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♡. Capitolo 3

[6:30 am]

Erano passati circa due mesi da quando avevi iniziato a fare domanda per lavorare in una casa editrice, anche solo come stagista e finalmente dopo quel tempo, eri stata assunta da una delle più importanti società di pubblicazioni, di Seoul e della Corea stessa.
La vita, in una delle più grandi metropoli asiatiche, e del mondo, non era di certo facile: il tenore di vita era piuttosto alto e mantenersi era davvero la cosa più difficile del mondo, per il semplice fatto che i semplici affitti raggiungevano prezzi esorbitanti. Eri stata piuttosto fortunata, dato che avevi ricevuto subito la borsa di studio dalla 'GongYang Academy', accademia che ogni anno accoglieva ragazzi e ragazze da ogni parte del globo, cosa che di certo ti aveva favorito nelle spese, dato che tutte quelle che riguardavano l'accademia era abbonate.
Inoltre, l'accademia stessa prevedeva, al terzo anno, la possibilità di fare richiesta per un posto di lavoro, fisso, in una delle case editrici di Seoul, possibilità data solamente agli studenti più bravi che di certo si dimostravano come promettenti nel settore dell'editoria e nella scrittura.
Il tempo minimo per l'accettazione di una domanda lavorativa, andava dai 2 mesi, fino ad un tempo massimo di 6 mesi: insomma, era piuttosto difficile essere accettati in un tempo breve, non solo per le eccessive richieste di studenti e personale, ma soprattutto  per le varie raccomandazioni che venivano fatti per ragazzi di alto rango, dato che in corea, nonostante sia il XXI secolo, la popolazione si basava ancora sulla scala sociale.

Quello sarebbe stato il tuo primo giorno di lavoro, ma la giornata non aveva certo intenzione di iniziare nei migliori dei modi...

Il rumore assordante della sveglia scosse le tue orecchie, lasciando che il tuo corpo intorpidito ancora dal sonno, si muovesse un minimo, il quanto bastava per stirarsi, prima di aprire i tuoi occhi leggermente, con quella fioca luce mattutina che arrivava a stuzzicare le tue iridi (c/o), ancora lucidate dal sonno: non eri mai riuscita a dormire bene, il tuo sonno era sempre stato troppo leggero, tanto che il minimo rumore era in grado di lasciarti desta e di non renderti più capace di addormentarti, svegliandoti così con un malumore generale e un malditesta assordante. Spegnesti quell'aggeggio che continuava a suonare imperterrito, producendo solo un forte fastidio nel tuo animo; ti alzasti dal letto, trascianando il tuo corpo stanco, conseguenza del fatto che non eri riuscita a dormire bene per due giorni di fila, verso la cucina, dove avresti fatto una breve colazione.
Preparavi la tua tazza di caffè, mentre osservavi al di fuori di quella vetrata del tuo appartamento, quanto fosse grigia e tetra Seoul, per essere una giornata di maggio: il vento bussava alla finestra, con quel suo fruscio che per quanto potesse risultare fastidioso per molte persone, per te era davvero piacevole. Sentivi come i tuoi muscoli si rilassavano, come i tuoi occhi fossero puntati contro quella vetrata, osservando con attenzione quel panorama grigio, segnato da altissimi grattacieli, che si stagliavano verso il cielo coperto da fitte nuvole che minacciavano pioggia: ad un certo punto, un lampo illuminò tutto ciò che ti circondava, prima che un forte tuono scuotesse tutta la città, ancora dormiente.
Sorridesti, prima di prendere tra le mani quella tazza di caffè, poco zuccherato, portandola alle tue labbra e sorseggiandone il liquido caldo e scuro, da quel forte sapore amaro che tanto ti piaceva.

Finita quella semplice colazione ti recasti in bagno, giusto per dedicarti alle cure del tuo corpo, con l'acqua tiepida che cadeva contro la tua pelle ammorbidendola e facendo sì che i tuoi muscoli si rilassassero a quel piacevole tepore, a cui ti eri concessa; avevi raccolto i tuoi capelli in una crocchia disordinata, giusto per non bagnarli, cosicché li avresti potuti sistemare senza perdere del tempo prezioso. Il tuo giorno di lavoro sarebbe stato fondamentale e un solo minuto di ritardo avrebbe potuto mettere a repentaglio la tua aspirante carriera, anche perché avevi sentito da voci interne alla tua accademia che il CEO, tollerava tutto, tranne la scorrettezza e il ritardo, cosa su cui era estremamente preciso: nonché lui ti facesse paura con delle semplici voci, ma certamente sembrava una persona molto interessante, tutto ovviamente da confermare.
Asciugato il tuo corpo indossasti dei vestiti comodi, dato che nell'e-mail che avevi ricevuto alcuni giorni prima era espresso che gli stagisti non avevano bisogno di una certa uniforme, semplicemente di un vestiario comodo e di una presentazione impeccabile: erano severamente vietati vestiti troppo provocanti o tacchi vertiginosi, camice troppo sbottonate o maglie poco consone all'ambiente lavorativo. Avevi indossato dei jeans a vita alta e una maglietta corta, ma non troppo, che rimaneva morbido sul tuo corpo dalle forme prominenti e delle sneakers; i tuoi capelli (c/c) ricadevano morbidi sulle spalle, perfettamente pettinati e ordinati, mentre il tuo viso era stato contornato da un leggero make-up, che metteva particolarmente in risalto i tuoi bellissimi lineamenti.
Così dopo aver preso la tua borsa, con all'interno tutto il necessario e aver indossato un comodo giubbetto di pelle nero, ti eri diretta fuori dal tuo appartamento, con quel rumore assordante dei tuoni in lontananza, che preannunciavano l'arrivo di un temporale.

