Epilogo. Avanti
Musica consigliata: "No Sound But the Wind" degli Editors.
https://youtu.be/VDvHznAwNU4
Erano trascorsi undici giorni da quando Andrew era tornato da Sverthian, dieci da quando si era ripreso dopo il prolungato stato d'incoscienza in cui era piombato quasi subito e solo alla fine avevano capito il motivo di ciò. La prima ad accorgersene era stata Samantha che aveva avuto modo di notare come la pelle del fratello non fosse più gelida né esageratamente pallida, gli occhi non più di un verde giada talmente intenso da risultare innaturale; cosa ancor più bizzarra, dopo il risveglio e nei giorni seguenti la ragazza non aveva potuto far a meno di notare che Andrew sembrasse essere invecchiato. Non in modo esagerato, ma chiunque guardandolo gli avrebbe dato come minimo trent'anni di età, gli stessi anni che avrebbe dovuto dimostrare se solo Arwin non si fosse messo in mezzo e lo avesse trasformato in vampiro.
Era tornato com'era stato un tempo, com'era stato quattordici anni prima che Arwin lo rapisse e uccidesse, ovvero vivo, proprio come lei e gli altri.
James aveva infine confermato ogni cosa e spiegato che uno degli obiettivi principali di Woomingan fosse stato sin da subito rimediare a un antico errore che poi aveva avuto orribili e dolorose conseguenze; aveva raccontato di come Alex, parlandogli del proprio piano, fosse apparso desideroso di restituire a Andrew ciò che indirettamente lui stesso gli aveva sottratto. Aveva offerto se stesso, nell'anima e nello spirito vitale, e fatto un patto con Azrael, l'Angelo della Morte, affinché la sua anima prendesse il posto di quella di Andrew laddove erano custodite quelle di coloro che erano tornati come vampiri.
Grober non era riuscito a impossessarsi dell'anima di Alex e quest'ultima, durante il processo di svuotamento che aveva trascinato via con sé i ricordi dell'uomo e tanto altro ancora, ora era tenuta al sicuro da Azrael, lontana dalle mani di Satana e da quella specie di limbo dov'erano imprigionate tutte le altre anime delle sue precedenti vittime. Grober aveva solo assorbito lo spirito vitale, nient'altro, e Alex esisteva ancora, di nuovo pienamente cosciente di sé, del proprio passato e della missione che si era prefissato di portare a compimento. Era da qualche parte, chissà dove, sospeso in quello che alcuni definivano il Velo, la realtà che teneva separati il mondo dei vivi e quello dei defunti.
Ci avevano messo un po' per comprendere appieno cosa volesse significare tutto quanto, dato che non si trattava di certo di qualcosa da niente, ma era oramai piuttosto ovvio fin dove si fossero spinte le pretese di Alexander: restituire a Andrew tutti i quattordici anni che a Thorne erano stati sottratti dalla morte e dalla trasformazione in una creatura della notte. Durata della vita compresa e ciò spiegava il motivo per cui il ‟redivivo" paresse invecchiato, più maturo e meno ragazzo rispetto a prima. A memoria d'uomo era anche l'unico caso esistente e confermato di qualcuno che fosse receduto dalla condizione del vampirismo.
Eppure quella nuova situazione non aveva affatto sollevato il morale a Andrew, il quale aveva infine scelto di provare a dormire, a mangiare, curarsi di sé e a uscire dalla propria stanza solo per far contenti gli altri, specialmente la sorella. Continuava a ripetere che non v'era motivo per cui dovessero preoccuparsi per lui, ma il suo attuale aspetto sciupato e stanco raccontava una storia differente.
Le uniche volte in cui il suo atteggiamento a dir poco passivo e fin troppo mansueto subiva un brusco cambiamento era quando qualcuno si arrischiava a pronunciare il nome del suo defunto sposo, per sbaglio o solo per cercare di affrontare con lui la faccenda. Bastava dire ‟Alex" e lo si vedeva trasalire, rabbuiarsi o andarsene direttamente.
Era come se avesse bandito quel nome perché udirlo e ripensare al proprietario di esso lo feriva troppo, e non si poteva biasimarlo per questo.
Aveva raccontato per filo e per segno a Samantha gli avvenimenti terribili di quella maledetta notte e lei aveva ascoltato ogni singola cosa senza interromperlo, senza fare domande, e quando erano arrivati al punto cruciale e più doloroso non era riuscita a far a meno di scoppiare a piangere. Sapere che la persona più importante nella vita di suo fratello si fosse uccisa a quella maniera, tagliandosi di netto la gola, l'aveva scossa parecchio. Si era immaginata per un attimo di ritrovarsi al posto di Andrew, di vedere Cynder fare una cosa del genere per ragioni molteplici e strazianti, e il solo averci pensato l'aveva fatta stare ancor peggio.
Forse era in fin dei conti un miracolo che Andrew stesse cercando di tener insieme i pezzi di se stesso nonostante tutto, ma le appariva tuttavia chiaro che lui non ci stesse provando sul serio. Lo faceva solo per lei e gli altri, per dar loro l'illusione che prima o poi si sarebbe ripreso e sarebbe stato meglio, ma a pensarci bene... come poteva una persona riprendersi da uno shock come quello?
Non era poi d'aiuto che Andrew risultasse in via ufficiale e comprovata l'unico tutore in vita di Anthony. Era stato lo stesso Alex a volere che la custodia del ragazzino andasse al suo fresco marito e malgrado lo avesse fatto in buona fede, armato delle migliori intenzioni, doveva aver sottovalutato l'entità del trauma che la sua scomparsa avrebbe causato nella mente già provata di Andrew.
Un uomo in quello stato non poteva prendersi cura di un ragazzino di undici anni, era assurdo anche solo pensarlo e lo stesso Andrew non aveva mai menzionato il figlio acquisito.
Per quel che riguardava Anthony, avevano dovuto dirgli la verità visto che era venuto a risapere che l'uomo insieme al quale suo padre si trovava in viaggio fosse finalmente tornato a Obyria. Per quattro giorni aveva continuato a chiedere cosa ne fosse stato di Alex ed era stato Skyler, alla fine, a riferirgli della scomparsa del genitore; malgrado si fosse premurato di essere il più discreto possibile, era rimasto di sasso quando Anthony l'aveva preceduto affermando che Alexander fosse in realtà venuto a mancare, per poi aggiungere di averlo capito sin da subito, anche se aveva cercato di non pensarci e di credere nel contrario. L'aveva dedotto dal modo in cui tutti quanti avevano sviato il discorso e inventato scuse su scuse per giustificare l'assenza dell'uomo.
Quel ragazzino, dopotutto, aveva visto morire sua madre, era stato ospite di una prigione ed era fuggito solo perché Alice e Lorenzo avevano avuto dei ripensamenti e grazie all'aiuto di Erik. Non era poi così assurdo che fosse già del tutto consapevole di una cosa orrenda come la morte e di ciò che essa comportava per coloro che continuavano a vivere.
Non aveva pianto né aveva abbassato lo sguardo. Si era limitato a fare un cenno con la testa e ad accettare quell'ennesima, infelice notizia, ed era stato proprio quella reazione inconsueta a far sentire ancora peggio Skyler e gli altri adulti. Non era normale che un undicenne affrontasse a quel modo la scomparsa dell'unico genitore che gli era rimasto, eppure Anthony aveva preferito incassare il colpo e andare avanti, come se sapesse che piangere e star male non avrebbe fatto tornare in vita Alex e dunque non avesse alcun senso disperarsi. Detto così suonava inquietante e allarmante, ma in realtà era straziante. Quella situazione stava forgiando le generazioni future e le stava segnando in maniera irreparabile. Quanti altri bambini come Anthony sarebbero rimasti orfani e forse avrebbero scelto a loro volta di chiudersi in una metaforica muraglia che facesse loro da scudo contro il dolore e la privazione? Tanti, anzi troppi.
L'undicesimo giorno, comunque, mentre si trovava in compagnia del silenzioso Dorian che ancora tendeva al quasi totale mutismo, di Viktor e Nicholas, qualcosa nella routine quotidiana di Anthony subì un cambio di rotta quando lui e gli altri ragazzini videro Cynder raggiungerli dopo esser entrato nella sala di ritrovo poco lontana dalla grande e maestosa biblioteca. Quasi tutti i giorni si riunivano là dentro per occupare il loro tempo parlando o confrontandosi sulle poche e rare informazioni che di tanto in tanto riuscivano a strappare agli adulti tramite domande trabocchetto sempre più sofisticate e ben camuffate.
Il più bravo in quella specie di interrogatori sotto mentite spoglie, ora come ora, era Viktor. In fin dei conti fra di loro era quello che per un periodo di tempo si era ritrovato a dover sopravvivere contando solamente sulle proprie forze e aveva imparato a fare le domande giuste proprio durante il viaggio che lo aveva condotto a riunirsi al padre, anche se alla fine nessuno sforzo era valso a qualcosa e il ragazzino era rimasto comunque orfano di entrambi i genitori. Grazie a quell'esperienza lui e Anthony avevano stretto un legame ancor più solido. Nicholas, d'altronde, aveva ancora suo padre, Petya, e quando avevano domandato a Dorian se ricordasse il viso della madre, Peggy, il piccolo Efialte aveva sempre scosso la testa e fatto intendere di non rimembrare quasi per niente la donna. Forse era il più fortunato di tutti e il vero trauma per lui era stato il rapimento e la conseguente prigionia.
«Eccovi qui» esordì Cynder con un lieve sorriso.
I quattro lo guardarono all'unisono, ma solo Nicholas lo salutò. Anthony quasi subito tornò a fissare le pagine del libro che avevano sgraffignato dalla biblioteca e spiegava una parte della lunga storia di Obyria e dell'impero fondato da Arian e Reida Esper. Viktor si limitò a rimanere zitto e Dorian, ovviamente, fece lo stesso e abbassò gli occhi, incapace come al solito di sostenere lo sguardo altrui.
Gli unici che erano riusciti a penetrare un pochino le difese e l'atteggiamento timoroso e remissivo del piccolo Efialte, fino a quel momento, erano stati solamente Anthony e Fedra.
Cynder, avvicinatosi, gli accarezzò con delicatezza i folti capelli neri. «Tutto bene, Dorian?» gli chiese gentilmente.
Il bambino annuì in modo impercettibile, si strofinò il naso all'insù e si strinse nelle spalle. Il pensiero generale di tutti era che fosse insito nel suo carattere essere un po' musone. D'altro canto era il clone in miniatura di Iago e tutti sapevano com'era fatto Iago, esperienze di vita o meno.
Il re delle Ninfe tornò a guardare il giovane Woomingan. «Anthony, posso parlarti un secondo in privato? È importante.»
La serietà nei suoi occhi spinse Anthony ad accettare, anche se non aveva molta voglia di parlare, quella mattina. Si alzò dalla panca di legno e seguì in corridoio Langford, il quale parve faticare per trovare la maniera adatta di inaugurare un discorso che si prospettava difficile.
Anthony non si vergognava ad ammettere che ormai non si aspettava altro che cattive notizie a non finire. Ormai sembrava esser quella la sua nuova quotidianità.
«Mia sorella sta bene, vero?» chiese a bruciapelo, pregando che Daisy fosse in piena salute e non in procinto di andarsene per sempre come i loro genitori.
«Sta benissimo, non preoccuparti» rispose subito Cynder. «Riguarda un'altra persona...»
