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𝚁𝚞𝚐𝚒𝚊𝚍𝚊 {𝟛/𝟝}

Neverland Ranch, California
- 8 settembre 1999

«Cosa volevi dirmi di tanto urgente, Bon?» le chiese la bionda, leggermente assonnata e stordita, mentre stropicciava i suoi occhi con entrambe le nocche.
«È successo, Nat!» esordí la bruna, battendo le mani entusiasta.

«Cosa..è successo?» domandò nuovamente l'altra, osservandola con fare confuso.
«Frank mi ha chiesto di essere la sua ragazza!»

Natalie rimase leggermente interdetta a quella notizia e con fare scaltro, fece uno scatto felino col fine di sedersi al fianco della sua amica. «Dici sul serio?» e la strinse al suo corpo, avvolgendola con entrambe le braccia. «Devi raccontarmi tutto, subito!» concluse, virando il suo sguardo nel suo.
Bonnie ridacchiò sommessamente, racchiudendo poi una mano della fanciulla tra le sue, iniziando a raccontare ogni dettaglio di quella proposta dolce e candida, avvenuta poche ore prima.

Le due trascorsero qualche momento insieme, rendendo partecipe anche la loro compagna Emily, che quella mattina aveva ricevuto un permesso per riposare e quindi - insieme alle altre, decise di andare a fare compere lungo alcuni negozi di vestiti con l'intento di trascorrere una giornata all'insegna di chiacchiere e risate tra donne.

❀ ❀

«Quel tubino ti sta un incanto addosso, Nat» esordí la bruna, una volta varcato il cancello della maestosa ed eccentrica dimora del cantante. «Hai fatto bene a darmi ascolto!» aggiunse, pavoneggiandosi un poco.
Natalie ridacchiò con fare imbarazzato, portando i palmi al viso. «Sicuramente Jackson rimarrà rapito dalla tua bellezza, con quel vestito addosso!» prese parola la governante. «Lo renderai ancora più..» e virò lo sguardo complice, nei confronti della bruna. «Balbuziente!» concluse ella, con pura nonchalance.

«Ragazze!» esordí la fanciulla, agitando le mani in aria con fare sconvolto. «Siete state chiare, anche fin troppo!» aggiunse, accusando un leggero rossore, impadronirsi delle sue gote paffute. «Ma ora se non vi dispiace» e si strinse nelle spalle, stiracchiando leggermente.
Emily la strinse a se ed abbozzando un sorriso complice alla bruna, si congedò con fare scaltro - seguito da quest'ultima, che riluttante - la seguí a passo spedito.

«Ah, noi donne» disse tra sé e sé, facendosi strada nella sua stanza e posando sul morbido materasso matrimoniale, quel vestito appena comperato. «Ma hanno ragione, dopotutto» e chiudendosi nelle spalle, si morse il labbro inferiore. «È proprio un bel vestito» ma nonostante fosse catturata da quel pezzo di tessuto, un leggero bussare la destarono.

«Bambina, posso?» esordí l'uomo, facendo capolino da dietro la grande porta di legno scuro, con la chioma corvina notevolmente arruffata ed ella, a quella vista, sorrise interessata - incrociando le braccia al petto, notando lo stato bizzarro e sconvolto della sua celebrità: la matita intorno ai suoi occhi, non era delineata e nitida come era solito portare, bensì più sciolta e confusa. Il volto era arrossato e bandito di sudore ed i capelli erano raccolti in un codino approssimativo.
«Certo Jackson» si affrettò a rispondergli. «Ma non preferisci farti una doccia prima?» chiese, catturando ancora il suo labbro tra i denti, intenta a trattenere le risa divertite.

«Mmh» mugolò quest'ultimo, posizionando dietro al suo collo, il piccolo asciugamano che fino a quel momento era rimasto tra le sue mani. «Si, forse dovrei» ridacchiò, rimanendo fermo sul posto, incerto se correre nella sua stanza o rimanere in compagnia della sua dama.
«Ma..»
«Ma sono consapevole che tra pochi giorni tornerai a casa e le prove mi hanno portano via tempo, troppo tempo."  la interruppe, abbassando il capo. «Quindi non ho pensato ad altro, quando ho terminato di lavorare» e si chiuse nelle spalle, virando le sue iridi scure in quei pozzi profondi e ricchi di devozione. «Di venire da te, Nat» e sospiró, grattandosi il capo umido.

