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Capitolo XI. Lupi come agnelli


Musica consigliata: "Bleeding Heart" di Ghostwriter Music.

https://youtu.be/3Mo7R9tlIGQ

Con un violento e inarrestabile fendente, Andrew riuscì finalmente a disarmare Iago; gli assestò una pedata sul torace e gli fece perdere l'equilibrio. L'Efialte crollò sulla schiena, col respiro corto e ormai esausto dopo la strenua e feroce lotta contro quel vampiro che animato dall'ira e dall'istinto di Creatore e amante, aveva difeso fino alla fine Alex, vincendo il duello.

Si guardarono negli occhi, quelli di Collins ancora fiammeggianti e assetati di sangue.

«Fallo» lo sfidò Iago a denti stretti. «Uccidimi adesso, perché sennò farò quello che tu non hai il fegato di fare, anche se sai benissimo che è l'unica soluzione rimasta!»

«Ti scannerò con piacere, stanne certo!» ringhiò l'altro, ritraendo il braccio che ormai sembrava un tutt'uno con la spada. Proprio quando stava per affondare la lama dritto al cuore dell'avversario, Frederick lo raggiunse di corsa e a metà strada intercettò l'arma e vi serrò attorno le mani, incurante del dolore e del sangue che iniziò subito a sgorgare dai palmi feriti.

Alcune gocce ricaddero giù, sul viso di suo zio il quale lo fissava attonito e teso.

«Rick, che stai facendo?» lo apostrofò.

Il giovane ex-Cacciatore, però, non rispose e disarmò con uno strattone il vampiro.

Gettò a terra la spada, le mani che tremavano e grondavano cremisi.

«Potrei fare la stessa domanda a voi due. Guardatevi, santo Dio! È così che pensate di aiutare Alex, o i nostri amici? Vergognatevi e basta!»

«Non sono stato di certo io a cominciare!» sputò fuori Andrew.

Rivers, ormai furibondo e al limite della pazienza, lo squadrò irato e gli assestò un pugno in faccia, mandandolo a terra.

«Non importa chi ha iniziato! Stavate per uccidervi a vicenda!» tuonò. «Cosa avresti fatto, una volta ucciso mio zio? Con quale coraggio avresti detto ad Alex una cosa simile? Pensi ti avrebbe detto di esser stato bravo? Sei solo uno stupido, allora!»

Drew si ripulì il sangue dalle labbra e sollevò gli occhi lampeggianti su Frederick. Si rimise su lentamente e lo fronteggiò. «Ti ricordo» disse a denti stretti, «che lui sta soffrendo e si trova qui per colpa di quell'irresponsabile di tuo fratello! Un uomo che anche ora non so nemmeno se meriti di essere salvato!»

«Come ti permetti? Tu che hai massacrato degli innocenti e fatto piombare una città nel terrore!»

«Perché non vieni a dirmelo in faccia più da vicino? Avanti!» lo provocò Andrew, che odiava quando gli altri gli rinfacciavano gli errori passati. «Credo di aver fatto abbastanza ammenda per i miei crimini! Lo so cosa ho fatto! Smettetela di rinfacciarmelo!»

«Allora anche mio fratello ha pagato a sufficienza! Merita un'altra possibilità più di te!»

Talmente erano impegnati a litigare e urlarsi addosso, che nessuno dei tre si accorse di niente finché Andrew non sobbalzò percependo qualcosa aggrapparsi alla sua caviglia.

Si guardò attorno e poi spostò gli occhi verso terra, spalancandoli. «Alex!»

L'altro vampiro pareva essersi trascinato fin là con estrema fatica, ma determinato a farli smettere.

Il suo sguardo estenuato incrociò quello ora stupito di Collins. «B-Basta, vi prego» supplicò. «Basta litigare.»

Il suo intervento fece retrocedere tutta la furia degli attimi precedenti e riportò il resto del gruppo alla ragione; fece vergognare tutti e tre dell'atteggiamento dimostrato in un momento di difficoltà.

Drew respirò profondamente e si scostò i capelli dal viso che vi erano stati sospinti dal leggero e freddo vento che spirava tra gli alberi. Con reticenza e uno sguardo che lo stesso avrebbe potuto uccidere a vista, si avvicinò di nuovo a Iago e gli tese una mano.

L'Efialte sostenne il suo sguardo, restrinse il proprio e quando accettò il suo aiuto per rimettersi in piedi, quasi gli stritolò appositamente le dita.

Andrew rise rauco, in modo forzato, poi a tradimento gli assestò un colpo di ginocchio nel plesso solare; quando Iago si chinò avanti per via del dolore, il vampiro gli serrò una mano sulla gola così da farlo stare fermo.

«Se osi di nuovo minacciare con una spada Alex» sibilò al suo orecchio, «giuro che ti taglio la gola da parte a parte, o ti strappo gli occhi dalle orbite e te li faccio ingoiare a forza. Ti farò pentire di essere tornato in vita. Sono stato chiaro?».

Alex lo richiamò e lo implorò di darci un taglio, ma Andrew lo ignorò e rafforzò la stretta sul collo dell'Efialte, il quale emise un debole lamento.

«Cristallino» sputò fuori, dopo qualche secondo. «Adesso lasciami andare, se non vuoi che Alex scopra che sei tornato ai tuoi vecchi vizi. Dubito sarebbe ancora felice di averti anche solo vicino.»