«Papà?»
«Non esattamente.»
«Allora chi?»
Cynder fece un respiro profondo. «V-Vedi... tuo padre, prima di... insomma...»
«... morire?» suggerì il ragazzino senza batter ciglio.
Langford ebbe un tuffo al cuore a quella parola pronunciata con tanta durezza. «Non devi dimostrare niente a nessuno, Anthony» si permise di dirgli. «Stai soffrendo e non devi vergognartene.»
«Piangere non serve a niente. Non è servito farlo quando è morta la mamma» ribatté il giovane Woomingan con implacabile alterigia e un vago tono d'accusa. «Comunque siete tutti molto bravi a dire le bugie, sai? Avevate detto che papà sarebbe tornato da me e Daisy, che sarebbe andato tutto bene, ma non è vero. Non è mai stato vero, giusto?» Cercava di non dar ascolto alla voce interiore che gli ripeteva che loro avevano sempre saputo come sarebbero andate le cose e gli avevano mentito perché lo credevano un bambino stupido, troppo piccolo per sapere la verità. Provava a credere nel contrario, a non detestarli tutti quanti per avergli raccontato una bugia colossale, ma era sempre più difficile contenere quella crescente rabbia che sentiva crescere ogni singolo giorno un po' di più.
La spingeva via, la ricacciava indietro, ma sentiva che una volta di quelle non ce l'avrebbe fatta oltre e sarebbe esploso.
«Sto bene» dichiarò infine con spavalda sicurezza. «Non mi vergogno di niente e non posso soffrire. Ora che mamma e papà non ci sono più devo pensare io a mia sorella. È il mio compito.»
«Anthony...»
«È di questo che volevi parlare? Di come mi sento?»
Cynder provò a non sembrare troppo sconvolto, ma era difficile rimanere impassibili di fronte a un undicenne che parlava come un quindicenne e sosteneva che fosse ormai compito suo e di nessun altro provvedere alla sorellina. Era come se ormai si fosse convinto di non poter contare su nessuno e di essere solo al mondo.
«So che sei arrabbiato con noi e... ne hai tutto il diritto, Anthony. Forse abbiamo sbagliato a non dirti subito che tuo padre stava affrontando un viaggio molto rischioso, ma volevamo solo proteggerti.»
«Beh, non è servito così tanto, alla fine» lo rimbeccò aspro il ragazzino. «Perché non avete protetto i miei genitori, invece di pensare a me? Chi ha pensato a loro?»
Forse, pensò Cynder, Anthony non aveva tutti i torti. Malgrado Fiona non si fosse comportata bene e avesse agito contro lo stesso Alex sapendo bene cosa sarebbe accaduto, rimaneva pur sempre la madre dei suoi figli, una persona, ed era stata lasciata in compagnia di Mathias che si era schierato con Grober ed era stato infine eliminato a sangue freddo quando aveva esaurito la propria utilità. Fiona aveva affrontato la medesima sorte e in effetti a ben pochi era importato di questo.
Cosa dire, poi, di Alex?
Tutti loro avevano deciso in modo consapevole di lasciare che le cose facessero il loro corso, di arrendersi in partenza perché era ciò che il destino richiedeva; l'unico ad aver tentato l'impossibile era stato Andrew. Aveva amato Alex così tanto da non accettare di perderlo senza prima lottare fino allo stremo delle forze.
Non avevano fatto tutto il possibile né per l'una né per l'altro e questo Anthony sembrava averlo capito o almeno sospettarlo, glielo si leggeva negli occhi.
«Non so cosa dirti» ammise Cynder con un filo di voce. «Non sarebbe dovuta finire così e forse... forse avremmo davvero potuto fare di più per tua madre e tuo padre. Anche gli adulti sbagliano, Anthony. Lo fanno spesso e solo dopo si rendono conto di questo.»
Anthony tacque, poi: «Se papà è morto, allora perché non è successo anche a quello che si trovava insieme a lui? Quel tipo è tornato, è vivo. Perché papà è dovuto morire?»
Non trovava giusto che a esser sopravvissuto fosse stato un altro. Che come al solito fosse stata la sua famiglia a non avere fortuna, a esser nuovamente dilaniata e decimata. Perché sempre a loro? Prima sua madre e poi ecco che anche suo padre aveva fatto una brutta fine. Non era giusto e basta.
Cynder, con un peso allucinante all'altezza dello stomaco, rispose: «Andrew ha tentato di salvare tuo padre, Anthony. È la verità, te lo giuro. Ci ha provato fino alla fine. Loro... erano molto legati, capisci? Così come tu sei certo che il tuo compito sia di proteggere Daisy, così Andrew si sentiva in dovere di proteggere tuo padre. Purtroppo non ci è riuscito, è vero, ma... ha promesso ad Alex che avrebbe protetto te, se gli fosse accaduto qualcosa. Tuo padre... insomma... ha deciso di affidare la tua custodia a lui, alla persona che gli era più vicina e di cui si fidava di più. So che non potrà mai sostituire i tuoi genitori, non lo conosci neanche, ma anche Andrew ha perso molte persone a lui care, compresi sua madre e suo padre. Nessuno meglio di lui può capire ciò che provi, credimi».
Anthony strinse le labbra. «Non ha protetto mio padre e questo vuol dire che non può proteggere neanche me» disse caparbio. «Papà ormai se n'è andato. Quello che voleva non importa più.» Fece un passo indietro. «Adesso torno da Viktor e dagli altri. Non voglio avere niente a che fare con quell'uomo.» Senza aggiungere mezza parola in più si allontanò ed entrò nuovamente nella sala di ritrovo sbattendosi alle spalle le porte.
Cynder, benché rimasto male di fronte alla reazione del ragazzino, non era comunque stupito e quando poco tempo dopo quell'infelice conversazione riferì tutto a Skyler e Samantha, neanche loro si sorpresero.
«Beh, accidenti» sospirò Skyler. «Quel piccoletto ha tirato fuori la grinta, poco ma sicuro.»
Samantha scosse la testa. «Grinta o meno, di questo passo finirà male. Ha solamente undici anni, non può davvero pensare di cavarsela da solo o chissà cos'altro.»
«Non puoi neppure costringerlo a parlare con Andrew, se non è ciò che vuole.»
«Ma insomma, Skyler! È naturale che stia reagendo così! Suo padre è morto pochi giorni fa.»
«Lo so. Intendevo dire che...»
Cynder schiarì la voce e si permise di interrompere i due: «Io credo che il nocciolo della questione non sia solo la morte di Alex in sé per sé. Forse pensa che Andrew voglia rimpiazzare suo padre in qualche maniera e non c'è cosa peggiore per un bambino rimasto totalmente orfano. È come chiedergli di dimenticare la famiglia che aveva prima e ricominciare da zero come se nulla fosse mai accaduto, e per un bambino di undici anni è intollerabile. Anthony sta soffrendo atrocemente, ha subito perdite molto gravi e... beh... ammettiamo di non aver fatto abbastanza per i suoi genitori, proprio come non siamo stati abbastanza vicini a lui in primo luogo, in questi mesi. Eravamo talmente indaffarati con il resto da aver dimenticato che fra di noi ci sono dei ragazzini che hanno bisogno di cure, di affetto, di qualcuno che assicuri loro che c'è speranza, che tutto andrà bene».
«Non è così» lo rimbeccò Samantha. «Guarda che ho cercato il più possibile di instaurare un rapporto con lui. D'altronde... i-insomma è... è mio nipote, adesso, no? E comunque non tollero di vedere un bambino abbandonato a se stesso. So cosa si prova, so quanto fa male e ho cercato di stargli vicino. Purtroppo si è chiuso a riccio e ora sta peggiorando.»
I due gemelli si scambiarono un'occhiata di amara intesa, poi fu Skyler a esternare il pensiero di entrambi: «Sam, il punto è che... non sei sua madre e non è così piccolo da poter passare sopra a questo particolare. Questo spiega perché voglia tenerti a distanza e tutto il resto, almeno è ciò che penso».
Samantha fece un respiro profondo. Aveva lo sguardo lucido. «Quindi cosa facciamo?»
Cynder si umettò le labbra. «Se la montagna non viene a Maometto...»
Lei lo squadrò come se fosse impazzito. «Andrew andare a parlare a quel ragazzino? Anthony è riuscito a demolire te, pensa cosa farà con mio fratello!»
«Andrew è un uomo adulto, Samantha. Ha affrontato Grober, può benissimo sostenere una conversazione con un undicenne, per quanto spiacevole potrebbe rivelarsi. So bene cosa significhi per lui fronteggiare Anthony, ma è il suo solo e unico tutore decretato dalla legge su volere dello stesso Alex. Alex gli ha affidato suo figlio e Andrew deve tener fede alla promessa che ha fatto» replicò Cynder usando per la prima volta un tono di voce irremovibile e spaventosamente serio. «Sta soffrendo e lo capisco, ma bisogna andare avanti e non può crogiolarsi nel dolore per sempre. Non è il primo né l'ultimo ad aver perso l'amore della sua vita. Ogni giorno migliaia di uomini e donne fanno fronte a situazioni del genere. Non mi piace fare discorsi così sterili e già sentiti fino alla nausea, ma la vita è anche tutto questo.»
«Non mi risulta che Andrew abbia avuto la possibilità di vivere come una persona normale. Per sette anni è stato tenuto in ostaggio da un mostro, poi è rimasto chiuso in una bara finché qualcosa non lo ha spinto a lottare e risalire in superficie. Non ha goduto di qualcosa che gli sarebbe spettato di diritto.»
Cynder sospirò. «Lo so, Sam, però... le giustificazioni tendono a invecchiare e a sbiadire, a lungo andare. Andrew non potrà nascondersi per sempre dietro a questa scusa. Era già obsoleta un anno fa, lo era quando è stato processato e condannato e... insomma... dubito interessi in ogni caso ad Anthony.»
Skyler annuì, trovandosi d'accordo con il fratello. «E comunque non è che possiamo dire a quel bambino cos'è accaduto a Hanging Creek e per quale motivo suo padre è finito in un ospedale psichiatrico e... insomma... tutto il resto. Metterebbe Andrew sotto una luce ancora peggiore e lui ha già fatto abbastanza ammenda per le sue azioni. Rivangare il passato è inutile e doloroso.»
Samantha deglutì. «Glielo dirò io» sentenziò. «È mio fratello, spetta a me dargli una raddrizzata.» Spense a terra la sigaretta che poco fa si era accesa e si strinse di più nel tubino nero e dalle maniche lunghe che indossava. «Siamo sicuri di trovarci a giugno?» aggiunse. «Fa sempre più freddo!» Scoccò un'occhiata cupa al cielo color piombo che regnava sulla silenziosa città di Obyria un tempo stata molto più vivace e colorata in quel periodo dell'anno, poi si decise a tornare indietro e a varcare la soglia dell'entrata principale del Palazzo Imperiale.
Cynder esitò. «Non si sa niente dell'altra faccenda?» chiese.
«Nessuna nuova, buona nuova» ribatté stancamente l'Imperatore. «Spero che sia così, almeno. Forse Brian ha ragione e ci stiamo preoccupando più del necessario.»
«O magari Grober gli ha fatto del male e gli ha negato ogni possibilità di tornare qui.»
«Ma andiamo!» Skyler sbuffò. «Cosa potrebbe mai fare uno come lui a una divinità della morte? È come provare a fare la festa ad Azrael!»