«Oh, popstar» gli disse l'altra, raggiungendo il suo cantante, mantenendo un portamento decisamente elegante. «Sei passato nel momento giusto, fino a qualche minuto fa - non mi avresti trovata» confessò, posando le braccia sulle sue spalle.
«Ah no?»
Ella scosse il capo, dilettata. «E sentiamo, dove sei stata?» aggiunse l'altro, inarcando un sopracciglio con fare indagatorio.
«Ho comprato un vestito, precisamente un tubino nero» prese parola, voltandosi di scatto, accompagnando il moro verso il materasso. «Emily e Bonnie hanno insistito a fine che io lo prendessi» concluse, quando egli si posizionò al suo fianco, prendendo quell'indumento tra le mani, iniziando poi a studiarlo con minuziosa attenzione.
«Che ne pensi?» gli domandò la bionda, con voce bassa.
«Mi piace» e abbozzò un sorriso malizioso, voltandosi nella direzione della fanciulla. «Ma voglio vedertelo addosso, quindi» e schioccò la lingua al palato, ridacchiando. «Fammi vedere, avanti!»

«Come? Adesso?»
«Ah-Ah»
«Mah, Mike..»
«Ah» la zittí l'altro, posando il suo dito indice, sulle morbide e carnose labbra. «Ci tieni al mio parere o no?»
«Mi stai ricattando, Jackson?»
«Umh bambina, come sei permalosa» le rispose, alzando gli occhi al cielo con fare esasperato. «Voglio solo vedertelo addosso, tutto qui» e si strinse nelle spalle, battendo ripetutamente le palpebre in modo innocente.
Ella sospiró e mettendo il broncio, gli prese il vestito tra le mani per poi raggiungere a passo riluttante il bagno in quanto ci teneva davvero a sapere cosa egli pensasse nonostante la cordiale ed insistente richiesta della celebrità.

«Allora?» gli domandò, lasciando le braccia lungo al suo corpo, percependo ancora le sue guance andare a fuoco. Tuttavia ancora si imbarazzava di fronte a quell'uomo: il suo modo di fare, la sua presenza, la sua voce, la sua anima - era così dolce e semplice al medesimo tempo, che destabilizzavano completamente la sua persona, rendendola vulnerabile al suo essere.
«Beh, fanciulla» prese parola lui, raggiungendo la sua persona - posizionando le mani lungo la sua vita stretta, lasciando scendere la destra lungo il suo fondoschiena perfettamente fasciato da quel meraviglioso tubino. «Ti lascia un po' scoperta qui..» ammise, con voce roca, effettuando una leggera pressione con le dita. «E preferirei che questo, non venga eccessivamente mostrato» continuava, stringendola a se, mentre entrambi sospirano a quel dolce contatto intimo; Natalie guardava il volto paonazzo di lui attraverso lo specchio e percepiva il calore del contatto delle sue dita sul suo posteriore, attraverso il tessuto. «Dannazione, Miller» mormorò con tono basso, avvertendo il tessuto dei suoi pantaloni divenire stretto a causa della forte eccitazione del momento. «Sei un incanto, bambina» e picchiò delicatamente la sua natica, con il palmo.