Con un basso ringhio, più di una belva che di un uomo, Collins lo spinse indietro in malo modo. «Va' a fidarti di uno della tua razza! Siete tutti uguali!» disse sprezzante. Dal rumore nasale che fece Frederick, per non dire lo sguardo che pareva trapassargli la schiena, Andrew capì di aver offeso anche lui con quella sua ultima uscita, ma se ne infischiò. «Tanto a che serve chieder scusa? Ormai giochiamo tutti a carte scoperte, perciò mentire a noi stessi è inutile» mormorò tra sé, tornando da Alex e aiutandolo a mettersi in piedi.

Woomingan lo lasciò fare, troppo provato e scosso per respingerlo, ma lo stesso gli rivolse uno sguardo che valse mille parole e ramanzine: era chiaro che il suo comportamento lo aveva deluso.

Non importa. Voglio che lui si salvi. Che mi odi pure, basta che viva. Conta solo questo.

«Non guardarmi così» disse a bassa voce. «Non è come credi e sono pronto a spiegarti tutto.»

«Perché lo hai aggredito?» chiese Alex, accennando a Iago che si era allontanato per sbollire la rabbia che ancora gli ardeva nel petto.

«Perché mentre eri a terra e soffocavi, tossivi quella roba nera ed eri forse sul punto di morire, lui si è avvicinato, ha sguainato la spada e si è trovato a un passo dal trafiggerti, terminarti come se fossi stato un animale ormai buono solo per il macello!» Andrew fu brusco, certo, ma anche sincero. Il colpo fatale lo ricevette quando Alexander, con sua grande sorpresa, parve quasi deluso. «Avresti dovuto lasciarlo fare. Non saresti dovuto intervenire. Aveva ragione lui, Andrew. Forse ora mi sarei dimostrato più utile da morto, anziché da vivo. Magari l'unica vera soluzione è quella.»

Andrew inizialmente fu sul punto di reagire per istinto e lasciarlo andare di scatto, ma ricordando che non riusciva a reggersi da solo, si riprese. «Cosa... cosa stai dicendo?»

«Sto dicendo» spiegò Alex, sfinito, «che probabilmente Grober finirà per vincere e noi, invece, perderemo. Quando vengo risucchiato dai suoi ricordi, scopro sempre un pezzo di storia andato perduto, i suoi retroscena, ho conosciuto persino uno dei suoi fratelli, Tredar, che è stato intrappolato da lui in una sorta di Limbo dove è sottoposto a un supplizio eterno.» Gli disse di Gylar, della storia di Lucius e Cassius, di tutto quanto; gli raccontò della sua ultima conversazione con Grober; infine, di come la parte malvagia della divinità della distruzione sverthiana fosse riuscita a scovarlo e a catturarlo. Mentre raccontava, anche Iago e Frederick si avvicinarono per ascoltare.

«Di solito non ricordo i sogni che faccio, o le allucinazioni, ma questo invece mi è rimasto impresso con chiarezza: Grober mi ha preso, mi ha trascinato di nuovo nelle viscere del Monte Arnak, fino alla Fonte e senza che nessuno potesse far nulla per fermarlo, mi ha gettato lì dentro. Ne sono riemerso per miracolo, prima di venir trascinato giù da non so cosa. Quando mi sono ripreso, prima, è successo quel che è successo e ciò vuol dire che è accaduto per davvero, solo in una dimensione a parte, quella dei sogni in cui Grober, il vero Grober, ha ancora potere su tutti noi, me compreso.»

Andrew e gli altri erano attoniti.

«Sono stato contaminato, Andrew. Credo che la Fonte sia l'origine dell'Oscurità e del Male e se è così, è come se io fossi già perduto. Forse per questo, prima, Iago ha cercato di uccidermi: ha percepito che ormai l'inevitabile era alle porte e ha tentato di salvare il salvabile, compresa la mia anima. Purtroppo, però, credo che ormai sia troppo tardi. Abbiamo perso e solo per colpa mia, perché non sono riuscito a respingere Grober. Gli ho permesso di cibarsi della mia forza vitale perché ero troppo debole per sottrarmi alle sue grinfie; gli ho permesso di giocare con la mia mente e tenermi all'oscuro della verità e chissà cos'altro. Probabilmente andrà tutto storto e la colpa sarà solo ed esclusivamente mia.»

Avrebbe voluto dire loro che c'era però una soluzione, quella che lui e James avevano stabilito, ma rivelandone i dettagli avrebbe dato loro modo di intralciarlo e farlo desistere.

Non poteva permettersi esitazioni. Benché ricordasse le parole di Tredar e Gylar circa il fidarsi di Andrew e dei propri compagni, di affidarsi alla loro guida, non poteva non pensare che coloro che lo avevano preceduto, pur restando più o meno sulla retta via, alla fine erano andati incontro alla morte e per giunta invano.

La sua strada aveva un percorso differente, in cuor proprio lo sapeva. Lui non era come gli altri, Grober lo aveva scelto come tassello finale per tornare a essere un'entità completa e materiale, e questo significava che v'era davvero qualcosa di diverso. Dunque doveva comportarsi in maniera opposta, fare quello che gli altri non avevano fatto, imboccare la via oscura dalla quale i suoi predecessori si erano tenuti a debita distanza. Qualcuno doveva pur farlo, d'altronde. 

