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♡. Capitolo 11

[punto di svolta]

Passò una settimana da quando era successo quel brutto fraintendimento con Jimin e quell'aria gelida e piena di tensione non accennava a cambiare neanche un pochino. Forse perché lui era troppo orgoglioso, forse perché tu eri troppo infastidita per quelle parole rivolte, forse perché i vostri caratteri così distanti apparentemente, forse erano più simili di quanto aveste mai potuto pensare. Cosa c'era di così tanto in comune tra Satana e un normale essere umano? Soprattutto cosa c'era davvero sotto a tutto quello che stava accadendo? Un pretesto? Possibile.
Per quanto tentasse di rimanere impassibile davanti a te, cercava almeno un contatto con i tuoi occhi (c/o), contatto che non gli avevi mai dato: dopotutto, tu stavi dando il meglio di te per ignorarlo e farlo risentire sulle sue azioni. Non mollavi facilmente e certamente, non avresti mollato nella maniera che voleva lui: forse, ma proprio una possibilità remota, ci sarebbe stata solo se lui si sarebbe scusati sinceramente, senza ricorrere a strani giochetti: non lo conoscevi ovviamente, ma potevi facilmente intuire che quel ragazzo nascondesse più di quanto desse davvero a vedere.
«Fammi indovinare, Jimin non ha risolto proprio un bel niente eh?» chiese la ragazza riccia, mentre Yoongi abbassava lo sguardo «Sia io, sia Jin hyung abbiamo rinunciato. È così ostinato»sbuffò il ragazzo dalla pelle pallida e la chioma corvina, mentre puntava il suo sguardo verso il caldo liquido nero dentro la sua tazza «Sbaglio o ogni volta che tenta di nascondere qualcosa, agisce in maniera sconsiderata?» «In parte gli è stato imposto, in parte è lui stesso a comportarsi così con tutti. Non parla con nessuno, non ho di certo intenzione di forzarlo» continuò, mentre lei guardava la figura di Jimin, ricurva sulla sua scrivania «É sempre stato così?» «No, nei primi anni era piuttosto gestibile, molto più simile agli umani, eppure qualcosa con lui è mutato nel tempo, passando tempo solo, su quel trono del regno infernale, qualcosa di così cupo che lo ha reso ancora più crudele di quanto si fosse mai pensato» si fermò un attimo «Ma tu dovresti saperlo...insomma eri anche tu nell'inferno» «Da un po' di tempo a questa parte ho notato che i ricordi che ho del regno infernale e della mia vita passata, se così si può chiamare, iniziano a svanire, come se non mi fossero mai appartenuti» disse lei, sospirando «Credo che sia il prezzo giusto da pagare, per tornare di nuovo in vita: un rimorso può consumarti per sempre» concluse, prima di tornare a degustare il suo amato e amaro caffè.

I due però notarono come Jimin improvvisamente uscì dall'ufficio, piuttosto scocciato e senza ombra di dubbio lo seguirono: forse nella loro testa avevano già una vaga idea di quello che stava per accadere.
I