«Eppure ho parlato di nuovo con Max e mi è sembrato non solo strano, ma anche molto preoccupato e in ansia. Qualcosa non mi torna, Skyler. C'è dietro qualcosa che non sappiamo e questo qualcosa potrebbe aver a che fare con l'assenza prolungata di Dario. Hai la minima idea di cos'abbia scelto di fare a se stesso? È peggio che fare un patto con il diavolo e non ci credo che quella specie di macabro trapianto d'occhi non abbia avuto delle conseguenze, un prezzo da pagare in cambio di tutto quel potere. E se fosse peggio di quel che crediamo? Se non sapessimo tutto?»
«Io credo che tu ti stia facendo troppi castelli in aria, Cynder» commentò Skyler, come al solito propenso a trovare in ogni cosa una chiave di lettura basata sulla logica. «Senti, capisco che sei preoccupato. Sono affezionato a Dario quanto lo sei tu, se non di più, ma non gli siamo di nessun aiuto con tutte queste congetture e non possiamo assolutamente recarci nelle Terre dell'Ombra. È troppo pericoloso, Cynder, lo capisci? Siamo reduci da fin troppe perdite.»
«Eppure James la pensa come me e ha i miei stessi sospetti.»
«James tende anche a essere troppo impulsivo, a volte. Senza offesa, ma non è che lui abbia chissà quanto da perdere, ormai.»
«Solo perché è separato dalla moglie e non può vedere suo figlio non vuol dire che non gli sia rimasto niente.»
«La mia risposta è comunque no.»
«Neppure tu sei di qualche aiuto, se la pensi così.»
«Sto solo cercando di pensare al bene degli altri, non solo di un singolo individuo. Hai sentito cos'ha detto Andrew, no? È stato Dario a dirgli che non sarebbe dovuto tornare indietro per lui, se fosse accaduto qualcosa, e penso che la regola valga anche per noi. Si va avanti, Cynder, e si spera per il meglio.»
«Perciò faremo la stessa cosa che abbiamo fatto nel caso di Misha e Alex: niente. Bell'affare» ribatté Cynder sardonico. «Pensavo dovessimo mantenere un comportamento umano, pur dovendo combattere contro dei mostri.»
«Secondo te sarei un mostro solo perché non voglio sacrificare altre vite?»
«Anche ora stiamo rischiando la vita! Grober potrebbe arrivare da un momento all'altro e sappiamo che le difese di Obyria non reggeranno! Prima o poi dovremo dirlo alle persone e far evacuare la zona!»
«E dove andranno? Nel mondo umano, ovvero la zona di guerra principale? Tanto vale ucciderli tutti quanti di nostro pugno, allora.»
«Ciò non toglie che Zelda e gli altri che stanno lavorando alla difesa di Obyria abbiano ammesso che si tratterà solamente di una cosa temporanea e che prima o poi lo scontro sarà inevitabile. Migliaia e migliaia di persone moriranno, Skyler! E parlo solo di questa città! Pensa a cosa accadrà nel resto dell'Impero che tu dovresti proteggere fino allo stremo! Grober vuole sterminare le specie sovrannaturali!»
Skyler serrò le palpebre e represse la voglia di urlare addosso al gemello. «Il nostro compito principale, Cynder, è concedere ad Alex tutto il tempo che riusciremo a fargli guadagnare. Nel frattempo altri di noi penseranno a un modo per neutralizzare la Fonte. Il piano è questo, per quanto suicida possa risultare.»
«Ma...»
«Se non lo faremo noi, nessun altro lo farà!» sbottò l'Imperatore. «Spetta a noi fare questo sacrificio, Cynder! A te, a me, a tutti quanti! Moriranno delle persone, è vero, ma almeno le generazioni future saranno salve! È questo che Alex voleva dimostrarci: qualcuno deve sacrificarsi per il bene del prossimo, anche se fa male, anche se forse non servirà a niente! Lo sapevano tutti quelli che ora non ci sono più e se ne sono andati consapevoli che ci sarebbero stati altri a prendere il loro posto per lottare! Lo sapeva Misha, lo sapeva Alex e lo sapeva anche Dario. È questo il loro lascito, la loro eredità. Dobbiamo finire quel che hanno iniziato e farlo a qualsiasi costo, non importa cosa o chi dovremo ancora sacrificare. Questa è la guerra, Cynder, e in guerra le persone muoiono.»
Non avrebbe voluto esser così brusco, ma aveva bisogno che Cynder capisse fino in fondo che lui, più di chiunque altro al mondo, desiderava la fine di quella storia. Lo terrorizzava il pensiero di perdere altre persone care, ma non c'era altra scelta. V'era una sola strada da percorrere, una strada che Alex aveva indicato a tutti loro. Non dovevano far altro che seguirla e andare fino in fondo.
Sarebbero morti in ogni caso se Grober avesse vinto, perciò tanto valeva tentare e rischiare lo stesso.
Tornò a guardare dritto davanti a sé, verso l'orizzonte scuro che prometteva l'arrivo di una tempesta. Gli era ormai purtroppo chiaro che avrebbe dovuto stringere i denti e fare scelte difficili, scelte forse crudeli che magari avrebbe rimpianto in futuro per il dolore che prenderle gli avrebbe causato, ma sapeva anche che quello era il suo compito. Fra le sue mani c'era il futuro di Obyria, la sua indipendenza e sopravvivenza. Non poteva semplicemente scegliere in base a quel che gli diceva l'animo; doveva ragionare con la testa, ascoltare la ragione e nient'altro che quella.
«Le istruzioni le conosciamo, Cynder. Non possiamo più permetterci di guardare indietro, pertanto si va avanti, proprio come da programma.»
A distanza di undici giorni dal suo ritorno a Obyria, dieci da quando era tornato un comune mortale, Andrew non si era ancora abituato a tutti quegli enormi cambiamenti che erano avvenuti nella sua vita in così poco tempo.
Quello più grande e terribile da fronteggiare, fino ad allora, era stato senz'altro la morte di Alex, lo stesso del quale non tollerava sentir pronunciare il nome ad alta voce senza che una fitta al cuore lo trapassasse come una pugnalata.
Non perché gli mancava e basta, ma perché non appena quel nome trapelava, filtrava attraverso le crepe della fragile muraglia che aveva innalzato fra di sé e il dolore della perdita, Andrew rivedeva sempre la stessa, identica scena: quell'orribile pugnale che scorreva sulla gola dell'uomo che aveva amato e lo portava via per sempre dalle sue braccia in lande lontane, lande dove a lui non era stato per la seconda volta concesso di accedere.
Prima perché era tornato indietro come un vampiro, poi... beh... perché Alex aveva letteralmente fatto un patto con il diavolo e venduto se stesso, fino all'ultimo atomo, in cambio non solo della sua salvezza, ma della riunificazione della sua anima alle spoglie mortali; tutta la vita che Alex aveva vissuto fino a quel momento era scivolata via dalle membra di questi e si era insediata in lui, in Andrew, restituendogli quei quattordici anni di vita andati perduti, allungandogli l'esistenza.
Eppure, come poi aveva scoperto, Alex aveva scomodato forze più temibili, ma al tempo stesso imparziali e giuste, di Grober. Era Azrael ad avere con sé l'anima di Alex che aveva preso il posto di quella del marito di modo che essa potesse tornare dal legittimo proprietario e annullare la trasformazione in vampiro.
Quei due patti, combinati, avevano dato luogo a una perfetta risurrezione e a una recessione dalla condizione di non-morto. Colui che era vissuto, morto e tornato dalla morte come una creatura della notte era poi riemerso ancora una volta dalla tomba, rinato a nuova vita, di nuovo nella luce. Finalmente le ultime parole di Alex avevano acquisito un senso, spiegavano perché a dover portare dentro di sé Valknut dovesse essere Andrew e nessun altro.
Ciononostante il Sigillo non era un fardello pesante come lo erano la nostalgia e il senso di vuoto che Andrew avvertiva da giorni.
Come aveva potuto credere Alex che lui avrebbe avuto voglia di vivere, di andare avanti, dopo aver visto ciò che aveva visto? Si era ammazzato davanti a lui e questo solo dopo avergli detto che lo amava.
Andrew gli aveva promesso che sarebbe sopravvissuto, che avrebbe portato a termine quel che anni prima, a modo loro, avevano contribuito a scatenare, ma era facile promettere e lo era ancor di più pentirsi della promessa fatta non appena ci si rendeva conto che era impossibile tener fede ad essa.
Aveva promesso molte cose ad Alex, troppe, senza sapere quanto sarebbe stato arduo rispettarle: di guardare avanti, al futuro; di prendersi cura di Anthony; di lottare affinché quel sacrificio non risultasse vano e, soprattutto, di non temere di aprirsi con gli altri, di amare e consentire al prossimo di amarlo, di volergli bene e stargli vicino.
La verità era che aveva il terrore di fare tutto questo. Si era preso cura di sua sorella, ma non sapeva nulla di come si facesse il padre, ruolo ben diverso da quello del fratello maggiore. Come poteva proteggere un bambino se non era riuscito a proteggere neppure un uomo, quello più importante ai suoi occhi?
Quella notte non aveva fatto praticamente quasi niente, se non quando aveva provato a far fuggire Alex e a trattenere Grober. Era durato appena qualche minuto prima di venire sconfitto su ogni fronte.
Tornare ad amare? Difficile farlo quando le persone attorno a lui avevano la brutta abitudine di fare una pessima fine. Prima suo padre, poi per un soffio sua sorella e suo nipote, poi sua madre; Skyler era sopravvissuto per miracolo quando Obyria era stata attaccata e infine era toccato ad Alex.
Si era sempre ripetuto che in avventure come quelle, avventure narrate nei libri o nei film, gli eroi tendevano sempre a cavarsela anche quando tutto pareva perduto, ma poi la realtà lo aveva schiaffeggiato e fatto tornare coi piedi per terra. Quella era la vita vera, non era pura finzione, non era un libro dove il bene trionfava sul male e l'amore riportava indietro dalla morte chiunque con un semplice bacio.
Alex non ce l'aveva fatta, aveva scelto di rimanere indietro e lasciare che fosse lui a tagliare il traguardo, a sopravvivere.
Faceva male pensare che forse quell'uomo avesse saputo sin dal principio come sarebbe terminato il viaggio a Sverthian. Forse Alex, ogni volta che lo aveva guardato, lo aveva fatto consapevole che sarebbe potuto finire tutto quanto da un momento all'altro.
Si era portato dietro per mesi quell'enorme peso sulle spalle e le conseguenze erano ormai ben note a tutti quanti.
E lui, Andrew, non aveva capito niente, se non quando ormai era tardi e il destino di entrambi segnato.
Alex aveva scelto di gettarsi tra le fauci del mostro per distruggerlo dall'interno e ora spettava a qualcun altro terminare il resto dell'opera, e Andrew sapeva che doveva essere lui a raccogliere la spada e ad affrontare la bestia.
Forse si sarebbe rivelato solamente l'ennesima vittima sacrificale o forse, per qualche assurdo gioco del destino, sarebbe riuscito nell'impresa. Non osava sperare, essere troppo fiducioso nell'avvenire e nelle proprie forze; lo avevano già tradito una volta, chi poteva dire che non l'avrebbero fatto ancora?