Non era questione di predestinazione, di essere il cosiddetto prescelto, quello speciale: era un orribile privilegio e il suo premio sarebbe stato l'oblio, quel vuoto dal quale nessuno poteva tornare indietro. Era una strada buia e angusta, un percorso solitario e irto di rovi, una discesa all'inferno senza ritorno e a quel punto sapeva di dover per forza accettare tale destino, per quanto orribile.

Tutti i sogni che aveva per il futuro, per la vita che avrebbe voluto trascorrere con Andrew e i suoi amici, ormai erano solamente cenere che si ostinava a serrare tra le dita nel vano tentativo di conservarne qualche sottile brandello.

Sarebbe andato tutto bene, aveva visto anche questo, ma lui non avrebbe presenziato a quel finale. La sua fine sarebbe coincisa con quella di Grober, perché a quel punto sarebbero stati due entità impossibili da scindere, un tutt'uno, proprio come quella divinità bieca e sprofondata nella follia desiderava.

Non c'era alcuna speranza, mai c'era stata, ma questo Alex non lo disse e rimase ad ascoltare Andrew e gli altri cercare di convincerlo che tutto sarebbe andato bene, che avrebbero trovato insieme una soluzione; Iago gli chiese scusa per aver cercato di ucciderlo, senza sapere che Alex in realtà gli sarebbe stato grato, se solo la sua mano fosse stata più determinata ad affondare la lama in quel corpo che ormai cadeva a pezzi.

Non era arrabbiato con lui, se non per aver esitato; neanche furente, in realtà, solo... deluso, o ancora semplicemente col cuore spezzato. Povero Iago, gli era toccato il compito più orribile e difficile di tutti: quello di eliminarlo.

Gli strinse una spalla e gli sorrise debolmente. «Non sentirti in colpa, hai fatto quello che ritenevi più giusto fare. Non parliamone più.»

«Ma, Alex...»

Si voltò a guardare Andrew e gli rivolse un'occhiata con la quale riuscì a farlo desistere. «Per favore, smettiamola di pensarci. Adesso conta solo raggiungere il Continente d'Ombrascura e salvare Kyran. Torneremo nel nostro mondo e a quel punto...» Alex fece spallucce. «Saremo nelle mani di Dio, o del Fato, devo ancora decidere quale delle due opzioni sia la migliore.»
Non si sentiva granché pronto a ripartire, in realtà aveva l'impressione di essere ormai privo di forze fino in fondo, ma dovevano proseguire, non c'era più molto tempo.

«Lex» si intromise Iago, «io... io stavo pensando... forse dovrei continuare il viaggio da solo. Posso farcela, non siete costretti a seguirmi e tu non ce la fai più. Forse, se tornassi nel Regno Parallelo, lì saresti al sicuro».

Frederick e Andrew lo guardarono con sincero stupore, non aspettandosi una proposta del genere.

Alexander, tuttavia, scosse la testa. «Al sicuro? E gli altri, Iago? Hai già dimenticato cos'è accaduto prima che partissimo? Abbiamo iniziato insieme e andremo fino in fondo, tutti e quattro.»

Non avrebbe messo di nuovo a rischio Obyria con la propria presenza. Doveva restare lontano dal Regno Parallelo. 

È come se sapessi, in fondo, che ormai non vi sia più un posto per me. Né qui né altrove.

«Io, invece, per una volta sono d'accordo con Iago» intervenne Andrew, dopo essersi schiarito la voce. «Non so perché tu stia insistendo così, Alex, ma non trattarci da stupidi: lo vediamo che non sei in forma e continui a peggiorare. Tornare indietro ti farebbe solo del bene.»

Avrei dovuto impedirti di partire — pensò Collins. Invece ti ho incoraggiato, che stupido!

Alex, capendo che forse sarebbe stato meglio discuterne da solo con lui, lo prese per un braccio e si allontanarono dagli altri due. Nonostante tutto, non poté far a meno di guardarlo con tenera indulgenza.

Anche se Andrew aveva detto delle cose orribili giorni addietro, non per questo si smetteva di amare una persona e di provare per essa affetto. A lui, d'altronde, sapeva bene che avrebbe perdonato a quel punto persino una pugnalata alla schiena e comunque sapeva che aveva solo esagerato, che non pensava veramente quello che gli aveva urlato contro giorni prima. 

Drew sbuffò. «Cosa?» borbottò, innervosito dal suo silenzio e dalla sua espressione.

«Va bene avere paura, Andrew» disse semplicemente Alexander. «A volte è quella a ricordarci che siamo ancora umani.»

«E io ho paura per te!»

«Lo so, come io ce l'ho per te, ma questo non mi rende meno determinato ad andare fino in fondo.»

Andrew scosse il capo e mise le mani sui fianchi, guardandolo di sottecchi con il suo solito sguardo scrutatore e penetrante. Cercava un indizio nel suo atteggiamento, qualcosa che gli rivelasse la verità, ma Alex era fin troppo agguerrito nel tener per sé tutto, per lasciarsi battere da lui.

«Cosa c'è?» chiese a un certo punto, fingendo innocenza.

«Te l'ho detto e te lo ripeto: tu nascondi qualcosa.»

Alex non perse la calma e sbuffò una risata. «Ancora con questa storia? Ti ho detto tutto quello che c'era da dire!»

«Ah davvero?» Drew in parte imitò il suo tono di voce, risultando buffo e ridicolo.