La casa editrice si trovava solo a mezz'ora dal tuo palazzo di residenza, tanto che prendere la macchina sarebbe stato solo uno spreco di carburante e di certo, essendo un quartiere finanziario, i posti per trovare parcheggio, anche in aeree sottorrennae, erano tutti riservati ai dipendenti ufficiali o comunque di un certo rilievo, non di certo per una stagista al primo giorno di lavoro.
Non avendo così estremi problemi a livello di logistica, decidesti di prendere la metro: di certo era molto più veloce del pullman e in quell'ora, era più facile trovare code anche di 2 km, per via del traffico, che altro.
Poco prima di arrivare alla fermata, non molto distante dalla tua abitazione, le prime gocce di pioggia iniziarono a venire giù con una certa irruenza, dandoti giusto il tempo di aprire l'ombrello, prima che esse di venissero copiose e iniziasserò a bagnare tutto ciò che era intorno a te, come se stesse piovendo da ore. Il vento per fortuna era cessato, ma la forte pioggia e quel temporale appena iniziato non avevano di certo intenzione di smettere da lì a poco, certo che non avrebbe creato problemi, se non il fatto che le persone si stavano rovesciando, completamente bagnate, lungo la scalinata che portava alla metro, dato che prendere il pullman sarebbe stata un'ottima scelta, se si voleva prendere il raffreddore ed arrivare dannatamente in ritardo. Affrettasti il passo, chiudendo l'ombrello e giungendo al pianerottolo, da dove si trovavano i vari tornelli Parr raggiungere le varie linee metropolitane, ognuna che arrivava in una zona specifica della metropoli: la fila per i tornelli non era particolarmente lunga, dato che la maggior parte doveva fare il biglietto, quindi te la svignasti in fretta, ma lungo la scalinata che portavano alla banchina, dalla quale prendere il treno sotterraneo, notasti che il numero di persone era altissimo, e alcuni addirittura si trovavano costretti agli ultimi gradini, impossibilitati a passare avanti per l'afflusso disumano di persone.

«Perfetto!» pensasti, mentre cercavi di farti avanti, sbattendo qua e là contro alcune persone, alcune completamente bagnati dalla forte pioggia che vi aveva colti tutti alla sprovvista. Ogni treno passava ogni 5 minuti, ciò significava che anche se avresti perso un treno potevi prendere il successivo, l'importante era salire sul successivo: infatti, molti treni non aprivano neanche le portieri poiché troppo pieni e correvano dritte alle fermate più importanti, a meno che qualcuno non doveva fermarsi obbligatoriamente lì.
Quello scenario non era di certo tra i migliori, essere schiacciata tra persone, in una confusione immenda che ti stava dando solo i nervi e creando una fastidiosa emicrania,entre venivi spintonata qua e là da persone maleducate, che avrebbero calpestato puro di passare avanti: eri abbastanza forte, ma non era certo prevedere quello che sarebbe successo se i treni non si fossero fermati o si sarebbero riempiti subito.
Il primo treno, come previsto, non si fermò, mentre il secondo, già abbastanza pieno non diede la possibilità a tutti di salire e per quanto fossi competitiva, per un pelo non eri riuscita a raggiungerlo: ora ti trovavi nel terzo treno, più libero, seduta in una di quelle comode poltroncine, con i capelli totalmente scompigliati e il giubbino inumidito dato lo stretto contatto con persone bagnate fradice. La tua espressione era furiosa, mentre ti osservavi intorno, notando come alcuni risultavano piuttosto precisi e impeccabili «Bella merda» sussurrasti a bassa voce mentre osservavi con noia le varie fermate che si susseguivano fino alla tua. Prima di scendere tentasti di aggiustare i tuoi capelli, decidendo di legarli in una semplice coda, controllando poi attentamente  che il tuo make-up non fosse stato rovinato o che i tuoi vestiti non fossero troppo sgualciti.

