Capitolo XXXVII. I Quattro Anelli
Musica consigliata: "Hold On" di Myuu.
https://youtu.be/2O-QZLdhrrA
Quando Skyler vide entrare Brian senza che prima quest'ultimo avesse almeno bussato alla porta dello studio, capì immediatamente che Samantha doveva avergli detto ogni cosa.
Lo comprese fino in fondo quando poi Herden si chiuse le porte alle spalle e si avvicinò alla scrivania con aria risoluta e uno sguardo talmente serio da mettere i brividi.
Skyler deglutì a vuoto e mise via le scartoffie che stava esaminando, roba che concerneva la preparazione delle forze militari e rapporti di altro genere. Lentamente sollevò gli occhi e incrociò quelli del suo amante. «Immagino che tu abbia risaputo tutto quanto» esordì.
Brian batté le palpebre e sorrise in maniera forzata. «Bravo, ci sei arrivato tutto da solo. Complimenti, dottore, ottima analisi!»
Langford trattenne un sospiro. «Brian, ti prego, lascia che...»
«Hai passato ogni limite!» lo interruppe bruscamente l'altro. «Come ti salta in testa di fare una sceneggiata come quella? A che pro, poi? Come sta la storia, dimmi? Tu puoi scopare con me, però tua moglie, quella povera donna che passa interminabili giornate da sola, non può avere l'amore di tuo fratello? Non dirmi che è solo perché hai pietà della povera e cornuta Nephele, perché altrimenti ti stacco la testa, Skyler Langford! Lo sai che è una stronzata e lo so anch'io!»
Skyler tacque. Un silenzio imbarazzante e teso, così denso che lo si sarebbe potuto tagliare con un coltello. Brian sbuffò una risata incredula e scosse il capo, perché aveva lo stesso inteso perfettamente ogni cosa. «Non ci posso credere. È il colmo!»
Skyler aveva capito fin troppo bene, una volta che il momento di rabbia era passato, qual era il reale problema. Lo aveva capito e se ne rammaricava. «Non posso farci granché, Brian. Non è una cosa che va a comando. Io... credo sia qualcosa che covo dentro di me da mesi.»
«Quindi io, adesso, chi sarei? Cosa rappresenterei ai tuoi occhi, dimmi? Sono quello che ti scopi per semplice ripiego, perché tua moglie preferisce le attenzioni di quel sant'uomo di Cynder?»
«Tu sei tu, Brian! I miei sentimenti per te restano invariati, e lo sai! Non sei un passatempo!»
«No, invece! Io non so più niente! All'inizio eri... eri te stesso, il solito Skyler, quello che ho conosciuto un anno fa, ma ora è come se tu ti fossi montato la testa! Hai dimenticato le cose che prima per te erano davvero importanti! Lo Skyler che conoscevo, quello di cui mi sono innamorato, non avrebbe mai abbandonato al suo destino un amico! Avrebbe lottato per lui con le unghie e con i denti! Lo avrebbe aiutato anche a costo di rimetterci per primo le penne!»
Era chiaro che non era solo la presunta infatuazione di Skyler per Samantha ad aver fatto esplodere Brian, ma anche la decisione presa nei confronti di Alex, ossia quella di non fare niente, di permettere a Grober di prendersi ciò che voleva totalmente indisturbato.
Skyler volse lo sguardo altrove e non rispose. In tutta onestà non sapeva neanche come rispondere e forse non c'era niente da dire. Brian aveva ragione, purtroppo. Aveva ragione su tutto quanto.
«Non fai niente per convincermi del contrario, vedo» sentenziò Herden. «Niente di niente. Non sono sorpreso, sai?»
«Ho provato più volte a spiegarti come stanno le cose e non hai mai voluto ascoltarmi. Lo sai che la scelta non è dipesa solo da me!»
«Vogliamo parlare, allora, di Sophie? Quand'è stata l'ultima volta che sei andato a trovarla? Non sai nemmeno se è ancora viva o morta!»
Skyler scattò in piedi. «Nel caso non lo avessi notato, non me ne sto tutto il giorno a poltrire e a non fare un cazzo!» sbottò. «Sto uscendo di testa a furia di dover star dietro a ogni singola cosa e ti permetti di farmi la predica? Obyria non si governa da sola e sta per andare incontro probabilmente al disastro totale! Mi ritrovo fra le mani un impero sull'orlo della disfatta, scusa tanto se sono nei casini fino al collo!»
«Sophie è tua nonna! È parte della tua famiglia! La famiglia e gli amici vengono prima! Lo hai detto tu stesso prima dell'incoronazione!»
«Purtroppo non è così! Non più!»