«Davvero» confermò l'altro. «Rilassati. Se ci fosse dell'altro, pensi che non te lo direi?»

«Dati i nostri trascorsi burrascosi mi permetto di dubitare, senza offesa.»

«Be', stavolta è diverso» insisté Alex, prendendogli le mani. «Drew, ti prego: fidati di me. Ti chiedo solo questo.»

«Dimmi almeno perché mi hai restituito l'anello. Dimmi perché non stiamo più insieme per l'ennesima volta.»

«Io non ho mai detto che non stiamo più insieme» si permise di sottolineare Alexander. «Non è un anello a determinare la nostra relazione. È solo un simbolo. Per me niente è cambiato, è solo che... con quello che sta succedendo, se dovesse accadere qualcosa... voglio che tu non abbia nulla a frenarti o trattenerti, niente a impedirti di guardare avanti.»

Andrew alzò gli occhi al cielo. Sembrava indeciso se mettersi a urlare per l'esasperazione o piangere. «Alex, Cristo di un dio santissimo! Ti ho già detto che...»

«Lo so, ma a volte non possiamo far altro che andare avanti e riprovarci con qualcun altro, Andrew. Ci sono ostacoli che nessuno può aggirare, avvenimenti che a volte cambiano il corso degli eventi. Non ci si può fermare dal vivere solo perché abbiamo perso qualcosa lungo la strada, o qualcuno.»

Collins lo squadrò in silenzio per qualche istante. «Il tuo sembra quasi un discorso d'addio, scusa se te lo faccio notare.»

«Te l'ho detto: non sappiamo cosa succederà.»

«Ma non è scritto da nessuna parte che debba per forza andar male.»

«Resta comunque una possibilità.» Alex fece un lieve sospiro, poi lo attirò a sé e lo strinse forte. «Non parliamone più. Sarà quel che sarà. Per ora sappi che ti amo, Andrew. Non dubitarne mai più. Succeda quel che succeda, tienilo sempre a mente.»

Sentì le sue spalle tremare e capì che stava piangendo; percepiva il suo respiro irregolare, i suoi singhiozzi contro i propri capelli.

Se solo potessi, cancellerei ogni ricordo di me dalla tua mente, ogni traccia del nostro passato insieme, e solo per vederti tornare a star bene senza dover più preoccuparti per me. Sarebbe la tua salvezza, da ogni punto di vista.

«Va tutto bene» cercò di confortarlo. «Andrà tutto bene, credimi.»

Alcune lacrime sfuggirono al suo controllo, ma lo fecero senza il minimo rumore o sussulto. Pianse e riuscì a non farsi notare, per non dare ad Andrew altri pesi, perché la sua anima ne stava già trasportando a sufficienza.

Si limitò a stringerlo di più e ad abbandonare la fronte contro la sua spalla.

Spero riuscirai perdonarmi, quando tutto sarà finito. Non odiarmi, ti prego. Lo sto solo facendo per te, perché non voglio vederti pagare per una colpa che è solo e soltanto mia. Non voglio renderti di nuovo vittima della mia debolezza..

Fece risalire la mano sinistra lungo la sua schiena, poi sul retro del suo collo e infine affondò le dita tra i folti capelli corvini di Andrew che incorniciavano quel viso che Alex non poteva far a meno di descrivere come quello di un angelo caduto: bellissimo, persino etereo, ma con qualcosa che lo rendeva allo stesso tempo oscuro e sinistro, nel senso più intrigante del termine.
Gli era sempre piaciuto guardarlo, ammirare ogni singola curva del suo volto che ormai conosceva a memoria, come una di quelle poesie troppo belle per non esser memorizzate spontaneamente.

Anche se abbiamo attraversato l'inferno, e vi siamo tutt'ora immersi, so che il paradiso esiste e l'ho assaporato dal primo istante in cui mi hai accolto fra le tue braccia. Grazie per avermi fatto conoscere la pace, anche se solo per poco tempo.

Andrew lo guardò di rimando, i capelli scuri sospinti dal gelido vento che iniziava a diventare più prepotente e sferzante, alcuni di essi serpeggiavano davanti al suo viso bianco come il marmo.

«Thorne» disse a bassa voce, come se fosse un segreto fra di loro.

Alex gli rivolse un'occhiata interrogativa e Collins, allora, gli accarezzò una guancia e piegò le labbra in un sorriso tremante. «Il mio vero nome è Andrew Jonathan Thorne, non Collins. Sai, nel caso riuscissimo a sposarci, tra un casino e l'altro!»

Lex, incuriosito, gli chiese perché non avesse mai rivelato il suo cognome da parte di padre.

Drew strinse le spalle. «Non ho mai avuto un buon rapporto con mio padre e questo lo sai da quando eravamo ragazzi. Mia madre lo lasciò e anche se poi si mise con un altro uomo, scelse di conservare il proprio cognome da nubile, ma in teoria io rimarrò sempre Andrew Thorne, venni battezzato così alla nascita e in fin dei conti mio padre era solo un uomo prigioniero dei propri vizi e delle proprie paure. Non era cattivo, forse soffriva e io non l'ho mai capito, se non dopo un bel po' di anni in seguito alla sua morte.» Fece una pausa. «Ricordi quando sei stato internato in quel posto e io una notte sono venuto da te con l'intento di... di ucciderti?»