Se aveva paura? Eccome. Ormai aveva paura di tutto, ma gli bastava ripensare al coraggio di Alex, al modo in cui non aveva esitato a far scorrere la lama per capire che a volte bisognava essere forti e basta, anche se non ci si sentiva tali. Non sempre c'era una scelta, specie quando il tempo era agli sgoccioli e si aveva un unico colpo in canna. O la va o la spacca; o si viveva o si moriva, non c'era una via di mezzo.
Non era il primo né l'ultimo ad esser rimasto vedovo, ad aver perso la persona che amava anzitempo e in modo terribile, ma a differenza di tanti altri a lui non rimaneva niente di Alex, se non i ricordi e la fede nuziale. Nessuna fotografia assieme, nessun bel ricordo di una luna di miele trascorsa in qualche luogo esotico; nessuna discussione per trovare la casa giusta dove andare ad abitare insieme né teneri bisticci perché non riuscivano a mettersi d'accordo su quale film guardare il sabato sera al cinema. Niente cene con gli amici, niente notti trascorse l'uno fra le braccia dell'altro, niente ritorno a casa dopo una lunga giornata di lavoro; nessun primo Natale davanti al camino acceso né cene romantiche in onore del compleanno di uno o dell'altro.
Lui non aveva niente di tutto questo da custodire nel cuore.
Il loro viaggio di nozze era stato una crudele marcia verso la morte combinata a una progressiva perdita di ricordi e di identità da parte di Alex.
Non avevano avuto il tempo né l'occasione di avere una vita normale, una seconda possibilità. Due anni trascorsi prima a litigare, a puntarsi il dito contro a vicenda, poi le cose erano migliorate, si erano rimessi insieme, avevano iniziato a progettare un futuro nuovo di zecca per entrambi, ma poi erano stati costretti a svegliarsi dal sogno e tutto era svanito come fumo.
Diamine, non c'era stato neppure un funerale, niente del genere, perché non c'era stato alcun corpo da seppellire o da cremare. Quel che rimaneva di Alex se l'era preso il mostro che aveva distrutto le loro vite.
Era molto più complicato affrontare un lutto quando non si aveva altro tra le mani che un pugno di cenere.
Il suono nitido di qualcuno che aveva appena bussato alla porta lo fece riscuotere e lo indusse a celare come sempre l'anello sotto i vestiti. Lo portava al collo per esser sicuro di non perderlo e di averlo sempre accanto al cuore.
Si alzò dal letto e andò ad aprire. Vide Samantha.
«Posso entrare?» gli chiese lei.
Andrew avrebbe voluto dirle che non era un buon momento e non aveva voglia di parlare con nessuno, ma in fin dei conti era sempre un pessimo momento. Il problema era dentro di lui, non fuori. Annuì e la lasciò passare. Sentiva lo sguardo della sorella addosso, ma non gli andava di incrociarlo. Non voleva essere compatito né scoprire che gli altri provavano pena per lui.
Eppure tutto ciò che Samantha vedeva non era altro che un uomo distrutto e la cosa peggiore era che si trattava di suo fratello, non una persona qualsiasi o un semplice amico. Faceva male vederlo in quello stato, annaspare pur di far credere a tutti loro, lei compresa, che non stava pian piano annegando nel proprio dolore e nei sensi di colpa.
Prima ancora di poter frenarsi o riflettere, disse: «Mi ricordi la mamma, sai?»
Aveva visto quella povera donna reagire alla stessa maniera quando Andrew era sparito e, sette anni dopo, era stato rinvenuto come cadavere nei boschi. Scarlett ci aveva provato a reggere al dolore della perdita, all'angoscia iniziale e poi al dover rassegnarsi e capire che uno dei suoi figli non sarebbe tornato mai più. Ci aveva provato davvero a incassare il colpo, ma poi si era arresa un po' alla volta finché non era stato evidente che fosse rimasta vittima di un crollo nervoso e della depressione.
Com'era andata a finire? Si era chiusa in se stessa, aveva dimenticato il mondo esterno ed era diventata irraggiungibile, l'ombra di chi era stata, così tanto da non essersi neppure accorta che suo figlio era tornato dalla morte ed era persino andato a trovarla, una notte.
«Lei ha permesso al dolore di avere la meglio, ma tu devi combatterlo, Andrew. Non voglio perdere anche te» aggiunse l'Imperatrice mentre si torturava le mani. Odiava parlare della madre e al momento i suoi nervi erano sull'orlo del baratro. Ricacciò indietro con decisione le lacrime. «Non ti dirò che Alex non avrebbe voluto vederti così. Quello che voleva o meno lo sapevi tu più di chiunque altro, ma una cosa la so: era suo desiderio che tu andassi avanti, davvero avanti, e voleva che io e gli altri ti dessimo una mano a farlo. Voleva che ti prendessi cura di Anthony con la stessa dedizione e lo stesso amore che avresti riservato a un tesoro di immenso valore. Io... io credo che non sarà Valknut a proteggerti in sé per sé, ma ciò che sicuramente avrà in qualche maniera assorbito trovandosi in simbiosi con Alex: il suo amore per te e anche per suo figlio. Penso che sia stato questo a fargli capire che eri il solo degno di portare un peso del genere. Eri l'amore della sua vita, basta guardare cos'è accaduto negli ultimi due anni per capirlo subito. Basta pensare che non ti ha mai dimenticato neppure a distanza di tanto tempo. La cosa più bella che tu possa fare è non dimenticare né lui né ciò che eravate insieme.»
Cynder si era recato a parlare con Metatron di nuovo, un paio di giorni prima, e l'Angelo Profeta aveva detto al re delle Ninfe di riferire a Andrew una cosa, ovvero che finché i ricordi di una persona scomparsa fossero sopravvissuti e stati custoditi da coloro che l'avevano amata, non sarebbe mai realmente morta.
«Ovunque sia ora Alex... io penso che i ricordi che hai di lui gli stiano dando forza. Grober non riuscirà mai a sottrarteli. Anche se alcuni, forse molti, sono dolorosi, ce ne sono altri che invece sono bellissimi. Credo che prima o poi si riveleranno importanti o Metatron non avrebbe mai dato loro così tanto rilievo. Tutto ciò che puoi fare, Andrew, è ricordare Alex per come lo conoscevi e andare avanti, proprio come gli hai promesso.»
Sollevò lo sguardo e vide il fratello tenere il capo chino; si mordeva il pugno pur di ricacciare indietro i singhiozzi. Era straziante vederlo crollare a quel modo ed esternare tutta la sofferenza che stava provando.
Samantha si sporse e lo abbracciò con tutta la forza di cui era capace; voleva che ricordasse che non era solo, che sentisse il suo affetto e si aggrappasse ad esso come a un salvagente.
Lui non la respinse, anzi si accasciò nella sua stretta come una bambola di pezza e pianse sulla sua spalla, non potendone più di far finta di star bene, che le cose andassero bene a quella maniera. Poteva fidarsi di sua sorella, a lei non doveva dimostrare un bel niente. Era al sicuro.
Avrebbe voluto dirle che le voleva bene, ma un terrore primordiale gli sigillava le labbra. Aveva una folle paura che se avesse detto ad alta voce una cosa come quella poi il male che lo braccava lo avrebbe udito e avrebbe visto un atto del genere come un invito a nozze, a distruggere quel poco che gli rimaneva. Non disse niente e si limitò a ricambiare l'abbraccio di Samantha per comunicarle ciò che a voce non poteva confidarle.
Era vero: Alex era la sua famiglia, ma quel nucleo era formato anche da altre persone e in esso bisognava rifugiarsi quando le cose andavano male e tutto sembrava ormai perduto. Tale pensiero lo portò dunque a Anthony, un bambino di undici anni rimasto completamente orfano e privo di una reale figura di riferimento. Pensò a Anthony e a tanti altri che avevano voluto bene ad Alex e si sentì un vero egoista.
Ricordò Brian che aveva considerato sempre Alex un fratello; ricordò Skyler che era stato messo di fronte a una scelta difficile e sofferta, pur conscio che così avrebbe dovuto abbandonare un caro amico; pensò a Cynder e a Samantha, a Sophie, a Iago, persino a Godric che in fin dei conti aveva protetto per anni Alex dalle grinfie di Grober e in qualche maniera aveva contribuito a farlo incontrare con quell'uomo meraviglioso, tredici anni prima.
Non era da solo in quell'orribile lutto, non era il solo a ribollire di odio, rabbia e frustrazione dinanzi all'ennesima ingiustizia, all'ennesima perdita.
Si scostò e si asciugò le guance. «D-Dov'è Anthony? D-Devo... devo provare a parlargli. Devo fare qualcosa, hai ragione tu.»
«Non dovresti stare qui fuori da solo.»
Anthony sussultò, guardò alla propria sinistra e incrociò lo sguardo smeraldino di Viktor. Talmente era rimasto immerso nei pensieri fino a quel momento da non essersi reso conto di trovarsi su quel balcone da un pezzo. Da lì riusciva a vedere tutta la città e quel cielo scuro all'orizzonte.
Non disse niente e tornò a fissare un punto imprecisato davanti a sé.
Viktor appoggiò i gomiti sul parapetto cristallino. Esitò prima di parlare di nuovo: «All'inizio è davvero brutto. Per me lo è stato. Quando... quando mio padre è andato via e non è tornato più, io sapevo che era successo qualcosa. Nessuno voleva dirmi niente, mi ripetevano che prima o poi lo avrei rivisto, che andava tutto bene, che doveva rimanere lontano da me per proteggermi, ma... non era così e sapevo la verità. Papà sarebbe tornato da me, se solo avesse potuto. Mi voleva troppo bene per mancare per così tanto tempo e non farmi mai sapere come stava o quando sarebbe tornato a casa.»
Non aveva mai parlato così apertamente di suo padre, Misha, se non con i fratelli Rivers e la piccola Jane. Era l'unico ad aver conosciuto abbastanza bene quell'uomo da poter dire agli altri che tipo di persona fosse stato o meno, quando l'aveva conosciuto.
Anthony finalmente parve concentrarsi sulla conversazione e riprese a guardare il giovane Efialte. «Come hai fatto a superare tutto?» chiese, gli occhi blu intrisi di tristezza, ma anche di avida volontà di sapere quale fosse il segreto di Viktor.
Viktor si strinse nelle spalle. «Avevo i miei zii, Afrodite e i miei fratelli. Avevo delle persone che mi volevano bene e mi hanno fatto capire che anche se papà non c'era e forse non sarebbe mai tornato, avevo ancora una famiglia, qualcuno che si preoccupava per me.» Si morse il labbro inferiore. «Io... ho sentito cosa ti ha detto Cynder. Non volevo origliare, ma non parlavate proprio a voce bassa, specialmente tu. Posso dire cosa ne penso, Tony?»
«Me lo dirai comunque» ribatté ora scontroso il giovane Woomingan. «Spara.»
«Se tuo padre ha deciso di affidarti a quell'uomo, Andrew, magari aveva dei buoni motivi per farlo e forse... forse tu dovresti dargli una possibilità, Tony.»
«Papà stava male quando lo ha deciso.»
«Mio zio, Iago, dice che invece tuo padre sapeva cosa diceva e cosa faceva.»
«E perché lo ha detto a te?»
Viktor sorrise di sbieco e con aria furbesca. «Ormai so come far parlare lo zio Iago. Una domanda qui e un'altra lì!»
«Ma perché sei andato a domandarglielo?» insisté Anthony.
«Qualcuno doveva farlo e comunque volevo capirci meglio. Andrew e tuo padre erano molto vicini e probabilmente è per questo che lui ha preso quella decisione.»