«Okay, ammettilo» mormorò l'altra, voltandosi. «Che questa era solo una scusa, per palparmi il sedere!» e si morse il labbro inferiore, fingendosi offesa.
«Oh beh» balbettó il moro, in leggera difficoltà. «Non pen-pensavo potesse infastidirti, io-io..» e virò lo sguardo altrove, temendo di aver commesso un errore ed essere stato inopportuno ai suoi occhi.
«E te saresti un gentiluomo?» continuava la giovane, puntando l'indice al suo petto.
«Oh damn» e fece dei passi indietro, gesticolando con le mani. «Natalie davvero, io non..»
Ella ridacchiò sommessamente, trovando bizzarro ed estremamente dolce l'imbarazzo del cantante e prendendogli una mano tra le sue, prese ancora parola. «Scherzavo Jackson, volevo solo prenderti in giro» lasciando dei dolci e languidi baci lungo le nocche. «Sei molto tenero e mi piace quando fai apprezzamenti sul mio corpo»
«Sei» e la strinse a sè, sospirando appena. «Perfida, Miller» le fece fare una giravolta, per poi tornare fisso sui suoi occhi buoni. «Non sono più un ragazzino, mi spaventi così» la canzonò, pizzicandole il naso con le dita.
«Mmh, ammetti di essere anziano?»
Egli alzò lo sguardo con fare esasperato, sospirando. «Ancora con questa storia, bimba?» e la sollevò da terra, posandola poi sul materasso alla loro destra. «Sei proprio dispettosa» continuava, prendendo posto sopra di lei, iniziando a solleticarle i fianchi.
«Jackson, sei tutto sudato» e tentava di scansarlo con le mani, mentre era visibilmente divertita dal suo modo di fare. «Non respiro, per favore» continuava, sfinita dalle risa.
«Rimangia quello che hai detto!» insistette il moro, abbassandole un spallina del vestito, mentre non dava fine a quella dolce tortura. «Rimangialo!»
«Okay, d'accordo» e ridendo, infilò entrambe le mani al di sotto della t-shirt bianca e umida del cantante, provocando in lui, leggeri brividi. «Mi rimangio tutto, sei un» e fece dei cerchi sul suo ventre, intorno all'ombelico. «Un bellissimo uomo maturo e dal temperamento giovanile» e sollevò di poco quel tessuto, mostrando il suo addome chiaro, leggermente macchiato da alcune chiazze più scure.
«Natalie..» si incupí egli, al pensiero che ella lo trovasse disgustoso ai suoi occhi nonostante ne avessero già parlato, tempo prima - ma odiando lo stato attuale della sua pelle ed il suo essere, si morse il labbro, socchiudendo le palpebre.
Ella gli accarezzò il volto, incitandolo a guardarla negli occhi ed accorgendosi del suo sguardo dilettato, lo fece distendere sotto di lei, ribaltando la situazione. «Guardami, popstar» lo canzonò, sollevandogli totalmente la maglia.

«Bambina..»
«Sei bellissimo, per me» e disegnava cerchi immaginari sul suo addome e ventre, circondando le chiazze leggermente più scure. «Le trovo così caratteristiche e meravigliose, che non dovresti vergognarti così tanto, sai?»
Il moro schiuse le labbra, tentando di coprirsi quando ella, racchiuse la sua mano nelle sue, chinandosi con il volto verso egli, osservandolo da sotto le lunghe ciglia. «Temi davvero che io possa soffermarmi a questo?» aggiunse, alludendo allo stato della sua pelle.
«Mi rendono strano, vulnerabile, brutto..»
«Questo, mio caro cantante» e si strinse a lui, posando un bacio delicato, sul suo ventre. «È quello che vedono i tuoi occhi, così perfezionisti e timidi..» e ripetè il gesto, ancora. «Ma se potessi far si che tu, possa guardarti attraverso il mio sguardo» e gli prese le mani, a fine che egli le sfiorò la vita. «Capiresti quanto io ti trovi bello ed allo stesso tempo capisco che questa malattia, ti faccia sentire in questo modo, dopotutto sono anni che la gente inventa cose sul tuo conto facendo si che tu, ti senta incompreso» e percepí i palmi infuocati dell'uomo, posarsi sul suo fondoschiena ed abbozzando un sorriso complice, proseguí. «Ma non temere mai del mio giudizio, ricordi? Sei completamente libero, con me» ed inconsapevolmente mosse il suo bacino contro quello della celebrità, percependo la sua erezione premere contro la sua intimità.
«Sono libero con te» ammise, con voce roca e colma di desiderio, diventando rosso per via del forte imbarazzo quando ella, si mosse ancora contro di lui - invitandolo a fare lo stesso, incurante del contorno. «Sei be-bellissima» balbettò, facendo si che i loro bacini aderissero in una lenta ballata sensuale, aumentando così, la pressione sul posteriore della fanciulla che, scaltra, schiuse le labbra per mostrargli la sua dentatura, entusiasta che egli si stesse lasciando finalmente andare. «Oh, Nat» e le prese il volto tra le mani, percependo il tessuto del pantalone di lino divenire sempre più stretto, a tratti soffocante per la sua intimità e congiungendo le sua bocca, a quella sua carnosa - si baciarono, con desiderio.
Ella divenne rossa, ma al medesimo tempo era estremamente felice, allegra ed annullando il contatto tra i loro corpi oramai divenuti affini, lo vide paonazzo e dilettato: con gli occhi lucidi e banditi di cupidigia, lo soppresse a respirare sommessamente. «Mi fai perdere il senno..» si giustificò, serrando le labbra in una linea dura e socchiudendo lo sguardo, tentando di calmare la sua possente eccitazione. «Sono un uomo, ti ricordo ragazzina» la prese in giro, alludendo al fatto che ella si divertisse a provocarlo mentalmente e fisicamente.
«Lo so» e sedendosi al suo fianco, alzò lo sguardo al soffitto. «Ma adoro vedere come il tuo corpo, risponde al mio» ammise, battendo ripetutamente le palpebre.
«Umh ti piace vedermi, così?» domandò, indicando se stesso con l'indice, estremamente imbarazzato.
«Sure, Mr. Jackson» e accavallò le gambe con fare provocante, mostrando un poco la visuale al di sotto del suo abito.
«Dannazione, smettila bambina» ridacchiò egli, scattando in piedi ed attirandola a se. «Vado a farmi una doccia. Vorrei trovarti di sotto tra una mezz'ora» e le baciò il naso, con dolcezza. «Ho un pensiero per te» e si dileguò dalla sua vista, dopo averle ammiccato un occhiolino.

