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《Capitolo 3 》

《Assolutamente no, non se ne parla nemmeno. Reiko ti rendi conto di che casino ti sei andata a cercare?! Conosco la tua forza, ma conosco anche quella di gruppi del genere e sono preoccupato. Forse è più giusto che tu te ne torni da mamma, li almeno sarai al sicuro》
《Ti rendi conto della minchiata che hai appena detto Taki? Non so se te ne sei ancora reso contro, ma è per colpa di quella li, se tu adesso sei dietro le sbarre! Ti ha trattato come un pazzo e tu ora mi stai dicendo di tornare da lei? Dopo quello che ha fatto a te, dopo quello che ha fatto a me. Sai cosa ha fatto quando tu sei stato portato qui? Lo sai?! No, non lo sai! Quella donna non è normale. E poi, ti ho già detto di non chiamarmi più Reiko. Odio quel nome》

Lei era una piccola nuvola bianca in balia del vento, mentre le mani le tremavano come i finestrini di un auto in movimento, urlava nel bel mezzo di un carcere attirando inevitabilmente a se, diversi sguardi dubbiosi sullo sbatterla fuori o meno. Non riusciva a vedere quel ragazzo in quella situazione e non riusciva nemmeno a parlare di quella questione che tanto odiava e più ci pensava più il fiato le mancava, le sembrava di avere la testa sott'acqua. Parlava ad alta voce, ma nessuno la sentiva. Si vedevano solo le bollicine di ossigeno che man mano diminuivano sempre di più, fino a quando smise semplicemente di parlare, interrompendo così quello strano flusso di bolle. Voleva essere qualcuno con una vita invidiabile, qualcuno che seppur avesse i suoi problemi fosse felice per quello che aveva. Una casa e una famiglia riunita la sera per la cena, ma lei non aveva mai avuto nulla di tutto questo, eppure lo aveva sempre sognato nel suo piccolo.

Ed ora suo fratello era dietro un grosso pannello di plexiglass, con i polsi ammanettati e lo sguardo un po' più spento di come lei se lo ricordava... e non poteva far altro che avere paura...

《Il nome con cui vuoi farti chiamare... è Ira giusto?》
《Si》
《Quindi... scusami Ira, non ho pensato prima di parlare, ma... ora come ora sarò sincero. Io ho paura, paura per tutto ciò che ti possa riguardare. Sei l'unica persona che mi è rimasta, l'unica persona riconducibile a una famiglia che ho ed io non voglio perdere anche te, non voglio che tu corra rischi a causa mia, più di quanti tu non ne abbia già corsi. Voglio avere la certezza che tu starai bene》

Lei stette zitta questa volta. Lo capiva anche fin troppo bene quel tonto di suo fratello, eppure non sapeva che altro avrebbe potuto o dovuto fare. Ira non sarebbe scappata, non avrebbe mai abbandonato Takihara Hoshi, in quello schifo di prigione. Ma sebbene le loro situazioni erano diverse, la paura reciproca li teneva uniti, perché ai fratelli Hoshi non era rimasto nient'altro che loro e si aggrappavano costantemente alla possibilità che un giorno sarebbero potuti essere felici...

《Preferisco correre certi rischi che lasciarti qua dentro a marcire per altri sei mesi, per colpe che nemmeno hai. Anzi ne hai una. E sai qual è? Quella di avermi difeso da nostra madre, ed ora tu sei qui. Di che razza di colpa si tratta? Più ci penso e più non posso fare a meno di incazzarmi. Io voglio soltanto poter vivere la mia vita senza problemi, ma ad ogni passo che compio c'è qualcosa più grosso di me che mi si piazza davanti. Anche tu sei l'unica parte di una famiglia che ho e io non voglio lasciarti qua. Io voglio fare qualcosa per noi. Io voglio essere insieme a te una normale famiglia, voglio sapere che cosa significa avere un famiglia! Ed è per questo che ti porterò via da questo schifo di posto. Tu hai sempre fatto molto per me ed ora penso sia arrivato il mio modo di ricambiare》

Tutto ciò che sapeva sul combattimento, era grazie a Takihara. Non sapeva ne quando ne come, ma sapeva che prima o poi le sarebbe servito saper combattere e su questo non si sbagliò... Ma questa era solo una delle tante cose che quel ragazzo aveva fatto per Ira nel corso della sua vita.

