XXVII. Prima Prova
Adonis
Fa freddo. Il gelo della notte congela il sangue nelle vene. Sto trascinando Kronos attraverso la Foresta.
Spero sappia orientarsi meglio di me, una volta ripresosi dallo shock, perché, personalmente, nonostante abbia una mappa per raggiungere la cittadella, non riesco a leggerla.
E non voglio rischiare che arriviamo tardi nelle nostre stupide stanze. Né di perdere il torneo senza nemmeno averlo iniziato.
Certo, sarebbe il mio ennesimo record da perdente.
Mi volto a guardare Kronos. Lo sto letteralmente trainando, tenendogli il polso. Se ne sta in un silenzio assordante, che mi fa accapponare la pelle più di questa fredda nottata.
«Kronos, dobbiamo raggiungere la cittadella.»
Sgrana gli occhi e mi guarda, come se gli avessi appena rivelato un segreto indicibile. Ha lo sguardo confuso. «Che? No.» Scuote il capo. «Dobbiamo uccidere Athena. Mio padre è solo adesso, è vulnerabile. Potrebbe succedergli qualcos-» Lo afferro per il volto e lo costringo a guardarmi bene. Gli accarezzo con delicatezza le guance coi pollici.
«Non possiamo andarcene. Altrimenti anche la morte di Hades sarebbe inutile. Loro volevano che vincessi. Tuo padre vuole che tu vinca. Io voglio vederti trionfare. Dobbiamo andare alla cittadella e riposarci per la prova di domani, mi capisci?»
Lui annuisce con un flebile cenno del capo. Tira su col naso e mi stringe le mani. «Mi vogliono tutti morto, Adonis. Sono da solo in questo torneo del cazzo.»
Mi si contorce lo stomaco. «Non sarai solo. Ci sono io con te, va bene?»
Mi guarda perplesso. «Non dovresti esserci. Tutti quelli che mi conoscono muoiono. Marciscono, Adonis. Dovresti andartene prima che succeda anche a te.»
Lo scuoto. «Non dirlo ancora. Adesso dobbiamo andare a riposare, come hai intenzione di vincere la prova domani, eh?»
Kronos prende un grosso respiro. Rilascia l'aria a fiotti. I suoi occhi neri, nella notte scura, sembrano risplendere. Leggo il suo dolore, la sua rabbia, e vorrei poterne catturarne almeno una parte per non farlo soffrire ancora. Non mi interessa se non proverà mai nulla per me, l'unico mio obiettivo è vederlo sorridere almeno un po', potergli strappare quelle nubi dallo sguardo.
Si passa le mani in volto e tira appena i ricci tre volte, prima di lisciarseli all'indietro. «Va bene, hai la mappa?»
Annuisco e gliela passo. Non ho voglia di leggere davanti a lui e dimostrargli che, forse impiegando un quarto d'ora, non riuscirei comunque a tirare fuori informazioni utili. Le parole mi girano davanti. «Comunque... so che essendo un campione dovrei saperne un po' di più, ma illuminami su dove staremo.»
Kronos aggrotta la fronte, leggendo sulla mappa. Vedo che ha le mani tremanti. Non ho idea se sia per il freddo o per il nervosismo, ma vorrei abbracciarlo. So, però, che mi respingerebbe incattivito, quindi mi trattengo, sebbene faccia un male fisico non poterlo sfiorare e tenerlo vicino a me.
«Io e Hades abbiamo progettato la cittadella come il posto dove si svolgeranno alcune prove, anche perché altre potrebbero essere all'esterno. Lì potremo dormire. Ci sono alcune stanze, ma niente di che.» Richiude la Mappa e me la passa. «Io non mi accamperei comunque all'interno. Ci sono gli altri campioni sicuramente, ci limiteremo a stare lì attorno nella Foresta.»
Aggrotto la fronte. «Quindi è lì solo per qualche prova e un letto dove dormire?» Mi sembra abbastanza inutile.