nfatti tu, non solo lo avevi ignorato a dovere, ma avevi anche smesso di mandargli gli aggiornamenti dei tuoi capitoli, per quanto riguardava la storia che lui stesso era pronto a far debuttare sull'intero mercato asiatico; ciò lo stava facendo andare davvero su tutte le furie, lo stava davvero facendo crollare ad ogni impulso più strano ed immaginabile. Ovviamente, eri una mossa che avevi studiato a pieno, ma di certo la cosa non sarebbe partita da te: se voleva quello che gli spettava, dovevi almeno ricevere delle scuse. E questo punto non sarebbe mai cambiato.
Il ragazzo entrò nel reparto dove lavoravate, mettendo in difficoltà anche Taehyung, il quale di certo non si aspettava l'arrivo di Jimin. Così mentre tutti gli prestavano attenzione, l'unica che se ne stava a testa a bassa a leggere un manga eri proprio tu ed eri così tanto presa, che non eri forse neanche pienamente cosciente di ciò che stava avvenendo attorno a te: o almeno era così che sembrava.
Un silenzio spettrale cadde su quella che era l'intera stanza, tutti gli sguardi erano puntati sulla figura del ragazzo, nessuno osava muovere un solo dito e persino chi passava di lì, nonostante fosse al di fuori, si fermava ad osservare la scena. Nonostante non ci fossero rumori fastidiosi intorno a te, nonostante tutto fosse calmo, come la quiete prima della tempesta, alzasti il tuo sguardo un attimo, intravedendo Jimin, che aveva lo sguardo puntato su di te. «Park Jimin» sibilasti, ed eri sicura che qualcuno intorno a te fosse rabbrividito «Il motivo di tutto ciò?» «Dovresti conoscerlo» «Non saprei e comunque, tu non conosci il rispetto» dicesti con voce calma, prima di poggiare il tuo manga sul tavolo «Sai ho ben 5 capitoli pronti, ma dubito che tu li voglia vero?» chiedesti sarcastica, mentre il ragazzo continuava a mordersi il labbro in un modo piuttosto nervoso «Cosa credevi, che sarebbero bastati i tuoi insulsi giochetti a farmi cedere?» «Sai credo che sia più giusto se ti licenzi» «Beh, è come gettar via un diamante. Ma fai come meglio credi» «Sono stanco!» in quell'esatto momento stringesti i pugni e per via della tua rabbia il tuo sangue nelle vene prese a pompare più velocemente, facendo salire non solo la tua pressione, ma portando conseguenze anche al tuo respiro, sempre più affannato e a quella tua ragione, che iniziava a perdere via via lucentezza «Tu sei stanco? Di cosa?! Di non fare nulla tutto il giorno?! Parli come se sapessi ogni cosa su di me, come se mi conoscessi e potessi vedere quanto è nera la mia anima, parli come se tu fossi una persona superiore, al di sopra di tutti, un persona che non ha un briciolo di amor proprio verso se stesso e verso gli altri, che non conosce il rispetto verso chi davvero cerca di fare il più possibile per raggiungere un obiettivo. Una persona egoista. Ma sai cosa ti dico, Park? » ti fermassi un secondo per riprendere fiato. «10.000 Won, che gli tira uno schiaffo» sussurrò Taehyung guardando Yoongi e Rosalba «Io dico proprio che gli farà male» disse il più basso, mentre tirava fuori il suo portafoglio «Non ho intenzione di scommettere, ma non credo usi le mani. Userà qualcosa che fa più male» disse la ragazza, con i suoi occhi chiari puntati sulla scena «Se devo lavorare con un essere, che non può essere neanche definito uomo, a questo punto me ne vado» continuasti, mentre tutti si guardavano sbalorditi: sinceramente, eri la prima che aveva agito in quel modo davanti a lui, che era riuscita a tenergli testa in quel modo, che non era caduta nelle sue grinfie fatte di seduzione ed inganno.

Spostasti i tuoi lunghi capelli (c/c) e una volta raccolti tutti i tuoi oggetti personali, uscisti dall'ufficio con passo lento e calmo, mentre di te si stava scatenando qualunque cosa possibile ed immaginabile. Ora quel ragazzo aveva nettamente peggiorato la sua situazione, situazione che sarebbe sicuramente degenerata con il tempo; come alcuni credevano che il tempo avrebbe risanato le ferite, altri invece credevano che io tempo le avrebbe solo aperte di più e tu eri proprio uno di quelli.
Non era sempre facile per tutti affrontare la vita, affrontare qualcosa che si opponeva completamente a qualcosa che si era davvero, non era facile farsi strada tra le insidie della vita. Certo, non potevi dire di averle superate tutte, eppure quell'ostacolo più grande era proprio lui, lui che ti impediva di raggiungere il tuo sogno, lui che occupava così tanto i tuoi pensieri, lui che davvero era in grado di crearti un chaos, che non era proprio di te.
«Se io fossi stata in lei, un pugno non te l'avrei proprio tolto Jimin» disse Jungkook, mentre addentava un pezzo del suo sandwich, mentre continuava ad osservare tutti i suoi hyung che parlavano tra loro «Si può sapere che diavolo ti prende Jimin?! Ti sembra quello il modo di parlare?!» disse piuttosto incalzante Jin, mentre osservava come gli occhi del ragazzo fossero ben rivolti altrove, assente e decisamente pronto ad ignorare di nuovo quello che tutti stavano cercando di capire. «Io spero che tu risolva la situazione perché se andiamo a picco, sarà solamente per causa tua» la voce profonda e roca di Taehyung squarciò quell'aria pesante che si era creata, come un tuono che preannuncia un temporale. Il diavolo continuò ad ignorare ogni cosa, puntato verso quella che era una delle città di spicco dell'intera corea del sud. Era sempre stato convinto, ed era sempre più convinto che più il tempo sarebbe passato, più il suo carattere sarebbe stato meno instabile, più nessuno l'avrebbe capito; probabilmente sarebbe arrivato ad un giorno completamente solo, completamente abbandonato dai suoi amici più il suo comportamento avrebbe progredito. Era destinato a soffrire, a portare su di sé il peso del peccato nel mondo, l'incarnazione del vizio e dell'odio, era destinato a rimanere nell'oblio di un corpo che non gli sembrava appartenere.
Felicità, rabbia, tristezza ormai non esistevano più, erano un tutt'uno con quel senso di vuoto che lo aveva preso a divorare dall'interno,un tutt'uno con quello che lo avrebbe portato sempre più velocemente alla rovina. Il pianto non lo aveva più visto da secoli, eppure per quanto lui volesse abbandonarsi completamente al suo inutile destino, qualcosa lo teneva ancora ben saldo a tutto quello che aveva fatto, lo teneva ancora in piedi e lo avrebbe sorretto ancora per un po'.
E così era rimasto nuovamente solo, senza nessuno a parlare e vociferare attorno a lui, in quell'ambiente lontano da urla e strilla, dovevi poteva stare tranquillo, almeno per un secondo, senza cadere nei suoi bui pensieri, senza dipendere da nulla, neanche da se stesso, senza un minimo di autorità verso chi era davvero Park Jimin.
Seppur il sole fosse in procinto di tramontare, decise di lasciare quell'ufficio, ormai come una casa per lui, per recarsi in un posto che di certo avrebbe aumentato le sue preoccupazioni, ma le avrebbe anche alleviate. Forse poter vedere le anime umane questa volta gli era stato di aiuto e lo avrebbe usato solamente per uno scopo: non trascinare con lui tutte le persone che gli volevano bene e lo avrebbero aiutato in qualsiasi momento.

