𝚁𝚞𝚐𝚒𝚊𝚍𝚊 {𝟜/𝟝}
Neverland Ranch, California
- 10 Settembre 1999
La tenda era leggermente scostata dalla grande vetrata della sua stanza, quel tanto da far trapelare la fioca luce del mattino, che imperterrito aveva preso il posto del buio della notte.
Natalie inspirò più volte, tenendo le mani incrociate sopra al petto non esageratamente prosperoso, osservando di tanto in tanto l'uomo che riposava al suo fianco, con la bocca semi aperta.
Tuttavia non era riuscita a conciliare il sonno in quelle ore in quanto il giorno seguente, sarebbe partita e ritornata così, alla sua maestosa e caotica Los Angeles.
Immersa nei suoi più celati pensieri, la fanciulla alzò il busto, attenta a non destare il sonno del cantante che di risposta, emise un mugolio roco e si girò su un fianco, dandole di spalle e provocandole così, un sorriso divertito e mentre egli era immerso ancora nel suo mondo incantato, ella si tirò su a sedere, osservando la valigia ancora vuota in fondo al letto.
Con attenzione si guardava intorno, percependo una sensazione di pura malinconia pervaderle le ossa all'idea di lasciare quel luogo magico, superlativo ed estremamente dolce che la teneva legata a lui, al suo mondo - proteggendoli così dall'effimero contorno, dall'ignoto.
Lo vide agitarsi un poco nel sonno, come un bambino indifeso e leggermente scosso da un brutto incubo ed affiancosi nuovamente alla sua figura, gli accarezzò il viso, più volte, con il dorso della mano - rilassandosi quando il respiro del moro, tornò regolare.
«Jackson, il mio piccolo uomo adulto» mormorò a bassa voce, con un sorriso sghembo - per poi trotterellare in bagno, per dedicarsi ad un bagno caldo.
Nonostante il fardello che si portava addosso, la fanciulla decise di rilassarsi alla beata sensazione di tepore che le regalava l'acqua intorno a se, beandosi di quella sorta di intimità che si era ritagliata solo per se stessa.
Giocherellava con la schiuma, schizzando di tanto in tanto l'acqua con i piedi mentre aveva azionato della buon musica classica di sottofondo, ad un volume non eccessivamente alto dato che il cantante stava ancora riposando dall'altra parte della porta.
Quest'ultimo infatti, non percependo più la fisicità della dama al suo fianco, una volta tastato il materasso con la mano destra - aprí le palpebre lentamente, battendole ripetutamente e tirandosi su con il busto, fece caso al fatto che si fosse addormentato con la camicia ed i jeans, che aveva addosso dalla sera precedente.
Inspirò, serrando le labbra in una linea dura quando, svegliandosi del tutto - il suo sguardo si focalizzò sulla valigia aperta della giovane, che mano a mano stava preparando per la partenza stimata al mattino dopo.
In tutto ciò, ancora non si era accorto che ella vi era in bagno, completamente ignara che egli si fosse alzato e quindi ordinato la colazione, a fine che una delle sue governanti, gliela portasse in camera non insinuando domande - e percependola canticchiare, bussò alla porta di ciliegio.
«Bambina, sei lì dentro?» chiese con aria innocente, mentre si portò alla bocca un biscotto al cioccolato.
«Ah-Ah» gli rispose l'altra, avvampando. «Ti sei svegliato, principino?» lo prese in giro, temendo che egli, scaltro e caparbio come era, facesse ingresso nel bagno.
«Direi di sì» e ridacchiò, appoggiando la schiena alla porta. «Da quando sei lì dentro?» e alzò gli occhi al cielo, sbuffando.
«Non molto» si difese ella, coprendo il suo corpo nudo con della schiuma. «Sà Jackson, non è carino disturbare una ragazza mentre sta dedicando del tempo a se stessa!» lo canzonò, successivamente.
«Beh» e la sua grande mano si posizionò sulla maniglia della porta, abbassandola lievemente. «Parlare al di là della porta, non è disturbare» e rise, aprendo di scatto l'unico divisionario che li teneva distanti. «Fare irruzione nel bagno, si» e sorrise malizioso quando i suoi occhi color cioccolato fondente, si piombarono sulla figura snella e priva di indumenti della giovane, che dalla vergogna, si immerse ancora di più nell'acqua.