«Beh, so cavarmela benissimo da solo» tagliò corto Woomingan, testardo.
Viktor gli rifilò un'occhiata scettica. «Sicuro?»
«Certo! Penserò da solo a me stesso e a Daisy!»
«D'accordo.» Il giovane Efialte raddrizzò la schiena. «Se Daisy piange, tu cosa fai?»
«La prendo in braccio.»
«E se ha fame? Se arriva il momento di cambiarla? Se devi metterla a dormire?»
«Da che parte stai, si può sapere?»
«Dico solo che forse stai correndo troppo e dovresti essere più realista.»
«Hai detto di esser sopravvissuto da solo per non so quanto tempo mentre cercavi tuo padre!»
«Sì, e ti ho detto anche che è stata la peggiore esperienza della mia vita. Per mangiare dovevo cacciare o rubare e non trovavo mai un posto decente dove dormire. Là fuori essere da soli è orribile, Anthony. Io mi sono reso conto di avere bisogno che qualcuno... insomma... si prendesse cura di me e mi volesse bene.»
Anthony guardò altrove, visibilmente contrariato e incapace di ammettere che Viktor aveva ragione. «È colpa di quello lì, di quell'Andrew, se papà non ce l'ha fatta. È tutta colpa sua e non voglio averci niente a che fare.»
«Come fai a dirlo se non eri neanche lì?»
«Lo ha detto Cynder!»
«Oppure pensi che lo abbia detto. Io ricordo un discorso diverso, sai?»
«Papà è morto e nessuno prenderà il suo posto!» sbottò Anthony. «Prima quel Mathias e ora quel tizio!»
Una delle cose che Anthony mai avrebbe ammesso apertamente era che odiava se stesso per aver trattato male suo padre fino a poco prima dell'arrivo a Hanging Creek; odiava sua madre per non avergli permesso di salutarlo, per avergli detto tante, troppe bugie sul conto di quell'uomo. Si sentiva in colpa e odiava pensare che non avrebbe mai potuto chiedere scusa a suo padre e passare del tempo con lui.
Viktor parve lo stesso capire, pur senza l'ausilio di parole o spiegazioni. «Nessuno potrà sostituirlo. Era tuo padre e lo sarà sempre. Dico solo che forse è tutto più complicato di quello che pensi tu. Prova a parlare con quello là e senti cos'ha da dire, no?»
Tony sbuffò. «Illuminami...» fece. «Non mi darai pace finché non ti avrò dato retta, giusto?»
«Corretto anche questo» lo rimbeccò Viktor con un largo e genuinamente divertito sorriso. «Intanto rientriamo. Qua fuori si gela e l'ultima cosa che vuoi è prenderti una febbre, almeno credo.»
«Tu parli facile. Voi Efialti non vi ammalate mai!» protestò Anthony mentre lo seguivano e insieme superavano le ante della portafinestra.
«Geloso, Woomingan?»
«Di uno come te? Per piacere.»
«Ecco dov'eravate!»
I due ragazzini sobbalzarono udendo la voce tonante di Brian interrompere la loro amichevole schermaglia. Herden li aveva raggiunti e li guardava a turno con aria arrabbiata e sollevata al tempo stesso.
«Scusa» borbottò Viktor. «Io e Tony... uhm... volevamo prendere una boccata d'aria.»
«Ma non mi dire!» Brian alzò gli occhi al cielo. «I due stro...» si morse la lingua. «I tuoi amorevoli nonni ti stanno cercando, Viktor. Fossi in te mi farei vivo con loro prima che decidano di mettere a soqquadro l'intera città.»
Parola di sceriffo: quasi quasi rimpiangeva i vecchi Dante e Godric, perché quelli nuovi volentieri li avrebbe fucilati per quanto risultavano a volte insopportabili. Godric era andato fuori di testa quando, chiedendo in giro, aveva scoperto che nessuno sapeva dove si fosse cacciato Viktor.
Deciso a evitare eventuali discussioni, Brian si era incaricato di andare a cercare il ragazzino e anche Anthony, visto che Andrew aveva deciso di affrontare il figlio acquisito e parlarci a quattrocchi.
Viktor esitò, ma all'occhiata di Herden che non ammetteva repliche ebbe il buonsenso di obbedire. Prima di andare, però, ricordò a Anthony la chiacchierata che avevano appena fatto.
«Ma di che parlava?» domandò Brian non appena fu rimasto da solo con il giovane Woomingan. Anthony represse l'impulso di replicare che erano affari solamente suoi e di Viktor. «Secondo lui dovrei provare a conoscere quel tipo, Andrew.»
«In effetti cercavo anche te proprio per questo» ribatté Herden cauto. «È stato Andrew a chiedermi di venire a cercarti. Vuole parlarti.»
Tony capì che non sarebbe riuscito a scappare per sempre da qualcosa che pareva inevitabile. Scegliendo di fidarsi dell'opinione di Viktor, deglutì e disse: «Va bene. Gli parlerò».
«Cosa? Davvero?» lo rimbeccò Brian un po' stupito.
Il ragazzino annuì. «Puoi... puoi portarmi da lui?»
«Uhm... sì, certo. Andiamo.»
Mentre camminavano fianco a fianco, nessuno dei due parlò per qualche minuto, finché non fu Anthony a spezzare il silenzio e a chiedere: «Ehi, come... come sta Amanda?»
«Amanda?»
«È tua cugina, no?»
«Uhm...»
«L'ho conosciuta quando io e papà siamo andati a Hanging Creek» spiegò meglio Anthony, esitando per un attimo quando dovette nominare il padre. «Mi era simpatica.»
Herden avvertì un enorme peso sullo stomaco e sul petto. Aveva quasi dimenticato quell'avvenimento, ma a quanto pare Anthony aveva una memoria d'acciaio. «Sta bene, almeno per quel poco che ne so. Io e Skyler non siamo riusciti ad andare a far visita a lei e alla sua famiglia. Gironzolare troppo per il mondo umano è rischioso, specialmente per lui.»
Tony fece un cenno con la testa. «Io non vedo da tanto i miei nonni e i miei zii» disse, riferendosi ai nonni da parte di entrambi i genitori, alla sorellastra del padre e al compagno di quest'ultima. «Non ricordo quasi per niente mio cugino.»
«L-Li rivedrai presto» cercò di rassicurarlo Brian, la voce che minacciava di spezzarsi da un momento all'altro. Se pensava a quante bugie aveva dovuto riferire alla povera Wanda, a Kurt, a Evelyn, a tutta la famiglia di Alex, paradossalmente si sentiva più sollevato. Almeno loro erano convinti che quell'uomo fosse morto quasi due anni fa e si erano messi il cuore in pace, ma lui non aveva goduto dell'identico privilegio. Aveva perso per due volte consecutive il suo migliore amico e non era mai riuscito a far niente per evitare il peggio.
Si chiedeva come se la sarebbe cavata Andrew con quelle persone. Si sarebbe messo in contatto con loro? Se sì, come avrebbe spiegato il fatto di essere ancora vivo? A uno di loro sarebbe stato sufficiente fare una breve ricerca per scoprire che Andrew Collins-Thorne risultava morto da ben quattordici anni.
Magari si creerà una nuova identità.
Anthony lo guardò. «No, non credo.»
«Ma andiamo! Basta con questo pessimismo.» Brian gli diede un gentile colpo di gomito. «Piantala di vedere tutto nero.»
«Il mondo prestò finirà» gli ricordò con estrema serietà Anthony.
Herden sollevò le sopracciglia e lo squadrò con tanto d'occhi. Dire che quel marmocchio gli ricordasse un bel po' quello de Il Presagio sarebbe stato riduttivo.
«Chi te l'ha detto, si può sapere?»
«Una volta ho sentito te e qualcun altro della Resistenza dirlo.»
«Beh, allora hai capito male.»
«Oppure non vuoi che io sappia la verità.»
«Senti un po', Damien Thorn, tu e i tuoi amichetti fate gli spioni per occupare il tempo?» chiese Brian, fermandosi e posando le mani sui fianchi. «Se anche fosse come dici, ci siamo noi a proteggervi. Chiaro?»
«Come avete protetto mio padre o quello di Viktor?» lo rimbeccò Anthony un po' tagliente. «Allora facciamo prima a difenderci da soli.»
«È chiaro che non sai di che parli.»
«Io dico di sì, invece.»
Herden, senza farsi vedere, gonfiò le guance e sbuffò silenziosamente. Quel ragazzino a volte era tale e quale al padre, ed era tutto dire. «Ascolta... quello che è successo a tuo padre nessuno di noi poteva prevederlo o impedirlo. D'accordo? È stata una sua scelta, Anthony.»
«Allora voi avreste dovuto impedirgli di farla.»
«Nessuno ne sapeva niente e quando abbiamo capito cosa voleva fare era già troppo tardi.»
«Davvero?» insisté Anthony sospettoso. «Sono mesi che papà manca e nessuno in tutto questo tempo è riuscito ad aiutarlo? Scusa se non ti credo. Cynder mi ha detto cose molto diverse da quelle che ora stai dicendo tu.»
«Cynder deve imparare a sigillarsi la bocca» ribatté laconico Brian.
Tony stirò le labbra in un piccolo e tirato sorriso. «Come pensavo. Non sapete più cosa inventarvi.»
Brian finalmente ricordò perché non aveva mai voluto figli o comunque provato ad averne. Che diamine, erano creature diaboliche, altro che storie. Ricacciando indietro un'imprecazione sconcia diede una piccola spinta tra le scapole al ragazzino. «Su, muoviamoci. Prima parlerai con Andrew e meglio sarà.»
«Lui almeno mi dirà la verità?»
«Ti dirà esattamente quello che vorrà dirti e riterrà tu debba sapere.»
«Eh?»
«Zitto e cammina, Damien. Sei chiacchierone proprio come Alex, e non è un complimento.»
Anthony si ficcò le mani nella tasca della felpa e inarcò un sopracciglio biondo. «Papà non parlava quasi mai quando era a casa con me e la mamma.»
«Beh, per quel che ricordo di lui, era una radio ambulante e farlo stare zitto era come chiedere a Willy il Coyote di acciuffare una volta tanto quell'insopportabile coso di nome Beep Beep. Avrei ottenuto di più parlando al muro.»
Il ragazzino si morse il labbro inferiore. «La mamma mi ha ripetuto sempre che era solo un sogno, però... io... io sono convinto che lui sia venuto a trovarmi a casa di Mathias. Non ricordo bene cosa mi ha detto, però era triste. Piangeva, le lacrime erano rosse.»
Brian vinse una dura lotta interiore con se stesso e disse: «È successo davvero. È venuto davvero a trovarti».
«Allora perché non è rimasto? Perché farmi credere che non fosse reale?» incalzò Anthony, ora spezzato fra l'avercela con suo padre per quella faccenda e con se stesso per aver ricordato solo di recente l'accaduto, come se fino ad allora quel ricordo fosse rimasto sepolto chissà dove nella sua testa. «Chi se ne importa se era un vampiro! Era comunque mio padre! Doveva restare! Magari lui e la mamma avrebbero risolto tutto e sarebbero tornati insieme!»
L'adulto si morse la lingua appena in tempo e preferì non dire al giovane Woomingan che fosse stata proprio Fiona a volere il divorzio per risposarsi con l'uomo che poi l'aveva condotta, in un modo o nell'altro, alla fine.