[...]

Le sue agili ed affusolate dita, passarono tra i bottoni della sua camicia, con fare scaltro ed esperto. Si aggiustò il collo e cautamente, si stirò il tessuto al di sopra del suo addome mentre, pizzicandosi leggermente sulle gote per dare vigore ad esse - prese una matita di colore nero, e percorse il perimetro dell'occhio destro, seguito poi dal sinistro.
Le labbra le tese in una linea dura, tamponando i suoi zigomi con del fondotinta in modo tale da uniformare il colorito della sua carnagione, ripensando alle parole della fanciulla, di pochi attimi prima.
La immaginò nuovamente li, vicino a lui, delicatamente posata sul suo corpo mentre era intenta a provocare la sua intimità, con quei movimenti lenti e passionali e virando le sue iridi sul suo riflesso, vide ancora quella scintilla di desiderio diffondersi nel suo sguardo dilettato e sospiró, posando i palmi sul lavabo - avvertendo ancora, il cavallo dei pantaloni divenirgli stretto.
Emise un mugolio frustrato e serrando la mascella, sfiorò la sua familiarità con le dita, desideroso di liberarsi da quella opprimente sensazione.

Si teneva la cintura del pantalone, ghignando i denti al pensiero di una lei, che caparbia e scaltra riguardo al rapporto con l'altro sesso e nonostante si fosse ripromessa di procedere lentamente, non perdesse tempo nel provocarlo, dando adito ai suoi estremi bisogni di uomo adulto.
Respirò, tentando di scacciare l'immagine di quella donna, consapevole che presto, il suo senno sarebbe andato a farsi benedire, completamente e mantenendo la calma, riuscì a soccombere a quella necessità fisica e mordendosi il labbro inferiore, uscì dalla sua stanza.

❀ ❀

«Jackson, posso guardare adesso?» gli domandò la giovane, sbuffando. Camminava lentamente, tastando ripetutamente il terreno al di sotto dei suoi piedi, mentre le grande mani del moro le coprivano la visuale. «Resisti bambina, siamo quasi arrivati!» le disse, con voce soave al suo orecchio.
Proseguirono per un altro tratto in quella posizione, quando egli ridacchiano, prese ancora parola. «Eccoci arrivati!» ed incrociando le mani dietro la schiena, rimase  in un religioso silenzio.
«Il carosello?» gli chiese, voltandosi nei confronti della celebrità che nel frattempo, la osservava con ilarità. «Perché mi hai portato qua, Mike?» continuava ella, guardandosi intorno.