«Michael, maledizione!» avvampò sulle gote ella, imprecando contro l'uomo, che spavaldo fece qualche passo verso la sua direzione. «Non sono presentabile!» aggiunse, osservandolo con fare torvo - mentre la schiuma bianca latte le copriva le curve, lasciando solo qualche spiraglio, dedito a compiacere la fervida immaginazione dell'uomo che aveva di fronte.
«Mmh» mugolò egli, deglutendo. «Ti trovo bellissima, invece» ammise, percependo l'aria della stanza, divenire pesante. «Hai fame, Nat?»
Ella inspirò, quando il moro si inginocchiò sul pavimento, con i gomiti appoggiati ai bordi di ceramica. Tuttavia la osservò con attenzione, porgendole un biscotto, che la giovane mangiò ben volentieri.
«Mmh, sono quelli che ha preparato Emily ieri sera» e se lo gustò, masticando molto lentamente. «Sono buonissimi» e ne prese un altro, provocando delle risa da parte della celebrità.
«Perché mi guardi così?» gli chiese poi, inarcando un sopracciglio.
«Perchè sei buffa, Miller» e con il dorso della mano, le sfiorò una guancia soffice, soffermandosi al lato destro della bocca carnosa. «E sei sporca qui, di cioccolato» emise in sussurro, mentre con la lingua bagnò il pollice, pulendo la parte interessata.
Inspirò quando sfiorò il labbro inferiore della fanciulla, serrando le palpebre quando la sua lingua calda bagnò quest'ultimo, accogliendolo delicatamente nella sua bocca, schiudendola un poco: un gesto che fece inconsciamente, lasciando intravedere il suo desiderio recondito di essere toccata da lui.
Ella deglutì ridacchiando, mentre quest'ultimo continuava a percorrere il perimetro del suo mento, della sua mandibola, del suo collo, arrivando alla spalla, che picchiettò con i polpastrelli, sfiorando l'acqua.
Michale intravedendo il seno nudo tra il sapone, catturò il suo labbro inferiore con la dentatura, continuando quel gioco sensuale con le dita.
Scese ancora di più, immergendo la mano totalmente nell'acqua, disegnando dei cerchi immaginare nella cavità centrale del petto della giovane, che trattenendo il respiro, lo osservò da sotto le sue lunghe ciglia.
«L'idea che tu parta domani, mi lascia dell'amaro in bocca» mormorò poi, con voce roca e carica di desiderio. «In aggiunta al fatto che non so quando potremo rivederci ancora. E questo» deglutì, serrando le palpebre ed inspirando. «È quello che mi spezza totalmente» e scese ancora, bagnandosi la manica della camicia, per poterle sfiorare il ventre piatto.
«Michael, pe-per favore» balbettó ella, appoggiando la schiena, alla ceramica della vasca. «Dio solo sà, quanto tutto questo mi mancherà» continuava lui, scendendo sempre di più, soffermandosi al di sopra del suo inguine, inclinando il volto di lato.
Natalie abbandonò il capo all'indietro, inarcando il bacino per andare in contro alla mano dell'uomo, che straziato e con un lampo di lussuria nello sguardo, continuava ad accarezzare al di sopra della sua femminilità, vedendola serrare la mandibola in una linea dura.
«Ed io, ti mancherò bambina?» emise in un sussurrò, avvicinando il capo al suo, aspettando un segnale per spingersi leggermente più in fondo, con le carezze.
La giovane ridacchiò, dilettata dal quel gioco. «Ho ancora fame, Michael» aggiunse, alludendo al suo desiderio e speranzosa che quella frase carica di cupidigia, fu la risposta che attendesse il suo lui, che ormai fuori di senno, emise un leggero rantolio di piacere e con la punta del naso, le sfiorò la pelle bagnata tra l'incavo del suo collo.
Lui fermò la mano, a mo' di coppa sopra il suo punto sensibile ed ella, protese le braccia in avanti, avvinghiandole al collo dell'uomo, il quale - colto di sorpresa, la sollevò dalla vasca di peso.
Natalie lo baciò con ardore, annullando la misera distanza tra le loro bocche e legando le gambe nude alla sua vita, affondò le mani nella sua chioma.
Lui gemette quando la sua lingua fu ben accolta da parte di lei e percependo il tepore della sua pelle nuda sotto le sue mani, la strinse a se - tastando il pavimento leggermente scivoloso con i piedi e mentre era impegnato a ricambiare quei baci violenti, raggiunse il letto a fior di tentativi.