Brian ammutolì a quella risposta. Non per il tono di voce, ma per ciò che significava. Sorrise di nuovo in modo finto, costruito. Fece svolazzare una mano platealmente verso di lui. «Vedo che da Imperatori siamo diventati tiranni» commentò tagliente. «Il potere sopra ogni cosa, compresi gli affetti, i principi etici e l'umana decenza! Sei da manuale, Skyler, decisamente!» Si sporse e lo fronteggiò. «Tieniti pure la tua fredda, sterile corona d'oro, ma ricorda una cosa: è solo oro, non ti dà calore umano, non ti dà amore né rispetto o vicinanza. Non ti dà niente, se non il potere, ma rammenta che il potere ha dato alla testa a un sacco di gente! Ricordalo quando ti ritroverai da solo contro il mondo intero!»
Fece un passo indietro e infine si diresse alle porte.
Skyler aggirò la scrivania. «Dove vai?»
«Altrove! Lontano dalla tua faccia che ora vorrei solo prendere a pugni!»
«Brian, fermati!»
Herden, in mezzo al corridoi, si voltò di scatto. «IO NON RISPONDO AI TUOI ORDINI, CHIARO?» tuonò.
Langford si arrestò e sussultò a quello scoppio d'ira improvviso. «Non era un ordine.»
L'altro tornò indietro e si fermò a mezzo metro da lui. «Mi hai dato una speranza che in realtà non è mai esistita; hai coinvolto il mio migliore amico in questa storia infernale; lo hai fatto diventare un vampiro; hai acconsentito a farlo partire per una missione rischiosa; lo hai mandato a morire e hai permesso che venisse abbandonato da chi invece dovrebbe proteggerlo. È come un fratello per me e ti chiedo, sempre che nel tuo cuore sia rimasto un briciolo di umanità: se io facessi la stessa cosa con Cynder? Eh? Cosa faresti? Cosa penseresti di me? Rispondimi!»
«Brian, per favore!»
«Ti ho pregato anch'io, se ben ricordi. L'ho fatto subito dopo la partenza di Alex. Ti ho pregato di fare in modo che in caso di bisogno ricevesse tutto il supporto possibile. Ti ho pregato di salvarlo e invece lo hai venduto a Grober, come Giuda vendette Gesù Cristo ai Romani in cambio di un sacco d'argento! Quando l'ho fatto internare mi sono sentito morire! Mi sono sentito la persona più orribile del pianeta! Tu, invece, sembri non provare niente a riguardo! Neanche un minimo di rimorso! Tra poco suo figlio sarà qui e allora voglio proprio vedere cosa farai, cosa gli dirai, come ti comporterai! Se avrai il coraggio di guardarlo negli occhi e mentirgli, dirgli che suo padre tornerà, quando invece non lo farà mai!» Brian si avvicinò. «Sono azioni come queste, Skyler, a fare di un uomo un mostro! Guarda le tue mani: sono sporche di sangue! Guardale! Sono le stesse con cui poi accarezzi il capo a tuo figlio! E chissà come ti comporterai con l'altro! Sono curioso di vedere cosa gli dirai!»
Skyler non rispose. Aveva le labbra serrate, sembrava arrabbiato, ma anche a un passo dalle lacrime. In parte era scosso nel vedere l'uomo che amava in quello stato di rabbiosa prostrazione, e aveva fatto male esser stato paragonato a Giuda in persona, il traditore per eccellenza.
Brian lo squadrò. «Sai cosa penso? Se anche Cynder non ci fosse stato, Samantha non ti avrebbe amato lo stesso, e sai perché? Perché a differenza mia, Skyler, ti ha visto sin dal principio per chi sei veramente. Io invece vedevo quello che volevo vedere, ma era solo una farsa. Non sei diverso da una bambola di porcellana: fuori sei colorato, bello da guardare, ma dentro sei completamente vuoto. Non c'è niente! Non c'è un cuore né un cervello che sappia ragionare con i propri neuroni!»
Quella fu una stoccata più dolorosa delle precedenti. «È questo ciò che pensi di me, quindi?» chiese Skyler, la voce insolitamente acuta. «Buono a sapersi. C'è altro che farmi presente? Altre colpe che vuoi gettarmi sulle spalle? Ricordati, Brian, che l'artefice di tutto quanto, in un modo o nell'altro, sei stato proprio tu, e sai benissimo, perfettamente, a cosa mi riferisco!»
Brian sorrise sardonico. «Ecco, visto? La colpa è sempre di qualcun altro! Sempre! Mi chiedo quando inizierai ad assumerti le tue responsabilità!»
«Non venirmi a parlare di responsabilità! Non faccio che pensare a quelle, mi pare!»
«A quelle politiche, forse. Non a quelle umane.» Brian lo squadrò nuovamente e per la prima volta con una chiara ombra di disprezzo negli occhi. «Non ti rubo altro tempo, visto che sei così impegnato. Fa' pure come ti pare. Io credo di aver bisogno di una pausa, Skyler. Da tutto quanto. Soprattutto da te.»