«C'é un figo alla porta!» urlò Veronica dal soggiorno, mentre Dafne era troppo impegnata ai fornelli, nel tentativo di salvare quella povera omelette rimasta attaccata e mezza bruciata, alla padella. Ti alzasti molto svogliatamente dal divano «Stavo al punto più bello! Che cavolo» sbuffasti, mettendo in pausa uno dei tanti yaoi che amavi guardare, soprattutto dopo una pessima giornata di lavoro.
Non appena fosti davanti alla porta, la apristi piuttosto tranquillamente, ma nel realizzare che era il tuo capo, la chiudersi molto velocemente; peccato che Jimin era un non umano e fu facile per lui impiegare la sua forza per tenerla aperta «Vorrei parlare con te» chiese educatamente «Quello che ti dovevo già dire l'ho detto» «É importante, per favore» non era mai arrivato a pronunciare quella parola, ma questo tu ovviamente non potevi ancora saperlo e chissà, quando lo avresti saputo.
Ruotasti i tuoi occhi, prima di fissarlo nuovamente «Avanti parla» dicesti atona, mentre osservavi come il suo solito comportamento fosse scomparso, come se tutta la sua arroganza e il suo essere meschino fossero scomparsi.
«Sai, ho pensato a quello che mi hai detto e si, hai ragione: io non ti conosco, non so nulla di te, quindi è inutile additarti qualcosa contro. Sono stato davvero duro con te, ho sempre pensato alle mie intenzioni e non ho mai cercato di capire gli altri: ho solamente finto di sapere ogni cosa di loro, ogni turbamento e debolezza solo per farli fuori. Alla fine, non sono altro che un vile» continuò con quel suo tono di voce profondo, ma molto più flebile, con lo sguardo rivolto verso il basso, segno forse di un eccessiva vergogna, soprattutto sotto quel tuo sguardo affilato che gli era stato rivolto contro.
«Permettermi di chiederti scusa per le parole e le offese che ti ho recato, per averti tratta in quel modo. Sarei uno stupido a lasciare andare tale gioiello come te, un gioiello che ha totalmente scombussolato il mio pensiero semplicemente con il tuo modo di scrivere. Capisco se vorrai mollare tutto, capisco se per un po' non vorrai avere la mia opinione su ciò che stai scrivendo e ti chiedo umilmente scusa» quale peggiore ossimoro per il diavolo che non conosceva suddette parole.
Sospirasti, prima di tirare leggermente indietro la testa e massaggiare con i tuoi polpastrelli le tue tempie; Jimin continuava ad aspettare la tua risposta, guardandoti e per la prima volta si sentì in bilico davanti a tutto quello che stava succedendo, non aveva il totale controllo e ciò lo rendeva strano in una maniera inspiegabile.
«Le accetto, ma sappi che se dovesse succedere di nuovo, ti sbatto questa porta sul tuo bel faccino che ti ritrovi» dicesti e davanti a quelle parole Jimin non fece altro che ridacchiare di gusto, cosa che ti fece leggermente sussultare non facendoti perdere però la tua solita compostezza.

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