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𝙻'𝚎𝚜𝚜𝚎𝚗𝚣𝚒𝚊𝚕𝚎 {𝟝/𝟝}

«Però tu fammi una promessa:
che un giorno quando sarai persa,
ripenserai ogni tanto a cosa siamo stati noi»

- Pinguini tattici nucleari

Neverland Ranch -
25 Maggio 2000

La primavera non era mai stata così timida. Gli alberi non avevano ancora acquisito quella promiscua fioritura. La pioggia era fitta, insistente e l'aria, a tratti pungente e fredda.

Michael sbuffava. Era adagiato sul suo sofà in pelle, mentre il piccolo Cascio, elencava i suoi appuntamenti di quella settimana. Gli occhi erano ridotti in una minuta fessura mentre la sua mente, era sommersa da numerosi pensieri contrastanti: i suoi bambini, il nuovo album, i suoi innumerevoli impegni, la sua donna.

Si, la sua donna.
Natalie.

Lei che, oramai era distante chilometri da lui. Lei che, ad ogni telefonata era sempre più sfuggente, sbrigativa e gelida. Lei che oramai, lavorava notte e giorno.

Inspirò. La stanza era buia, eccetto per quella minuziosa abat-jour accesa al di sopra della sua scrivania. Vi erano una pila di fogli, sparsi in ogni dove. Il cantante non era mai stato un uomo disordinato ma sentiva il genio, abbandonarlo.
Le note non risuonavano più leggiadre e fluide come un tempo; le parole gli morivano in gola ogni tal volta tentasse, trascriverle su un foglio di carta.

Perchè trasmettere ciò che sentiva, era divenuto mano a mano, sempre più complicato. Perchè essere innamorati ma non sentirsi poi compresi, era una lenta e sprezzante agonia che non ti permetteva di respirare.
Egli però, non era la vittima e ne era consapevole.
Del resto la vittima, era poi succube delle azioni della persona amata. E lui non era succube, bensí era il carnefice di quello che sembrava, un agonizzante addio.

Le sue grandi mani, compressi all'altezza delle tempie. Quanto male gli faceva la testa, quando abusava di quei dannati tranquillanti che lo aiutavano dormire la notte.

Perchè anche riposare, era divenuto un'impresa. Perché lei non c'era. Le sue carezze non c'erano. Le sue labbra pigiate in ogni parte del suo corpo, non c'erano. I loro sussurri, il loro dolce ma al medesimo tempo intenso e passionale modo, di fare l'amore. Quei mondi, troppo distanti quanto simili. Quel bizzarro modo di amarsi, nonostante tutte le controversie che vi erano state di mezzo.

Michael era una celebrità di fama mondiale. Di donne, se solo avesse voluto, poteva averne a bizzeffe; diverse e giovani ogni sera. Ma fare l'amore con sconosciute idolatranti del suo status, non era minimamente paragonabile a quell'amore -soffocante, distruttivo e rigenerante- provato per la sua giovane ragazzina di umili origini.

Lei che ormai si trovava a Londra, poi Parigi per girare le scene di quel dannato film. Ma lui ancora l'amava ed entrambi si erano promessi di vedersi presto. Di vedersi per amarsi ancora.

[...]

Una settimana dopo.
Neverland Ranch, Los Angeles.

Le labbra erano tinte di un rosso scarlatto, a tratti accecante. Gli occhi erano espressivi, dolci come ben ricordava. E quel viso che ora aveva dinnanzi, quel meraviglioso viso era stato protagonista dei suoi più intimi pensieri, per moltissimi anni.

«Lisa, è un piacere vederti!» esordí il cantante, con voce calda e leggermente sorpresa. Le mani giunte dietro la schiena, la chioma brizzolata e sciolta lungo le spalle. Ella gli sorrise sincera, nonostante la velata preoccupazione provata in quei giorni di totale silenzio da parte del suo ex marito. Ma loro avevano sempre avuto un rapporto speciale e la loro amicizia, era un qualcosa di molto bello ed innocente.