Skyler cercò di prendergli una mano, ma l'altro fece un passo indietro e ritrasse il braccio. «Non avrei mai voluto che le cose finissero in questo modo, ma tu hai scelto per entrambi. Avrei persino potuto perdonarti l'infedeltà, anche se in fin dei conti sono io quello di troppo, ma non posso perdonarti di aver venduto a quel mostro il mio migliore amico, il fratello che non ho mai avuto e che tu stesso mi hai portato via. Quando verremo a sapere che è morto, perché sappiamo tutti e due che finirà così, non potrò che considerarti il suo principale assassino. Sarà l'ennesima anima sulla tua coscienza.»
Skyler non resse oltre e si ritrovò a piangere come un ragazzino. Il cuore ridotto a brandelli dopo quelle parole. «Così mi stai uccidendo» singhiozzò. «B-Brian, non lasciarmi anche tu! T-Ti prego!»
L'altro, tuttavia, lo afferrò per una spalla e lo fece chinare verso di sé. «Le tue sono lacrime di coccodrillo, amore mio.» Lo spinse indietro e tirò dritto per la sua strada, perché in caso contrario aveva davvero paura di cosa la rabbia avrebbe potuto spingerlo a fare.
Ci aveva provato, sul serio provato, ad adattarsi, a tollerare una situazione di per sé difficile, ma era giunto al limite. Non aveva più la forza di sopportare. Era stanco, distrutto nella mente, e le sue speranze erano definitivamente crollate. Quando Samantha si era presentata nella sua stanza in lacrime, gettandosi addirittura fra le sue braccia come una bambina che cercava rifugio tra quelle paterne, e quando poi ancora gli aveva spiegato tra un singhiozzo e l'altro cos'era accaduto con Skyler e Cynder, aveva capito che i suoi sospetti fino ad allora covati in riservato silenzio erano dopotutto fondati. Aveva capito che Skyler aveva finito per voler restare in equilibrio su due staffe e di non essere dunque così fondamentale, così privilegiato. Aveva fatto male rendersi conto che forse era stato messo da parte e per giunta per una donna che non ricambiava quei sentimenti ed era in trappola come tutti loro.
Quando si chiuse le porte dei propri appartamenti alle spalle, vide che Samantha era ancora lì, seduta a gambe incrociate sul letto, proprio come l'aveva vista prima di uscire e andare dritto da Skyler per dirgliene quattro. La situazione era sfuggita di mano a tutti loro, ecco qual era la verità.
Samantha scivolò giù dal letto e gli fu di fronte in pochi secondi. «Come... come è andata? Hai parlato con lui?» chiese, ma pareva non voler davvero sentire la sua risposta.
Brian non osò guardarla, tenne gli occhi bassi, fissi sul pavimento. «Per un po' credo di non voler più saperne niente di lui» rispose laconico, asciugandosi subito le guance. «Ho... Ho bisogno di allontanarmi da tutto quanto, Samantha. Non ce la faccio a restare qui. Non è più possibile.»
Lei lo guardò con aria perplessa e affranta. «Non dire così. Ti serve solo del tempo. Lo sai che non puoi andare via. Nessuno può.»
«Troverò un modo e ti chiedo di aiutarmi. Non ti ho mai chiesto nulla, Sam. Per una volta ti imploro di farmi un favore.»
«È troppo pericoloso!»
«Non mi interessa. Per quanto mi riguarda, potrei ritrovarmi alla porta Grober in persona e tanto non batterei ciglio. E comunque perché mai dovrebbero venire a cercare proprio me? Non ho poteri speciali, non valgo niente agli occhi di quella gente. Sono solo l'umano che si è ritrovato invischiato per puro caso in una situazione che va ben oltre le sue capacità.»
«No!» Samantha lo scosse per le spalle, convinta che non fosse in sé. Non poteva essere lo stesso Brian che aveva conosciuto fino a un'ora fa. «Non è vero! Tu sei molto di più, e lo sai!»
Brian le rise sì e no in faccia, ma la sua era una risata spenta e triste, quella di uno che rideva per non piangere di fronte a una tragedia imminente che non poteva in alcun modo scongiurare. «Ma che cavolo dici, anche tu?» Si scostò e la superò.
Si sentiva ormai inutile e senza uno scopo. Non aveva la forza né le abilità necessarie per concretizzare il desiderio bruciante di vendicare l'ormai imminente disfatta di Alex. Avrebbe voluto aiutarlo, andare contro la sorte e salvarlo, ma non poteva farlo. Non ne era capace e non gli era comunque permesso. «Questo non è il mio posto, Samantha» si limitò a dire. «Ti auguro di restare viva, lo auguro a te e anche a Cynder. Fra tutte le persone che ho conosciuto fino ad oggi, siete i soli a essermi andati a genio senza se e senza ma. Gli unici che davvero rispetto.»
Gli mancava il suo mondo, per quanto fosse pieno di difetti e ormai a un passo dal collassare.
