Capitolo Tre
Giorno 3
Il cielo si scurì, mi ero alzata da vari minuti perché il fuoco si stava spegnendo, ma non saremmo comunque riusciti a tenerlo accesso con l'imminente pioggia in arrivo.
I gabbiani volavano in basso e quello mi diede la conferma del fatto che se non ci saremmo sbrigati saremmo stati travolti da una pioggia incessante e molto probabilmente anche improvvisa.
Mi avvicinai al figlio dell'ambasciatore, lo guardai un po' incerta sul da farsi. Non ero veramente sicura di svegliarlo.
Decisi dunque di correre all'interno della foresta prendendo le foglie di banano. Erano impermeabili e grandi, così avrei potuto coprire la legna ascutta che eravamo riusciti a prendere.
Al mio ritorno il Lord si era svegliato da solo.
Era decisamente troppo tranquillo, si stiracchiava, si stroppicciava gli occhi con una lentezza quasi snervante.
«Che succede?»Mi chiese vedendo probabilmente la mia faccia sconcertata.
«Sta per piovere... Non possiamo permetterci di rimanere qui!»Dissi iniziando a spostare la legna in una zona coperta e coprirla dalle foglie di banano.
Lui alzò lo sguardo e in seguito il sopracciglio. Fu un lampo e probabilmente le prime gocce a destarlo da quel dormiveglia infinito in cui viveva.
Si alzò di colpo e mi aiutò a mettere la legna al protetto.
Fu poi, come si fosse svegliato, a prendere tutte le ciotole di cocco che ero riuscita a ricavare dalle noci, e posizionare in luoghi strategici in cui avremmo potuto raccogliere acqua dolce da bere.
La pioggia iniziò a cadere mentre io e il lord eravamo seduti uno accanto all'altro, coperti dalle foglie di un albero.
L'acqua non ebbe comunque pietà di noi, ci bagnammo tanto e la pioggia sembro non voler cessare per nulla.
Io tremavo, tremava anche lui.
I miei capelli ormai avevano deciso di fare quello che volevano, si appicicavano al mio viso e anche i moscerini facevano lo stesso. La sensazione era di appiccicoso e di sporco. Una sensazione a cui io, personalmente, ero purtroppo abituata, lui no.
Diego bevve dell'acqua da una ciotola di cocco e dopo di che si sistemo appoggiato all'albero.
Lo guardai, anche i suoi capelli erano malconci, i suoi abiti, come i miei, si appicarono alla pelle.
La sensazione di bagnato mi provocò un tale fastidio che mi misi in testa, come primo obiettivo, di farmi un vestito con quello che riuscivo a trovare.
Lui invece guardava verso il mare burrascoso e pareva pensieroso.
Il mare, che ieri era azzurro, oggi grigio e tetro, rimarcava totalmente i nostri stati d'animo.
Girai lo sguardo verso il Lord che iniziò ad ignorare anche le gocce d'acqua che gli finivano sugli occhi. Era curioso quanto spaventoso.
«A cosa state pensando?»Chiesi poi interrompendo quel silenzio, lui mi guardò con un certo sguardo soddisfatto come se, effetivamente, aspettasse solo che glielo chiedessi.
«Chissà se verranno mai a recuperarci...lo trovo piuttosto improbabile»Prese un bastoncino e prese a disegnare sulla sabbia bagnata, isole e terre, tirò su col naso e finalmente si decise ad asciugarsi un minimo il viso.
«Siamo ad un mese dalla terra dei Conquistadores e sicuramente fuori rotta...nessuno attraccherebbe qui è improbabile»E fu lì che cambiai idea su di lui per la prima volta.
Lo avevo sempre ritenuto stupido, sia a casa, in Spagna, che durante il viaggio.
Ora invece era stato in grado di ricostruire in pochi secondi la tratta che avevamo fatto e dove all'incirca e quanto ci fossimo spinti.
«Resteremo qui confinati per sempre?»Chiesi preoccupata, non che avessi qualcosa in Spagna, sarei tornata a fare la schiava, ma cos'era la libertà se la si doveva vivere confinati in 4 lati di acqua? Poteva essere veramente considerata tale?
«Può essere, quindi dovremmo iniziare a pensare nel lungo periodo. Dovremmo... Farci un rifugio degno di essere considerato tale»
Mi trovai d'accordo con lui, non c'era altra soluzione se non cercare
Lui allungò la mano come se aspettasse che gliela stringessi.
«Cosa?»Gli chiesi esitante e sbigottita, nessun uomo si era mai permesso di guardarmi negli occhi, figuriamoci toccarmi se non per tirarmi a schiaffi.
Era singolare, lo trovai curiosa come cosa.
«Un patto verbale che ci impone di lavorare assieme» allungai la mano, e nemmeno tanto sicura di come effettivamente si facesse, gli strinsi la mano. Le nostre mani erano fredde, e tremavano, ciò fece ridacchiare entrambi.
Lui, dopo pochi istanti, ritrasse la mano e poi incrocio le mani sotto le ascelle tornando a fissare il cielo e l'orizzonte.
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