«Mi fa sempre un certo effetto vederti, Michael!» ma del resto era vero. Quella giovane donna, aveva amato quell'uomo con tutta se stessa. Si strinse nelle spalle e le guance si dipinsero di un leggero e delicato rossore. «Come tornare qui, a Neverland-»

Ma l'altro d'altro canto, le sorrise mesto. Le sue labbra screpolate, stirate in una smorfia felice. Ma i suoi occhi esigenti e laconici, imploravano aiuto.

Aiuto.

Lisa prese le sue giganti mani nelle sue. Lo strinse in un abbraccio candido e inspirando il suo dolce e potente odore di sandalo, percepí tutto il dolore celato dietro quella esile figura, di un uomo completamente solo.

«Michael-» disse, deglutendo a fatica.
«Che succede?»

La piccola giovane donna riposava tranquilla, con il volto posato sul sedile del grande SUV. Sentiva il bisogno di parlare con il cantante, di rigurgitare tutto quello che in quelle lunghe settimane di semi silenzio, non si erano detti.

Lui ogni sera le telefonava ma lei non sempre rispondeva. Era così indaffarata con le riprese che di tanto in tanto si addormentava ancora con i vestiti addosso. Johnny era sempre cordiale ed era un vero e proprio professionista; le insegnava il giusto modo di porsi ad un nuovo copione, ad un improvviso cambio di battute o a gestire l'ansia prima di una ripresa.

Era consapevole però, che Michael fosse scocciato. Le rare sere che riuscivamo a vedersi, ella crollava tra le sue braccia, a causa della stanchezza e distrattamente lo ascoltava. Al contempo lui la osservava con il suo sguardo infantile e profondo, con le labbra intrecciate in una smorfia fanciullesca. Le teneva il broncio e finivano con il discutere; lui testardo e orgoglioso usciva dalla stanza da albergo per poi rincasare qualche ora più tardi mentre lei era già addormentata. Si imboccava qualche pillola di nascosto per poi adagiarsi sul materasso di fianco al corpo della dama, odorando quel dolce profumo di lavanda.

Il mattino seguente ella si lamentava che l'altro fuggiva sempre dalle loro discussioni, abbandonandola nella stanza; ma poi finivano nuovamente tra le lenzuola: i loro corpi intrecciati, le loro bocche bramanti lambivano ogni misero centimetro di pelle reclamata nelle settimane di distanza e la mente vacillava. Fare l'amore era come un paracadute di salvataggio, nel loro bizzarro rapporto d'amore.


Natalie d'altro canto, era concentrata sul suo futuro.
Lei era il motore di se stessa. Lei doveva amarsi, così tanto da non lasciare che il suo cuore prendesse il sopravvento. Ma poi si sentiva una stupida, a tratti incoerente mentre osservava quel maestoso e luminoso cancello di Neverland.

Non sentiva Michael a telefono da giorni. Ricorda che avevano discusso perché lei non aveva risposto alle dieci chiamate della celebrità, perché rimasta sul set fino a tarda notte. Lui riusciva ad essere impossibile e per niente comprensivo, quando voleva. Megalomane, egocentrico e bisognoso di continue attenzioni, Jackson aveva concluso la telefonata convinto che ella non fosse più innamorata.

Stupido.
Idiota.

Pensava, in modo ossessivo, mentre teneva la giacca, stretta al suo corpo. Javon le fece strada, mantenendo un'espressione seria dipinta sul suo volto. Ma ella inspirò, entrando con irruenza nel grande salone dove il suo uomo e la sua ex moglie, nel frattempo stavano sorseggiando del buon vino.

«Oh damn- Nat!» ridacchiò la popstar, scostando una ciocca corvina dal volto. Si alzò in piedi, passandosi i palmi lungo le cosce. «Vieni! Entra pure!» aggiunse, deglutendo.

Natalie rimase immobile, battendo più volte le palpebre: dopotutto dinnanzi a lei vi erano il suo uomo, con la sua ex moglie, vicini e complici.
Lui la raggiunse, dandole un bacio casto. Un bacio che però, non ebbe risposta alcuna.

Egli deglutì, serrando le palpebre mentre con le mani cinse la vita della sua donna. Le era mancata talmente tanto che, non gli importava se la sua precedente moglie fosse presente. Lui voleva quella bionda più di qualsiasi altra cosa e decise di pigiare nuovamente le sue labbra sulle sue. Questa volta con più esigenza, con più bisogno.

