto evidente così fece un grosso respiro e sospirò. I suoi polmoni avevano ritrovato aria. Si portò una mano nei capelli e li spostò tutti all'indietro, poi tornò a guardare Kaveh, come cercando di capire a che tipo di gioco stesse giocando.

Il punto era che Kaveh non stava giocando proprio a un bel niente, pensava solo a godersi quei momenti con il suo coinquilino, con l'unico che gli era rimasto accanto, ma era nella natura di Alhaitham vedere le persone e le loro azioni pensando che ci fosse uno scopo ed un fine preciso dietro ad ogni gesto.

Per questo non riusciva a capire dove stessero andando a finire...

Kaveh sorrise accennando ad una risata. Dolce come il miele anche nella notte inoltrata.

«Dai su, dimmi a cosa stai pensando, così ti aiuto a risolvere i tuoi immensi dubbi»

Alhaitham doveva avere sul volto un'espressione così accigliata, che era impossibile far finta di niente.

«Dove vuoi andare a parare Kaveh?»
«Cosa intendi?»

A quella semplice domanda lo Scriba si sentiva stupido, in imbarazzo per una cosa così stupida, ma non tolse lo sguardo dall'uomo che ancora riposava beato sulle sue gambe.

«Sai cosa intendo... Questo tuo modo di fare...»
«Non capisco»

Invece Kaveh capiva benissimo cosa intendeva, ma si divertiva a metterlo in difficoltà e ad osservare quelle sue reazioni che lo facevano sembrare così innocente ed Alhaitham intanto si imbarazzava sempre di più.

«Ti diverti a starmi vicino, mi abbracci, mi sistemi i capelli... che cosa vuoi ottenere Kaveh con tutto questo? È per caso una tua qualche forma di riconoscenza nei miei confronti? Perché se è così puoi anche farne a meno»

Kaveh fece una mezza risatina al pensare al come delle questioni così semplici per la maggior parte delle persone, potessero risultare così complicate ad una delle menti più geniali di tutta Sumeru.

«È questo il tuo più grande problema Alhaitham. Guardi ogni essere che respiri con la convinzione che abbia un secondo fine, che faccia un gesto pur di raggiungere uno scopo, ma devi imparare a pensare che non è sempre così...»
«Tu invece ti fidi troppo delle persone e finisci, caso strano, con il farti raggirare»
«Si ma non era quello il punto!! Grazie tante del commento inopportuno Alhaitham!»

Kaveh sospirò e riprese.

«Diciamo solo che ci vuole il giusto compromesso ecco, non si può essere troppo scettici, così come non si può essere troppo fiduciosi. Se sbarri sempre ogni porta non saprai mai cosa c'è dietro no? Io ne avrò aperte un'infinità di porte e le volte che mi sono andate bene si possono a malapena contare su due mani, ma almeno non ho rimpianti e non mi sono privato di quelle cose positive che ho trovato nella vita»

Alhaitham non rispondeva e l'Architetto non riusciva più a decifrare le sue espressioni.

«Ok forse sto parlando in maniera troppo astratta, mhhh vedila così: io mi comporto così perché tu sei tu ecco e immagino che io ti stia affianco per la stessa ragione. Se fosse qualcun altro al posto tuo di sicuro non farei così, ma so che con te posso comportarmi come voglio quindi non mi faccio problemi. E per quanto ti possa sembrare strano, e quasi lo sembra anche a me, tu fai lo stesso, a modo tuo, ma lo fai. Ci penso da un po' ormai, e per quanto al 90% delle volte io ti reputi insopportabile e fastidioso, c'è quel restante 10% che mi fa pensare che tu non sia così menefreghista come vuoi farmi sempre credere»

Lo sguardo di Alhaitham pareva sconvolto da affermazioni che non gli avevano mai nemmeno sfiorato la mente, Kaveh pensava che il suo coinquilino avesse proprio bisogno di quella botta di consapevolezza.

Consapevolezza di cui forse aveva bisogno anche Kaveh, visto che non riusciva ad ammettere a voce alta, che quella poteva benissimo essere la definizione di un amico, per quanto desiderasse con l'uomo quel tipo di rapporto.

In fondo loro lo erano in tutto e per tutto, mancavano solo le parole, ma alla fine a che servivano se c'erano i fatti a dimostrarlo?

«Tu mi stai affianco perché io sono io, se fossi qualcun altro non faresti così, lo stai facendo anche ora dopo tutto e non penso tu stia agendo così per ottenere qualcosa in cambio o sbaglio?»

Poi nessuno parlò più e quella domanda finì col non ricevere alcuna risposta. Alhaitham non ne aveva di spiegazioni, aveva solo bisogno di tempo per comprendere quella situazione in cui non pensava nemmeno di essere.

L'amicizia era davvero una cosa così complicata e semplice allo stesso tempo?
Fare una cosa per il puro piacere di farla... un tale sentimento esisteva sul serio?

E lo Scriba si perse fra i suoi pensieri, accorgendosi solo in un secondo momento che Kaveh aveva riportato la sua mano tra i suoi capelli e che cercava ancora di sistemarglieli.

«Perchè continui a sistemarmi i capelli se sai che tanto torneranno giù?»
«Solo per poterti vedere meglio»

Il biondo sorrise in quella sua solita maniera dolce e Alhaitham schiuse inconsciamente la bocca ricolma di quella che forse pareva meraviglia.
Poi l'Architetto chiuse finalmente gli occhi, mentre il minore continuava a fissarlo come se fosse la prima volta.

Kaveh pareva proprio il principe azzurro delle fiabe più celebri e iconiche.
Così bello, popolare e puro di cuore.

Portò quindi senza doppi fini, una mano sul volto di Kaveh e gli spostò a sua volta delle ciocche che gli riposavano sul viso, con l'unico scopo di vederlo meglio.

𖡼.𖤣𖥧𖡼.𖤣𖥧𖡼.𖤣𖥧𖡼.𖤣𖥧 ❁

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