Alex deglutì e fece cenno di sì con la testa, senza fiatare, preda di ricordi spiacevoli.

Ricordare faceva ancora male, sempre avrebbe fatto male. Aveva solo deciso di guardare avanti, ma dimenticare sarebbe sempre stato impossibile. L'unica reale utilità del passato, era che forniva sempre una traccia, un avvertimento, una spinta per rendere il presente e il futuro migliori.

«Be', quando ti ho visto in quel letto... non lo so, sembravi minuscolo fra quelle lenzuola, attaccato a quei tubi, a quelle macchine, ormai sull'orlo del baratro. Ho letto nella cartella che stava appesa al letto che eri malato di cancro e a quel punto mi è tornato in mente mio padre, il calvario che anche lui ha dovuto affrontare e contro il quale alla fine ha perso, proprio come è successo a te. Tutto il dolore che provai vedendolo andarsene, quella notte è tornato a investirmi e... credo sia stato a quel punto che ho capito la verità: non volevo che tu morissi, né farti davvero del male. Ero solo... arrabbiato e deluso, geloso anche, ma non desideravo la tua morte.»

Alex si passò l'altra mano sul viso e sorrise fra le lacrime. «Lo avevo capito» lo rassicurò. «Mi ci è solo voluto un po' per arrivarci, ma sapevo che non eri davvero cattivo. Penso sia stata solo la tua lettera a farmi sprofondare nel dubbio.»

Andrew serrò le palpebre. «Se solo potessi tornare indietro, mi prenderei a pugni da solo per aver scritto quelle cose orribili.»

«Eri solo arrabbiato, lo hai detto tu.»

«Ma ho commesso atti terribili e crudeli. Ho fatto soffrire te, soprattutto.»

Alex si sporse e fece scontrare teneramente le loro fronti. «Hai espiato a sufficienza i tuoi errori, Andrew, credimi.» Voleva che almeno lui lasciasse andare il passato, perché aveva ancora un futuro davanti a sé; lui stesso si sarebbe assicurato di donargliene uno, anche se ciò sarebbe equivalso a costringerlo a far fronte all'avvenire da solo, o con qualcun altro accanto. «Voglio che tu pensi solo al presente e al futuro, d'ora in avanti. Non puoi cambiare ciò che è stato, ma quanto ancora deve accadere è solo nelle tue mani, capito? Sei padrone del tuo destino.»

Si scostò per guardarlo e con due dita allontanò dal suo viso una ciocca ondulata di capelli corvini.

Il mio ultimo dono per te sarà la vita. Ti restituirò quello che contribuii a sottrarti tanti anni fa e ci ha portati a questo punto. Solo così potrai realizzare tutti i sogni che avevi e in fondo ancora conservi nel cuore.

Conosceva a memoria il suo viso, ogni singola cosa di lui, eppure certe volte ancora gli venivano le lacrime agli occhi nell'osservarlo e rendersi conto di che uomo meraviglioso fosse da ogni punto di vista.

Sei sbocciato nelle avversità e questo ti ha reso il fiore più bello di tutti.

Era davvero difficile, ormai, convivere con il pensiero costante che non sarebbe stato al suo fianco per vederlo tornare a essere rispettato dal prossimo e senza più delle orribili colpe a macchiare la sua reputazione.

Il contrappasso è sempre crudele, ma anche meritato, e in fin dei conti merito questa fine.

Forse il problema era stato quello sin dall'inizio: l'unico che non era riuscito a perdonare e mai avrebbe perdonato era solo e unicamente se stesso.

Perdonare gli altri gli risultava facile, a volte fin troppo, ma nei propri confronti si ritrovava ad essere crudele e privo della benché minima comprensione. Però, di nuovo: quale comprensione meritava una persona che aveva fatto quel che aveva fatto lui a Andrew, quasi quattordici anni addietro?

Non c'era perdono che potesse essere concesso, non per una cosa del genere. Peccati simili si lavavano via solo con altro sangue, con la morte del reale colpevole.

È orribile pensare che stavano per giustiziare te, quando invece ero io il mostro da arrestare e condannare.

Presto però quel circolo vizioso si sarebbe interrotto e finalmente la giustizia avrebbe prevalso. Era giusto che andasse così.

Quei pensieri, il ritorno dei sensi di colpa che fino ad allora aveva accantonato e tenuto ben sepolti in profondità, lo spinsero a ritrarre le mani senza essere brusco.

Troverai qualcuno che sarà più meritevole di me di averti accanto e toccarti.

Cercò di accennare un sorriso, ma la sua parve una smorfia che comunemente, sin dall'antichità, veniva definita sardonica: ciò che solo in apparenza era un sorriso celava in realtà sofferenza, era nient'altro che un riflesso del corpo, dei muscoli della faccia, in risposta al veleno che dentro la persona si espandeva e lentamente conduceva alla tomba.

In fin dei conti, per tanti motivi, tale era la condizione di Alexander Woomingan.

Il veleno della consapevolezza, di colpe che da troppo tempo si trascinava dietro e anche della stanchezza, del bisogno di metter fine a tutto per sempre, lo stava portando alla fine e quel che era peggio, era che certe volte si rendeva conto di esserne quasi grato.