«Ci sono anche armi nascoste nelle varie casette, o rifornimenti. Con calma andremo a saccheggiare.» Kronos si stringe nelle spalle e si incammina in avanti, spedito. Non so cos'altro fare, così lo seguo, anche perché ho un tantino paura di rimanerci secco, qui.
Mi affianco a Kronos e gli sfioro la spalla con la mia. Lui mi guarda di sbieco.
«Non è colpa tua. Chissà da quanto tempo Athena stava premeditando questa storia... e tuo padre sarà al sicuro. È furbo quanto te, almeno. Non gli accadrà niente.»
Kronos storce il naso. «Vorrei poterne essere certo quanto te.»
I nostri passi scricchiolano sul letto di rami e foglie. La Luna Piena ci osserva e alzo il naso a guardarla. Ho paura che possa accadere qualcosa a Kronos e non lo permetterò. Fisso quella distesa blu infinita, chiedendomi se mio padre sta vedendo il mio stesso cielo.
Pensa mai a me, durante la giornata?
C'è stato almeno un momento della sua vita in cui mi ha voluto bene?
In silenzio ci avviciniamo alle mura alte della cittadella. Le piante si arrampicano lungo le piccole crepe del cemento, districandosi in alto e fagocitandone quasi le cinta. Sento dei passi provenire dall'interno. Forse Kronos ha ragione, quando dice che dovremmo passare almeno la prima notte all'esterno, tanto per stare tranquilli.
Mi conduce poco distante da lì, vicino a un castello diroccato. Mi scappa un sorriso. «Vuoi trattarmi come un principe stanotte, tesoro?»
Kronos dardeggia lo sguardo su di me. Tiene la fronte aggrottata. «Idiota. Da qui possiamo vedere dall'alto come si muovono nella cittadella. Studiamo i nostri topolini.» Pronuncia quelle parole con una strana voce, intrisa di rabbia.
È eccitante, ma decido di tenere per me il commento e annuisco. Kronos dà un calcio al portone del castello, che si spalanca davanti a noi. Le scale sono ricoperte di polvere e l'ambiente è tetro e abbandonato.
Mi giro su me stesso, guardandomi intorno. Se chiudo gli occhi, mi sembra di immaginare le melodie che una volta potevano riempire l'ampio salone. Vedo donne e uomini vestiti elegantemente, con abiti pomposi e parrucche ridicole, mentre ridacchiano tra loro e bevono.
Ondeggio sul posto, ideando le danze che tutti loro conducevano, dame e cavalieri che si guardano con amore, osservandosi dai lati più remoti della sala. Il profumo di ricchezza e di vino pregiato mi riverbera nella mente. Non nascondo che mi sarebbe piaciuto vivere in quel modo, per un po' c'ero riuscito nella Grande Città, partecipavo a tutti i grandi eventi a cui la mia famiglia era invitata.
Ma continuavo a sentirmi a disagio, costretto a stare fermo e a parlare di politica, sforzandomi di capire quei discorsi che nemmeno mi interessavano, solo nella speranza di strappare un sorriso a mio padre.
Sgrano gli occhi, quando sento la mano di Kronos posarsi sulla mia spalla. «Andiamo su, okay?» Mi indica le scale.
Lo seguo, tallonandolo, perché ho paura che possa lasciarmi qui, cercando da solo la sua vendetta. Sto attento a non toccare il corrimano, incrostato dalla polvere. Raggiungiamo il piano superiore, ma Kronos non sembra intenzionato a riposarsi, o per lo meno non ora. Spinge in avanti un'altra porta, lasciando che ad accoglierci sia l'ennesima rampa di scale a chiocciola.
«Quando ho detto che dovevamo riposarci, non intendevo proprio di farci una collezione di scale, sai, tesoro?»
