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𝐋'𝐚𝐜𝐜𝐨𝐫𝐝𝐨.

DRACO'S POV

Le scale sembrano non finire mai, ogni passo rimbomba nella mia testa mentre le urla rimbalzano sulle pareti di pietra, colpendomi al petto. Non posso permettere che sia lei. Non lei. Mi faccio largo nella folla, spingendo corpi indolenti e sguardi vacui.

Arrivo al centro della sala comune, ma il sollievo è solo temporaneo: la figura distesa a terra, priva di sensi e bagnata di liquidi non meglio identificati, non è Phyton. Il cuore mi batte ancora come un tamburo, e l'adrenalina mi fa voltare freneticamente la testa, cercandola tra i volti. «Phyton... dove sei?»

Mi rivolgo a un ragazzino del terzo anno, afferrandolo per il colletto:
«Hai visto Regius? Una ragazza dai capelli rossi, Serpeverde?»
Lui si limita a fissarmi, smarrito, e balbetta: «Non so nemmeno come sono finito qui...»

Inutile.

Avvisto Amelia, una figura familiare in un mare di estranei. «Amelia! Aspetta!» grido, scavalcando altri corpi. Lei si ferma, il volto preoccupato. «Hai visto Phyton? È qui?»

«No...» risponde, con un filo di panico nella voce. «Draco, cosa sta succedendo? Le è successo qualcosa?»

La ignoro, riprendendo a correre. La sala comune sembra trasformarsi in un labirinto, le risate e la musica distorte come in un incubo. Spingo via chiunque mi ostacoli, i miei occhi scrutano ogni angolo. E poi la vedo.

Capelli rosso fuoco. Un lampo di sollievo mi attraversa, ma muore rapidamente. È lì, in piedi, circondata da un gruppo di ragazzi. Il mio sguardo si fissa su di lei, e un gelo mi percorre la schiena. Uno studente del settimo anno la stringe troppo forte, la sua mano premuta sulla sua vita come se gli appartenesse.

«Andiamo di sopra, dai...» balbetta lei, la voce incerta, un filo spezzato dall'alcol.

«No, dai... Divertiamoci un po'!» risponde quel verme con un sorriso viscido, avvicinandola ancora di più.

Il sangue mi si ghiaccia nelle vene, e poi ribolle in un'esplosione di rabbia. Mi avvento su di lui senza pensare, le mani che stringono il suo collo con una furia incontrollabile. Lo scaravento a terra, e il mio pugno si abbatte sul suo volto una, due, tre volte.

«Sporco bastardo!» grido, la mia voce un ringhio animalesco.

«Malfoy, basta!» Urla qualcuno alle mie spalle. Mani mi afferrano, tirandomi via, ma non mollo la presa. Il ragazzo sotto di me sputa insulti, il volto già segnato dai colpi.

«Sei morto, Malfoy! Pezzo di—»

«TACI!» ringhio di nuovo, liberandomi dalla presa di chi tenta di fermarmi. «Non osare nemmeno guardarla mai più, o ti giuro che—»

«Draco, lascialo!» Blaise mi strattona con forza, i suoi occhi fissi nei miei, un misto di preoccupazione e ammonimento. «Non fare altro casino.»

Finalmente mi fermo. Il respiro pesante, il petto che si alza e si abbassa in una danza frenetica. Guardo Phyton: i suoi occhi sono semi-chiusi, il volto pallido. Sta in piedi a malapena.

Senza dire nulla, mi avvicino e la sollevo tra le braccia. È leggera, quasi fragile. Ignoro gli sguardi di tutti mentre mi dirigo verso le scale che portano ai dormitori.

NELLA SUA STANZA

La adagio delicatamente sul letto, ogni movimento calcolato, come se fosse fatta di vetro. Lei si muove debolmente, le palpebre che si aprono appena.

«Puoi... portarmi a letto?» mormora, la voce debole, spezzata, eppure intrisa di una fiducia che mi fa stringere il cuore.

La coperta scivola tra le mie dita mentre la sistemo, cercando di non guardarla troppo a lungo. Non voglio che veda quello che provo davvero.