La stese sul materasso, osservando ancora una volta quel corpo umido e colmo di goccioline, privato da un qualsiasi tipo di indumento - al di sotto della sua imponente figura e schioccando la lingua al palato, le baciò il naso.
«Sei ancora più bella di come ti ho immaginata, in tutti questi mesi» le disse, con suono gutturale mentre con l'indice sfiorò nuovamente il mento, il collo, il seno e - con un sorriso beffardo, ripercorse le medesime zone con le labbra, schiudendole di tanto in tanto per lasciare su di esse, dei languidi baci.
Ella inspirò, affondando le mani nella sua chioma quando la lingua del cantante si soffermò su un suo capezzolo, iniziando poi a succhiarlo piano e con desiderio.
Natalie si lasciò coccolare, avvampando all'idea di lui così malizioso, completamente esperto sul campo ed eccitata da quei giochi colmi di lussuria, ribaltò la situazione a fine che egli si distese al di sotto del suo corpo e che le loro intimità, potessero finalmente toccarsi - combaciando perfettamente a fine di percepire la vigorosa tumescenza, crescere mano a mano al di sotto il ruvido tessuto dei pantaloni.
Ella ridacchiò vedendolo arrossire per via del forte imbarazzo e dandogli un bacio a fior di labbra, iniziò a sbottonare la sua camicia color verdone, ormai completamente fradicia a causa sua. «Forse sollevarmi dalla vasca, non è stata un'ottima idea» lo canzonò, soffermandosi a guardarlo.
«Mi devi una camicia, ragazzina» la prese in giro, aguzzando lo sguardo in maniera dilettata, mentre impacciato le accarezzava il ventre, incerto sul da farsi.
«Ah-Ah» mugolò ella, congiungendo ancora una volta la sua bocca gonfia a quella del moro che goffo, posizionò la mano destra sulla fibbia della sua cintura, intento a scioglierla mentre con quella libera, palpava in maniera vigorosa il fondoschiena della dama.
«Umh, che gentiluomo»
«Avanti» e le diede un piccolo buffetto sopra la natica sinistra. «Mi imbarazzi così!» e ridacchiò, non concentrandosi sul fatto che il telefono nella sua tasca posteriore, iniziasse a vibrare.
«Shh, lascialo fare» mormorò, gemendo quando le sue piccole mani, gli abbassarono la zip dei jeans. «Non abbiamo idea di quando riusciremo a rivederci» balbettò, ormai completamente infervorato.
Natalie annuí quando però lo stesso telefono riprese a squillare, questa volta in modo incessante ed fastidiosa della precedente, così, si allontanò dal corpo del cantante.
«Cazzo, Natalie..» protestò egli, con tutta la
chioma arruffata e la bocca semi-aperta.
«Rispondi, sarà importante dato che non smette di squillare» brontolò, portando le ginocchia al petto, diventando timida all'improvviso.
Il moro inspirò, ancora rosso in viso, con la cerniera dei pantaloni aperta ed il cavallo gonfio. Si passò una mano sul volto più volte, portando l'apparecchio all'orecchio. «Deb, cosa c'è ora?» ringhiò, con voce stizzita e bassa, intravedendo il volto della giovane divenire torvo.
«Cosa, adesso?» aggiunse, mentre teneva la lingua tra i denti con un'espressione corrucciata e con lo sguardo, seguiva i momenti di lei, intenta a rivestirsi.
«Okay, okay ascolta» e sospirò, in collera. «Tra una mezz'ora sarò da te, ma non prima di una mezz'ora» e riattaccò, sbuffando.
«Natalie, mi dispiace..» balbettò, gattonando verso di lei che nel frattempo si era infilata una maglia larga e rosa. «Credimi» e le prese il mento tra le mani, percependo la delusione palpabile da ogni poro della fanciulla che aveva davanti.
«È meglio così» e virò lo sguardo altrove, non sentendosi capace di sostenere lo sguardo languido dell'uomo. «Noi ci stavamo lasciando troppo andare»
«Non pensare che questo» e si mise su di lei, opprimendola con il peso del suo corpo. «Sia stato un sbaglio, ho desiderato ogni cosa» ed arrossì.
«Invece è sbagliato!» insistette l'altra, agitando le mani. «Sei sposato con un'altra donna e finché non sarà effettivo il vostro divorzio, lei avrà sempre una qualsiasi pretesa nei tuoi confronti, come è giusto che sia» sentenziò, abbassando lo sguardo.
«Bambina, ma io..»