Kronos fa uno sbuffo rumoroso e borbotta qualcosa che non riesco a decifrare. Mi afferra poi per il polso ed è lui a trascinare me, ora. Non glielo dirò mai, perché la consapevolezza che non potrà mai provare lo stesso per me mi distruggerebbe, ma lo seguirei letteralmente ovunque. Non ha bisogno di trainarmi via, lo farei a prescindere, anche se volesse che attraversassi con lui le strade infiammate dell'Inferno.
Saliamo lungo una delle torri, raggiungendo il punto più alto. Kronos indica una finestra, che si affaccia direttamente sulla cittadella. Si avvicina alle grate, ormai erose dal tempo, e, dopo qualche strattone di troppo, riesce a tirarle via. Lancia i ferri lontano e si affaccia, rannicchiandosi lateralmente per lasciare spazio anche a me. Mi affianco a lui e guardo la struttura che si estende di fronte e sotto di noi.
Ha l'aria di una cittadella fantasma, sebbene le mura siano nuove, è comunque disabitata. Rabbrividisco, immaginando che forse un tempo, quando le nostre città erano unite, c'erano posti simili, con quell'aspetto. Magari c'erano persone, una vita vera. Negozi e venditori, il cui chiacchiericcio riempiva le strade, affollate magari anche di bambini che giocavano a calcio.
Assottiglio lo sguardo. Vedo il campione di Zeus, perché ormai sono sicuro non sia stato scelto da Medea. Si aggira lungo le strade. Sfracassa porte di alcune piccole abitazioni, alla ricerca di qualcosa. «Cosa sta cercando?»
Kronos aggrotta la fronte. «I rifornimenti e le armi nascoste.»
Rabbrividisco. Con me non ho alcuna arma. Il torneo non prevede che ci uccidiamo tra noi, ma non è nemmeno vietato. Sbricio Kronos al mio fianco. «Perché? Insomma, chi diavolo vuole uccidere?»
«Me.» Kronos stringe la presa sul cornicione di pietra. Le vene delle mani gli si ingrossano. Poggio la mia sulla sua, intrecciando le nostre dita.
«Non ti succederà nulla...» Aggrotto la fronte. «Dopo la prima prova dobbiamo entrare lì. Ho bisogno di armi per difendere entrambi. Non credo che il pugnale che mi hai regalato mi basterà.»
Kronos annuisce, stringendomi la mano. Il mio stomaco fa una capriola. Resterei così per sempre. Non ho mai provato nulla di simile, non so neanche cosa diavolo sia. So solo che mi aggrappo a queste sensazioni con tutto me stesso. Sono così egoista che non ci rinuncerei per nulla al mondo.
«Facciamo due turni. Riposa prima tu, io mi accerto che nessuno venga a infastidirci. Poi ti sveglio e faremo a cambio.»
🫀🫀🫀
Al mio risveglio, Kronos è di fronte a me. Strizzo gli occhi e mi rendo conto che è mattina.
Gli mollo un pugno sul braccio. Gli scappa un rantolo, ma non gli do il tempo di protestare. «Perché?!»
Kronos aggrotta la fronte. «Perché cosa, perdonami?»
«Avevi detto che mi avresti svegliato per fare cambio turno! Non hai riposato per nulla! Ma sei deficiente?» Mi tiro in piedi di scatto, ignorando la vista annebbiata per il movimento repentino. Gli accarezzo le mani e mi acquatto di fronte a lui.
Kronos ha gli occhi contornati da un paio di occhiaie, eppure lo trovo comunque bellissimo.
«Sto bene, tranquillo.» Si tira in piedi e si affaccia dalla finestra, invitandomi a seguirlo. Obbedisco e mi affianco a lui, che inizia a indicarmi un punto nella foresta, non così distante da dove ci troviamo.
«Dobbiamo andare lì. La prova di Mirah ci aspetta.»
Ci prepariamo velocemente. Kronos nasconde un pugnale dietro la schiena, legandolo alla cintura. Mi aiuta a fare lo stesso col mio. È difficile cercare di concentrarsi sulla prova e non su di lui, lo ammetto. Riesce ad attrarmi a sé come una fottuta calamita.
