𝐈𝐥 𝐩𝐞𝐫𝐢𝐜𝐨𝐥𝐨 𝐢𝐦𝐦𝐢𝐧𝐞𝐧𝐭𝐞 𝐞 𝐥𝐚 𝐧𝐮𝐨𝐯𝐚 𝐜𝐨𝐧𝐨𝐬𝐜𝐞𝐧𝐳𝐚.
PHYTON's POV
La cena è finita, e mentre gli studenti si allontanano verso i loro dormitori, mi ritrovo a camminare per i corridoi bui, diretta verso il solito angolo dove io e i miei amici ci incontriamo lontano dagli occhi indiscreti. Non so bene perché, ma ho un'intensa sensazione di inquietudine che mi cresce dentro, come se qualcosa di oscuro stesse per accadere.
Il suono dei passi che risuonano sul marmo del corridoio mi fa rabbrividire. Sento una voce familiare: «Ehi, eccola...» È Hermione, che avverte subito gli altri, e Ron risponde quasi simultaneamente.
«Ciao, Phyton!» salutano all'unisono, le loro voci un po' più basse, ma colme di una preoccupazione che non posso ignorare.
Rispondo loro con un sorriso forzato: «Ciao ragazzi...» Ma dentro, il peso della colpa mi schiaccia come una montagna.
Hermione, con la sua consueta empatia, non perde tempo e afferra subito il mio stato d'animo. «Phyton, non devi sentirti in colpa,» dice, e la sua voce è così dolce, ma anche preoccupata. «Vogliamo solo capire il perché... insomma, ci siamo scritte per tutta l'estate! Non c'è stato giorno in cui non mi hai risposto. Ci tenevamo sempre aggiornate, capisci? La mia è stata, ed è, una preoccupazione. Siamo amici, e ti vogliamo bene. Se vediamo che qualcosa non va, dobbiamo essere sicuri che tu stia bene...»
La sua sincerità mi colpisce, e sento un nodo stringersi nel petto. Come posso spiegarglielo? Come posso dire loro che la mia anima sta svanendo, lentamente, giorno dopo giorno? Come posso dirgli che ogni istante che passo in questo mondo mi avvicina alla fine della mia stessa esistenza? La minaccia è reale, e Voldemort sta tornando, e presto... sarò costretta a fare la mia parte per proteggerlo.
Ron, sempre il più pratico, prende il suo turno. «Si, è così, ti vogliamo bene! Se c'è qualcosa che non va, ci confidiamo sempre. L'amicizia è anche questo, Phyton. È volersi bene con l'anima e esserci sempre per l'altro.» Le sue parole sono sincere, ma non posso ignorare il peso della mia ombra che incombe su di me.
Sento un groppo alla gola, ma decido di non cedere. Non posso dire loro la verità, non ancora. «Ragazzi... io apprezzo davvero il vostro affetto. Mi scuso con te, Ron, per aver accettato l'invito della tua famiglia e poi rifiutato. Ma il fatto è che... sono stata poco bene...» La mia voce suona stanca, forzata.
Hermione non sembra convinta, ma non insiste. Pensa che mi stia proteggendo da qualcosa che non voglio dire. Ma non può immaginare quanto siano reali i miei timori.
Poi, come se volesse scoprire una parte della verità, Hermione si lancia nel racconto di un episodio che ha sconvolto tutta la sua estate. «Sai, al campeggio... quando siamo tornati... abbiamo trovato i Mangiamorte. Non puoi immaginare cosa è successo! Hanno torturato i babbani e appiccato il fuoco. Il cielo, dalla loro presenza, era diventato oscuro, e il marchio nero è apparso nel cielo...» La paura nei suoi occhi è evidente.
Harry, che fino a quel momento era stato silenzioso, abbassa il capo e, con un cenno d'intesa, mi fa capire che vuole parlare con me in privato. Non posso credere che ci stiano ancora pensando. Non posso credere che non abbiano visto cosa sta per accadere.
Dopo che Hermione e Ron si allontanano, Harry mi fissa intensamente. La sua voce è bassa e seriosa, quasi un sussurro: «Phyton... so che tra di noi c'è una connessione speciale, non so come, ma ci capiamo. E poi... ho fatto un sogno.» La sua mano si stringe involontariamente, come se volesse conficcarla nel suo petto. «Ho sognato Voldemort. Non è la prima volta, ma questa volta... era diverso. Mi sono svegliato con la cicatrice che bruciava, e ho sentito qualcosa... anche te.»