Forse era l'occasione giusta per andare a trovare i suoi genitori all'estero, o magari sarebbe andato da sua cugina, sempre che lei non si fosse convinta che era morto o sparito chissà dove come Alice nel Paese delle Meraviglie. Gli mancava anche suo nipote, d'altronde, e voleva riabbracciare quel frugoletto che non vedeva da quasi un anno.
Samantha intanto lo guardava recuperare una borsa da viaggio e ficcarvi dentro gli effetti personali, quasi tutti vestiti e roba del genere. Non erano tanti, in realtà. Alla fine non resse oltre: lo raggiunse e gli fermò una mano. «Se te ne vai, la darai vinta a chi pensa che tu non azzecchi niente con questo mondo.»
«Be', hanno ragione.» Brian la guardò. «Ho una famiglia, Samantha. Una famiglia che non vedo da quasi un anno intero. Mi mancano i miei genitori, tutte le persone alle quali ho detto che sarei partito per un viaggio e da allora non hanno più saputo niente di me. Tu più di tutti gli altri dovresti capirmi e ti chiedo, ti imploro di farlo.»
Non voleva restare lì fino al giorno ormai imminente in cui qualcuno avrebbe dato ufficialmente la notizia della scomparsa di Alex.
Gli era bastato e avanzato svegliarsi una mattina con accanto il suo migliore amico morto, freddo e immobile nel suo abbraccio che invano aveva cercato di riscaldarlo e sì, persino di salvarlo.
Non avrebbe retto un'altra volta a un simile strazio, non potevano chiedergli anche quello.
Samantha ricominciò a piangere, presa dalla frustrazione. «Se te ne vai, mio fratello perderà uno dei pochi amici che gli rimangono. Rimarrà da solo, lo capisci?»
«Siamo tutti soli, Samantha. È questa la crudele verità.»
Sam sentì una rabbia ruggente e feroce montarle dentro e prima ancora di rendersene conto era già uscita dalla stanza e stava attraversando il corridoio a passo svelto, quasi marziale, diretta allo studio del marito. Appena fu lì spalancò le porte e raggiunse Skyler. Sbatté i pugni sulla scrivania, poi indicò con l'indice dietro di sé. «Tu ora vai da lui e lo convinci a restare! Mi senti?» tuonò, il respiro corto e il corpo che le tremava come una foglia per via della furia che la stava animando.
Skyler si accigliò. «Cosa? Restare?»
«DANNAZIONE, SKYLER!» sbottò la donna, inviperita. «Brian sta facendo il fagotto e ha detto di voler andarsene! Di voler tornare nel mondo umano!»
«Cosa? Ma...»
«Lo devi fermare! Potrebbero ucciderlo non appena varca il portale! Va' da lui, parlagli! Dici di amarlo e poi lo lasci andare così? Alla prima tempesta te ne torni nel tuo guscio e si fottano i buoni propositi?» Samantha con piacere lo avrebbe strangolato. «Comportati da uomo, una volta tanto! Dimostragli che lo ami e che non hai intenzione di lasciarlo andare! Dimostragli che sei disposto a lottare per riguadagnarti la sua fiducia e la sua stima! Mio fratello lo ha fatto con Alex! Non si è arreso! Se ci è riuscito lui, allora puoi farlo anche tu!»
«Non vuole più avere niente a che fare con me, Samantha!»
«Stupidaggini! È solo ferito, è stanco, sta soffrendo come tutti noi e si sente solo! Gli manca la sua famiglia e gli manca Alex! Possibile tu non ci sia ancora arrivato? Se per farti perdonare dovrai strisciare con le ginocchia sui carboni ardenti, allora così sia!»
«Non è solo per questo!» sbottò Skyler. «Non è l'unico problema, Samantha! Non gli piace cosa sto diventando e ovviamente non gli sta bene che...» Si zittì e fece un lungo, profondo respiro. «Lasciamo perdere.»
Samantha era a un passo dal prenderlo a calci. «No, invece! Adesso finisci! Dillo, forza!»
«Ci arrivi anche da sola.»
«Non gli garba che tu abbia sposato me? Fino ad ora mi sembra che la cosa non l'abbia infastidito più di tanto! Qual è il problema? Lo sa che stiamo insieme per dovere!»
Skyler si incupì. «Forse la cosa varrà per te, ma non per me.»
Sam, sicura di aver inteso male, si accigliò. «E allora per quale motivo? Ti diverte l'idea che io ami qualcuno che non posso avere? Sotto sotto sei un sadico?»
Lui la squadrò con aria infastidita e offesa. «Grazie tante, Samantha. Come al solito hai solo belle parole per me.»
«Non ti azzardare a offenderti! Non sei nella posizione adatta per permettertelo! Ti rendi conto di cosa hai combinato ore fa? Stavi per dare addosso a Cynder e tutto perché ci hai beccati insieme! Cosa ti aspettavi? Che io facessi la parte della bambolina e me ne stessi buona e tranquilla in questo palazzo tutto il giorno? Ho il diritto di amare chi voglio quanto ce l'hai tu e amo Cynder da prima che mi forzassero a sposarti!»