La sua mano afferra la mia debolmente. «Draco...»

«Shh. Dormi, Phyton.» La mia voce è un sussurro, un ordine gentile.

Non mi muovo. Resto seduto accanto a lei, il suo respiro lento che riempie il silenzio della stanza. Eppure, il mio cuore è tutt'altro che calmo. Perché so che questa notte non dimenticherò ciò che ho visto.

E so che domani, lei non dimenticherà quello che ho fatto.

PHYTON'S POV

Le lancette dell'orologio segnano le nove del mattino. La luce che filtra dalla finestra mi colpisce il viso, ma non è questo a catturare la mia attenzione. È Draco, sdraiato accanto a me, il respiro profondo e le sue dita intrecciate alle mie, come se avesse temuto di perdermi nel sonno. Per un istante, sembra vulnerabile. Sereno, persino.

«Draco?» lo chiamo piano, sperando di svegliarlo senza turbare quella pace apparente. «Ehi... sono le nove.»

Lui borbotta qualcosa di incomprensibile, la voce impastata dal sonno. Poi, con tono pigro e quasi lamentoso, mormora:
«Lasciami dormire ancora un po'...»

Sospiro, decidendo di concedergli qualche minuto in più. Ma mentre il silenzio della stanza mi avvolge, frammenti della notte precedente iniziano a riemergere, come ombre che si insinuano nella mia mente. Mi giro verso di lui, il cuore che accelera.
«Draco... cosa ci fai qui?» chiedo, la voce più ferma ora. «Io ero tra le braccia di...»

«Di quello stronzo.» La sua voce si fa improvvisamente più chiara, il tono tagliente. Si stiracchia, guardandomi con occhi ormai del tutto svegli. «Sangue sporco, per giunta.»

Le sue parole cadono pesanti, ma c'è qualcosa di più nel suo sguardo: una rabbia trattenuta, un dolore che non riesce a nascondere.

«E tra noi?» sussurro, cercando di decifrare i suoi pensieri mentre mi sollevo sui gomiti. «È successo qualcosa...?»

«Niente.» La sua risposta arriva rapida, quasi tagliata. Si alza, afferra i suoi vestiti e comincia a rivestirsi con movimenti misurati. «Non volevo che ti accadesse nulla. Tutto qui.»

Rimango in silenzio, ma qualcosa nella sua freddezza mi turba. «Mh,» emetto, incerta.

Draco si ferma e si volta, le sue sopracciglia si aggrottano. «Cosa significa quel 'mh'? Lo dici sempre quando hai qualcosa da insinuare.»

«Niente.» Scrollo le spalle, ma un sorriso accenna sulle mie labbra. Non posso resistere. «Solo che...»

«Risparmiami.» Mi interrompe bruscamente, tornando allo specchio per sistemarsi i capelli con gesti rapidi. «Lo so già. Ero geloso. Non servono le tue analisi psicologiche.»

Non riesco a trattenere una risata. Mi alzo e lo abbraccio da dietro, stringendolo contro di me. La sua tensione si percepisce persino attraverso il tessuto della sua camicia. «Lo sapevo,» gli dico con tono dolce, quasi malizioso.

Lui si libera dal mio abbraccio, girandosi per fissarmi con occhi che non hanno perso quel gelo. «Non c'è nulla di divertente, Phyton. Non lo è affatto.»

«Stavo scherzando!» ribatto, cercando di stemperare l'atmosfera. «Volevo solo farti capire come mi sento io quando ti vedo con Astoria.»

Ecco, il suo sguardo cambia di nuovo. Si oscura, diventa qualcosa di più profondo. «E ti sembra il modo?» domanda, la sua voce un sussurro pericoloso.

Il sorriso svanisce dalle mie labbra. «Non ce la facevo più, Draco. Mi hai chiesto di aspettare. Mi hai chiesto di... pazientare. Ma quanto ancora dovrei farlo?»

«Pazientare non significa rinunciare!» esplode. La sua voce riempie la stanza, e il suo sguardo è una miscela di frustrazione e dolore. «Non puoi capire quanto tutto questo sia complicato!»