Era grato al pensiero che presto quel costante, pungente e sordo dolore interiore si sarebbe sopito per sempre, così come i battiti del suo cuore che ormai era stanco di trattenere tutto quanto con il costante rischio di esplodere. Tra non molto sarebbe esploso e tutto sarebbe volto al termine, ogni cosa sarebbe tornata al posto che le spettava: chi meritava di essere tra i vivi lì sarebbe tornato, e chi invece meritava di essere dimenticato sarebbe sprofondato nelle tetre acque dell'oblio. Quella era la fine che spettava a coloro che voltavano le spalle alle persone che avevano spergiurato di amare e voler proteggere. Era quella la punizione che spettava a lui per aver abbandonato Andrew nel momento del bisogno ed essersi ritenuto fino alla fine la vittima, quando invece era stato sin dal principio il carnefice. 

Un lupo travestito da agnello poteva pure ornarsi di morbida lana, imparare a belare, a mangiare erba ed essere mansueto come un agnello, ma sarebbe sempre rimasto un lupo, poco importava quanto cercasse di comportarsi da pecora. Prima o poi sarebbe tornato a sbranare, a uccidere e terrorizzare le creature più indifese, e per tale ragione erano sempre quelle bestie assassine a perdere e a essere punite per ogni peccato commesso.

Proprio quando Skyler era stato a un passo dal poter finalmente confrontarsi con Lucifero e chiedergli di scortarlo da Metatron, ecco che l'Angelo Caduto, Amelia Spencer e il suo compagno, Tyrian, erano corsi da lui trafelati, dicendogli che James, dal nulla, si era sentito male e aveva perso i sensi.

Erano state ore dure, quelle, nelle quali nessuno aveva saputo spiegarsi una cosa del genere. Persino Lucifero era perplesso, il che non faceva ben sperare.

Skyler, il quale restava pur sempre un dottore, aveva deciso di visitare il suo vecchio amico e tentare di trovare la causa di quel suo improvviso malore. Cos'aveva tratto da suddetta esamina?

Sospirò e si voltò a guardare i tre che con ansia attendevano il verdetto.

«Prima ripetetemi di nuovo cosa è accaduto.»

«Oh, insomma!» si lamentò Amelia, una trentenne dai capelli e gli occhi scuri, e al momento scossa dai tremori dell'ansia. «Stava parlando con noi e poi, di colpo, ecco che ha iniziato ad accusare i sintomi di un mancamento! Sembrava nel bel mezzo di una violenta emicrania, respirava a fatica, poi... poi è caduto a terra come morto!»

Lo credo bene — pensò Langford, cupo.

«Mi pare il minimo, dato lo stato in cui si trova.»

«Ossia?» incalzò Tyrian, un uomo dai capelli biondi e gli occhi di un particolare colore violetto. Assurdo pensare che anni prima tutti lo avessero conosciuto col nome di Ragazzo delle Lavande. Ora era lì, vivo e vegeto, e come tutti i viventi iniziava a maturare e invecchiare. La sua voce era più profonda, da uomo fatto e finito, la sua figura più robusta e atletica, non era rimasto senza far niente in quegli ultimi tre anni.

«Lo avete guardato bene? È visibilmente provato» insisté Skyler. «Ha una pessima cera e non ricordo che era così, quando è tornato dall'esilio.»

«Parla chiaramente» tagliò corto Lucifero, restringendo gli occhi cerulei.

«Dico che come al solito sta combinando qualcosa» disse poi l'Imperatore. «E dato che Iago stesso lo ha visto confabulare con Alex, direi che si tratta di qualcosa di veramente serio e importante.»

Amelia alzò gli occhi al cielo. Non era chiaro se fosse a un passo dal piangere, o dall'esplodere per la rabbia e la frustrazione. «Tipico di lui tenere gli altri all'oscuro di tutto.»

«Non mi risulta che questa sua pessima abitudine abbia procurato a te e a Tyrian dei problemi, in passato. È grazie a certe abitudini tipiche di lui se ora sei felicemente sposata con l'amore della tua vita» le fece notare Lucifero.

La donna si voltò a squadrarlo. «Scusami? Ti spiacerebbe ripetere?»

«Avrei un bel po' di cose da dire, in effetti.»

«Ma tu guarda questo!» sbottò spazientita lei. «Neanche sapevo del suo ritorno finché non è stato Felix a chiamarmi e riferirmelo!»

«Appunto. Al tuo posto mi farei qualche domanda.»

Tyrian, capendo la solfa, trattenne per le spalle la moglie. «Va bene, va bene! Calma, tutti e due!» Rivolse un'occhiata obliqua a Lucifero, chiedendosi perché stesse vomitando addosso a sua moglie tutta quell'acredine.

Skyler sbuffò. «C'è un solo modo per scoprire cos'è successo, ed è parlare con Metatron. Sophie ha detto che è il solo a sapere tutto, sin nei minimi particolari, e Petya ha confermato.»

L'Angelo Caduto sghignazzò, ma senza alcuna traccia di ilarità negli occhi. «Se c'è una cosa che mio fratello non può darti, quella è la verità nuda e cruda. Magari ti darà degli indizi, una traccia da seguire, ma togliti dalla testa la sciocca fantasia di scoprire cosa ci riservi il futuro e solo per poter evitare che si avveri. Il futuro non può essere controllato né domato.»

«James c'è riuscito, però, e lo sappiamo tutti e due. Ha plasmato la propria sorte.»

«Un caso su un milione.»

