Capitolo VII. La verità sul caso Fawkes
Musica consigliata: "Salem's Heir" di Peter Gundry.
https://youtu.be/0ex9KKj7e88
Skyler seguì a passo svelto sua moglie lungo il corridoio, poi dentro una delle stanze destinate a ospiti particolarmente illustri.
Le tende erano tirate, era notte fonda e solo i candelieri impedivano al buio di regnare incontrastato in quella camera.
Gli occhi dei due giovani Imperatori spaziarono quasi all'unisono da Max all'uomo che giaceva sulla riccamente decorata trapunta in stato d'incoscienza.
Per quanto egli non avesse avuto un rapporto granché piacevole e privo di burrasche con Skyler, quest'ultimo avvertì una raggelante stretta al cuore nel vedere uno come Petya ridotto così male e forse a un passo dalla morte.
Cercò invano di mandar giù il nodo che gli serrava la gola e nel frattempo si avvicinò. Samantha rimase invece dov'era e continuò a fissare con aria tesa e preoccupata il re degli Efialti.
Il marito si accorse dopo alcuni istanti della sua angoscia. «Sam?» la richiamò.
Lei si riscosse e con esitazione si accostò a sua volta, per poi trovare un sostegno per le tremanti mani nella colonna del baldacchino alla sua destra.
«Cosa gli è successo?» chiese, senza voler realmente saperlo.
Max, il quale stava provando a mantenere stabili le precarie condizioni del sovrano, la guardò: «È stato torturato, almeno è quanto si può supporre vedendo i risultati della sua permanenza in quell'inferno».
«Dove si trovava, quando lo avete trovato?» domandò Skyler, corrucciato. «Ha detto qualcosa? Era cosciente?»
Max li scrutò entrambi con aria confusa. «James non vi ha detto niente?»
Sam sbatté le palpebre. «No, Max. In realtà non lo abbiamo neanche visto. C'eravate solo tu, Dario, Askan e Petya.»
«Credevo avesse solo tardato nel venire qui» commentò perplesso il vampiro.
Alla preoccupazione per Petya, nel cuore degli Imperatori si aggiunse anche quella per James, il quale continuava a comportarsi in maniera schiva da quando aveva ufficialmente fatto ritorno dalla falsa morte.
Skyler sospirò e accantonò la cosa, almeno per il momento. «Cosa avrebbe dovuto dirci?»
Max deglutì e lanciò una rapida occhiata al re, implorando dentro di sé Dario di far presto nell'andare a cercare Jake. Se c'era uno che poteva far qualcosa per Petya, quello era senza dubbio il fratello. Jake aveva molta più esperienza, nonché sangue freddo.
«Non siamo stati io e James a trovare Petya, né tantomeno Dario. Lui in realtà stava per battersi contro Grober, ma James per fortuna è arrivato in tempo e lo ha aiutato a scappare.»
«Se non siete stati voi, allora chi è stato?» intervenne Samantha, senza capirci più niente.
«Un Efialte?» suggerì suo marito. «Godric?»
Max fece una smorfia. «Godric? Quando serve, quello non c'è mai. È stato un Efialte, ma sta di fatto che l'improbabile paladino in questione è il primo che vorrebbe vedere Petya morto stecchito.»
Skyler e Samantha si scambiarono un'occhiata scioccata non appena fu loro chiaro chi era stato a soccorrere Petya.
«Non può essere.»
«Invece ti dico che è stato lui, Skyler. Le sue ragioni mi restano ignote, ma so questo: Dante non avrebbe fatto una cosa del genere spinto solo da un improvviso accesso di benevolenza. Quant'è vero che la sua controparte darebbe via l'anima per chiunque, tanto lo è che Dante potrebbe benissimo passare per il nipote del demonio. Ha in mente qualcosa, questo è chiaro, e fargli mettere quel bracciale è servito a ben poco, a mio parere. Continua a fare quel che gli pare e piace, inizio a pensare che non esista niente capace di fermarlo.»
Max pareva scosso, ma per via di qualcos'altro.