«Le cose sono così, Michael. Lo sapevamo fin dall'inizio dopotutto. Inoltre, provo molta difficoltà a lasciarmi andare completamente a te, nonostante io lo desideri» aggiunse. «Penso che il sesso sia una parte fondamentale in un rapporto, sopratutto tra due persone come noi - che ogni tal volta sono insieme, sono nel loro mondo magico, nella loro bolla speciale» e tirò su con il naso, sentendosi per una volta fragile ai suoi ed egli, vedendola in quello stato, si sedette sul letto per poi avvolgerla tra le sue braccia. «Ma ogni volta che ci proviamo ad andare oltre, la magia viene spezzata» concluse lei, tirando su con il naso.
«Te lo prometto bambina mia, un giorno tu sarai pienamente mia ed io - sarò completamente tuo» e le baciò tra la chioma bionda, sentendosi un errore ancora una volta. «Dobbiamo ancora avere pazienza» e le tirò su il volto, con due dita sotto al mento. «Anch'io penso che fare l'amore sia una cosa bellissima ed importante quando due persone si piacciono e..» le gote gli divennero rosse. «E penso tu abbia notato quanto io ti desideri, ma no solo fisicamente - ti desidero in tutto il tuo essere»
«Ma non è ancora il nostro momento, Michael» e lo abbracciò, stringendolo a se.
«Shh prima o poi, lo sarà bambina» e si catturò una lacrima, con l'indice della mano in quanto tutto voleva, tranne cedere davanti alla ragazza e mostrare così la sua paura, la sua incertezza di renderla felice.
[...]
Los Angeles - 12 ottobre 1999
«Sono passate quasi quattro settimane bambina e non hai idea» e ridacchiò, temendo salda la cornetta del suo telefono - tra l'incavo della spalla e l'orecchio. «E non hai idea di quanto mi manchi la tua presenza ad un passo da me, la tua camminata, il tuo modo di sfidarmi continuo, il tuo sorriso sghembo quando faccio una battuta che in realtà non fà ridere..» continuava il cantante, virando la sua attenzione altrove.
«In realtà, quasi tutte le tue battute non fanno ridere!» lo prese in giro ella, mentre osservava la madre cucinare. Dopotutto ancora non aveva raccontato ai suoi, lo scambio di sguardi complici, di carezze, di baci dolci con colui che, nonostante fossero distanti - percepiva la sua presenza maledettamente vicina.
«Mah» si finse offeso. «In realtà sono un burlone» e ridacchiò, una risata genuina e limpida.
Natalie rimembrava una delle tante telefonate delle sere precedenti, da quando in realtà - non sentiva il cantante. Erano passati precisamente due giorni da quando non aveva sue notizie ed immaginava fosse decisamente impegnato per non telefonarle, dopotutto coglieva un qualsiasi momento libero pur di sentirla e corteggiarla anche a distanza.
«È partito ieri sera, Nat» le confidò Emily quella mattina, alla domanda della bionda. Le dispiaceva risultare pesante, insicura e magari anche diffidente ma era plausibile una minima preoccupazione da parte sua. «Ma nessuno qua ha saputo più niente, pensa» e rise. «Non ha portato con sè, nemmeno Frank»
E la ragazza rimuginava a quella veloce informazione ma nonostante ciò, nonostante gli mancasse come l'aria e fosse in pensiero in modo considerevole, la sua vita non si fermava - anzi, era diventata un vera e propria insegnante di ballo ed ora le sue aspirazioni era divenute più alte, più ampie.
«Papà vorrei andare a vivere da sola, prima dell'inizio di questa primavera» aveva spiegato a Carl, prendendogli le mani. «Vorrei consolidare la mia vita, la mia carriera - muovendomi da Los Angeles e perché no..» aggiunse, agitando le braccia in aria. «Fondare un'accademia di danza, tutta mia!» concluse, dando alla luce un suo desiderio, quello più intimo.
«Beh tesoro mio» le disse l'uomo, grattandosi il mento. «Penso tu abbia tutte le carte in regola per potercela fare!» e le sorrise, aprendo le braccia. «Ma nonostante questo, rimani la piccola di papà!» la prese in giro, vedendola diventare rossa per via del forte imbarazzo.
«Leggiamo il giornale insieme?» le domandò ancora lui, sedendosi sul divano ed infilandosi i suoi occhiali da vista.
«Come quando avevo dieci anni e mi sedevo sulle tue ginocchia, sporcando la tua camicia di caffè?»