La sua voce si fa più tremante, ma io non posso fare altro che mentire. Non posso dargli la verità, non posso dirgli che ho sentito anche io quel richiamo. Che sento la sua presenza avvicinarsi, e che la mia stessa esistenza è ormai condannata. «Non so di cosa parli, Harry. Non so... davvero non so,» rispondo, con una finta indifferenza che mi ferisce dentro. «Non voglio parlare di Voldemort. Ora, scusami, devo andare.»
Mi allontano di corsa, lasciandolo indietro con gli occhi pieni di domande senza risposta. Ma so che è l'unica cosa che posso fare per proteggerlo, per tenere lontano il destino che mi perseguita.
Sei ore dopo
La luna è alta nel cielo, e ho bisogno di stare sola. Dirigermi verso la finestra che mi ha sempre dato sollievo mi sembra l'unica scelta possibile. Spero che questa notte, la mia mente possa trovare un po' di pace.
Corro, cercando di evitare che qualcuno mi veda. La mia mente è confusa, ma qualcosa mi spinge a cercare la tranquillità nel silenzio della notte. Quando arrivo finalmente, la finestra è vuota. Nessun segno della testa di platino che avevo temuto di trovare. E così, finalmente, mi siedo sul bordo, con la luna che illumina il mio viso.
«Come farei senza di te?» dico a voce alta, rivolta alla luna, ma la risposta arriva da una voce maschile, sicura, che mi fa sobbalzare.
«Oh beh, ciao anche a te! Non pensavo che avresti sentito la mia mancanza già così tanto!» La voce è chiara, allegra. Quando mi giro, vedo un ragazzo alto, dai capelli scuri e occhi penetranti. Un Tassorosso, senza dubbio. Ma non l'avevo mai visto prima.
«Piacere, io sono...» comincio, ma lui mi interrompe.
«So chi sei. Tutti lo sanno. Ma non è mai stato facile per noi Tassorosso accettare i Serpeverde. Ero convinto fossi come loro, ma poi ho parlato con Potter, Weasley e Granger, e ho capito che forse ero troppo precipitoso...» La sua sincerità mi sorprende.
«Il tuo nome..?» chiedo,il mio tono incerto tradisce la mia curiosità. Le parole mi sfuggono, ma è come se avessi bisogno di sentire il suo nome per intero, quasi a cercare qualcosa che mi sfugge.
Cedric ride, un sorriso che sembra allontanare ogni traccia di tensione tra di noi. «Oh sì, scusa, sono logorroico, lo so. Ho pensato di raccontarti tutto in una volta invece di...» La sua voce si interrompe, e posso vedere che sta cercando le parole giuste. Si ferma, un istante di pausa, poi si corregge. «Lo sto facendo di nuovo, okay basta. Sono Cedric, Cedric Diggory! Piacere mio, principessa!» E, con un movimento elegante e inaspettato, mi bacia la mano, facendo scorrere una scia di imbarazzo lungo la mia schiena.
Non posso fare a meno di arrossire, nonostante cerchi di mantenere la mia compostezza. «Piacere, Cedric. Io sono Phyton Regius Serpeverde, ma chiamami Phyton, o come preferisci,» rispondo con un sorriso che non posso trattenere. Sento una leggera emozione nell'aria, un'inquietudine che mi attanaglia lo stomaco, ma non voglio mostrarla. Non ora.
Il suo sguardo si fa più attento, come se cercasse qualcosa oltre la superficie. «Perché sei qui tutta sola, Phyton?» Mi chiede con dolcezza, e non posso fare a meno di sentirmi vulnerabile di fronte a quella domanda, come se mi stesse leggendo.
Mi sento impacciata, ma la verità mi scivola via dalle labbra senza volerlo. «Oh beh... mi piace osservare la luna.» Rispondo, cercando di non sembrare troppo fragile, ma lo so, lui lo percepisce. La luna è sempre stata il mio rifugio, il mio unico posto sicuro. E in quel momento, forse, è anche l'unico posto in cui mi sento davvero me stessa.
Cedric sembra pensare per un attimo, poi, con un sorriso che illumina il suo volto, si avvicina un po' di più. «Posso farti compagnia?» chiede, e la sua voce è così genuina, così priva di qualsiasi secondaria intenzione, che non riesco a dirgli di no.
«Accomodati,» lo invito, facendo un gesto verso il posto accanto a me, dove in passato avevo sempre fatto accomodare un'altra persona. La mia mente, però, vola altrove, ad un ricordo che non riesco a scacciare.
Ma non ho il tempo di pensarci che lei è lì. La sua voce, come sempre, ha quel tono pungente che mi fa stringere i denti. «Adesso anche con i Tassorosso, Regius? Cos'è, una tendenza la tua, cadere sempre più in basso?» Mi domanda, la sua voce melliflua che ancora una volta mi fa gelare il sangue.