«Natalie dì che mi ami ancora..» sussurrò, in modo sottile e tremolante. «Bambina..» perché del resto lui era così: fuoco e ghiaccio. Irruenza mista alla dolcezza.

Lisa sorrise perché riusciva a vedere il reale sentimento provato tra quei due: egli era follemente innamorato di quella donna che come lei, non era ancora riuscita pienamente a comprenderlo. Perché Natalie non rispose ed inclinando il viso di lato, volse la sua attenzione alla Presley. «È un piacere per me, conoscerti!»

Quest'ultima rise, avvicinandosi alla sua figura. Perché nessuno doveva temere l'altra. Perché Lisa non era un problema nel loro rapporto ed era normale che i due, provassero ancora un sentimento innocente e di stima reciproca. Perché Lisa comprendeva il forte turbamento provato dalla giovane ragazza, che tentava invano di salvare quell'uomo.

Il cantante rimase interdetto, sentendosi nuovamente rifiutato e serrò le labbra quando la Presley chiese gentilmente di lasciarle sole.
«Si amore» disse la bionda, con ilarità. «Puoi lasciarci sole, per favore?»

[...]

«Sei una donna giovane, elegante e bellissima. Ma riconosco quello sguardo. L'ho provato anch'io, anni fa..» le sorrise. Un sorriso cordiale, dopo una mezz'ora passata a parlare delle loro ambizioni. «Ti allontana, non è così?»

Lisa aveva lasciato la villa da non molto tempo prima. Natalie d'altro canto, rimuginava sulla loro discussione. Perchè quella donna, dal niente era riuscita a comprenderla.

«È un uomo buono, ma delle volte si chiude in se stesso. Non comprende che noi, lo amiamo e siamo qui per aiutarlo. Ha il brutto vizio di allontanare tutto e tutti, ma i suoi occhi sono espressivi. Anch'io pensavo non mi amasse e ho compreso il suo reale sentimento dopo anni» gesticolava, mentre entrambe si guardavano attentamente negli occhi. «Ti ama, ti ama davvero. Ma riconosco quanto sia difficile rimanergli accanto..»

Inspirava, con il volto chino all'indietro. Mangiucchiava le unghie, presa dal forte sconforto. In Lisa aveva rivisto lei, il suo amore ed il suo stato d'animo. Ella era stata cordiale e comprensiva.

«Sentiti libera di pretendere il tuo tempo. Sei una donna con la testa sopra le spalle e credimi, non ho mai visto lui così preso per qualcuno» sussurrava, mentre entrambe avevano spostato lo sguardo su un punto remoto, fuori il grande terrazzo. «Sentiti libera di andare, ma anche di tornare. Perchè lui merita di essere salvato. Sei tu quella donna capace di farlo. Ma non sentirti in colpa se percepisci di non riuscire. Fai bene a voler andare. Fai bene a seguire ciò che credi sia giusto. Lui tornerà sempre, perché ti ama e tu ami lui. Se l'aria diventa pesante, non temere mai di scegliere ciò che ti regala serenità» la bionda osservava la mora, con la bocca semi aperta. Gli occhi cerulei lucidi ed il fiato corto. «Natalie- andrà tutto bene. Sii felice, lo meriti!»

«Ma lui-»

«Lui lo accetterà!» la interruppe, seria in viso. «Il vostro sentimento è forte, lo si percepisce. Tu sei la donna che lui merita, tu sei alla sua altezza. Non sentirti meno, okay?»

Nel frattempo egli aveva salutato la sua ex consorte e raggiunto la sua donna, nel salone. Era confuso e pensieroso. Le gambe tremavano, le mani legate dietro la schiena. Gli occhi che osservavano il basso ed il labbro inferiore, stretto tra i denti.

Ella si accorse della sua presenza; sembrava un uomo provato, stanco e leggermente dimagrito. Le guance erano scavate e le occhiaie, solcavano quel viso angelico e meraviglioso. La chioma spettinata, le labbra leggermente sanguinanti, le gambe magre ma pur sempre muscolose.