Sapeva che Alex non avrebbe voluto che lo facesse. Un giorno Anthony avrebbe scoperto la verità, ma era ancora troppo presto e non poteva comprendere argomenti così difficili e complicati come il matrimonio e le mille cause che potevano portare alla fine di tale unione.
Si fermò di nuovo. «Quello che devi capire, Anthony, è che tuo padre era pur sempre un uomo. Gli uomini e le donne sbagliano, Anthony. A volte di proposito, altre invece si tratta di semplici sviste, ma la perfezione non esiste. Alex era un uomo e ha commesso degli errori, specialmente con te e tua madre, ma credimi quando ti dico che da quando tu e lui siete stati separati non c'è stato un giorno in cui non abbia pensato a te. Se ha scelto di tenerti lontano da sé non l'ha fatto perché non ti voleva bene o aveva cose migliori da fare. Voleva proteggerti perché sapeva di essere invischiato in una storia molto pericolosa e non desiderava che tu rimanessi coinvolto e corressi inutili rischi.»
Anthony guardò dritto negli occhi l'uomo e vi lesse solamente sincerità. «Perché?» chiese esasperato. Non riusciva a capire, non fino in fondo.
Brian gli sfiorò il capo con gentilezza. «Perché a volte, anzi spesso, certe situazioni ci spingono a fare scelte molto difficili e quasi sempre spiacevoli. Scelte che di solito non faremmo mai perché finirebbero per ferirci, ma vanno compiute lo stesso quando c'è in gioco la sicurezza delle persone che amiamo di più al mondo. Tuo padre ha dovuto fare tante scelte difficili, Anthony, e nessuna lo è stata come rinunciare a te. So che ti sembrerà un controsenso, ma lo ha fatto perché ti voleva bene. Nessuno contava più di te per lui. Eri suo figlio.» Esitò, poi estrasse dalla tasca dei jeans scuri quello che a primo acchito pareva un semplice foglio ripiegato fino a esser stato trasformato in un quadrato. Lo dispiegò una volta, due, ed ecco che finalmente il ragazzino comprese che in realtà era una lettera. Una lettera sigillata con la ceralacca, qualcosa che aveva visto sempre e solo nei film, almeno finché non era arrivato a Obyria. Riconobbe la grafia di suo padre e il suo cuore mancò un battito non appena vide che era indirizzata a lui, Anthony.
Nessuno l'aveva aperta fino ad allora, nessuno aveva osato solcare quel suolo che ora lui considerava così sacro, privato e prezioso.
«Alex me la diede prima di partire. Mi fece venire il mal di testa per quante volte mi ripeté di non aprirla né di mostrarla ad anima viva. Mi disse solo di custodirla e di consegnarla a te nel caso ti avessi mai rivisto o se le circostanze ti avrebbero condotto fin qui. Forse... forse sentiva che sarebbe potuto accadere qualcosa a te, a tua sorella o a tua madre, non lo so. Aveva capacità non proprio comuni, ma questa è una storia che ti racconterò un'altra volta.» Brian mise in mano al ragazzino la lettera. «Non devi leggerla ora, se non te la senti.»
Il giovane Woomingan guardò scandalizzato e con evidente agitazione Herden. «Vuoi scherzare?» esclamò sull'orlo delle lacrime, come se di colpo la fortezza che si era costruito attorno stesse dando segni di cedimento. «Certo che la leggo subito!» Fece per infrangere la ceralacca. «P-Potresti... insomma...» Sollevò gli occhi blu e con aria implorante pregò in silenzio l'uomo di allontanarsi un pochino per dargli un minimo di privacy. Quello era il suo primo contatto con suo padre dopo quasi due anni e seppur indiretto, pur non essendo che un foglio di carta solcato d'inchiostro, era sempre meglio di niente, sempre meglio del non conservare nessun ricordo materiale e prezioso lasciatogli in eredità da quell'uomo. Sarebbe stato come avere di nuovo suo padre lì, accanto a lui; sarebbe stato come parlargli un'ultima volta prima di un addio che era stato brusco e sterile. Lo avrebbe visto tornare in qualche maniera a vivere, seppur per il tempo solitamente impiegato per leggere una missiva.
Sempre meglio, molto meglio, del silenzio ormai eterno, incolmabile e irreparabile che si era espanso fra di loro. Meglio di una distanza destinata a essere infinita.
Si prese tutto il tempo del mondo per leggerla, per assimilare ogni singola parola, e più leggeva più gli sembrava di udire la voce calma, affettuosa e sempre delineata da una malinconica sfumatura, di suo padre. Fu come essere altrove, nello chalet dei suoi nonni materni; fuori c'era la neve, faceva freddo e tutto era buio, ma dentro v'era il tepore, v'era quel vago senso di protezione e di sicurezza; sua madre era con Daisy e le parlava con fare un po' buffo mentre le mostrava la neve volteggiare fuori dalla finestra; lui e suo padre, invece, erano sul divano, seduti di modo che potessero guardarsi e magari sorridersi a vicenda. Lui ascoltava quell'uomo in silenzio, per la prima volta con attenzione e avidità, sperando che quel momento fosse eterno e che potessero rimanere in quel modo per sempre. Tutti insieme e lontani dal pericolo, di nuovo una famiglia.
Anthony avvertì a malapena la calda, anzi bruciante sensazione di lacrime a lungo trattenute che finalmente sgorgavano e lo facevano sentire paradossalmente meglio, meno pesante e triste.
Com'era bello sapere che suo padre fosse stato sempre e comunque orgoglioso di lui, di ogni suo traguardo, per quanto piccolo e magari insignificante; era bello sapere che Alex non avesse nutrito, neppure per un istante, alcun rancore nei confronti della moglie. Ricordava a lui, a suo figlio, che solo perché due genitori decidevano di prendere strade diverse ciò non significava che avrebbero smesso di amare i figli. Lui stesso lo sapeva per esperienza, visto che, come lui, aveva dovuto affrontare una situazione di quel genere quand'era stato bambino.
Eppure... più Anthony leggeva e più scopriva cose pazzesche su suo padre che stava ammettendo, proprio in quel punto della lettera, di aver nutrito un profondo timore per la sua sicurezza sin da prima di scrivere la missiva, così come spiegava come avesse fatto a sapere che lui, Anthony, proprio in quel giorno si sarebbe trovato dove si trovava e avrebbe provato proprio ciò che stava provando: dubbio, paura, un velo di rabbia e rancore inespressi, e anche tanto dolore.
E poi ecco che entrò in scena il nome di qualcuno che Anthony, tra non molto, avrebbe incontrato: Andrew.
Fu allora che il ragazzino si fermò e riuscì quasi a immaginare il padre fare una pausa, cercare le parole più adatte per quella che si prospettava essere una confessione complessa.
Da un lato, nel profondo dell'animo, Anthony credeva di aver già capito; dall'altro, invece, non era sicuro di ciò che avrebbe trovato da quella riga in avanti.
Alex gli disse quello che nessuno, fino ad allora, non aveva voluto dirgli né spiegargli. Anthony non era estraneo a quel tipo di questione, d'altronde nella scuola che fino a mesi prima aveva frequentato era diventato amico di un compagno di classe che aveva non una, bensì due madri. Anche se la sua, Fiona, aveva storto il naso e gli aveva chiesto di evitare il ragazzino, venuta a sapere della cosa, Anthony aveva ignorato le parole della donna e aveva scoperto che probabilmente quel suo compagno di classe fosse davvero fortunato ad avere ben due mamme pronte a coccolarlo e a volergli bene. Non ci aveva trovato nulla di strano né di sbagliato. Una famiglia era una famiglia, dopotutto, e lui più di chiunque altro si era reso conto di quanto la famiglia non fosse determinata da dettagli insignificanti, ma dall'amore che essa spandeva come un dolce tepore.
Due madri, due genitori molto simili fra di loro sotto molti aspetti, erano comunque meglio di una famiglia dilaniata come la sua, divisa dalle incomprensioni e poi, alla fine, dalla morte.
A quanto pareva suo padre non vedeva Andrew come un amico, come invece molti altri gli avevano detto e ripetuto, ma come qualcosa di molto più importante e prezioso, e ciò portò Anthony a capire che suo padre avesse avuto qualcuno accanto prima di morire, qualcuno che gli voleva più che semplicemente bene. Non era morto da solo, qualcuno gli era rimasto vicino e, com'era stato rivelato da Cynder, aveva almeno provato a salvarlo.
Un po' lo faceva arrabbiare che Andrew avesse preso il posto di sua madre e faceva apparire quell'uomo nelle vesti di un intruso, ma una cosa Anthony l'aveva capita da quando aveva visto sua madre morire mentre lui, invece, era nascosto e provava a tenere al sicuro la sua sorellina: la vita andava avanti e non si fermava mai, ed era andata avanti anche per suo padre, malgrado tutte le difficoltà e il rischioso viaggio dal quale purtroppo non era più tornato.
Lesse ancora, con maggiore attenzione, provando a tener lontano da sé ogni pregiudizio sul conto di quell'uomo, Andrew, e ad avere fiducia nella descrizione che suo padre gli stava fornendo: una persona che poteva apparire un po' burbera e riservata, una persona che in passato aveva sofferto molto, ma che era riuscita a rimettersi in piedi. Sì, all'inizio forse non gli sarebbe apparso come il tutore ideale visto che egli stesso aveva ancora molto da imparare su come essere un genitore, ma almeno in quello avrebbero trovato un punto in comune dal quale partire. Andrew, diceva Alex nella lettera, era una persona buona, una di quelle che si prendevano cura del prossimo e odiavano le ingiustizie e le cattiverie; apparenze a parte, aveva in realtà un gran senso dell'umorismo e, soprattutto, era un uomo di parola.
‟Quello che conta più di tutto il resto, però, è ciò che ora ti dirò sul conto di Andrew, Anthony. Mentre scrivo questa lettera sono ancora vivo e in perfetta salute, siamo partiti da poco, ma se ciò che ho visto dovesse davvero avverarsi, e temo che accadrà, io non avrò modo di avvertire tua madre o gli altri né di dirti tutto quello che ho scritto di persona. Se ora stai leggendo questa lettera, figliolo, sarà perché purtroppo non sarò più vivo e capace di parlarti direttamente, di ritrarre l'uomo che probabilmente si presenterà ai tuoi occhi quando sceglierai di incontrarlo. Se hai scelto di accettare ciò che sono e il mio legame con quell'uomo, allora devi anche sapere che Andrew, forse nell'esatto momento in cui tu stai leggendo la mia lettera, sarà altrove e starà soffrendo. So di chiederti molto, so che sei solo un bambino, ma ti supplico, Anthony, di dargli una possibilità. Non è uno di quelli che deludono e malgrado quel che forse starai pensando ora, non ha deluso neppure me. Non posso chiederti di vederlo come un padre, se non è ciò che desideri, ma vedilo come una figura alla quale chiedere aiuto nei momenti peggiori. Andrew è una persona un po' strana, sai? Per stare bene ha bisogno di preoccuparsi di qualcun altro, di salvare gli altri e star loro accanto. Ti chiedo, quindi, di aiutarlo a stare bene, di permettergli di proteggerti perché sicuramente si sentirà responsabile di tutto. Ha bisogno che qualcuno conti su di lui e io so che tu puoi contare su di lui. Con Andrew tu e Daisy sarete al sicuro, Anthony, e forse, col tempo, avrete di nuovo qualcuno pronto a volervi bene e al quale volere bene a vostra volta."