Poi, come un'eco che non riesce mai a svanire, arriva l'altra. La sua risata stridula mi perfora i timpani. «Il gatto ti ha morso la lingua, piccola Regius?» Concluda Pansy, la sua voce satura di disprezzo.
Non posso più far finta di niente. Non posso più restare in silenzio. Lo so, non posso permetterlo. Ma questa volta non reagirò come prima.
Draco, che dovrebbe essere il mio alleato, mi ha deluso in ogni modo possibile. Mi ha voltato le spalle troppo a lungo. Non è più lui quello che ero pronta a difendere.
«Ciao testa di platino,» dico a Draco, senza nascondere l'ironia. «Vedo che ti porti ancora al guinzaglio quella scervellata e svampita della tua ragazza.» Le parole escono con una naturalezza che mi sorprende.
Pansy non ci sta. «Come ti permetti tu, che sei il disonore...» Inizia, ma non ha il tempo di finire la frase che la interrompo.
«Non ti farò portare in infermeria come l'ultima volta, Parkinson, o procurarti altri incubi per mesi interi a causa del mio cobra, ma ti prego, continua pure a parlare. Prima o poi dirai qualcosa di originale e intelligente, insomma, sembri un disco rotto,» ribatto, il mio tono implacabile.
Pansy, incredibilmente, resta senza parole. Tira un respiro pesante, infuriata, ma non può fare nulla. Con un gesto rabbioso se ne va, lasciando Draco da solo, senza la sua fedele cagnolina al seguito.
Mi guardo intorno, avendo la sensazione che il mondo si sia fermato per un istante. «Malfoy, attento. Va a riprendere la tua cagnolina.» Gli dico, facendo un gesto con la testa verso Pansy che se ne sta andando.
Draco resta immobile, come se non sapesse cosa fare. I suoi occhi, che prima erano pieni di superiorità, ora sembrano persi, confusi. Dopo un momento di silenzio, si gira, abbassando la testa, e se ne va, lasciandomi sola con Cedric.
«Ecco a cosa mi riferivo...» dice Cedric, facendo un cenno verso l'episodio appena accaduto. La sua voce è calma, riflessiva.
«Non siamo tutti così,» continuo, «in realtà non lo siamo mai stati. È che a volte, la ricchezza e il potere possono dare alla testa, e ti fanno sentire superiore su tutti, e poi lui...»
«Prima che tu possa terminare la frase, è soltanto uno sprovvisto di umiltà. Non ha cuore, è un egoista e, soprattutto, razzista, per quanto riguarda noi mezzosangue...» dice interrompendomi. Non so perché, ma quelle parole sono uscite come se fossero sempre state dentro di lui.
Cedric mi guarda con attenzione, ma non dice nulla per un momento. Poi, con un sorriso triste, prosegue. «Ormai ci sono abituato.»
Mi sorride dolcemente, ma poi aggiunge qualcosa che mi coglie impreparata. «Non vorrei ferirti, Phyton, ma ho visto come vi guardavate. Ho visto quanta complicità c'era tra di voi e so che sei stata anche la sua ragazza. Anche se, in verità, mi chiedo sempre cosa possa trovarci una ragazza in lui. Soprattutto una come te. Non sei una qualunque, senza offesa per le altre...»
Questa sua affermazione mi fa arrossire talmente tanto che non so più dove mettere la faccia. Mi sento sopraffatta dalla sua gentilezza, dal suo rispetto. Inaspettato. Il suo sorriso, quella dolcezza che non mi aspettavo, mi fa perdere le parole. In un impulso, mi avvicino e gli sferro un bacio sulla guancia, un gesto che non avevo mai fatto prima, ma che in quel momento mi sembra naturale.
Cedric sembra sorpreso, un po' imbarazzato. «Wow... adesso ho perso il filo...» Mi dice con un sorriso timido.
Rimaniamo così, a parlare della luna, di Hogwarts, della vita.
La sua compagnia è il rifugio che avevo cercato per tutta la serata.
Quando è il momento di separarsi, mi accompagna nei sotterranei, ma prima di girare l'angolo, mi bacia ancora la mano. «Domani mattina, potrei mostrarti qualcosa di speciale. Un posto dove puoi sentire davvero la serenità, il sole che tramonta. Ti aspetto, Phyton.»
Mi lascia con un sorriso enigmatico, promettendomi di stupirmi. «È un posto segreto,» dice, e io non posso fare a meno di sorridere. «Scommetto che non ci sei mai stata.»
Un'idea che mi fa riflettere, ma anche una sfida che accetto con curiosità. «Difficile,» rispondo, «questa è casa mia, ma prometto che ti darò una chance.»
Gli auguro la buonanotte con un secondo bacio sulla guancia, e con un sorriso, mi allontano.
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