«Quando io e James siamo scesi nelle segrete, c'erano le recenti ed evidenti tracce di una carneficina avvenuta da poco. Il punto è questo: non ho mai visto un massacro così pulito in tutta la mia esistenza. Non ho percepito alcuna traccia di sangue, niente di niente. Le guardie, i soldati o quello che erano, giacevano a terra morti, ma per cause impossibili da riconoscere a primo acchito. Erano morti e basta.»
«Magia oscura, senza dubbio» stabilì Skyler, reprimendo un brivido.
«Già, lo penso anch'io e James lo ha confermato. Ha detto di aver percepito tracce non di sangue, ma appunto della magia, e non quella che conosciamo nel mondo umano. Era quella degli Efialti, ancestrale e sconosciuta alle ultime generazioni. Dante, purtroppo, pare sia uno dei pochi a saperla domare con maestria e precisione. Dario ha detto che in passato faceva parte del gruppo di stregoni votati alle Tenebre più malfamato dell'Oltrespecchio: i Sette Oscuri. Skyler, qualunque cosa accada, non dimenticare queste parole: non fidatevi di lui, né tu né Samantha.»
«Dici che potrebbe tradirci?»
«Se lo farà, il bracciale lo porterà dritto fra le braccia della morte.»
«E se quella precauzione non fosse abbastanza?» insisté Samantha. «Voglio dire, se è così terribile, non potrebbe liberarsene in qualche maniera?»
Max sospirò. «Non lo so. Non credo, ma niente è certo e converrà a tutti non abbassare la guardia.»
L'Imperatore tornò al discorso di prima: «Cos'è successo quando siete scesi nelle segrete?».
«Be', abbiamo incrociato Dante, per l'appunto. Aiutava Petya a restare in piedi, era a malapena cosciente ormai. Appena ci ha visti ci ha affidato lui senza tante cerimonie. In realtà lo ha lasciato cadere come se fosse stato un sacco di carbone. Lo ha fatto con un tale menefreghismo da avermi messo i brividi. Nemici o meno, c'è un limite a tutto. Un simile disprezzo per la vita neanche il peggiore tra i rettili lo avrebbe saputo mostrare.» Il vampiro fece una pausa. «Poi... poi è arrivata lei. Quella maledetta stronza!»
«Chi?» Skyler si accigliò.
«La donna che ha quasi ucciso anche te, Skyler: l'Incantatrice. Ormai è sicuro che si tratti della sorella di James, quella che tutti credevano esser morta. Invece è viva e con lui condivide la natura di Bestia, è una Padrona della Vita e della Morte. James è riuscito a scamparla solo perché Dante è intervenuto. Quella donna è terrificante, Skyler. Non si fermerà di fronte a niente, era determinata a uccidere persino suo fratello. Ci è davvero mancato poco.»
«Mio Dio» esalò Samantha. «Possibile che non provi niente per lui? Voglio dire...»
«Niente, Sam» insisté il vampiro. «Questo la rende ancora più pericolosa.»
«Dimmi che non lo ha ferito con gli artigli o con i denti. Dimmi che non si sono trasformati, ti prego» lo implorò Skyler.
«Purtroppo sì. Due belve bianche con le fauci sporche di sangue, è questa l'immagine che continua a tormentarmi da quando sono tornato. Lei a un certo punto lo ha azzannato e pareva non voler lasciarlo più andare. È stato allora che Dante ha attaccato a sua volta. Difficile a credersi, ma ogni tanto una cosa giusta sa farla.»
Langford si accigliò. «Non ho visto con voi neanche Desya. Lui sta bene, quindi?»
Gli occhi scuri di Max corsero al re. «Non qui, Skyler. Non adesso» si limitò a rispondere. «Quando tornerà, James sicuramente saprà spiegarti meglio ogni cosa.»
«Dove credi possa esser andato?»
«Non ne ho idea. Non è un tipo chissà quanto loquace. Una volta era un gran chiacchierone, ma adesso ci vogliono le pinze pur di tirar fuori qualcosa da quella sua bocca sigillata. In tutta onestà, fra lui e Dante non saprei dire chi dei due mi faccia rabbrividire di più. Quel ragazzo, a volte, sembra una persona completamente diversa da quella che era tre anni fa.»