Eppure, c'era una cosa che Ira ancora non capiva. Lei stessa si era accecata da quella sua  strana idea di famiglia tradizionale e non riusciva a vedere altre cose che potessero in qualche modo sostituire quello che lei cercava da tempo. L'ambizione di raggiungere quella fantasia, non le mostrava altre strade per arrivarci.

《Ira, ascoltami. Se il tuo concetto di famiglia gira attorno al legame di sangue, sappi solo che  ti stai sbagliando di grosso. Non devi aspettare me per poterti divertire. Una famiglia è ovunque, non ne esiste una tradizionale o meno. Una famiglia non è sempre composta da una mamma, un papà, un fratello o una sorella, la famiglia può essere anche formata da degli amici, basta solo trovare quelli giusti. La famiglia esiste nel momento in cui stai con persone che ti fanno stare bene, che ti fanno sorridere anche quando non hai voglia. Quindi trova quelle benedettissime persone per favore e vivi i 15 anni che ti ritrovi senza rimpianti》

Per Takihara, Ira contava così tanto. Talmente tanto che la stava pian piano spingendo, lontana da se, in una via in cui lui non sarebbe potuto entrare. Ma in ogni caso, lui sarebbe stato sempre presente per lei... ogni qualvolta che ne avesse avuto bisogno. Lei era tutto ciò che gli era rimasto, dopo la morte del suo migliore amico.

L'improvviso suono assordante di una sirena, che sopra le loro teste iniziò anche a brillare di rosso, fece intervenire senza alcun ripensamento, due guardie pronte a scortare senza riguardo e con forza, suo fratello in una cella dalle piccole dimensioni.

《Signorina Reiko, l'orario di visita è terminato per suo fratello. Deve andare》

Disse un'impiegata del posto raggiungendo Ira, che non aveva ancora finito di parlare con Taki. Lei aveva così tanto da dirgli e da raccontargli... Come erano arrivati ad avere un tempo limite per vedersi se lo chiedeva ogni volta.

《Ascolta un'ultima cosa Ira. Se questo ti renderà felice, la mia risposta alla tua richiesta è si. Entra nella Toman e fai tutto ciò che ti passa per la testa. Non avere rimpianti e prendi a calci nel culo chiunque ti si metta contro, trasforma la tua paura in punto di lancio. Affronta tutto ciò che ti fa paura senza vergogna》

E mentre veniva scortato via, le parole che le disse di sfuggita riuscirono ad accecarla, come un raggio di luce nel bel mezzo della notte, che era riuscito a rimetterla in carreggiata in un paio di secondi. Forse era solo una chiacchierata con suo fratello, che avrebbe fatto cambiare veramente le cose e senza nemmeno rendersene conto, era ormai stata scortata fuori dal carcere da cui ne era uscita più speranzosa di prima.

Taki aveva ragione. Lei stava pensando troppo a tutto, se la paura sarebbe arrivata lei l'avrebbe affrontata in quel momento... Esattamente come contro quel tipo della 5a divisione. Non doveva pensarci troppo, le cose doveva affrontarle e basta.

E per il momento aveva ancora una cosa da fare. Trovare Mikey e Draken, perché lei quella sera sarebbe diventata un membro ufficiale della Toman. Così si mise a correre senza un apparente motivo per le strade di quella Shibuya sempre più priva di vita.

