𝚀𝚞𝚎𝚕𝚕𝚘 𝚌𝚑𝚎 𝚛𝚒𝚌𝚘𝚛𝚍𝚘 {𝟛/𝟝}
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È la tua voce che mi tranquillizza. È il tuo modo di parlare, il tuo modo di chiamarmi, quel nomignolo che mi riservi. È che sei tu.
E quando si tratta di te, io non lo so che mi succede. Per quanto cerchi di trattenermi, se si tratta di te io sono felice.
- Carlos Ruiz Zafón
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Fissava la parete marmorea della sua stanza.
Era in attesa. Cosa doveva risponderle del resto?
Cosa voleva intendere quella donna?
Perché non sentirsi ogni tanto?
Perché fa male l'idea di te distante da me. Di una te che di me, non vuole sapere. Di una te che non vuole amarmi. E di un me, matto e sedotto ancora. Di un me che muore dalla voglia di stringerti, baciarti e ricordare insieme cosa eravamo.
Ma lei ricordava quella notte non troppo distante?
O solo lui, era stato così ingenuo da illudersi che in quella debolezza ci fosse un barlume di speranza?
«Sei stata tu-» deglutì, socchiudendo le palpebre. Con la mano teneva la cornetta salda al suo orecchio. «A scegliere di andartene e-»
«Lo so»
«Sei scomparsa per un anno, come se fossi uno sconosciuto. Come se io non fossi mai esistito nella tua vita» leggermente in collera, strinse le labbra. Umettandosi quello inferiore, si sfiorò il viso con una mano.
«Non ricominciare Michael-»
«Pardon, Nat?» rise sarcastico. «A fare cosa, mh?»
«Era la cosa giusta-»
«Era?»
Ella sospirò. «È la cosa giusta» si corresse.
E lui invece che ad un tratto era così distante, ricordava quella notte? O forse era solamente stanco di rivangare su un passato che non sentiva più suo? Che era lontano anni luce da quello che desiderava ricordare. Ma la sua rabbia era palpabile, a tratti sprezzante.
Ella non poteva biasimarlo perché egli era così innamorato che nonostante tutto auspicava ancora in un possibile ritorno. Ma non era la cosa giusta, non in quel momento. Non dopo tutto quello che era successo. Lei non era pronta e dopotutto nemmeno lui.
«Perché mi hai chiamato?»
Natalie inspirò.
Perché?
Gli era mancato talmente tanto che a stento riusciva ad ammetterlo. Ma era forse quella la reale motivazione? O forse erano i suoi sensi di colpa? Le tante promesse non mantenute. La speranza di un amore ormai perduto o -la non ammissione di una sconfitta.
«Allora?» ma lui voleva risposte perché non poteva reggere ancora quel dannato silenzio. Un anno era stato tremendo. Nei sogni lei era presente, con il suo sorriso raggiante e la sua voce candida. Nei pensieri, nelle sue parole. Break of Down era stata scritta durante la notte, dopo la loro sfuggente fuga tra le lenzuola. Quando l'alcol fece prigioniera la mente e le loro carni ballarono il lento più bello e antico del mondo.
«Non lo so»
«Cosa vorrebbe dire-» schioccò la lingua al palato. «Che non lo sai?»
«Michael-»
«No Nat- basta con questi giochetti» era stremato. Lo poteva sentire dalla voce, roca e cupa. «Vuoi davvero dirmi che non ricordi quella notte?»
La fanciulla scosse il capo, sfiorando la sua bocca con la mano destra. A stento credeva che egli le avesse posto quella domanda. Perché lui ricordava.
Michael da sempre era rimasto in disparte, rispettando il volere di ella. Ma era stanco, a tratti stremato. Era un continuo vacillare da una certezza a una speranza, ma ciò che poi rimaneva era il ricordo.
«Michael-»
«Dimmi la verità per favore-»
«È stato un errore, un-»
«Allora ricordi?» poco gli importava sapere il suo pensiero riguardo quella notte. Aveva bisogno però di sapere se ella ricordasse.
«Si, ma questo non cambia niente» un piccolo singhiozzo sfuggì dalle sue labbra tremolanti. «Eravamo ubriachi entrambi, fuori di noi. In altre circostanze non sarebbe mai successo. Perché rivanghiamo ancora il passato? Perché possiamo essere tutto oppure niente?» la voce era sottile e il cuore vacillava ad ogni parola.
«Perché quando si ama non esistono mezze misure. Non posso accettare di averti per metà, capisci?»
«Ma la nostra storia era un rapporto vissuto a metà. Quante volte ti ho urlato aiuto, mh? Ti ho chiamato perché mi mancavi, perché sentivo il bisogno di sentire la tua voce. Credevo davvero che potessimo esserci, l'uno per l'altra. Una telefonata, un sorriso, un gesto. Non possiamo essere ciò che desideravamo essere, ma perché dimenticare tutto?»