«No, Draco.» Lo guardo dritto negli occhi. «Io capisco fin troppo bene. Sei stato freddo con me, distante. E intanto, io dovevo solo stare lì, ad aspettarti.»

Il suo respiro si fa più pesante. Si porta una mano al volto, come se volesse nascondere qualcosa. Quando finalmente parla, la sua voce è più bassa, spezzata. «Non sono più lo stesso da quando ti ho incontrata. Non lo capisci? Ogni parte di me è cambiata. Ma Astoria...» Esita, le parole che seguono sembrano pesargli come macigni. «Non merita di essere ferita. Non è colpa sua.»

La sua sincerità mi colpisce come un macigno. Le sue parole pesano, ma non riescono a cancellare il nodo che si stringe nel mio petto. Lo guardo, cercando di tenere la voce ferma. «E io? Io cosa merito, Draco? Di essere l'ombra di un sentimento che non ha mai trovato il coraggio di emergere?»

Lui abbassa lo sguardo, le spalle si incurvano leggermente come se portasse il peso del mondo intero. Poi si avvicina, con una lentezza che sembra voler rispettare il mio spazio, ma i suoi occhi sono fissi nei miei, come se cercasse di decifrare ogni emozione che provo.

«Phyton... non posso chiederti di capire. Posso solo chiederti di credermi.» La sua voce è un sussurro, carico di una vulnerabilità che raramente gli appartiene. «Sto cercando un modo per mettere fine a tutto questo, senza distruggere tutto. Per favore... dammi tempo. Non posso perderti, ma non posso neanche ferire lei. Ti chiedo solo questo. Non lasciarmi.»

Il silenzio che segue è assordante. La sua mano si allunga verso di me, incerta, quasi temendo che io la respinga. Invece, la afferro, stringendola con forza. Non rispondo subito, ma gli occhi che fisso nei suoi parlano per me. Alla fine, il mio sussurro rompe il silenzio: «Non ti lascerò, Draco. Ma non farmi aspettare per sempre.»

Lui annuisce, e per un attimo sembra che il mondo intero si sia fermato.

DUE MESI DOPO

Il tempo ha un modo crudele di trascinarsi quando l'assenza si fa pesante. Due mesi di silenzio, due mesi senza Draco. La sua decisione di metterci distanza mi ha lasciata più vuota di quanto avrei mai immaginato. Non è solo il dolore della mancanza; è il peso del dubbio, il timore che tra noi tutto sia già perduto, che questa distanza non sia una pausa ma una fine.

Ogni notte rivedo i suoi occhi, sento la sua voce, immagino un futuro che si sgretola prima ancora di esistere. E ora, con la fine dell'anno scolastico alle porte, il senso di vuoto si fa insostenibile. Tra due giorni saremo fuori da Hogwarts, e l'idea che il tempo e la distanza possano trasformarci in estranei mi toglie il respiro.

Mi siedo nella Sala Comune di Serpeverde, circondata da voci e risate che risuonano nell'aria. Ma io non riesco a concentrarmi. Draco è lì, come prefetto, intento a spiegare i dettagli della festa di fine anno. La sua voce è fredda, distaccata, come se non ci fosse mai stato nulla tra di noi.

«Regius,» pronuncia il mio nome con un tono che non tradisce alcuna emozione, «vieni a prendere il tuo abito.»

Mi alzo, camminando verso di lui con passi misurati. Quando arrivo di fronte alla sua figura eretta e impeccabile, non riesco a guardarlo negli occhi. Prendo la scatola che mi porge e mormoro un formale: «Grazie, Malfoy.»

Il suo sguardo mi segue mentre torno al mio posto, ma io mi costringo a non guardarlo. Non questa volta.

«Pesante questa,» sussurra Amelia, una delle mie compagne, osservandomi.

«Cosa vuoi che faccia?» ribatto con un mezzo sorriso tirato. «Sono stanca di tutto questo gioco. Stanca di aspettare.»