Il vento le scompigliava la frangia che curava sempre con tanto impegno, mentre la treccia rossa che non osava non portare, le batteva con fare monotono, contro i diversi piercing che portava sull'orecchio sinistro. La maglia bianca più grossa di lei, sventolava quel poco che riusciva dietro la sua schiena, mentre le bretelle di quella salopette nera, minacciavano di cadere da un momento all'altro. Ed improvvisamente tutte quelle preoccupazioni che aveva raccolto, sembravano essersi accantonate in un angolo remoto della sua mente. Il suo sguardo dalle mille sfaccettature in quel momento era disperso in chissà quale fonte di attenzione, ricolmo di quella determinazione che le era arrivata sul momento.

Forse era un enorme cavolata quello che stava facendo, ma più pensava a quel sorrisetto che Mikey era solito fare, più si convinceva che entrare a far parte della Toman non sarebbe stata un idea poi così cattiva. Voleva conoscerlo, sapere chi lui fosse, ed in qualche modo sperava che la famiglia che tanto cercava, l'avrebbe potuta trovare all'interno di quel gruppo di cui conosceva poco e niente.

E con i pensieri chissà dove, giunse col fiatone di fronte ad una porta di legno dall'aspetto trasandato. Corrispondeva alla descrizione fornitole da Draken, quindi era sicura che il posto fosse giusto e senza più aspettare busso a quella porta che pareva dovesse cadere da un momento all'altro. 

Era la voce del Boss della Toman quella che la invitò ad sorpassare il confine che la porta delimitava e così fece. Erano cinque i ragazzi che al suo ingresso le posarono gli occhi addosso e di tutti quei volti conosceva soltanto quelli di Draken e Mikey che non indulgiarono nel salutare la ragazza appena entrata.

《Ira! Sento odore di buone notizie, sbaglio?》Esclamò Mikey scendendo da quella pila di travi e avvicinandosi alla ragazza.
《Non sbagli, perché ho preso una decisione. Voglio entrare nella Toman 》Disse con quel tono solare a cui Draken e Mikey avevano fatto l'abitudine.
《Andiamo Mikey, adesso facciamo entrare nel nostro gruppo anche le ragazzine? Hey, tu rossa. Guarda che il club di cucito sta da un'altra parte》

Non so cosa glielo fece pensare, ma aveva la netta sensazione che con quel ragazzo dai lunghi capelli neri non sarebbe andata d'accordo. Curiosamente appena finì la frase, un altro ragazzo dai capelli viola lo squarciò con lo sguardo, ma Ira era abbastanza sicura che non stesse certo prendendo le sue difese. Così si guardò un attimo attorno, sotto il continuo sguardo di quei ragazzi dalle mille stature, raccolse una roccia di medie dimensioni e la fece saltare un paio di volte nella mano per poi lanciarla con tutta la sua forza contro quel pallone gonfiato.
Il masso gli sfiorò la faccia, finendo in frantumi dopo aver sbattuto contro la parete alle sue spalle.

《Ma che cazzo, sei pazza!?》Continuò lui infuriato.
《Allora mi sa che siamo in due ad aver sbagliato club, quello palloni gonfiati stava in fondo alla strada. E sono sicura che al prossimo tentativo non mancherò il bersaglio》Quest'ultima frase la disse con un innocente sorriso sul volto, quasi inquietante che ad effetto opposto fece ridere Mikey per quella sorta di bipolarità che aveva appena mostrato la ragazza. Era così buffa.

《Non era male come tiro!》Disse ridacchiando Draken, con un tono così sciolto.
《Penso non ci siano altre obbiezioni a riguardo no?》Domandò Mikey avvolgendo un braccio attorno alle spalle di Ira.

Nei volti di quegli sconosciuti, lei non riusciva ad intravedere cattive intenzioni, eccetto per quel pallone gonfiato di prima. Dubbi ce n'erano a bizzeffe, ma per una volontà non scritta, tutti si fidarono di Mikey.

《Benvenuta nella Tokyo Manji Gang, Ira》

Mini spazio Autrice
Daje che dal prossimo capitolo spacchiamo hahajajaha ✨💪☠️☠️💗

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