Molto poco si sapeva di quel che aveva fatto James in tre anni di esilio forzato, voluto dalla Resistenza per tenerlo lontano dalle grinfie di Grober e i suoi alleati. Lui, poi, raramente si era lasciato sfuggire qualche dettaglio qui e là e molto spesso, quando magari gli si faceva una domanda inerente a quel periodo, trovava sempre il modo di aggirare il discorso. Non che in lui vi fosse qualcosa di malevolo o che ispirasse sfiducia; in realtà, tutti loro concordavano su un particolare riscontrato nel guardare gli occhi cerulei dell'ex-Ispettore: non era lo sguardo di uno che se l'era passata bene, a volte vi avevano scorto una malinconia che difficilmente chiunque sarebbe riuscito a sostenere.
Uno di quelli che però parevano saperne di più e nonostante ciò si ostinavano a tacere era proprio Dario. Max più volte aveva avuto la netta impressione, durante la loro pericolosa permanenza nell'Oltrespecchio, che Dario appositamente stesse nascondendo qualcosa riguardo a James.
«Non diamolo per scontato» disse infine, come colto da un presentimento. «Lo abbiamo fatto con tanti, lui compreso, non ripetiamo l'errore.»
«Nessuno l'ha mai fatto» replicò Skyler.
«Invece lo abbiamo fatto, Skyler, volenti o meno. È un errore comune che tutti fanno, ma con lui sarebbe meglio evitare. La Resistenza ha continuato a contare su di lui fino alla fine, finché non ha dovuto fare a meno della sua presenza per cause di forza maggiore.» Max non poteva non ripensare alla distruzione che aveva visto a Specula, ai cadaveri carbonizzati di quel genitore e quel bambino. «Questa è una guerra e purtroppo, in guerra, la gente muore. Potrebbe capitare a chiunque di noi, in qualsiasi momento. Non abbiamo difese sufficienti contro Grober. Già da solo rappresenta un pericolo costante.»
Skyler si scambiò un'altra nervosa occhiata con Samantha. «Non è detta che uno di noi morirà.»
Il vampiro gli rivolse uno sguardo serio, quasi come ad ammonirlo. «Non date nessuno per scontato» ripeté, un po' duramente. «E soprattutto, Skyler: restate uniti. Comunque vada a finire il viaggio di Andrew e gli altri, dovrete restare l'uno accanto all'altro. È facile perdersi in situazioni del genere, o perdere di vista i membri più fragili.»
Tutti e due gli Imperatori, per qualche ragione, pensarono immediatamente ad Alex.
Sussultarono quando le porte si aprirono. Voltandosi videro Brian avvicinarsi. Era stato già avvertito del ritorno di Max e gli altri, naturalmente.
«Io... io devo parlarvi» disse a Skyler e Sam. «Venite fuori con me, per favore.»
In quei mesi il suo carattere un tempo stato molto più gioviale ed effervescente aveva subito una trasformazione che aveva lasciato quasi a bocca aperta i suoi amici: si era incupito, chiuso un po' in sé stesso, divorato dalla preoccupazione per quella dannata guerra e soprattutto per Alex e gli altri. Specialmente per Alex.
Capendo che si trattava di qualcosa di importante, i due non fecero obbiezioni e lo seguirono fuori dalla stanza.
Non appena furono giunti nel corridoio, Brian parlò: «Ricordate quando vi ho fatto vedere quel ciondolo che Alex mi ha dato prima di partire?».
Annuirono.
«Be'... sapete che da allora non faccio che dargli un'occhiata almeno una volta all'ora. A volte resto sveglio notti intere a fissarlo. Ricordo ancora molto bene cosa mi disse Alex e per questo, adesso, non riesco più a stare zitto e ad aspettare.»
Frugò sotto la camicia e recuperò il cristallo appeso alla catenella. Se lo sfilò e lo mostrò più da vicino a Samantha e a Skyler, i quali si accigliarono. Lei gesticolò, accennando alla pietra: «Una settimana fa non era così opaco» osservò, perplessa e preoccupata.
«Sicuro che non si sia solo rovinato?» tentò Skyler, ma l'occhiata penetrante di Herden lo mise subito a tacere.
«Cosa... cosa significa?» chiese Sam, incrociando le braccia sotto il seno, come se di colpo le fosse venuto freddo.