«Non sono l'unico ad aver fatto una sceneggiata, se ricordi bene!»
Samantha ammutolì, perché in effetti era vero. Un paio di volte le era successo di arrabbiarsi, l'ultima se l'era presa con Brian senza una buona ragione. Era accaduto un paio di mesi addietro. Si fece coraggio. «Ti rendi conto di quanto sia difficile per me, Skyler? Tu hai il tuo amante qui, puoi godere della sua compagnia quanto ti pare e quando vuoi, io invece no. L'uomo che amo è sposato a sua volta con una donna che non ama, solo la legge e la politica lo hanno costretto a metterla incinta, proprio come hanno forzato me ad abortire! E neanche in quell'occasione hai dimostrato di essere almeno interessato alla mia salute! Ti sei bevuto la mia scusa senza batter ciglio! Hai idea di cosa significhi un aborto per una donna? Di quale perdita sia? E intanto devo sopportare la tua indifferenza, di vedere Cynder sposato con un'altra e ultimamente anche le chiacchiere di corte riguardo Jonathan e la sua palese illegittimità perché nato prima che ci sposassimo! E poi arrivi e ti arrabbi perché sto facendo i miei dannati comodi con tuo fratello!»
Non diede il tempo a Skyler per metabolizzare tutto quanto. Gli menò l'indice in faccia. «Se non ti scuserai con Cynder e non chiarirai con Brian, sarò io ad andarmene! Me ne torno nel mio vero mondo e porto con me Jonathan!»
Gli rifilò un'ultima, penetrante occhiata, infine uscì dallo studio senza guardarsi indietro.
Cynder distolse lo sguardo dalla fontana. Finalmente era il suo turno di parlare, ma non riuscì a spiccicare mezza parola dopo quel che aveva appena udito.
Zelda intanto lo fissava con aria apprensiva, era chiaro che ci teneva un bel po' a ottenere il permesso di agire come intendeva fare.
Assurdo pensare che solo un anno prima era stato solito guardare quella donna con timore, considerarla una carceriera come Arwin, pur senza detestarla.
Il motivo per cui era stato lui ad assumersi la responsabilità di ospitarla e proteggerla, era il fatto che Zelda fosse in fin dei conti una vittima di Grober proprio come gli altri: era stata raggirata e manipolata sin dalla nascita; era cresciuta con delle idee che le erano state inculcate e solo di recente era riuscita a comprenderne la natura malsana e sbagliata.
Davvero la si poteva biasimare?
Da quando si trovava nel Regno delle Ninfe aveva sempre dimostrato di non avere intenzioni offensive e anzi di voler prima o poi fare ammenda per gli errori commessi in passato. Lui apprezzava tali intenzioni, ma ciò che lei aveva in mente era pericoloso, troppo, soprattutto per le attuali condizioni di Zelda.
«Io... non lo so. Devo rifletterci, non posso darti subito una risposta affermativa. È rischioso.»
«Cynder, non c'è tempo e non ho intenzione di lottare contro Alice o di star a guardare mentre Grober uccide Lorenzo al momento opportuno!» replicò la donna, determinata. «Ho promesso a mio figlio che avremmo fatto qualcosa per aiutare almeno Lorenzo e non voglio tradire la sua fiducia, e so che nessuno farà niente!»
Cynder le fece cenno di calmarsi e di lasciarlo parlare. «Invece qualcuno a cui importa della sua sorte c'è. Lo sai bene.»
«Suo padre, dici?» Zelda rise appena, ironica. «Dario ha già abbastanza grane, o sbaglio? E comunque Grober non aspetta altro che si rifaccia vivo! Lorenzo è solo un'esca! Se Dario muore, e accadrà questo se sarà tanto stupido da tornare nell'Oltrespecchio, allora potremo considerare i giochi già chiusi e vinti da Grober!»
Il re sospirò, costernato. Capiva le ragioni di Zelda, eppure sapeva che sarebbe stato da irresponsabili lasciarla andare. «E non pensi ad Erik? Al figlio che porti in grembo? Non sei nelle condizioni di fare sforzi o addirittura ingaggiare una lotta. Non puoi chiedermi di averti sulla coscienza solo perché sono stato così incosciente da dirti di sì.»
«Un modo per evitare eventuali impicci ci sarebbe e mi permetterebbe di entrare nel castello senza essere percepita, in totale segretezza. Sarei come un fantasma.»
Cynder dopo alcuni istanti capì. «Un Anello Celante, dici?»
«Esatto.» Zelda si accigliò. «Come fai a saperlo?»