Raggiungiamo presto il punto indicato dalla luce nel bosco. Camminiamo uno accanto all'altro. Le nostre spalle si sfiorano più di una volta. Prima di raggiungere il centro, Kronos mi stringe per un secondo la mano, intrecciando le nostre dita.
Credo di star per avere un attacco di cuore. Lo sento schizzare quasi in gola. Mi massaggio il petto, cercando di darmi un contegno. Quando mi lascia la mano, mi sento di colpo vuoto. Mi sembra di sprofondare nella terra.
Gli altri partecipanti sono già lì. Non mi sono particolarmente simpatici, almeno dall'esterno, non che li conosca.
Prima che mi addormentassi, ieri Kronos mi ha detto di aver notato che, tra il campione di Zeus, Dedalus, e Demeter, la campionessa di Hades, ci sia qualcosa. Osservando come sono vicini, non penso di poter dissentire.
Un uomo dai tratti orientali ci guarda e sorride buono. «Buongiorno, campioni. Io sono Argo e vi illustrerò la vostra prova.» Indica una collina alle nostre spalle. Sembra abbastanza ripida da scalare. «La vostra prima prova consisterà nel sopportare il peso del vostro peccato.»
Kronos al mio fianco deglutisce. Lo vedo irrigidirsi. Vorrei dargli coraggio, prendendogli la mano, ma so che reagirebbe molto male davanti a tutti. Mi limito a restargli vicino, nella speranza che gradisca almeno la mia presenza.
Argo riprende a parlare. Indica dei macigni. Non devono essere pesantissimi, ma comunque non ho una piacevole sensazione. «Ognuno di voi dovrà scrivere sulla propria roccia il motivo che lo ha portato a essere qui. Dovrà trascinare il proprio peccato fino all'arrivo. Vincerà il primo che arriverà col macigno. Se ve ne liberaste, perdereste comunque.» Ci porge dei pennarelli. «Controllerò ognuno di voi. Conosco le motivazioni di tutti voi, non potrete imbrogliare.»
Guardo Kronos, che annuisce.
È difficile cercare di non sbirciare sui massi dei miei avversari. Kronos scrive di due omicidi, ma non voglio fargli ulteriori domande.
Osservo Teseus, che so essere un insegnante. Mi chiedo come possa mai fare, senza un piede; sebbene abbia una protesi, non mi sembra proprio in forma. Noto che si avvicina al masso col proprio nome e scrive di essere solo zoppo, ma poi aggiunge una postilla. Abusava e picchiava i suoi studenti.
Mi ribolle il sangue nelle vene. Mi sembra di sentire ancora i tonfi delle bacchettate sulle mie mani.
Sei inutile, Charles.
Quando imparerai almeno a leggere?!
Sbagliato! Stupido ragazzino.
Vorrei spaccargli la faccia.
Anzi mi piacerebbe strangolarlo, per sentirlo implorare.
Kronos mi picchietta il gomito. «Che c'è?»
Scrivo sul mio masso dell'ennesima rapina e della mia ludopatia. «Abusava dei suoi studenti.»
Kronos si incupisce. Indica con un cenno del capo Dedalus e Demeter. «Si conoscevano nella Grande Città. Lui è stato arrestato per le sue idee libertine. Lei per essere da Hades diceva di essere innocente. Ma a quanto pare no. Gestivano un giro di prostituzione.» Prende una piccola pausa. «Minorenni.»
Stringo i pugni. Sbircio Kronos di sbieco. Anche lui si è incupito. Credo che dopo di noi, ormai, a vivere nella città dei reietti ci sarà soprattutto una nuova generazione: quella dei figli di questi criminali, che si ritroveranno a espiare delle colpe che non sono loro.
Ma questi... questi sono dei mostri. Almeno più di me, più di Kronos, ne sono certo.
Non meriterebbero una seconda occasione per nulla al mondo.