«Non lo so» ribatté sincero Brian, la voce sul punto di spezzarsi e gli occhi che si stavano facendo progressivamente lucidi. «So solo che dobbiamo fare qualcosa e intervenire. Ho una brutta sensazione, in realtà è orribile e... ho paura per lui!»
In realtà sapevano cosa voleva dire quel cambiamento nel cristallo, solo che nessuno di loro voleva dirlo ad alta voce e apertamente.
Era troppo orrendo anche solo da pensare.
«Skyler, devi dirlo a Andrew, o a Iago. James ha un Pheryon, se non sbaglio. Non potremmo usare il suo?»
«Brian, lo sanno già. Lo sapevamo tutti da prima che partissero.»
«Ma sta peggiorando!» sbottò Herden, spazientito. «E nessuno lo sta aiutando come dovrebbe, da quello che vedo! È inutile prepararsi a una guerra, se poi dovremo combattere contro quello che una volta era un nostro amico! Io non credo che avrei il coraggio di affrontarlo!»
L'Imperatore sospirò. «In quel caso dovremo impegnarci tutti per fare la cosa giusta.»
«E perché ho tanto l'impressione che con fare la cosa giusta tu non intenda affatto aiutarlo a uscire da quel girone infernale nel quale sta precipitando?» lo apostrofò furibondo l'altro, restringendo lo sguardo. «Neanche volendo riusciremmo a ucciderlo o a fermarlo! Come si fa a fermare un dio, me lo spieghi?»
«Questa è una risposta che Andrew sta cercando di trovare, insieme a Iago» intervenne Samantha, nel tentativo di placare gli animi. «Ce la stanno mettendo tutta, Brian.»
Brian scosse la testa, poi mise in mano a Skyler il ciondolo. «Tienilo tu, allora.»
«Lo ha dato a te perché sapeva che ne avevi bisogno» cercò di farlo ragionare Langford, dispiaciuto nel vederlo in preda a una tale angoscia. «È tuo.»
Herden si passò velocemente una mano sulle guance. «L'unica cosa di cui ho bisogno è quella che nessuno potrebbe mai darmi: la certezza che lui ne uscirà sano e salvo. Non ho bisogno di restare a guardare impotente il mio migliore amico precipitare nelle tenebre, sapendo di non poterlo salvare neanche stavolta!» Li superò e lasciò il corridoio velocemente.
Skyler non si sorprese quando, una volta entrato nella camera di Sophie, vide il figlioletto, insieme a Nicholas e a Viktor, addormentati sulle seggiole dove in teoria avevano preso posto così da tener compagnia all'anziana allettata.
Sophie era visibilmente indebolita e quale che fosse il male che la stava corrompendo, di certo ormai aveva preso quasi pienamente possesso della sua persona.
Pallida ed emaciata, sembrava minuscola sotto quelle coperte.
Skyler, avvicinatosi a Jonathan, si vide costretto a svegliarlo. Lo scosse per una spalla delicatamente e il piccolo principe faticò non poco a ridestarsi. Si guardò attorno spaesato, con gli occhi ancora mezzi chiusi e in procinto di fare un gran bello sbadiglio.
Il padre ripeté l'azione con gli altri due ragazzini, più grandi del figlio di tre anni. Jonathan ci aveva messo un po' per legare con loro, ma appena aveva capito che a loro volta erano dotati di capacità fuori dal comune e dunque simili a lui, ecco che aveva iniziato ad aprirsi, fino ad arrivare ad essere il membro del trio più vivace di tutta la reggia.
In tempi come quelli, la presenza di giovani e spensierate vite era un toccasana. Rischiarava le giornate che poco a poco si facevano sempre più cupe.
Da quando Sophie non era più riuscita a nascondere la malattia, Jonathan e i suoi due amichetti si erano dati da fare — nel loro piccolo, naturalmente — per starle vicino e tenerle non solo compagnia, ma anche rischiararle l'umore.
Jonathan teneva molto all'anziana strega e Skyler non osava immaginare al suo dolore quando purtroppo la maledizione lanciatale contro da Grober l'avrebbe uccisa.
Neferio era una parola breve, certo, ma tutti avevano imparato a ragion veduta a temerla.