Con un certo fastidio in corpo, arrivasti di fronte all'edificio, che si stagliava imponente sulla strada, quasi come fosse un mausoleo, totalmente rivestito di splendide vetrate: all'entrata c'erano poche persone, tutte in abbigliamento comodo che attendevano su alcune poltroncine, poste davanti ai tornelli, che davano accesso ai vari uffici del palazzo. Ti accomodasti anche tu, non dicendo una parola, ricevendo occhiatacce, forse per via del tuo aspetto tipicamente occidentale, o forse per il tuo abbigliamento: insomma era evidente che fossero tutti figli di papà, spocchiosi e egoisti, probabilmente li grazie a qualche spinta dall'alto.
Ma forse, se quella giornata era iniziata male, poteva ancora rimettersi in piedi «Siete il gruppo di stagisti, vero?» chiese una voce calda e profonda, tutti scattaste in piedi, inchinandovi in segno di rispetto «Bene. Io sono Kim Taehyung e sarò il capo del vostro reparto, per ogni cosa dovete fare riferimento a me e ora, vi prego di fare un passo avanti quando chiamerò il vostro nome. Vi consegnerò un badge che vi permetterà di superare i tornelli ed accedere solo nel nostro reparto». Il ragazzo sorrise cordialmente: trovasti che il suo sorriso era molto buffo, dato la sua forma quasi rettangolare, mentre il suo aspetto era veramente impeccabile, tanto da aver già fatto fuori due ragazze del tuo gruppo.
Non era il tuo tipo, ma di certo conservava il suo fascino: i suoi capelli erano di un marrone scuro, lunghi e mossi, i suoi occhi, scuri e profondi, messi in risalto da una piccola linea di make-up, brillavano di una luce quasi sovrannaturale, cosa che ti colpì molto, non avevi mai visto una cosa del genere.
Il suo corpo era slanciato e ben piazzato, seppur non particolarmente muscoloso, cinto da uno smoking, che gli dava l'aria di un ragazzo serio e dedito al suo lavoro.
La sua voce calda iniziò a chiamare i vari nome, prima di giungere al tuo «(T/N) (T/C) » facesti un passo avanti, porgendoti il cartellino di riconoscimento che funzionava anche come by-pass, prima di inchinarti in segno di gratitudine e tornare in linea con gli altri «Prima che vi spiega in cosa consiste il vostro compito, vi presenterò il CEO di questa compagnia».

Vi incamminaste così verso il vostro reparto, costituito da un grandissimo ufficio ben arredato, spazioso e luminoso, dove già vi erano al lavoro alcuni dipendenti, che si alternavano tra computer e scartoffie varie, accatastate a lato di ogni grande scrivania. Alla fine di quel lungo corridoio che attraversava la stanza vi ritrovaste all'interno di una sala, separata dal resto tramite delle vetrate di vetro, con un lungo tavolo di legno, costeggiato da sedie: quella di sicuro era una stanza per una riunione tra i massi esponenti di quel reparto.
Una figura si trovava davanti a voi, di spalle, mentre osservava il panorama della città sconvolto dalla pioggia battente, che bagnava e correva giù lungo quei vetri «Signor Park» disse Taehyung, richiamando la sua attenzione, prima di fare un piccolo inchino, quando il ragazzo si girò, con estrema lentezza verso di voi. I suoi capelli neri erano stati tirarti indietro, con alcune ciocche, bagnate forse, che ricadevano morbide sulla fronte, creando un certo contrasto con quella sua pelle candida, i suoi occhi erano scuri e profondi, quasi ci si sarebbe potuti perdere al loro interno, messi in risalto dal suo ombretto nude. Passavano sulle vostre figure come a scrutarvi attentamente, come se volesse leggere i vostri animi avvolti dalla preoccupazione; le sue labbra erano carnose e rosse, leggermente umide mentre, il suo busto era fasciato da una camicia bianca, perfettamente abbottonata e da una giacca scura, decisamente troppo stretta per le sue braccia, che risultavano perfettamente muscolose. Stessa cosa per le sue gambe, avvolte nel tessuto dei pantaloni, con quelle cosce particolarmente grandi, quasi avessi potuto vedere la loro definizione muscolare.
«Piacere di conoscervi, come credo che sappiate, io sono Park Jimin, il direttore di questa casa editrice. Non ho qualcosa in particolare da dirvi, se non di fare un buon lavoro e di impegnarvi al massimo, dato che da qui sono partiti molti aspiranti scrittori. Vi auguro buon lavoro» disse sorridendo, con quella sua voce calda e roca, quasi da mettere i brividi prima di congedarvi e lasciarvi raggiungere le postazioni, pronti ad iniziare una nuova giornata lavorativa.

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