«Perchè ti amo» era sprazzante, distaccato. «E questo è solamente il tuo ennesimo addio-» voleva fermarsi perché non pensava realmente quello che aveva appena detto. Ma voleva ferirla come lei stessa, stava uccidendo lui. «E sono stanco di essere abbandonato. Sono stanco di sentirmi sbagliato. Questo sono io, questo è Michael. Questo è l'uomo che dicevi di amare. Questa era la nostra magia, la nostra promessa. Ma ora basta-»
«Michael-»
«Basta Natalie» si era seduto, mentre stringeva nella mano il filo della cornetta. «Dimmi addio perché non voglio sentire più niente io-» la sua voce tremava, perché sapeva che ella dall'altra parte stava piangendo. Percepiva il respiro pesante, ella che pregava in silenzio di smettere quella tortura.
«No, Michael per favore io-»
Ma era troppo tardi. Il cantante aveva attaccato, lasciando Natalie in lacrime, con le labbra tremolanti. Il respiro affannato e il cuore stremato.
• Seconda Parte •
Il giorno dopo, Ventura.
Le tende filtravano i primi raggi solari. Essi tamburellavano su tutto il perimetro del corpo della fanciulla che ancora riposava.
Era stata una notte difficile: aveva pianto così tanto che, Abel era stato al suo fianco per tutto il tempo. La teneva salda da dietro mentre con le braccia stringeva il suo magro corpo.
«Che è successo?» le aveva domandato con la speranza di comprendere. Ma non rispose, singhiozzava in modo veemente. Le labbra scosse ed arrossate.
Nonostante fosse certo che era per via del cantante, egli preferì non infierire. La strinse attendendo che il pianto cessasse. Le voleva bene, tanto. La cullava dolcemente lasciando che ella liberasse il suo dolore, con il volto appoggiato sul suo petto ombrato.
E mentre ora la osservava dormire, pensava a quanto fosse bella e quanto desiderasse vederla completamente felice.
Con le sue labbra carnose, le sfiorò la fronte con un bacio. Ella battè le palpebre e sorrise. Era rossa per via del forte imbarazzo. «Abbiamo dormito insieme?»
Abel annuì prendendole il volto tra le grandi mani. Sorrisero. Forse era tanto che non la vedeva sorridere così: le gote rosse e gli occhi lucidi. Natalie si strinse maggiormente al suo petto, socchiudendo gli occhi. Voleva bearsi ancora un po' del suo profumo. Egli era la sola persona rimasta capace di tranquillizzarla. Capace di infonderle sicurezza.
[...]
«Javon per favore, lasciami andare da solo..»
«Signore ma-»
«Javon!»
I suoi occhi parlavano. Languidi e scuri. In essi riflettevano le onde leggiadre del mare. Ma Michael rimase in un religioso silenzio, bisognoso della sua privacy, del suo tempo.
Devo farlo. Perchè ormai era troppo tardi.
Con attenzione scrutava la dimora che poco più di un anno prima, aveva regalato alla sua dama. O meglio, colei che era la sua dama. Con le dita tamburellava lungo il perimetro del delizioso dondolo di legno, verniciato a mano di rosso.
Ricordava ancora: era una giornata di fine estate, Natalie aveva avuto quella brillante idea che ad egli però, non era piaciuta molto. «Avanti popstar-» e rideva sommessa, perché non lasciava mai niente al caso. Quello era un dondolo rovinato con il tempo ma che a lei, piacque talmente tanto da volergli donare nuovamente vigore.
«Bambina ma come mai ci tieni così tanto?» la strinse a se, pulendole le guance sporche di vernice con entrambi i pollici.
«Perché mi ricorda casa, famiglia. E magari un giorno proprio seduti qui, vedremo correre Prince, Paris e magari-»
Ricordava ancora quella piacevole sensazione provata quel giorno. L'idea di una famiglia, la loro. "E poi sporcarti le mani ti fa solo che bene ogni tanto, amore-" risero, sprigionando con veemenza quello che era il loro legame, la loro complicità.
Era.
Ma quella ferita amore mio, è ancora aperta.
Quanto si sentiva ridicolo delle volte. Un uomo adulto, un padre, un artista. Ma così innamorato ancora di colei che rappresentava la bellezza di ogni cosa.
Ma se ne è andata.
Si, lo aveva fatto e non voleva tornare indietro. Lei aveva diretto il gioco fin dall'inizio. Lei aveva compreso che, quello fosse solamente un amore vissuto a metà. Michael il burattinaio, lei la marionetta. Perchè dopotutto non era semplice rimanere al suo fianco: scappava chiudendosi in se stesso e lei rimaneva sola.