«Stai bene, Michael?» esitò a chiedere, a bassa voce.

Che domanda stupida aveva appena fatto se entrambi erano consapevoli, che loro non stavamo affatto bene. Perché l'altro, inspirò in risposta. Dondolò un po' sui talloni, guardando quella ragazza sfuggente con circospezione.

"Mi conosci, ti sembro star bene?" pensava, schioccando la lingua al palato. Ma il cuore vacillava all'interno della sua cassa toracica. Fece qualche passo in sua direzione, prendendo posto al suo fianco.

«Cosa ci succede, bambina?»

Aveva cambiato discorso, perché si sentiva uno schifo ed era palese quanto volesse comprendere cosa stava succedendo, al loro amore. Perché gli bastava pensarla e sentiva il respiro, mancargli. Era lei a renderlo vivo, era lei a farlo stare bene. Era lei ad essere il suo ossigeno, nonostante fosse a conoscenza quanto le costassero i suoi silenzi, i suoi momenti bui.

Ma Michael non riusciva più a dormire, a lavorare, a ridere. Sapeva che lei stesse prendendo quella dannata decisione, senza di lui. Sapeva che lei stesse per volare altrove mentre lui era rimasto fermo alla ricerca di un appiglio, per tenerla vicino.

«Ti chiamo e non rispondi. Se rispondi sei fredda. Non mi ami più, Nat? È così?» la bocca impastata, gli occhi pesanti di chi faceva uso di continui aiuti per trovare pace durante il sonno.

Ma lei era il suo posto felice. Quel giorno, quella bambina forte e fragile, lo aveva fatto innamorare. Lei, rimanendo se stessa, aveva rapito il suo cuore con fare silenzioso.

«Davvero pensi questo, mh?»

La celebrità inarcò un sopracciglio, mordendosi il labbro. Davvero credeva che lei non lo amasse più? Ma lei era lì, dinnanzi a lui nonostante i suoi silenzi. Ma lei era rimasta la sua piccola stella, nei momenti privi di luce.

Scosse il capo, sbuffando.

«Guardami!» lo canzonò, prendendogli il volto tra le mani. Gli occhi inespressivi, spenti e dolenti. Quelle pupille esageratamente larghe. «Ancora fai uso di quella merda?»

Ma l'altro non rispondeva. Soffocava i singhiozzi, mentre sentiva la pelle fredda delle sue mani, fare pressione lungo le sue guance magre. Forse, parlare con Lisa era stato più semplice perché era capace di comprendere il suo mondo, il suo eterno caos. Voleva dimostrare di essere forte ai suoi occhi dolci che invece, lo avevano amato senza filtri.

«Perchè non mi parli?» continuava lei, alzando la voce. «Ti riempi la testa di cazzate, Michael. Sei convinto che non provo nulla per te, ma poi preferisci sfogarti con Lisa piuttosto che con me!» lo spinse dal petto, sconvolta.

Ma lui sapeva che non era stata Lisa, il problema. Lui aveva sbagliato ancora, nuovamente. E si abbandonò alla spalliera del divano, singhiozzando. «No Nat, non litighiamo..»

La vide sospirare e ricomporsi. «Non è Lisa il problema, ma il fatto che tu abbia scelto di sfogarti con lei, tenendo me lontana da tutto. Sono la tua donna o no?»

Lo era o lo stava abbandonando?

«Si, lo sei» e le cinse la vita con disperazione, abbandonando il volto lungo l'incavo scoperto del suo collo. Quella pelle, quella meravigliosa pelle
morbida e profumata. Quanto amava lambire di baci esigenti ma al medesimo tempo delicati, quel corpo. Quanto amava quella donna e quanto si odiava, per non riuscire a dimostrarle nulla di quel sentimento.

Le sue mani finirono in ogni dove: le aveva aperto la camicetta, per baciare quel petto non esageratamente prosperoso. Ma lei voleva parlare, non fare l'amore. Lei voleva una pausa, da quella fitta nebbia presente nel loro rapporto. Le mancava il loro amore, le mancava svegliarsi con lui al suo fianco, le mancava vederlo sereno ed appagato. Le mancavano i suoi baci la mattina, guardarlo mentre dormiva o semplicemente mentre le parlava.

