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𝐃𝐢𝐬𝐜𝐞𝐧𝐝𝐞𝐧𝐳𝐞.

PHYTON'S POV

I mesi sono trascorsi da quel terribile incidente. Ogni giorno, quel ricordo mi tormenta, come un'ombra che non vuole lasciarmi. Sono ancora scossa da quel momento, da quella forza che ho scatenato, quella potenza che mi è sfuggita di mano. La mia magia, che un tempo sembrava così naturale, è diventata una maledizione. Mi è stato vietato usare il mio potere, e Silente ha fatto in modo che non avessi più accesso alla mia unica fonte di forza: le mani. Quelle mani che avevano scatenato il caos, quelle mani che avevano fatto emergere il lato più oscuro di me.

Un'onda di disorientamento ancora mi avvolge, ma una verità mi è chiara: il mio potere è troppo grande per me stessa. Ho imparato a utilizzare la magia in modo diretto, senza l'ausilio di bacchette o strumenti. Le mani erano state il mio canale, la mia via di accesso all'energia infinita che mi abitava. Non avevo mai avuto bisogno di altro. Le mie mani, che emettevano l'energia più pura e incontrollabile, avevano sempre obbedito ai miei comandi. Fino a quel giorno

Mi ricordo perfettamente il momento in cui Silente mi ha fatto rinvenire nell'ufficio di Piton, pronunciando l'incantesimo Reinnerva con quella voce calma ma autoritaria. La mia testa aveva pulsato come se qualcosa stesse esplodendo dentro di me, ma la sua voce mi aveva tirato fuori dal vuoto.

Da quel giorno, non posso più usare la magia se non attraverso una bacchetta. La bacchetta. Una reliquia magica che non avevo mai posseduto, mai desiderato. Ora, sotto la supervisione attenta di Severus Piton, mi trovo a Diagon Alley, per acquistare quella che potrebbe essere la mia unica salvezza.

Siamo arrivati davanti alla bottega di Ollivander. La insegna, scritta con una calligrafia antica, mi fa rabbrividire: Ollivander: fabbrica di bacchette di qualità superiore dal 382 a.C.. Non ci sono mai entrata prima, ma in qualche modo, so che questo passo è inevitabile.

Quando varchiamo la soglia, una sensazione di oppressione mi avvolge. Il negozio è piccolo, ma ogni angolo è colmo di scatole di bacchette, una sopra l'altra, che sembrano osservarti con occhi invisibili. L'odore di legno antico e polvere mi fa girare la testa.

«Signorina Serpeverde, ho sempre sperato di incontrarla!» La voce di Ollivander mi sorprende mentre si fa avanti con un sorriso curioso. «Severus, che piacere vedervi!»

Piton non emette alcun suono, ma fa un lieve cenno con il capo, come se fosse già preparato a quello che stava per accadere.

«Allora,» dice Ollivander, alzando un sopracciglio, «non credo che abbiate bisogno di una bacchetta, Severus, la vostra è in perfetta forma. Ma per la signorina Serpeverde...» Si ferma, osservandomi con una certa preoccupazione, come se sapesse qualcosa che io stessa ignoro. «Posso solo immaginare cosa ci facciate qui, ma forse, sarebbe meglio cominciare subito con una selezione.»

Piton fa un gesto per tacere Ollivander. «Lei non può più usare il suo potere,» interviene, con la sua solita voce gelida. «A causa di un incidente che ha coinvolto un altro studente, la signorina Serpeverde ha dovuto subire una punizione. Da ora in poi, la sua magia sarà limitata all'uso della bacchetta.»

Ollivander mi scruta per un momento, i suoi occhi grigi che sembrano penetrarmi l'anima. Poi scuote la testa, mormorando a se stesso: «Un peccato... ma vediamo cosa posso fare. Forse, questa sarà quella giusta.»

Mi porge la prima bacchetta: è di un nero corvino intenso, lucida, con un leggero scintillio che attraversa la superficie. «Legno di Sequoia, cuore di drago, nove pollici e mezzo. Molto rigida...» Mi guarda con aspettativa. La prendo in mano. Non succede nulla. Un silenzio teso riempie la stanza. Non c'è nulla. Nessuna connessione. La bacchetta sembra quasi respingermi.

«No...» dico, a me stessa più che ad alta voce, lasciandola cadere sulla scrivania. «Non è questa.»

Ollivander sorride come se si aspettasse che non fosse quella giusta. Senza dire nulla, afferra un'altra bacchetta e me la porge. «Questa è di legno di Ulivo, crine di unicorno, dieci pollici e un quarto, flessibile.» Quando la prendo, sento un calore improvviso, ma è troppo instabile. Un piccolissimo fiammifero di magia si accende nel mio palmo, ma poi la bacchetta prende fuoco in un attimo. Senza pensare, Ollivander la ritira con un movimento rapido. «Decisamente no!»

Un altro respiro teso scivola tra di noi. Poi, Ollivander sembra come trovare qualcosa che lo ha colpito. «Ah, eccola...» dice con una luce negli occhi. «Legno di Biancospino, corno di Basilisco, dieci pollici e mezzo, rigida. Unica nel suo genere. Solo i veri discendenti di una stirpe potente hanno posseduto una bacchetta come questa.»

Quella parola, Basilisco, mi fa tremare. Un brivido di qualcosa di oscuro e antico percorre la mia schiena. Prendo la bacchetta.

Un'ondata di energia mi travolge come un uragano. Non è come le altre. Non è come tutto ciò che ho mai provato prima. È come se la bacchetta mi conoscesse, come se si fosse fusa con il mio sangue, come se le sue vene battessero all'unisono con le mie. La mia magia fluisce senza sforzo, e una luce rossa, calda e potente, esplode nei miei occhi.

Il mio cuore accelera. Una sensazione che non posso descrivere con parole riempie ogni fibra del mio essere. Non ho mai provato nulla di simile. Questo è potere. Questo è io.

«Questa...» balbetto, senza riuscire a trattenere il mio sorriso, «questa è la mia bacchetta.»

Ollivander sorride dolcemente, quasi sollevato. «Mia cara, lei è nata per possederla. Non c'è dubbio. Questa bacchetta non si è mai sbagliata.»

Il cuore mi batte forte nel petto mentre guardo la bacchetta. Le sue venature sembrano pulsare, come se fosse viva. E in qualche modo, so che non è solo una bacchetta. È un legame, una chiave che potrebbe aprire porte che non avrei mai voluto aprire.

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