Ed ora era immobile, con il busto issato verso destra. Inspirò, perché tutto di lei gli era mancato.
Natalie scorse una piccola busta dorata con scritto il suo nome sull'uscio della porta.
Tremò, era la sua calligrafia.
Si guardò attorno ma di lui non c'era traccia.
Se davvero non vuoi dimenticare,
alla spiaggia devi arrivare.
Ella sorrise. Arricciò il naso portando quel minuto pezzo di carta al petto, li dove vi era il cuore. Perché trovava bizzarra quella specie di caccia al tesoro ma, al medesimo tempo divertente.
Fece quanto le era stato detto in quelle poche parole.
Si domandava però, il perché lui fosse giunto fin lì dopo la discussione della sera precedente. Del perché, nonostante tutto e tutti, le loro anime fossero ancora così loquaci e infantili.
Non smettevano mai di rincorrersi e lei questo, lo sapeva bene. Assomigliano a dei bambini e quanto stupidi erano; due che ancora non riuscivano a smettere di amarsi. O meglio, non volevano.
La sabbia granulosa e bianca, sembrava morbida al tatto. Il mare era un'immensa distesa d'acqua cristallina e il sole giocava dietro la coltre di nuvole sparse.
Natalie inspirò a pieni polmoni, intravedendo il famoso mezzo con cui era solito essere scortato il cantante.
Regnava il silenzio. Vi erano solamente loro, dopo tempo. Michael la osservava rimanendo statico nella medesima posizione, da quando ella lo aveva raggiunto.
Scostò la sciarpa e si tolse gli occhiali.
«Non esporti troppo-» esordí l'altra, con tono di voce calmo. «Potrebbero riconoscerti-»
Michael sospiró. Non sapeva cosa dire, cosa fare. Del resto si sentiva schiacciato da quel fardello procurato dall'importanza del suo nome, ma non gli diede peso. E quella notte non era stata importante, non era stato un granello di quel sentimento che ancora pompava funesto nei loro cuori. Non era stata passione intrinseca e velata. Non era stata niente. Solamente un errore recondito che lui avrebbe fatto ancora e ancora.
«Come stai?» aggiunse l'altra, facendo un piccolo passo in sua direzione. Perché del resto: mentre il cantante ero perso nei meandri nascosti dei suoi pensieri, ella cercava vana di carpire il suo stato d'animo. Sembrava dimagrito, con il volto scavato e gli occhi spenti. La camicia di velluto spuntava fuori dal bomber che usava per travestirsi quando usciva dalle sue quattro mura. Non era solito vestirsi in quel modo così trasandato, ma addosso gli donava qualsiasi cosa.
Ai suoi occhi egli, era ancora bello come un anno prima. Era ancora quell'uomo che, grazie al suo portamento ed eleganza, notavi in mezzo a una calca di gente.
Era bellissimo, non si stancava mai di pensarlo.
«Oh-» schioccò la lingua al palato. «Bene, grazie»
Egli non sembrava voler essere loquace. Difatti si chiuse nelle spalle e si morse il labbro inferiore.
Natalie deglutì, rimanendo leggermente infastidita dall'atteggiamento distante e freddo dell'altro. Dopotutto era stato egli ad arrivare fin casa sua, dunque non si spiegava il motivo di così tanto mistero.
«Hai scritto-» e prese il minuto foglio che fino a poco prima, aveva stretto nella mano. «Se non vuoi dimenticare..è per-» fece una pausa, virando lo sguardo attonito in quello suo assente. «È per questo che sei qui, Michael?»
«Non mi è piaciuto come ci siamo lasciati ieri sera a telefono. Ho sbagliato, ero fuori di me. Ho esagerato e ti chiedo scusa-» gesticolava, come se trovasse difficoltà nell'esporsi. «Damn- sembro ridicolo..»
«No, affatto-»
«Ah no?» ed era lì, di nuovo sulla difensiva. «E come lo chiami tu, un uomo finito?» vi era rabbia, dolore e delusione nel tono lampante della sua voce.
«Beh-» ella si sporse un poco in avanti, osando a racchiudere una sua grande e morbida mano, nelle sue. «Non ti vedo così, lo sai. Hai i capelli arruffati, il viso magro e due occhiaie spaventose-» rise, tentando di smorzare quella che era, anche la sua agitazione.
Michael arrossí. «Ti rendono ancora più sexy-» voleva sollevargli l'animo e dimenticare per un attimo, tutto quel contorno beffardo. Tutta quella malignità e quel dolore, che a causa della loro distanza, era divenuto insopportabile.
Voleva regalargli un attimo di leggerezza e vedere l'animo di quel bambino, risorgere dal suo cuore.