Carl rise, portando una mano sulle labbra. «Si, esatto. Tralasciando l'ultimo punto però, tengo molto a questo maglione» e le pizzicò la punta del naso.
Natalie si sedette al suo fianco, allungando le gambe sulle quelle del padre, iniziando a leggere le varie notizie. «Beh, al giorno d'oggi non ci sono poi così tanti ballerini che credono nel loro sogno» notò la fanciulla, percorrendo l'indice alcune righe scritte del foglio.
«Tesoro, non tutti hanno avuto la fortuna di ballare per grandi artisti come Michael Jackson» le fece notare l'uomo, scompigliandole la chioma bionda. «Non è semplice crederci se nessuno, crede in te» aggiunse quest'ultimo, tornando a fissare le varie notizie.
«Ciò non toglie che bisogna metterci il cuore, sempre» insistette l'altra quando l'altro, riprese parola. «Parlando di Jackson, guarda qui» e indicò varie foto, che lo ritraevano seduto ad un tavolo - di un ristorante decisamente lussuoso, in compagnia di sua moglie; laddove Natalie avvampò quando lesse il titolo: 'Che sia tornato il sereno tra Michael Jackson e Debbie Rowe?' ed inspirò, serrando le palpebre.
I due erano stati paparazzati, mano nella mano, sorridendo con fare continuativo, mentre si sussurrano frasi languide all'orecchio e non curandosi del loro contorno, sembravano davvero affiatati.
La data risaliva alla settimana passata e leggendo le varie dicerie che vi erano scritte, si soffermò su una delle tante frasi.
'E se invece di divorziare, la donna abbia acconsentito ad un altro bambino?' ed ella si alzò, portando le mani sul volto, divenendo rossa per via della sensazione di dolore accusare la sua anima.
Carl si rese conto di un qualcosa di effettivamente evidente nella sua bambina, che guardandosi intorno, serrò le palpebre, tentando di respirare.
Egli la raggiunse, sfiorandole la spalla con il palmo. «Natalie, tesoro»
«Mh?» rispose, mantenendo la medesimo posizione, tenendosi entrambe le mani. «Dimmi papà»
«C'è qualcosa che non va?» le domandò, ignaro di tutto ma consapevole al medesimo tempo, di quale fosse la causa di tale reazione improvvisa e colma di disgusto.
«No, è tu-tutto okay» balbettò, abbozzando un sorriso sghembo. «Mi sono ricordata di avere una coreografia da aggiustare entro oggi pomeriggio» mentí, grattandosi la nuca con la mano destra.
«Okay» e la vide abbassare lo sguardo, incerta e smarrita. «Tesoro..» la richiamò, osservando i suoi movimenti - laddove decisamente torva in viso, si mise a rileggere quell'articolo. «Sono consapevole che oramai non sei più una ragazzina, bensì» e fece una pausa, alla ricerca delle giuste parole da usare in quanto delle volte, essere un bravo genitore era un lavoro alquanto arduo. «Sei una giovane donna, indipendente e come tale sono consapevole che alcune cose tu voglia tenerle per te» e liberò le sue mani, da quel pezzo di carta. «Ma lo sai che qualsiasi cosa, sia io che tua madre, ci saremo sempre per te - vero?» e le accarezzò una guancia con il dorso arrossato, vedendola annuire.
«Non desidero che tu ora mi dica cosa ti abbia realmente turbato, in fondo sono le tue emozioni e tali devono rimanere» e le scostò un ciuffo ribelle, via dal viso. «Ma non saltare a conclusioni affrettate, dopotutto le persone, quando si trovano impelagate in situazioni più grandi di loro non pensano che dall'altra parte, possano ferire qualcuno. Non fanno caso alle conseguenze» ed abbozzò un sorriso complice.
Ella lo osservò, inspirando. «Già, forse hai ragione papà» e prese lo zaino in spalla, voltandosi. «Ma molte volte, si promettono cose che poi» e abbassò lo sguardo, pensando bene a cosa dire.
«Che poi?»
«Che poi non si riescono a mantenere!» concluse la fanciulla.
Tuttavia era vero, percepiva il cuore pesante, un vero e proprio macigno presente all'interno del suo petto, che nonostante battesse ad un ritmo risoluto - sentiva di essere diventata una vera e propria inetta e di essersi affidata a quelle piacevoli sensazioni che solo quando era con lui, era in grado di percepire.