«Non scappare Michael, cazzo!» disse, con le labbra burrose compresse contro le sue. Erano un droga ma voleva rimanere lucida, staccarsi.

«Non fare la ragazzina, bimba..» la strinse al suo petto, scansando le ciocche dal suo volto. «Io non sto scappando, mi sei mancata Nat! Io ti voglio..» e con l'indice, le sfiorò il ventre semi nudo.

«Si invece! Non vuoi affrontarmi e cerchi di fare l'amore, come via di fuga! Il sesso non è l'unico strumento riparatore! Scappi come ogni volta che mi lasci sola, non concludendo mai un discorso. Scappi come quando fingi di essere stanco per non parlare dei nostri problemi! Scappi come quando non vuoi sentire ragioni!»

Ma aveva ragione: lui stava scappando perché la paura di perderla per sempre era tale, da terrorizzarlo. Era egoista e si odiava per questo. E lei di canto suo, stava solo cercando di proteggere quell'amore scottante e se stessa. Perché il cantante sapeva quanto le costasse non concedersi, quanto le facesse male quel momento.

«Io non ce la faccio, Michael- io» la voce tremolante, gli occhi gonfi e il respiro spezzato. L'ennesimo errore, l'ennesimo sbaglio ed ecco che l'aveva persa.
Natalie stava proteggendo la sua persona e lui era stato cieco, ancora un volta. Se solo la avesse compreso prima, se solo le avesse teso la mano per non farla sentire mai più sola. Se solo avesse saputo come dimostrare la natura di quell'amore impossibile.

«No- bambina mia, no-»

Fu lui il primo a piangere. Le gambe avevano abbandonato il suo corpo e aveva dato libero sfogo alla sua frustrazione.
Lei lo stava lasciando. Lo leggeva dai suoi occhi, cerulei e laconici. Lei stava uscendo dalla sua vita, senza chiedere alcun permesso.
Voleva urlare, voleva dimostrarle il mondo e chiederle solamente di affidarsi a lui, ancora una volta. Perdonarlo, rimanere vicino alla sua persona e salvarlo, ma la vedeva lontana, distrutta ed indifesa.

«Mi st-stai lasciando?»

«Michael, io- è la cosa giusta per entrambi..»

«NO!» e quelle voci, quelle dannati voci. «Non dirlo, non dirlo!» i singhiozzi, il dolore; era fuori di senno.
«Perché?»

Natalie inspirò, rimanendo in silenzio. Ma come poteva parlare, se provava una voragine nel petto? Si sentiva imponente perché al contempo stava abbandonando l'uomo della sua vita, colui con cui si era illusa di passare il resto della sua esistenza. Dopotutto, ci aveva davvero creduto nonostante i loro mondi diversi.

«PERCHÈ?» urlò lui, prendendole il volto tra le mani. I suoi occhi stanchi, velati da troppa delusione di avere di fronte l'ennesima donna avara, pronta a voltargli le spalle nei momenti difficili. Aveva lasciato andare Lisa, aveva lasciato Debbie. Ma mai nessuna gli aveva procurato del male, come Natalie in quell'istante.

«Non mi hai reso partecipe del tuo mondo. Hai preferito proteggermi, escludendomi dal resto. Non posso accontentarmi di un amore a metà, Michael. Voglio un uomo presente per me in ogni momento, capisci?»

Il moro tirò su con il naso, aprendo la bocca per poi richiuderla nel medesimo stesso. Quella amara verità, lo aveva distrutto. Perché lui non era quella tipologia di uomo, nonostante lo desiderasse lui, non poteva esserlo. La colpa era sua: ne rimase folgorato anni prima, insistette per conoscerla ed innamorarsi; ed ora la stava facendo soffrire.

Michael piangeva e inspirò. Le mani della ragazza cercarono le sue. Lo guardava attenta, asciugando quel fiume di dolore che vano, solcava il suo volto.

«Ma io ti perdono e ti comprendo, credimi-»

«E perché vuoi andartene?» le rispose, tra i singhiozzi.