«Allora avanti, dimmi cosa dovremmo fare, visto che sei così intelligente e ti atteggi tanto da superiore!» perse la pazienza Skyler.

Lucifero sospirò, passandosi due dita sugli occhi. «Posso dirvi una cosa: non so che diamine stia combinando James con quell'altro irresponsabile di Woomingan, ma so perché sta accadendo tutto questo.»

«Ovvero?» incalzarono gli altri tre, quasi in coro.

«Quella di Grober è una punizione, una vendetta su larga scala e forse qualcosa in più di questo.» L'Angelo Caduto fece una pausa. «Vuole punire in primo luogo me e i suoi fratelli, per quello che facemmo millenni or sono. Ci sta punendo per averlo tradito e pugnalato alle spalle, anche se eravamo in buona fede e non so per quanto tempo piansi per aver permesso a me stesso di prender parte a quell'atrocità.»

Tyrian si avvicinò. «Di cosa stai parlando?»

«Grober non ha più un corpo e ora vuole quello di Alex perché, in effetti, gli spetta veramente, gli appartiene e non intende più aspettare la prossima generazione. Il perché non lo comprendo, forse è solo stanco e rivuole ciò che gli è stato sottratto. Il punto è questo: quando io, Tredar — suo fratello — e Gylar, il suo amante, lo uccidemmo durante uno scontro molto violento e sanguinoso, lo facemmo perché eravamo convinti che era la sola soluzione rimasta, ma in realtà... forse... avremmo potuto aiutarlo, salvarlo dal male che lo stava corrompendo e uccidendo da dentro. L'Oscurità era entrata dentro di lui, si era appropriata del suo corpo e della sua mente poco a poco, anno dopo anno, secolo dopo secolo.»

Lucifero faticava a proseguire con il racconto, per lui era difficile ricordare tutto e non sentirsi più spregevole che mai.

«La sua famiglia lo scacciò e quando perse anche i suoi figli e rimase con l'unica sopravvissuta, una bambina dall'aspetto mostruoso e deforme e atteggiamenti propri di un animale feroce e privo di senno, per un po' abbandonò Sverthian e naturalmente si rifugiò sulla Terra. Io da tempo ormai ero diventato quello di cui si narra da millenni: ero già diventato il Diavolo, ma ogni tanto mi concedevo di risalire fino alla terra degli Uomini per vedere come se la passavano e se c'erano progressi. Durante uno di quei giorni incontrai Grober: lo vidi comparire dal nulla e cadere in un lago; io ero lì e per un po' rimasi nascosto a osservarlo. Non avevo mai visto una creatura come quella, rimasi folgorato, specie per quei suoi occhi strani che ritenevo tuttavia magnifici e unici nel loro genere.»

Ricordava bene il momento in cui si era fatto coraggio, era uscito dal proprio nascondiglio fra gli arbusti e si era avvicinato alla riva del lago. Grober era trasalito, se Lucifero chiudeva gli occhi riusciva a vedere ancora la sua espressione smarrita e spaventata, quelle iridi attorniate da sclere nere che rifulgevano spaesate e lo scrutavano per capire se era un nemico o meno.

Quella veste nera era talmente sottile e appiccicata al suo corpo che riuscivo a intravedere tutto quel che si celava là sotto.

Ci sarebbe stato tanto altro da dire, ma era geloso di quei ricordi e non erano importanti, non per i loro scopi.

«Astaroth come sempre mi mise in guardia, mi disse che non sapevamo chi fosse e da dove venisse quella creatura, ma non gli diedi ascolto. Restai con Grober per settimane, gli insegnai quel che sapevo sul mondo umano, poi chi ero e... fra una cosa e l'altra, accettò di seguirmi spontaneamente nel mio regno, l'Inferno.»

Lucifero sorrise malinconicamente, con nostalgia sincera.

«Adriel non è stata la mia unica consorte. Dopo di lei ci fu proprio lui, Grober: quel luogo sembrava calzargli a pennello, anche se per i primi tempi si sentì non poco spaesato e fuori posto. Fu il periodo più bello di tutta la mia lunga esistenza. Fu lui a proporre di rendere le punizioni per i dannati meno crudeli, a farmi capire che forse il mio reale compito fosse quello di giudicare le anime e ricondurle tramite il pentimento alla luce. All'epoca era ancora di buon cuore, nonostante le apparenze, e non c'era giorno nel quale ogni tanto non ci appartassimo per avere un po' di sana privacy. Tuttavia... col tempo le cose cambiarono, e lo fecero in peggio. A volte avevo l'impressione che Grober fosse in costante lotta con qualcosa dentro di lui, sempre impegnato a tener a bada un demone interiore. Purtroppo alla fine quel demone vinse e lui, poco a poco, da amato e rispettato divenne temuto e detestato. Gli altri Angeli Caduti mi pregavano di allontanarlo, i Demoni tremavano al suo cospetto e in silenzio si auguravano che prendessi provvedimenti. Un vero disastro e a lungo andare mi vidi costretto a prendere una decisione: ridete pure, se volte, ma dovetti bandire quello che tutti avevano soprannominato Satana dall'Inferno. Lui non mi perdonò mai per questo, né per averlo in seguito ucciso con l'aiuto di Tredar, suo fratello, e il suo ex-amante Gylar. Purtroppo questo non fu sufficiente a sconfiggere fino in fondo il suo potere malefico, la sua carica negativa: una parte di lui, immateriale e impalpabile, sopravvisse e talmente rimase potente da riuscire a far sparire dalla circolazione in qualche maniera Tredar e il resto dei loro fratelli. So per certo questo, perché quando mi recai a Sverthian non trovai più nessuno.»