«Nat!» rise. Quella risata cristallina echeggiava vistosa. Perché sembrava essere tornato finalmente sereno, il Michael di cui ella si era perdutamente innamorata. «Mi imbarazzo facilmente, lo sai»
«Oh andiamo, è una balla-»
«Io? Raccontare balle? Mai-» e gonfiò il petto, arricciando il naso. «Non sai di cosa parli, ragazzina insolente-»
Natalie sorrise, gettando dietro la testa.
Era un atteggiamento insolito perché dopotutto ridevano e scherzavano, non dando peso a quello che stava succedendo in quel momento nelle loro vite.
Perchè Michael sembrava essere tornato per un istante, un gioioso bambino felice ed a lei, bastava vederlo in quel modo per dare risposta a tutte le sue domande inespresse.
«Posso abbracciarti?» le aveva chiesto tra una risa e l'altra ma la fanciulla ammiccò. Fu lei a stringerlo a se, lasciando che i loro petti si sfiorassero. Le mani nei capelli e lui, le aveva lasciato un leggero bacio casto sulla fronte.
«Pensavi davvero quelle cose? Quelle che hai detto ieri a telefono..» esordì ella, inclinando il viso verso destra.
«No, non le pensavo. Io-» fece una pausa, virando lo sguardo altrove. «Io ero arrabbiato»
Ella annuì. Dopotutto che avevano quei due in comune? Tutto e niente. Vi era l'amore descritto in ogni loro gesto, carezza e sguardo ma- ma non potevano ricadere nella medesima trappola. Non esistono le favole ed entrambi lo avevano compreso a loro spese.
Perché se Michael desiderava nuovamente un ruolo nella vita di quella dama, doveva usare le sua carte con calma e maestria. Perché aveva sbagliato troppo in passato per ricascare nei medesimi errori. Era consapevole che una piccola parte di Natalie, forse quella più irrazionale e velata, ancora lo amasse.
Lo vedeva: era scritto nel ceruleo dei suoi occhi, nel calore delle sue mani, nella delicatezza delle sue carezze e nella gentilezza della sua voce.
Perché non dimenticare, non significava non riprovare. E amare, non significava non essere presente. Perché se ella desiderava lui nella sua vita, anche solo come amico- egli lo sarebbe stato.
E quella loro incoerenza, era un chiaro segnale di quell'amore che, ancora aveva tanto da manifestare nonostante quello però, non era ancora il momento giusto.
«Sono contenta che sei qui-»
«Non sono capace di essere arrabbiato con te. Volevo solo dirti che anch'io non voglio dimenticare. E che-» prese respiro, perché ancora faceva difficoltà ad ammetterlo. «Che voglio esserci, in ogni modo possibile» ed era vero; perché un uomo come lui oramai aveva compreso.
«Come stai?» domandò ancora, perché a quel bene detto controvoglia, lei non credeva. Gli aveva preso il viso tra le mani con dolcezza e premura. Michael inspirò, perché fu obbligato a reprimere quel dannato bisogno di baciarla e di sfiorare con la sua, quella bocca succosa che tanto gli mancava.
Ma non poteva. Non era quello che l'altra desiderava e annullare i suoi impulsi, era il prezzo da pagare di quel dannato rapporto.
Male, Nat.
Sto sprofondando.
Ti prego, tendini la mano.
Ma sarebbe stato troppo egoista da parte sua, svelare la natura del suo dolore. Non erano una coppia, non più. Doveva fingere di essere forte e di vantare di una promiscua e lucida salute. Ma era anche consapevole che poteva prendere in giro chiunque, eccetto lei.
Si obbligò a rimanere neutrale. «A tratti bene, a tratti stanco. L'album sta riscontrando dei problemi-» si sedette a terra, sulla spiaggia. Iniziò a giocare con essa, lasciandola scivolare tra le affusolate dita.
«Problemi di natura?»
«Per lo più economici ma andrà tutto bene. È forse uno degli album più innovativi e sperimentali che io abbia mai fatto-» sorrise sornione. La maggior parte di quelle canzoni le aveva scritte pensando alla sua dama che ora gli teneva il viso adagiato su una spalla, nonostante egli avesse carpito l'essenza del suo corpo e fatta propria.
«Hai voglia di ascoltarlo?»
Continua-
Scritto il 10/02/2022
Spazio Autrice:
Come si dice il detto "Chi non muore, si rivede?"
E infatti non sono morta pupine mie, ma sono così piena di impegni che fatico a stare qui con costanza.
Peró mi siete mancate e i miei personaggi mi erano mancati tanto.
Spero vi sia piaciuto, nonostante questo sia un capitolo di passaggio.
Vi aspetto qua sotto nei commenti per farci qualche nostra chiacchierata.
I love u all.
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