«Per il bene di entrambi. È colpa della vita, non nostra. Non tua. Devi scrivere, devi cantare e fare quello per cui sei nato. Devi pensare ai tuoi bambini. Ed io devo pensare a ciò che è più giusto per me, a stare bene. Ci abbiamo provato ma-»

Era lui l'uomo maturo, era lui l'adulto. Era lui la star, l'uomo con due matrimoni alle spalle, il padre. Ma al momento stesso era lui che non riusciva a porre fine a quel pianto sommesso.

«Perdonami bambina..»

«Io ti ho già perdonato Michael» ed era vero. Lei lo guardava con la medesima intensità del primo loro incontro. Lei lo amava, non poteva dire il contrario. Era stanca peró di soffrire e di vedere lui, stare così male. Sentiva la mancanza del loro rapporto, di quella scintilla magica che li distingueva dal resto.

«Ti amo..» le sussurrò, nascondendo il viso sul suo petto, percependo le braccia di lei, cullarlo.

«Anch'io, non ho mai smesso» gli disse a sua volta, con voce flebile. «Ma non posso restare. Non possiamo continuare a farci del male..»

«Ho sbagliato tutto, bimba-» blaterava cose, mentre si lasciava stringere da quella donna per l'ultima volta. Lei tirò su con il naso e guardandolo in viso, tentò di sorridere. «Non importa» prese poi le distanze, raccogliendo le sue cose.

Le mura, quell'arredamento particolare, la grande scalinata, quella dimora: Neverland e Michael -tutto le sarebbe mancato- tutto. Raggiunse il giardino, asciugando le copiose lacrime che le costò quella scelta.

Lui la raggiunse, prendendole la mano. La strinse nuovamente al suo corpo, baciandola tra i capelli. Era il suo modo di dirle addio, perché con le parole non riusciva. Lei chiuse gli occhi, alzando il volto. Premette le sue morbide labbra, su quelle della celebrità per l'ultima volta.

Entrambi piangevano, entrambi ricambiarono quel contatto con esigenza e trasporto. Michael la sollevò da terra per l'ultima volta, prima di abbandonare la presa.

«Ciao Michael..» concluse lei, voltandosi. Esitò ma poi prese a camminare verso il grande SUV. Se ne era andata, lentamente e silenziosamente come era entrata.
Lo osservò ancora, da dietro le vetrate scure. Lui era rimasto lì, con le braccia abbandonate lungo i fianchi. Le lacrime scendevano copiose e le labbra tremavano ancora.

Sussurrò un ti amo silenzioso, prima di voltarsi anche lui. Si erano persi, consapevoli entrambi che, la loro magia sarebbe rimasta per sempre.
Perché Natalie sarebbe stata in ogni parola, pensiero, melodia e nota di Michael. Perché ci sarebbe stato sempre un po' di quella popstar, in quella giovane ed indipendente donna.

Perché quell'addio, cucito nei meandri dei loro cuori, era il cimelio di un amore impossibile divenuto possibile. Perché lui poteva amarla, anche solo come idea. Perché aveva avuto la percezione che, stringendo la sua mano, fosse tornato a respirare.
Perché l'uno, fu l'ossigeno dell'altro.

Fine.

Spazio Autrice:

Dopo più di un mese, eccomi qui.
Ebbene questo è stato il mio viaggio più lungo, intenso, bello ed emozionante.
Ho esitato tanto per scrivere questo capitolo perché questa storia per me, vale molto.
Michael per me vale molto, anche se ora percepisco il bisogno di una pausa.
Il bisogno di concedermi ad altro.

Michael e Natalie sono il mio esempio di amore, o meglio, come io vedo l'amore. Come io vedo Michael.
Mi sono pienamente aperta in questo racconto e chi mi conosce, lo sa.

Domanda da un milione di dollari: se questa è davvero la fine per Michael e Natalie? Non lo so, in realtà ho mille ideuzze nel mio bagaglio ma per ora, The Breath finisce qui. 
(Eccetto una lunga revisione)
L' epilogo per ora non ci sarà, prima vorrò decidere bene il corso delle cose.
Un grazie va a voi, a tutti voi.
Come sempre, vi aspetto qua sotto nei commenti per l'ultima volta di questo viaggio. (Per ora)

I love u all girls.

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