Skyler e gli altri, attoniti e angosciati, rimasero a fissarlo a bocca aperta.

Lucifero si umettò le labbra.

«Il mio è solo un sospetto, ma ho la sensazione che tanto tempo addietro, quando dopo aver distrutto il suo corpo rinvenimmo tra le ceneri un bambino, l'incarnazione materiale di quel che restava della sua innocenza, spoglie mortali perché infinitamente fragili e flebili, lui si sia aggrappato in qualche maniera a quel neonato, alla sua essenza. Dunque, ho tratto questa conclusione: finché esisterà quella parte di lui, per quanto innocente e priva di colpe, Grober non potrà mai essere realmente sconfitto.»

«E... E dove troviamo questa parte? Come facciamo a eliminarla?» chiese trafelato Skyler.

L'Angelo Caduto non subito ribatté e quando finalmente ne ebbe il coraggio, nei suoi occhi era ben visibile la tristezza: «Se vuoi eliminarla, allora dovrai sacrificare Alex, uccidere l'amico che in teoria vorresti salvare. Vanno uccisi tutti e due, Skyler, non solo Grober».

Trasferì le iridi cerulee sul ciondolo che l'Imperatore portava al collo, quello che Skyler custodiva al posto di Brian.

«Hai detto che il cristallo vi è stato dato da Alex per farvi sapere come procedono le cose su Sverthian, giusto?»

«E allora?» replicò stridulo Langford, sperando che fosse tutto un semplice e orrendo incubo.

«Mi spiace dirti che si sta scurendo e crepando.»

Skyler, a malincuore, capì di dover agire per il bene di tutti loro, non solo quello di Alex. Serrò le dita attorno al cristallo e ricacciò indietro le lacrime di sconforto.

«Come facciamo a uccidere Grober, Alex e scongiurare la morte degli altri Portatori e Guardiani?»

«Valknut dev'esser trasferito su qualcun altro, qualcuno che sia ancora nella Luce.»

«S-Sì, ma così uccideremmo solo uno di loro.»

«Ma renderemmo Grober vulnerabile. Lui vuole prendere Alex finché è ancora il Portatore di Valknut, ma se estraiamo il Sigillo, allora Grober non sarà intoccabile.»

Tutti finalmente capirono.

Tyrian si avvicinò: «Vuoi... vuoi forse dirmi che dobbiamo lasciare che Grober prenda Alex? Dobbiamo abbandonarlo a sé stesso? Lanciarlo ai piedi di quel maledetto bastardo come se fosse un pezzo di carne qualsiasi?».

Lucifero sembrava a pezzi, dopo aver vuotato il sacco su tutto quanto. «Sì, temo purtroppo che non abbiamo altra scelta. Petya pensa di poter trovare un altro modo, ma si sbaglia. Non riuscirà a salvare né suo figlio, né tantomeno Alex. Sono condannati entrambi e uno di loro era destinato sin dal principio a essere sacrificato. Abbiamo solo cercato di rimandare tutto quanto il più possibile, ma è tempo di smetterla di procrastinare. Perciò... Skyler, scrivi a Iago e comunicagli questa nostra presa di posizione. Digli che d'ora in avanti dovranno permettere ad Alex di andare da lui, perché in realtà si sta solo avvicinando alla sua metà mancante senza rendersene conto. Sono due parti della medesima entità destinate a ricongiungersi e non c'è niente che possiamo fare per evitarlo. Se arriveranno in tempo, riusciranno almeno a salvare Kyran.»

Skyler si asciugò le guance velocemente. «Mi stai chiedendo di uccidere anche il mio migliore amico, sappilo. Mi stai chiedendo di strappargli il cuore e restare a guardare mentre sprofonda nel dolore.»

«Il dolore di uno non vale quanto la vita di molti altri che soffrirebbero. Andrew perderà Alex in ogni caso, Skyler, non c'è una strada alternativa. È una perdita che dovrà comunque affrontare.»

«Quella perdita» ringhiò in risposta Langford, «lo distruggerà!».

«Così sia, allora.» Lucifero spostò lo sguardo su James. «Forse Alex non sarà il solo per il quale piangeremo, alla fine di questa maledetta storia.»

Aveva la netta sensazione che presto avrebbe dovuto dire addio di nuovo e per sempre anche a lui.

Non si sentiva pronto, ma sapeva di non poter essere egoista, non più, non in una situazione così disperata e critica.

Dei sacrifici andavano fatti. James sicuramente stava architettando qualcosa per far sì che almeno Alex riuscisse a salvarsi, e nel farlo si stava spegnendo, forse perché si era rivolto a una magia ancestrale e pericolosa e tutti loro non potevano far altro, a quel punto, se non restare a guardare e attendere i prossimi sviluppi.

Respirò profondamente. «Scrivi a Iago, Skyler. Fallo subito.» Non aggiunse altro e uscì dalla stanza, incapace di restare e nel farlo rimanere calmo.

Quello che più lo faceva arrabbiare, era che di fronte a tutto quel disastro, suo Padre come al solito si ostinava a tacere. Taceva mentre il mondo che tanto amava andava in rovina.


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