«Me ne ha parlato James e so che ne ha consegnato uno di recente proprio a Dario. Petya poi mi ha riferito che ad averne un altro è Dante. Ch'io sappia, ce ne sono in tutto quattro: l'Anello di Gige, appartenuto a Misha fino a poco tempo prima della sua morte; lo consegnò in maniera anonima poi a James. Lui mi ha detto di averlo tenuto per sé, ben nascosto, e di averne usato un altro datogli da Loki, ma non so quest'ultimo dove lo aveva trovato o se sia sempre stato di sua proprietà. Ora quell'anello, come ho detto, è in possesso di Dario. Dunque, se i conti tornano, privo di padrone ne resta solo uno.»
Gli Anelli Celanti erano quattro e l'Anello di Gige era il più potente, nonché quello più antico. Cynder ignorava i nomi precisi degli altri tre, sapeva solo che l'ultimo era sparito da tempo dalla circolazione.
«Prima che tu dica qualcosa, non credo che James ti cederà il suo. Gli serve per un motivo ben preciso e non penso te lo cederebbe così alla leggera.» Il re si accigliò e fece pensieroso. «Aspetta... Dov'è James, a proposito?»
Zelda lo fissò con aria stralunata. «Non lo so! È venuto ieri mattina a parlarmi, poi non l'ho visto più.»
Si scambiarono un'occhiata tesa, poi, come se avessero pensato alla stessa cosa, tutti e due corsero fuori dalla sala del trono e si diressero più in fretta che poterono alla stanza che era stata data a James quando questi aveva detto che si sarebbe fermato per qualche giorno a Ninfipoli.
Quando aprirono le porte, James non si trovava lì, anche se erano appena le nove del mattino.
«Magari è solo andato a farsi un giro in città» tentò Cynder, ma si zittì all'occhiataccia della sorellastra.
«Dico, io, ti sembra il tipo che va a farsi un giro turistico?»
«E-Era solo un'idea» biascicò il re.
Entrambi cercarono nella camera un indizio, qualunque cosa potesse rivelare loro anche la più minima informazione.
Cynder, alla fine, col cuore in gola aprì l'armadio in cui sapeva che si trovavano alcune armi che Wolf non mancava mai di portarsi dietro quando gli servivano. Fece un passo indietro. «Manca la spada che di recente aveva commissionato a un fabbro in città, e anche due pistole.»
Zelda si sentì gelare. «Oh, no...» Per la frustrazione assestò un calcio a un mobile lì vicino. «Accidenti!» Si fece più snervata vedendo che lui non aveva compreso. «Ma non ci arrivi?»
«Allora dimmelo e basta!» protestò agitato il re.
Lei gli si avvicinò. «Se tu avessi già perso la possibilità di veder crescere tuo figlio e l'amore di tua moglie, e avessi una sorella che si trova in difficoltà con uno come Grober e con un compagno che sta marcendo in cella per aver fatto la cosa giusta, tu cosa faresti? Non importa che Alice abbia fatto il diavolo a quattro fino a poco tempo fa, resta pur sempre parte della sua famiglia e ho visto come guarda Stefano da quando lui e gli altri sono arrivati qui! Si sente in colpa, Cynder! È chiaro che non vuole che Alice e Lorenzo facciano una brutta fine, specie perché hanno un figlio a cui pensare! E poi si sa che James è sensibile quando si tratta di certi argomenti!»
A Cynder fu tutto chiaro: James, come al solito, si era rivelato esser un passo avanti a tutti loro. Non c'era bisogno che Zelda andasse nell'Oltrespecchio per salvare Lorenzo e sì, convincere Alice ad abbandonare Grober e lottare contro di lui.
«Oh, Dio.» Si ravviò i capelli corvini e scosse la testa, il cuore che batteva all'impazzata. «Devo... Devo raggiungerlo! Magari non è troppo tardi!»
Zelda lo riacciuffò. «Cosa vuoi fare tu? Vuoi andare laggiù e farti ammazzare come lui?»
«È mio amico e non gli permetterò di affrontare una cosa del genere da solo!» Cynder la prese per le spalle. «Vai con tuo figlio e con gli altri a Obyria, Zelda, e restaci.»
«No! Non se ne parla! Non sei all'altezza, Cynder, scusa se te lo dico! Non sei preparato come James e ancora non ti destreggi come si deve con la magia! È un suicidio!»
Se Cynder fosse stato un uomo di spirito più fiammeggiante, come ad esempio lo era suo fratello, di certo avrebbe insistito, ma era uno abituato a riflettere e lo fece anche in quel momento. Zelda aveva purtroppo ragione: non era abbastanza forte, e poi cosa dire del resto?
Stava per diventare padre e se gli fosse successa qualche disgrazia, non osava pensare alla sofferenza che Nephele e Samantha, nonché gli altri, avrebbero provato.
Aveva le mani legate.
Tutti e due sobbalzarono quando qualcuno bussò alla porta aperta. Videro che si trattava di un'ancella, la giovane Adeena. Sembrava nervosa. «C-Chiedo scusa, Maestà, ma... passavo di qui e vi ho sentiti parlare.»