Egli sbuffò. «Bambini, uscite avanti!» aggiunse poi, alzando di poco la voce nei confronti dell'ignoto. Poco dopo due ragazzini comparvero all'improvviso, allegri e spavaldi e raggiungendo il moro, gli saltarono in braccio a mo' di koala.
«Noah, John» lí canzonò quest'ultimo, aggiustandosi il cappello di feltro sul capo con un gesto dilettato. «Vi ricordate di Natalie?»
I bambini si voltarono, scendendo dal busto del loro amico ed iniziando a studiare la ragazza, il più grande le prese una mano. «Ciao Natalie, io sono Noah» e finse di assumere un atteggiamento da uomo adulto, gonfiando il petto e provocando una risata genuina nella celebrità, il quale lo saettò con lo sguardo. Era biondo, magro e i suoi occhi erano del medesimo colore della fanciulla, la quale abbassandosi alla sua altezza, gli strinse la mano. «Piacere Noah, ci siamo conosciuti a Disneyland, ricordi?»
Il pargolo annuì, prendendo il fratello minuto per un braccio. «Lui è John, mio fratello» e gli diede un delicato buffetto su un braccio. «È più timido di me» lo giustificò, vedendo il piccolo ometto, paonazzo in volto.
«John, piacere» ridacchiò ella, scompigliando la chioma più scura di quest'ultimo, trovandolo grazioso e dolce.
«Ci-ciao» balbettò, abbassando il capo. «Se-sei molto be-bella» le confessò, incrociando il suo sguardo composto da due enormi occhi verdi, espressivi.
«Oh grazie, John» e lo prese in braccio, facendogli un leggero solletico sul pancino coperto dal maglione. «Anche tu sei un bellissimo ometto» concluse, ammiccandogli un occhiolino divertito.
«Dove avete lasciato vostra sorella?» domandò poi la celebrità, schioccando la lingua al palato.
«Eveline?» si grattò il capo Noah, guardandosi intorno. «Oh, è rimasta sulla giostra insieme a nostro padre» e si chiuse nelle spalle.
«Noah, deduco che tu sei il più grande, giusto?» e Natalie gli prese una mano, guardando il moro con fare complice.
«Si»
«Bene, ci accompagneresti da vostra sorella?»
John scese dalla sua stretta ed insieme al fratello, condussero i due dalla ragazzina che mentre era impegnata a fissare la grande ruota, si accorse della loro presenza. «Natalie!» disse, alzandosi in piedi e raggiungendo la bionda a passo spedito, fiondandosi tra le sue braccia.
«Eveline, oh Eveline» la prese in braccio, tenendole una mano sulla chioma, facendo una gira volta su se stessa.
«Hai mantenuto la promessa, Mike!» e gli diede un bacio delicato sulla guancia, mentre giocherellava con un ciuffo ribelle dell'amica.
«Si, desiderava tanto rivederti» spiegò il cantante alla sua dama, soddisfatto di vederla così allegra. 
«Piccolina mia, come stai?» chiese poi alla piccola, iniziando a girare Neverland in sua compagnia e quella dei fratelli.
Era felice, soddisfatta e completamente grata di aver passato un pomeriggio così semplice e speciale, in compagnia di quella bambina che tanto l'aveva colpita a Parigi e dei suoi fratelli, notando anche come il loro rapporto fosse maturato e diventato più solito, dopo mesi.
«Ci vediamo domani piccolina, ora va'» ridacchiò la bionda, stampandole un bacio sulla guancia.
Eveline sbadigliò e salutandola con la mano, congedò i due adulti - tornando nella piccola dimora per gli ospiti, insieme ai suoi fratelli.