Anthony udì solo vagamente la voce di Brian richiamarlo alla realtà. Lo ignorò e continuò a leggere.
‟Se le cose sono andate come nella mia visione, allora è con quest'ultimo consiglio che ti saluto, Anthony: non essere triste. Sì, posso immaginare la tua espressione, ma non ti sto dicendo di non provare il dolore che sicuramente starai provando. Ti sto solo dicendo di non essere triste, bambino mio. La tristezza ha la brutta abitudine di essere appiccicosa, difficile da lavare via, e a volte ti porta a compiere delle vere stupidaggini ed errori enormi. Ti annebbia la vista, ti impedisce di vedere quel che c'è di buono persino nella situazione che appare più spiacevole e dolorosa. Guarda avanti, Anthony, e non guardarti mai indietro. È avanti che devi andare, a dover contare per te dev'essere il futuro e non il passato. Sei ancora molto giovane e forse non capirai fino in fondo cosa ti sto dicendo, ma forse, tra tanti anni a venire, ripenserai alle mie parole e capirai che avevo ragione. Prova dolore, arrabbiati, ma poi asciugati le guance e prosegui con un sorriso, con la speranza che il domani sarà migliore di ieri. Ricorda me e tua madre con un sorriso, Anthony, e ricorda che dovunque siamo ora, ti vogliamo e sempre vorremo bene. Ricordalo e non perderti mai d'animo.
Con amore, il tuo papà."
Anthony tirò su col naso e non provò minimamente ad asciugarsi le guance. Sapeva che sarebbe stato inutile e comunque quelle lacrime erano per suo padre. Erano sacre, erano importanti, valevano lo strazio che avvertiva mentre le sentiva scendere.
Ripiegò con dita tremanti ed estrema cura la lettera, poi sollevò lo sguardo e vide un quadretto piuttosto curioso a non molta distanza da dove si trovava lui: Brian era più o meno dove lo aveva lasciato, ma Viktor era tornato e proprio in quel momento stava spingendo avanti una terza figura, una persona che Anthony mai aveva visto prima.
Era un uomo alto e dai capelli scuri; era pallido e sul viso adornato di una barba non proprio curata, ma corta, presentava l'ombra di una radicata stanchezza; due spenti occhi chiari, verdi, racchiusi nelle occhiaie tipiche dell'insonnia, di un malessere evidente e profondo.
Sembrava quasi aver paura di lui, per quanto fosse assurdo.
Non ci fu bisogno di presentazioni. Anthony aveva già capito chi fosse l'uomo e sospettava che Viktor, anziché tornare dai nonni, avesse deciso di dare una spintarella agli eventi e di convincere la persona in questione a fare il primo passo.
Quel Viktor!
Brian schiarì la voce e agguantò per un braccio il giovane Efialte. «Andiamo, prima che Dante decida di usarmi per il tiro al bersaglio e solo perché ci ho messo troppo tempo per trovarti.» Per quanto Dario non gli fosse a volte garbato, se confrontato con Dante era un innocuo e tenero micetto.
Prima di andare, però, rifilò un'occhiata torva a Andrew. «E di' qualcosa a quel ragazzino, per Dio! Sembri uno stoccafisso, amico!»
Viktor roteò gli occhi e fu il suo turno di tirare via Herden. «Sta' un po' zitto e non ti impicciare.»
Anthony non poté far a meno di sorridere appena di fronte a quella scena comica, ma appena li vide allontanarsi tornò a guardare Andrew e il suo sorriso svanì. Stringendo ancora in mano la lettera del padre si avvicinò. «Uhm... ciao» disse piano. «So chi sei e so cosa eri per papà» aggiunse tutto d'un fiato. «Lo so e... ecco... mi va bene. Papà sembrava fidarsi molto di te e mi fido di lui. Era mio padre, no?» Qualcosa in ciò che aveva detto lo fece sentire un perfetto scemo, ma era vero: dopo aver letto la lettera, dopo che tanti suoi dubbi erano stati dissipati, sapeva di avere fiducia nel giudizio di Alex nei confronti di quell'uomo. Non lo avrebbe mai affidato a una persona di cui non si fidava o incapace di essere all'altezza della situazione.
E poi, come aveva già detto Viktor, come poteva giudicare qualcuno senza prima aver provato a conoscerlo meglio?
Sollevò appena un poco la lettera perché Andrew la notasse. «Se tu e papà stavate insieme, allora... insomma... questo fa anche di te mio padre. Giusto? Voglio dire... è così per le mamme di un mio amico di scuola, perciò penso che sia lo stesso anche per me, s-solo che ora resti solo tu.»
Finalmente udì quell'uomo parlare e si sorprese nell'udire quella voce dal timbro caldo ma al tempo stesso flebile, era poco più di un sospiro del vento: «Io... io non voglio sostituire tuo padre, Anthony. Lui mi ha chiesto, mi ha fatto promettere che mi sarei preso cura di te e di tua sorella, ma penso che a contare ora sia la tua opinione».
Anthony avrebbe voluto dire un bel po' di cose, ma la prima domanda che affiorò dalle sue labbra fu l'ultima che Andrew avrebbe immaginato e voluto udire: «Ha sofferto molto?» domandò il ragazzino con un filo di voce, lo sguardo lucido. «Tu eri lì?»
Ancora una volta Andrew rivide davanti a sé quelle immagini terribili, udì ancora le ultime parole di Alex.
Abbassò lo sguardo, incapace di sostenere quello di Anthony. Si era ripromesso di riportare Alex a casa, vivo e vegeto, di riportarlo dal figlio che per mesi lo aveva atteso, ma aveva fallito. Conosceva quel dolore, sapeva quanto in profondità era in grado di scavare, e odiava che ad averlo conosciuto fosse stato il figlio dell'uomo che lui aveva amato.
E cosa dire del resto? Cosa dire della storia di Hanging Creek? Se Anthony era stato separato dal padre la colpa non era che sua. Come aveva fatto Alex a non ricordare questo, a non tenerlo minimamente in considerazione? Lo aveva amato così tanto da aver voluto dimenticare ogni cosa per sempre?
Andrew ricordava di aver visto quel ragazzino solo un'altra volta e solo per un paio di minuti. Era successo prima che avesse visto Alex uscire di casa e parlare al telefono con la moglie. Si era arrischiato a superare il cancello e a guardare oltre una delle portefinestre ed era stato allora che aveva visto Woomingan in compagnia del figlioletto. Si vergognava di aver provato rancore e rabbia nel constatare quanto avanti Alex avesse scelto di andare, malgrado cos'era accaduto anni prima, ma col senno di poi, chiuso in una cella e in procinto di venire forse giustiziato, aveva vissuto di nuovo e per mille, mille volte quel momento, e il rimorso lo aveva attanagliato. Rimorso per aver distrutto a modo suo una famiglia già sull'orlo del baratro.
Aveva pensato solo a vendicarsi e non aveva badato alle conseguenze delle proprie azioni. Eccole, finalmente, quelle conseguenze.
Forse tutto quanto non era che una semplice manifestazione del contrappasso, della legge divina che puniva con dura ironia chi se lo meritava, chi aveva sbagliato e doveva rimediare attraverso la fatica e il dolore, lo stesso dolore che aveva procurato ad altri, a un bambino innocente.
«Per lui non è stato diverso dall'addormentarsi» rispose infine. Una mezza bugia, lo sapeva, ma d'altronde Alex era morto quasi subito. Aveva sofferto, ma non in punto di morte. Era stato rapido, magari persino indolore. «N-Non ho potuto... volevo riportarlo comunque a casa, m-ma... n-non ci sono riuscito. Non ho fatto in tempo» aggiunse, asciugandosi invano le lacrime. «Mi dispiace, Anthony. Mi dispiace non aver riportato qui tuo padre come avevo promesso a tutti.»
Anthony tacque, finché: «Una cosa la puoi fare, però» disse, nei suoi occhi cerulei un'improvvisa determinazione. «Prendere a calci quella persona cattiva di cui tutti parlate. La colpa è sua e qualcuno la deve fermare. Papà non può essere morto per niente.»
Quelle parole furono come uno schiaffo per Andrew. Uno di quelli che facevano rinsavire i matti e gli smidollati. Anthony aveva ragione: Grober era completamente libero, era tornato in forma e si stava preparando a colpire. Non aveva buone intenzioni e il tempo era scaduto.
La morte di Alex era stata come lo scoccare della fatidica mezzanotte. Le Tenebre sarebbero calate su ogni cosa e i mostri sarebbero riemersi dalle viscere della terra. Non c'era tempo per piangere, per pensare al passato, agli errori commessi. L'unica cosa che lui poteva fare per dare un senso alla scomparsa della persona che aveva amato era continuare a lottare. Lottare e vincere ad ogni costo.
Alex gli aveva lasciato diversi compiti da svolgere, delle missioni, e lui doveva tener loro fede. Non doveva dimenticare che aveva anche altre persone da vendicare, alle quali garantire un sano ed eterno riposo. Markus aveva lasciato in sospeso la più grande caccia della sua vita e lui, suo figlio, l'avrebbe portata a conclusione. Avrebbe abbattuto lui la belva responsabile di tante morti fra le quali, forse, c'era anche quella del suo padrino, Dario.
Non era più tornato da Sverthian e questo poteva solo far pensare al peggio, e se anche lui era caduto vittima della crudeltà di Grober, ebbene avrebbe preso a calci nel culo quel bastardo anche in suo nome. Non accettava che tutte quelle persone coraggiose che avevano osato sfidare il male allo stato puro, guardarlo dritto negli occhi senza l'ombra di timore, se ne fossero andate per niente.
«Avrà ciò che merita» ribatté. «Non sono riuscito a proteggere Alex da lui, ma non avrà anche te e tua sorella.»
Avrebbe restituito il colpo al mittente con tanto d'interessi. Era una promessa.
«D'accordo» sentenziò Anthony serio. «Però... vedi di non morire anche tu.»
Non conosceva Andrew, ma era stanco di affezionarsi prima a una persona e poi di vedersela portare via da sotto il naso. Non voleva dire addio a nessun altro. Avrebbe dato una possibilità a quell'uomo, ma lui in cambio non sarebbe dovuto sparire.
«Ci proverò» rispose Thorne, un po' esitante.
«Beh, provaci davvero e per bene, grazie.» Il ragazzino fu soddisfatto nel vedere l'adulto annuire con maggior sicurezza. «E chiamami Tony. Mi piace di più e mi fa sentire più grande.»
Andrew sbuffò una risata tremula e gli tese una mano. «È un po' tardi, ma l'educazione non guasta mai: piacere di conoscerti, Tony.»
Anthony sollevò un angolo della bocca e scambiò con Thorne una breve stretta di mano. «Per ora ti chiamerò Andrew, va bene?»
«Come preferisci, tranquillo.»
Il giovane Woomingan, dopo aver riflettuto per qualche istante, gli passò la lettera. «Puoi leggerla anche tu, se vuoi, ma poi ridammela. È un ricordo di papà e ci tengo molto.» Qualcosa gli diceva che anche Andrew avesse bisogno di leggerla e in fin dei conti a unirli, per il momento, era solo quell'unico filamento: Alex e il vuoto che aveva lasciato nella vita di tutti e due.