Zelda trattenne per miracolo una battutaccia sulla servitù che era solita origliare. «Ebbene?» incalzò brusca. «Parla, ragazza!»
Cynder le assestò una gomitata sulla spalla, poi raggiunse la ragazzina. «Se sai qualcosa, Adeena, ti prego di dircela subito. Non mi arrabbierò, tranquilla.»
Adeena si fece più nervosa e atterrita quando vide Zelda fermarsi di fianco al sovrano. Si torse le mani. «A-Avevano detto che voi e la regina eravate al corrente e avevate approvato la decisione» pigolò. «L-Li ho incrociati in un corridoio poco fa, mentre stavate parlando con lei.» Accennò a Zelda.
«Lui e chi altro?» incalzò la donna, con un brutto presentimento addosso.
«U-Un uomo uguale al signor Wolf, ma aveva i capelli scuri e gli occhi castani. C-Credo fosse l'Efialte Iago. Il signor Wolf ha detto che sapevate già tutto e che non c'era bisogno di riferire a voi della loro partenza, sire. M-Mi dispiace, non credevo che... Scusatemi, vi prego!»
Zelda, però, aveva smesso di ascoltare quando aveva capito, dalla descrizione fisica, che si trattava senza dubbio di Iago. Iago che si era recato in quel palazzo e aveva seguito James in una missione pericolosa.
Non sapeva se essere furiosa per un bel po' di ragioni, o spaventata a morte, preoccupata.
Cynder, invece, aveva perso colore sul viso. «G-Grazie per avercelo riferito. Non è stata colpa tua.»
«Deve solo sperare di non tornare, o di farlo da moribondo» fece Zelda, la voce che tremava, non era chiaro se per le lacrime che le affollavano gli occhi o la rabbia che la faceva tremare da capo a piedi. «Deve solo sperare che vada così, o giuro che sarò io stessa a ucciderlo con le mie mani! Quel... Quel cialtrone! Quell'idiota irresponsabile!»
Prima ancora che qualcuno potesse dire alcunché, se n'era già andata di corsa dalla stanza. Cynder, che aveva capito fin troppo bene quell'atteggiamento, capì che era meglio lasciarla un po' in pace.
Iago, per quella che era forse la centesima volta, si allontanò da quel che restava di una finestra semi-distrutta e dai vetri anneriti dal fuoco e tornò a guardare James.
Era la prima volta che si recava nell'Oltrespecchio dopo il flagello che aveva colpito Specula mesi addietro. Non serviva dire che era rimasto di sasso, gli erano quasi venute le lacrime agli occhi di fronte a un simile sfacelo.
«Come fai a sapere che i pochi rimasti qui in città non ci tradiranno e diranno a Grober di averci visti?» chiese.
James spinse un caricatore dentro la pistola che reggeva in mano e sollevò lo sguardo. «Per due ragioni, Iago. La prima è che sei uno di loro e fino a poco tempo addietro eri uno dei pochi che cercava di mitigare il pugno di ferro di Loki. Sei più amato di quanto tu credi. Il secondo motivo è che quasi sicuramente Grober saprà che siamo qui e ci starà già aspettando. Non è da lui non preparare una grande accoglienza per ospiti come noi. Di certo starà facendo i salti di gioia sapendo che tu, in particolare, sei finalmente tornato all'ovile.»
Iago, che già ce l'aveva con lui per aver sì e no cospirato con Alex e avergli messo in testa chissà quali idee, si trattenne dal lanciargli uno dei mattoni che giacevano sul pavimento rovinato. «Davvero divertente.»
«Meglio prenderla sul ridere, sai com'è.»
«Quando mi dirai che cosa avete in mente tu e quell'altro sconsiderato?»
«Te l'ho già detto: non posso rivelarti niente.»
«E io ti ho detto a mia volta che di questi tempi non è saggio farmi girare i coglioni!»
James, il quale si era prima messo a sedere su un alto cumulo di macerie, si alzò e raggiunse l'Efialte. «Non servirebbe a nulla dirtelo. Soffriresti e basta, Iago, dammi retta, e per giunta invano.»
«Soffro da così tanto che ormai lo considero parte della quotidianità. Fuori il rospo!»
«No, Iago.» James lo superò. «Non pensarci, adesso. Dobbiamo restare concentrati.»
«Io sono qui solo perché voglio fare una bella chiacchierata con quel bastardo.»
Wolf sospirò. «Desya ti ha detto qualcosa, per caso?» chiese.
«A malapena l'ho visto» ammise l'Efialte. «Sarei ancora sepolto nella mia stanza, se tu non mi avessi mandato a cercare. Da quando sono tornato non faccio che desiderare la solitudine.»