«Allora?» la raggiunse l'uomo, prendendole la vita tra le mani. «Piaciuta questa piccola sorpresa?» e posando il mento sulla sua spalla, emanó un sospiro.
«Si, principino» e lo osservò con fare torvo, vedendo in lui, qualcosa di strano - come se fosse turbato o preoccupato. «Vederti con loro, è una forte emozione sai?» gli confidò, delineando il perimetro del suo labbro inferiore, con l'indice. «Sei pura magia» e picchiettò su di esso, con leggere pressioni.
«Oh» e si sedette su una panchina, la loro panchina, quella di fronte al carosello. Ella prese posto al suo fianco e prendendogli una mano tra le sue, lo incitò a parlare. «Cosa c'è che non va?» domandò, corrucciando la fronte.
«Al mondo non importa quanto buone siano le tue intenzioni, Nat» prese parola egli, giocherellando con le dita magre della fanciulla. «C'è sempre qualche cretino» e fece una pausa. «Qualche persona dallo spirito cattivo che prova a buttarti giù, mentre tutto quello che tu volevi fare - era portare un po' di amore e di gioia e sai» battè le palpebre, più volte. «Si è così veloci nell'odiare, nel giudicare, nell'essere crudeli e meschini..»
«Ti stai riferendo alle accuse che ti fecero. giusto?» lo interruppe ella, captando il pesante fardello dolente che egli, si portava appresso da anni e anni ormai.
Michael annuí, portando il capo all'indietro e serrando le labbre in una linea dura, socchiudendo le palpebre in una morsa di completo dolore ed al solo ricordo - percepí l'aria divenirgli stretta.
«Mike se non vuoi parlarne, non devi farlo, io..»
«Ero in tour, precisamente nel novantatré, ed io ero molto amico di un bambino, Jordan» e strinse la mano della fanciulla nella sua a mo' di conforto. «Passavamo del tempo insieme e come hai potuto vedere, per me stare con i bambini è un gesto di piena innocenza e mai, mai ho fatto loro del male» e la voce gli venne a mancare. «Il padre, Evan Chandler, forse per rabbia, per odio..»
«Mike..»
«Insomma non volevo finanziare il suo dannato progetto di aprire una casa cinematografica e per questo credo che abbia spinto Jordan a fare quelle accuse nei miei confronti..» gli faceva male parlarne, al che ella si preoccupava di catturare di tanto in tanto le lacrime che solcavano il suo viso. «Sono stato costretto a sottopormi a dei disumani ed umilianti esami, Nat che - » balbettò, prendendo fiato. «Insomma il Santa Barbara Country Sheriff e il dipartimento di polizia di Los Angeles - tramite un mandato di perquisizione su di me, ha permesso loro di vedere e fotografare il mio corpo..» e singhiozzò, portando le mani sul volto. Ella lo strinse a se, lasciando che il moro si sfogasse con il viso nascosto sul suo petto. «Ehy..» e gli accarezzava la schiena, straziata dal dolore che stesse provando. «Non devi parlarne per forza, è passato..»
«Ne ho b-bisogno» balbettó tirando su con il naso. «Fotografarono il mio corpo, il mio pene, le natiche, la parte inferiore del tronco, le cosce e qualche altra parte a loro piacimento, non curandosi che io fossi una persona, che io fossi..» e venne destato da un altro singhiozzo. «Mi obbligarono a farlo! E laddove io non avessi collaborato a questo atto di crudeltà ed umiliazione, loro lo avrebbero usato come prova al processo, come indice di colpevolezza e ti giuro che è stata l'esperienza più umiliante della mia vi-vita» e si strinse a lei, prendendole il volto tra le mani. «Nessuno dovrebbe patire questo Nat, nessuno. È stato un orrendo incubo e nonostante tutte le prove, che provavano la mia completa innocenza - ho dovuto pagare loro una somma di denaro a fine che questa storia, fosse giunta a termine» e pianse, pianse ancora, cercando le labbra della ragazza come cura a quel dolore che provava in quel momento.
Ella lo strinse, ricambiando quel bacio disperato e chiedendogli accesso con la lingua, fece si che questa si accolse alla sua, in una morsa salda e bramante.
Michael la bació, disperato mentre il volto veniva solcato da tutto il suo estremo malessere. «E poi» si staccò leggermente, per guardarla negli occhi. «Ho solo cercato di aiutare il mondo, i bambini, le persone in difficoltà e la gente ha solo visto il marcio, dipingendomi come un mostro..»