Lei sospira, ma è Pansy a intervenire con la solita ironia velenosa. «Lascialo perdere. È solo un altro Malfoy: arrogante, bellissimo, e irrimediabilmente stronzo.»

Rido debolmente, ma le sue parole graffiano una ferita ancora aperta. Cerco di ignorare il tumulto dentro di me, concentrandomi sul discorso finale di Draco.

«Ricordate: colori della nostra Casa, maschere che onorino il nostro fondatore, e soprattutto... niente sciocchezze con Grifondoro.» La battuta finale provoca risate tra gli studenti, e per un attimo, Draco sembra tornare il ragazzo sicuro e spavaldo che conoscevo.

Quando i nostri sguardi si incrociano, però, il mio cuore salta un battito. Per un attimo sembra che voglia dire qualcosa, ma io distolgo lo sguardo, tornando a parlare con le mie amiche.

Poco dopo

Sono seduta vicino al camino, cercando di decidere come trascorrere il pomeriggio, quando sento la sua voce alle mie spalle.

«Phyton. Posso parlarti?»

Mi irrigidisco. Il mio cuore inizia a battere più forte, ma cerco di mantenere un'espressione neutra. Annuisco, cercando di non tradire il tumulto interiore.

«In privato,» aggiunge, con uno sguardo che non lascia spazio a discussioni.

Lo seguo in silenzio verso un angolo appartato della sala. Quando si assicura che nessuno possa sentirci, si gira di scatto e mi prende per mano.

«Come stai?» chiede. La sua voce è più bassa, più morbida, ma il mio cuore si stringe al pensiero che sia la prima cosa che mi dice dopo settimane di silenzio.

«Bene,» mento, con un sorriso tirato.

«Non mi sembra,» risponde, osservandomi con quella sua capacità di leggermi dentro che odio e amo allo stesso tempo.

Non so cosa dire. Stringo le labbra, guardandomi attorno per cercare una via di fuga, ma lui non me la concede.

«Perché mi hai guardato così, prima?» domanda all'improvviso.

«Non ti guardavo in nessun modo,» mento di nuovo, più per difendermi che per convinzione.

«Sì che lo facevi.» Si avvicina di un passo, la sua figura torreggiante su di me. «Un momento sembravi indifferente, l'attimo dopo...»

«Draco, cosa vuoi?» lo interrompo, esasperata. «Se tutto quello che hai da dirmi è questo, preferisco tornare dalle mie amiche.»

«Aspetta.» La sua mano afferra il mio polso, e il contatto mi fa mancare il fiato. I suoi occhi, freddi e intensi, ora sembrano scaldarsi leggermente, lasciando intravedere qualcosa di più fragile.

«Voglio proporti qualcosa,» dice con voce bassa.

«Cosa?» domando, confusa e forse un po' impaurita dal modo in cui mi sta guardando.

«Voglio scappare,» risponde.

Il mio cuore si ferma. «Scappare?» ripeto incredula.

«Stanotte,» prosegue, il tono deciso. «Non ci presenteremo alla festa. Ho già trovato chi ci sostituirà. Ti porterò lontano da qui. Voglio mostrarti un posto.»

Rimango immobile, le sue parole che risuonano nella mia mente come un'eco.

«E Astoria?» riesco a dire, la mia voce appena un sussurro.

Draco esita, ma poi scuote la testa. «Non m'importa più di lei. Ho sbagliato. Ho sbagliato tutto, Phyton. Voglio solo te. Sono stanco di fingere, stanco di aspettare. Ti voglio accanto a me, adesso.»

Le sue parole sono un colpo al cuore. Non riesco a fermarmi. Lo afferro per il viso e lo bacio, con tutta la passione e il dolore che ho trattenuto in questi mesi. Lui non si ritrae, anzi, mi stringe più forte, come se volesse assicurarsi che non sparisca mai più.

Quando ci stacchiamo, i suoi occhi bruciano di una determinazione che non gli ho mai visto prima.

«A stasera,» gli dico, con un sorriso che non riesco a trattenere.

Lui annuisce, sfiorandomi una guancia. «A stasera, piccola Serpeverde.»

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