L'aria intorno a se era pesante e dopotutto, in quel preciso istante, desiderava solo dimenticare e non aver avuto a che fare, con colui che in quel momento, tramite qualche riga di un foglio, era riuscito a farla sentire nulla, vuota.
Il telefono le vibrò e lei, lo prese all'interno della sua borsetta gialla, leggendo il nome che compariva dallo schermo.
Michael.
Lesse ancora il suo nome a distanza di due giorni. Sbuffò e guardò in aria, non voleva sentirlo.
Rifiutò la telefonata, magari voleva riempirla ancora
di scemenze in quanto poteva benissimo raccontarle della sua serata lussuosa con la moglie o magari, voleva mettere la parola fine al loro strambo rapporto. Non erano amici, non erano amanti e quindi, dopotutto cosa erano realmente?
Il telefono prese nuovamente a suonare e roteò gli occhi ancora una volta. Era di nuovo lui che nel frattempo imprecava, non sopportava sentirsi ignorato.
Di canto suo, ignaro che lei avesse letto la notizia, voleva dirle quanto sentisse la sua mancanza e quanto desiderasse vederla, toccarla.
Ella ignorò svariate volte, arrivando alla scuola di danza dove salutò Amanda con un abbraccio e ripensando a cosa realmente, lei e il cantante fossero, inspirò.
Due anime caparbie, attratte l'uno dall'altra fin dal primo sguardo che però, avevano lasciato spazio solo all'immaginazione in quanto a distanza di un mese dall'ultimo bacio, sguardo e momento - il sogno a cui entrambi si erano ripromesso di credere fino in fondo, fosse cessato ancora prima di dare uno spiraglio di luce alla realtà ed ella - sentendosi una completa stupida, portò il capo tra le mani.
Altri due, tre, quattro, cinque squilli.
Ella prese il telefono tra le mani, gettandolo in un angolo remoto dell'aula, iniziando poi la sua lezione,
«Natalie tesoro, è tutto okay?» le chiese Amanda, vedendo quanto fosse distratta ed amareggiata.
«Perdonami» mormorò l'altra, fermando la musica. «Forse dovresti fare una pausa» le disse l'altra, avvicinandosi a lei. «E rispondere al telefono, è da tutta la lezione che suona interrottamente» aggiunse, abbozzando un sorriso comprensivo.
La fanciulla divenne rossa e uscendo dalla stanza, prese respiro. «Pronto» disse poi, aspettando risposta dall'altra parte che non tardò ad arrivare.
«Natalie, bambina..»
Ella inspirò, la sua voce, le era mancata. «Michael, cosa vuoi? Sono a lavoro!» gli rispose con tono di voce duro, arrabbiato, deluso.
Il moro trasalì a quella risposta, schioccando la lingua al palato. «Se sei turbata dal fatto che non mi sono fatto sentire due giorni, io» e fece una pausa, sentendosi in colpa nel medesimo stesso. «Sono stato molto impegnato»
La giovane non rispose, bensì preferì rimanere in silenzio, soffocando un singhiozzo e virando le iridi in alto, tentava invana di trattenere le lacrime che - per via del forte stress misto ad un accenno di delusione, minacciavano di solcare il suo viso.
«Natalie, parlami» continuava lui, ignaro della reale motivazione per cui lei, realmente fosse in collera nei suoi confronti.
Tuttavia però, non ricevette risposta e quel silenzio, non era altro che un modo per accrescere la sua ansia, la sua paura di perderla e confermando così il suo sentirsi un eterno errore, fuori posto, sbagliato.
«Ti prego, sento di soffocare bambina! Parla con me!» continuava, con un timbro di voce simile ad un lamento, ad un grido disperato.
Natalie trasalì. «Michael» mormorò, singhiozzando.
Continua-
Spazio Autrice:
Ed eccomi dopo un'altra bella settimana, però che dirvi: The Breath mi porta via tempo.
Allora ed eccomi qui, un altro capitolo intenso che sinceramente non mi aspettavo di scrivere ma la mia decisione di far subentrare un po' di pepe nella storia, si è impossessata di me in modo molto vorace! Mi auguro di avervi trasmesso qualcosa, come ad esempio: il desiderio.
Eh si, ho fatto passare un mese in un solo capitolo per rendere meno statica la storia, spero che questa mia scelta non stoni.
Come sempre aspetti vostri pareri qua sotto, che siamo positivi o negativi, tanto adoro leggervi.
I love u all girl.
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