«Ma tu non lo sei, dannazione!» lo interruppe Natalie, sconvolta. «Te sei molto più di quanto credi e queste persone, queste vergognose persone che ti hanno dipinto in questo modo, avranno ciò che meritano un giorno» e gli prese ancora il viso tra le mani, cercando il suo sguardo triste concatenarsi con il suo devoto. «Sei un uomo buono, leale, giusto e questo dolore che porti dentro, nonostante io non possa comprenderlo a pieno, tu non lo meriti» e gli diede un piccolo bacio sul naso, stringendolo a se. «Sei magia Michael, sei la pace del mondo, sei la bellezza di un tramonto, la pace dopo la tempesta. E se nell'universo, ci fossero più persone così, più persone come te» lo vide accennare un sorriso imbarazzato. «Davvero questo, sarebbe un posto migliore: Sei magia e sei libero»
«Sono libero, solo quando sono con te» e la prese di peso, a fine che ella si sedette a cavalcioni su di lui. «Sai, sono stato dipendente anche da..»
«Antidolorifici, si lo so» ammise ella, chiudendosi nelle spalle.
«Co-come lo sai?»
«Frank me ne ha parlato ma non prendertela con lui, voleva solo dirmi di te e sapeva che non me ne avresti mai parlato per vergogna..»
«Natalie..»
«Ma io non sono nessuno per giudicarti, per comprendere a pieno quanto dolore tu debba sopportare ogni giorno» ed abbozzò un sorriso sconsolato. «Ma io non ti vedo come un mostro, bensì sei l'uomo che cercavo, credo» e divenne rossa, quando egli le accarezzò la guancia con le nocche.
«Oh bambina mia» e congiunse ancora le sue labbra a quelle burrose e calde della sua donna. «Ancora non ci credo che, dopo anni di completa solitudine, nonostante la moltitudine di persone che ho intorno ogni giorno» e si strinse nelle spalle. «Sei capitata tu, così giovane, bella e piena di vita» la fece arrossire, ancora. «E da quando ci sei tu, il mondo ha un colore più accesso, denso, vitale e tu sei la linfa che mi ha permesso di crederci ancora, di non smettere di cercare» e rise sommessamente, scacciando le sue paure per quel frangente. «Che anche un uomo come me, merita di sentirsi amato e sai» ammise. «Non pensavo potesse più accadere, dopo una vita sotto i riflettori fatta di rari momenti di felicità, ma ricca di traguardi per lo più materiali»
«Non sei solo Mike, puoi vedere in me qualsiasi cosa tu desideri. Non mi importa chi sei, il tuo nome, il contorno che beffardo, ci farà del male» e virò la sua attenzione altrove, completamente rossa in volto. «Non sono qui per farti del male, nonostante io provi a comprendere quanto sia complicato per te, lasciarti andare..» percepí le sue dita calde, avvolgerle ancora la sua vita. «Io ti aspetto e passo dopo passo, avremo il tempo di fidarci ciecamente l'uno dell'altra.»

«Oh bambina»
«Noi siamo liberi, noi siamo magia» gli sussurrò all'orecchio a mo' di promessa, mentre ella non lasciava la presa, dalle sue mani.

Continua-

Il discorso delicato fatto da Michael, è preso per la maggior parte dalle sue vere parole. Volevo renderlo vero, volevo renderlo magia.

Spazio Autrice:

Okay, queste sono le mie emozioni e come una cretina, le ho vomitate in questo nuovo capitolo. È vero, per me lui era (e tutt'ora è) completa ed assoluta magia, non pienamente compresa in questo mondo fatto di lussuria e superficialità.
Chiedo scusa di aver trattato questo argomento, ma volevo che i due protagonisti, si conoscessero fino in fondo e laddove un giorno, si innamorassero - fosse perché davvero, si comprendono. So che leggere l'ultima parte di questo momento, per molti di voi non sarà facile ma l'emozioni che volevo condividere con voi erano queste: dolore, amore, rinascita.
Perchè l'amore davvero può salvarci ed in questo mondo, sopratutto in un momento storico così delicato che tutti noi stiamo vivendo, l'amore è l'unica arma.

Spero vi sia piaciuto e come sempre, vi aspetto qua sotto nei commenti.
I love u alla girls

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