Andrew squadrò incerto il figlio adottivo. «Sei... sei sicuro? In fin dei conti era destinata a te.» In parte non voleva sapere cosa c'era scritto nella lettera e non perché non gli importasse o qualcosa del genere, ma sapeva che avrebbe avuto solo l'ennesima conferma di ciò che aveva sospettato per mesi, ovvero che Alex avesse saputo sin dal principio, da ancor prima di partire, che non avrebbe fatto ritorno. Che quel viaggio e il gesto che infine avrebbe compiuto sarebbe stato il suo canto del cigno.
Vero, dopo che aveva chiesto a James di riferirgli finalmente ogni cosa per filo e per segno conosceva tutti i retroscena, e lo preoccupava che nel caso di James qualcosa fosse andato storto. Gli faceva supporre l'esito peggiore anche per Alex, ovvero che anche per lui il piano fosse andato a rotoli, ma a giudicare dal ritorno in pompa magna di Grober il fallimento doveva esser purtroppo stato solamente parziale.
Anthony roteò gli occhi e gli fece cenno di aprire la lettera. «Per te farò un'eccezione. Non devi leggerla subito, comunque» disse, ripetendo quel che Brian aveva detto a lui venti minuti prima.
Andrew si domandò se il ragazzino stesse testando le sue reazioni, come se dalla sua risposta sarebbe dipeso un giudizio di estrema importanza. Riusciva a scorgere nei suoi occhi blu che un suo rifiuto lo avrebbe deluso.
Sospirò e si convinse a dare una prima occhiata al foglio ora dispiegato. Di nuovo dovette fare i conti con l'esser tornato un semplice essere umano non appena notò che le frasi scritte nella missiva apparivano sfocate e poco chiare.
Anthony, vedendolo accostare di più il foglio al viso, soffocò una risata. «Mi sa che ti servono gli occhiali.»
«No che non mi servono» borbottò Andrew, burbero proprio come Alex lo aveva descritto al figlio.
Avevo dimenticato la mia leggera miopia, ma non credevo sarebbe stata peggio di quel che ricordavo, pensò innervosito Thorne mentre cercava di decifrare la scrittura piccola e un po' svolazzante nel tipico stile del suo defunto sposo. Lesse ogni singola parola e poté dedurre che Alex avesse dovuto scrivere la missiva poco tempo dopo che erano giunti su Sverthian, prima che Grober avesse iniziato a risucchiargli via la forza vitale e i suoi ricordi venissero trasferiti altrove, dove sarebbero stati al sicuro e lontani dalle grinfie di quel mostro.
Che avesse voluto bene al figlio era risaputo, ma l'affetto che si percepiva attraverso ogni frase era così grande e sentito da spezzare il cuore.
E poi, a sorpresa, ecco che Alex parlava di lui al figlioletto, descrivendolo come l'uomo che Andrew in realtà sentiva di non essere affatto. Di nuovo sentiva di aver come deluso le aspettative del compagno, di non essersi preso cura di lui abbastanza e di rischiare di essere altrettanto sbadato e grossolano con Anthony.
Rimase di sasso quando giunse al punto in cui Alex chiedeva al figlio un favore, ovvero di salvare lui nell'unico modo possibile, secondo la sua visione dell'insieme: permettendo a un uomo che conosceva appena di proteggerlo, di tenerlo al sicuro.
Non ebbe la forza di negare che la sua fosse diventata una sorta di costante, quella di voler proteggere tutti da Grober e dal male che stava dilagando. La sua stessa testardaggine nell'aver provato a evitare che l'inevitabile si verificasse ne era purtroppo la prova, ma provava anche un'altra cosa: che era disposto a sacrificare altre persone purché coloro ai quali teneva sopravvivessero, e a suo parere ciò non lo rendeva un brav'uomo, ma un individuo egoista e crudele.
Aveva coinvolto Argor, lo aveva messo in una posizione pericolosa, convinto attraverso tutti quei discorsi sulla coscienza, sul bene e sul male, a fare esattamente ciò che lui voleva che facesse.
Gli era stato sufficiente fare pressione sul punto più debole di Dario per spingerlo a tentare l'impossibile, e questo non aveva condotto ad altro, se non all'aver perso un altro membro della Resistenza, uno dei suoi vertici, quello che avrebbe potuto tener insieme a regola d'arte e far rigare dritto tutti loro. E ora, per colpa sua, erano senza una guida.
Era come se avesse spinto di persona quell'uomo nelle fauci del mostro, e la scusante che fosse stato Dario stesso a chiedergli di non tornare indietro per lui reggeva solo fino a un certo punto.
Skyler gli aveva detto che avrebbero rispettato quella volontà e che non potevano permettersi di perdere qualcun altro per una missione di salvataggio fin troppo rischiosa. In parte era d'accordo con questo. Il rischio che si verificasse di nuovo quanto accaduto la notte in cui era morto Alex era altissimo, ma cosa ne sarebbe stato della coscienza di tutti loro?
Forse era vero che concetti come l'unità e la lealtà fossero ormai da ritenersi fossili di un passato in cui gli amici erano pronti a sacrificarsi per un compagno, un commilitone. Forse era vero che tanti dei valori morali di una volta fossero da reputarsi oramai morti e sepolti.
Chiuse la lettera, ben attento a non strapparla e a riconsegnarla intatta ad Anthony. Deglutì a vuoto. «Io non so come si fa il padre e non sono un granché a proteggere chi mi sta vicino. Sono una frana, Anthony, e se mai dovessimo uscire da questo disastro... non so proprio quale vita potrei offrire a te e a tua sorella. La verità è che tutti, nel mondo umano, mi credono morto. Ad Hanging Creek c'è una lapide con inciso sopra il mio nome, ma non è solo questo a preoccuparmi. Non ho un lavoro, non ho una casa, non so come si provvede a una famiglia e non ricordo più come si fa a cucinare un pasto decente. Non mangio da anni.» Cercò di far suonare l'ultima frase come qualcosa di scherzoso, ma fallì quasi del tutto. Provava vergogna nel descrivere al ragazzino l'uomo che era realmente, ovvero uno spiantato. «Per ora proviamoci, ma sappi che se dovessi cambiare idea e volessi tornare a vivere con i tuoi nonni o magari con la sorella di tuo padre, non mi arrabbierò e capirò il tuo punto di vista.»
Anthony squadrò l'uomo, poi scosse la testa e rispose: «Se non sai fare una cosa, impari a farla. Non penso che mamma e papà sapessero cosa fare con me quando sono arrivato, però poi hanno imparato. Quando... quando Erik e gli altri mi hanno fatto scappare da quel postaccio non sapevo che esistesse la magia, credevo fosse una stupidaggine, ma poi ho dovuto imparare a conoscere questo posto. Ho conosciuto altri ragazzi come me e sono diventati miei amici». Si strinse nelle spalle. «Brian dice che sbagliare è normale, dice che lo fanno tutti, quindi... se sbaglierai, ti perdonerò e cercherò di ricordare che non sei perfetto. Va bene?»
Andrew, un po' sbalordito e preso in contropiede, annuì. «V-Va bene.» Diamine, non ricordava granché della propria infanzia, ma di certo non era stato coscienzioso e lungimirante come lo era chiaramente Anthony. Era proprio vero che ogni generazione futura recava con sé differenze abissali con quella che l'aveva preceduta. «S-Senti, direi intanto di andare da Samantha e gli altri. Erano preoccupati e penso che li renderebbe felici sapere che siamo riusciti a trovare un punto d'incontro.»
Il ragazzino non ebbe nulla in contrario e lo seguì. «Ho trattato un po' male Cynder, stamattina. Penso di dover chiedergli scusa.»
«E come mai avete discusso?»
«Cercava di spiegarmi quello che poi è stato papà a dirmi. Io mi sono arrabbiato, me la sono presa con lui perché non mi piacciono le bugie. So che tutti pensavano di proteggermi, ma secondo me è meglio essere sempre sinceri. Le bugie portano solo male.»
Andrew sospirò. «Hai proprio ragione, Tony. Mentire è una brutta abitudine che tutti gli adulti hanno e non dovrebbe essere così. Però... penso che tu debba davvero scusarti con Cynder. Conoscendolo penso fosse in buona fede.»
«Okay.» Anthony guardò con la coda dell'occhio il genitore adottivo. «Comunque devi mettere davvero gli occhiali. Insomma... non ti devi vergognare. Sei vecchio e non puoi farci niente.»
Andrew fissò il ragazzino con aria sconvolta. «Frena un po'! Vecchio io? Ho trentadue anni, microbo, non sessanta!»
«Sono comunque tanti» lo rimbeccò a tono il giovane Woomingan. «E quindi sei vecchio.»
«Sono anche un mago, sai? E se non righi dritto ti trasformo in un coniglio.»
«Secondo lo zio di Viktor sei piuttosto scarso» ribatté Anthony. «Viktor ha chiesto qualcosa su di te a Iago e lui ha detto che hai dei poteri, ma non li usi bene e sei troppo pigro.»
«Ah, davvero?» fece Thorne mentre in un angolo della mente stava già sbattendo come un tappeto quella bocca larga di nome Iago. Come si permetteva di sparlare di lui con il nipote? Definirlo un mago pigro e poco capace, poi!
«Sì. Quindi sei innocuo.»
«Tu parli decisamente troppo, ragazzino.»
N.d.A
Sì, sì, lo so...
Che razza di finale sarebbe questo? Come ho osato lasciarvi con più domande che risposte? Cosa diavolo accadrà adesso?
Sono tutte domande legittime, ma vi assicuro che nell'ultimo libro, ovvero quello che ora come ora devo ancora mettere nero su bianco e per il quale non ho ancora scelto un titolo decente, tutto si risolverà e vi assicuro che ho in mente un lieto fine, almeno per quanto riguarda i protagonisti principali. Le cose potrebbero invece andare diversamente con gli altri, salvo, appunto, coppie come Samantha e Cynder o Skyler e Brian, o ancora Godric e Dante. Loro sono al sicuro, ve lo giuro, ma per il resto le incognite sono tante e... beh... su, ammettiamolo, in situazioni come questa qualcuno che ci rimette in qualche maniera deve esserci sempre. Ovviamente ogni accenno a Max e Dario è puramente casuale. Più o meno.
Comunque sì, ci saranno delle vittime, ma non ho in mente proprio una carneficina alla George R. Martin, questo posso assicurarlo.
Per il momento vi lascio con questo epilogo dolce-amaro e lievemente ansiogeno. Tornerò con il capitolo finale della serie non appena avrò sistemato almeno qualche altra storia connessa al crossover, tipo Lavender Boy e i suoi seguiti che ho abbandonato a se stessi come la peggiore matrigna esistente T^T Quindi, se qualcuno ancora non ha fatto una conoscenza approfondita del Ragazzo delle Lavande, di Amelia e quel matto di James, questo è il momento più adatto per provvedere! Tenete d'occhio quelle storie, quindi, perché è su quelle che mi concentrerò, e intanto manderò avanti Handsome and the Beast, che sto per concludere.
Ad ogni modo, penso di dover fare una dedica speciale a pxstelpurin che ha sofferto non poco per via degli eventi tragici narrati in Tenebre. Grazie davvero per sostenere questa serie e aver proseguito la lettura anche quando forse altri avrebbero gettato le armi 🙈 Prometto che darò agli Aldrew il lieto fine che sognano sin da quando erano ragazzi, se lo meritano ❤️
Alla prossima, dunque. E di nuovo mi scuso se Tenebre si è rivelato non solo lungo, ma anche un autentico calvario 🤧
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