Tutti ci posizioniamo sul nastro di partenza.
Alzo lo sguardo verso il cielo. Grigio e nuvoloso. Ha l'aria di essere particolarmente capriccioso o dispettoso oggi. Non ho un'ottima sensazione.
Afferro il mio masso, ma mi sembra già pesare fin troppo. Osservo Teseus. Per lui sembra molto semplice. Ho la sensazione che il suo sia il più leggero di tutti. D'altronde è la prova del suo distretto, è impossibile non sia un favorito.
Kronos si posiziona al mio fianco e, allo sparo del via, spinge in avanti il proprio macigno, lasciandolo scivolare giù per la collina, poi si lancia al suo inseguimento.
Dedalus gli urla dietro. Si volta a guardare Argo. «Sta imbrogliando!»
L'uomo si gratta il mento e scuote il capo. «In effetti non ho mai detto che dovevate portarlo in braccio. Solo chiudere il traguardo con il macigno...»
Kronos ci guarda da metri di distanza e ghigna. «Tecnicamente, sto comunque portando il mio peso.» Inizia a spingere in avanti.
Presto tutti lo imitiamo, tranne Teseus, che, invece, trasporta il proprio macigno tra le mani, tenendo il masso in braccio. Si piega appena in avanti, ma riesce comunque a muoversi agilmente. Aggrotto la fronte.
Il percorso è ancora lungo e Kronos è in testa, ma Teseus potrebbe raggiungerlo tranquillamente, se non superarlo.
Non posso permetterlo.
La strada diventa sempre più pesante. Inizia a piovere all'improvviso. Un temporale si abbatte su di noi e il terreno si infanga. La pioggia batte così forte che guardare in avanti è sempre più difficile. Storco il naso. Mi tiro i capelli all'indietro. Far rotolare il masso nel fango, ora, è scomodo. Non scivola, c'è troppo attrito.
Un lampo ruggisce nel cielo, illuminandolo poi di colpo. Pare voglia squarciarlo in due, mentre tutte le sue ramificazioni tremolano nel buio. Rabbrividisco.
Teseus ormai potrebbe solo passare in vantaggio. Non posso permettere a Kronos di non arrivare per primo. Ho bisogno di un'idea.
Andiamo Adonis, puoi farcela.
Raccolgo da terra alcune pietruzze. Demeter e Dedalus sono troppo distratti per prestarmi attenzione. Inizio a colpire la figura di Teseus. Alla schiena. Poi alle gambe. Poi in testa. Più di una volta. Lo distraggo e lo infastidisco. Lascio stare il mio macigno, la mia prova non mi interessa. Corro in avanti, superando tutti.
Kronos mi guarda confuso. «Guarda che senza il tuo cazzo di masso non vinci!»
Non lo ascolto. Inizio a saltare sotto la pioggia, urlando e distraendoli tutti. Kronos mi ignora e continua lungo il suo percorso. Aspetto che Teseus lo superi.
A quel punto, decido di tornare indietro al mio masso. Muovendomi, vado incontro a Teseus. Gli assesto una spallata, facendogli cadere il masso dalle mani. Gli do un calcio al piede dove ha la protesi. Inizio a saltare così forte, da strappargli diverse urla di dolore.
«CHE CAZZO FAI?» Mi urla contro, piagnucolando.
Mi allontano poi, quando vedo che gli è quasi impossibile tirarsi in piedi per la stanchezza. Sorrido cattivo, inclinando il capo di lato. «Mi vendico dei bastardi che appartengono alla tua specie.» Gli sputo addosso e mi allontano, fino a raggiungere il mio masso.
Mi volto a guardare Kronos, ormai quasi all'arrivo, e il peso sul petto mi si alleggerisce. Almeno sono riuscito a dargli un ottimo vantaggio, che so benissimo non sprecherà.
La pioggia continua a battere incessante, mentre mi perdo a osservare Kronos tagliare il traguardo.
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