James pareva sul punto di dire qualcosa in merito all'argomento, ma alla fine sembrò ripensarci. «Be', si dà il caso che tu e il tuo maestro, anzi padre adottivo, abbiate molte cose di cui discutere, ed è un miracolo che Godric sia ancora vivo. Ci sono molte altre persone alle quali devi pensare, Iago. Non puoi fossilizzarti su Alex. Hai una famiglia da proteggere.»
«Ancora vivo?» Iago si accigliò. «Che significa? Cos'è successo?»
«Sembra che fosse stato maledetto da Grober e ultimamente le sue condizioni si sono aggravate molto, però Petya, come sempre, non si è dato per vinto e insieme a Dario ha trovato una soluzione. Per la cronaca: non ce l'avrebbero fatta senza l'aiuto, seppur minimo, di Dante. Lui e Godric sostengono di odiarsi, ma nelle azioni dimostrano ben altro, a mio parere.»
L'Efialte serrò un pugno e preso dall'ira lo riversò su una parete che già da sola si reggeva in piedi per puro miracolo. Come c'era da aspettarsi, crollò subito dopo l'impatto, dopo aver eseguito uno strano balletto sul posto.
«Io uccido quel figlio di puttana! Eccome se lo faccio!»
James riuscì a riacciuffare in tempo l'altro. «Fermo!»
«No, invece! Non doveva toccare mio padre! Mi senti? Non doveva!»
Wolf capiva perfettamente i suoi sentimenti e il suo attuale stato d'animo, ma farsi guidare dalla rabbia era un grosso errore quando si aveva a che fare con Grober. Ci voleva sangue freddo e tanta, tanta pazienza.
Scosse Iago per le spalle e lo guardò dritto negli occhi. «Se entrerai in quel castello armato solo di intenzioni omicide, fidati che non durerai neanche mezzo minuto. Si approfitterà della tua collera e non è come lo ricordi tu. Si è fortificato, lo farà ancora. Aggredirlo non è più così semplice.» Vide che si era un po' calmato e allora lo lasciò andare. «Ti ho detto quelle cose perché era giusto che ne fossi al corrente. Ricorda, però, che ora Godric sta bene, si sta rimettendo in sesto. È fuori pericolo e non è più maledetto.»
«E voi pensate che quello stronzo non cercherà di nuovo di farlo fuori? Allora siete degli illusi!»
«È ovvio che ritenterà, ma ora sappiamo come contrastare gli effetti dei Sette Anatemi, o almeno quello più dannoso di tutti.»
Iago tacque, poi: «Di cosa dovrebbe parlarmi Godric?»
«Non sono la persona più adatta per dirtelo, ma è della massima importanza e forse dovrai insistere un po'.»
«Dimmi solo se devo prepararmi in anticipo. Lo sai che non reagisco bene alle sorprese.»
«Potrebbe sconvolgerti, non lo nego, ma ti dico anche un'altra cosa: qualunque cosa potrà riferirti Godric, non dimenticare che hai già un'identità e non sei costretto a rinunciarci. Sei Iago di Varesya e lo rimarrai sempre. Tieniti stretto chi sei, perché non è poco, anche se non riesci a vederlo.»
L'Efialte inarcò un sopracciglio. «Per caso Metatron ti ha dato qualche lezione sull'essere insopportabilmente criptico e ambiguo? Perché sai, mi sembra di sentire lui!»
James sorrise, sinceramente divertito da quell'affermazione, ma il momento d'ilarità morì sul nascere e a interromperlo fu un'esplosione di scintille color porpora che abbatté il rudere in cui si erano nascosti. Si sollevò una gran quantità di polvere, ma tutti e due, scampati per miracolo al crollo della casa, riuscirono lo stesso a intravedere una figura dai lunghi e nivei capelli e occhi scarlatti: l'Incantatrice.
James lanciò un'occhiata a Iago. «Corri. Io la tengo occupata. Tu, intanto, cerca di accedere alle segrete e di portare via Lorenzo. Siamo qui per lui, vedi di non dimenticarlo.» Si sfilò dall'anulare destro un anello e lo fece indossare in fretta e furia all'Efialte. «Se fai girare la pietra diventerai invisibile. Vai!»
Iago non era granché convinto, ma aveva capito quello che intendeva James: tener buona Alice, salvare Lorenzo e poi andare via con entrambi, volenti o nolenti. Sperava solo che l'Anello di Gige fosse sufficiente a farlo passare inosservato e indisturbato.
Non era la volta buona per una resa dei conti con Grober e nel profondo del cuore sapeva che avrebbe avuto un bel po' di altre occasioni per affrontare quel mostro.
Vide James sferrare in risposta un incantesimo offensivo e colse la palla al balzo: si tirò su dalla posizione acquattata in cui si trovava e corse, ancora e ancora, diretto al punto più alto dei colli sui quali stava appollaiata la reggia che un tempo era appartenuta a Petya.
Non osò guardarsi indietro neppure per un istante, neanche quando sentì un feroce duello infuriare alle sue spalle.
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