Skyler aveva già visto i suoi orribili effetti, la penultima volta su Alex. Il fatto che fosse stata proprio la sua sorellastra, Zelda, a operare il maleficio per conto di Grober, di certo non aiutava la già precaria posizione di quella donna.
Aveva fatto di tutto pur di non pensare a lei e così pure al quattordicenne Erik, poi però suo fratello una sera era andato da lui e gli aveva confidato una verità che anche in quel momento non riusciva a digerire: Erik, a quanto pareva, era suo figlio e le sue origini risalivano a quando Zelda aveva frequentato la scuola di Feridan Town per un certo periodo di tempo. Esattamente quattordici anni prima, tutt'altro che una coincidenza. Vari esami avevano confermato il loro legame di sangue.
Lui, Cynder, Zelda e Grober erano gli unici a conoscenza di quell'infausta e incestuosa parentela.
Samantha ne era all'oscuro, perché i gemelli Langford sapevano che dirle una cosa del genere avrebbe provocato effetti tutt'altro che piacevoli.
Lei odiava Zelda con tutto il cuore e le poche volte in cui la strega si era recata nell'omonima capitale di Obyria per essere d'aiuto in un modo o nell'altro, Samantha spesso si era rifiutata di lasciare le proprie stanze finché Zelda non se n'era andata.
Da quando poi si era sparsa la voce tra di loro della sua nuova gravidanza, i commenti di Samantha s'erano fatti solo più acidi e malevoli. Era convinta che Zelda stesse solo cercando di manipolare Iago, seppur egli per primo avesse fatto intendere di non voler saperne niente o, al massimo, espresso la volontà che Zelda non tenesse quel bambino.
Di ragioni valide ne aveva molte a difesa di una tale fredda opinione, non erano tempi adatti a vite così fragili, ma la scelta restava solo e unicamente della madre, e di nessun altro. La sorellastra di Skyler e Cynder, ad ogni modo, era decisa a non interrompere la gestazione e a dare alla luce quella creatura.
Da quel che l'Imperatore sapeva, Cynder e la sua consorte non facevano mancare nulla alla donna, né le cure necessarie né una vita dignitosa lontana dalle fredde sbarre di una cella. Veniva tuttavia tenuta sotto stretta osservazione, poche erano le volte in cui veniva lasciata da sola.
Non c'era solo il costante dubbio che forse avrebbe potuto tradirli, ma anche che Grober avesse potuto ordinare un'esecuzione a danno di Zelda per via del suo palese tradimento e Grober, ormai lo sapevano tutti quanti, non era avvezzo al perdonare.
«Andate a riposare. È tardi» disse Skyler ai tre ragazzini, scompigliando subito dopo con affetto i capelli al figlioletto. «Rimarrò io con Sophie, non temete.»
Ci volle un po' per convincerli, ma la stanchezza dovette avere la meglio su di loro, perché alla fine obbedirono e augurarono la buonanotte sia a Skyler che a Sophie, baciando ciascuno una guancia alla strega prima di lasciare la stanza.
Lei sorrise debolmente, poi i suoi spenti occhi verde giada si trasferirono sul giovane Imperatore.
«Sei cambiato molto, lo sai?» lo apostrofò con affetto, benché la sua voce fosse stanca e flebile.
Lui si sedé in fondo al letto e ricambiò il sorriso, o almeno tentò di farlo. «Ultimamente siamo cambiati tutti.»
«Qualcosa di nuovo ti angoscia, Skyler» lo apostrofò Sophie, arguta come quando era stata in salute. «Raccontami tutto.»
«Devi riposare.»
«Sono allettata e ho ben poco da fare!» cercò di scherzare l'anziana donna.
Non c'era niente da ridere, ma lei preferiva prenderla con ironia, piuttosto che crogiolarsi nella disperazione.
Skyler, per tenersi occupato, si alzò e avvicinatosi al comò accanto al letto riempì il bicchiere sopra di esso con dell'acqua, versandola da una caraffa di cristallo. Porse alla nonna la fresca e trasparente bevanda.
«Il ciondolo che Alex ha dato a Brian si sta scurendo. In realtà sembra solamente opaco, ma prima non era così. Inutile nasconderlo, inutile cercare di negarlo. Sta succedendo qualcosa a Sverthian, Sophie, e io non so cosa fare per aiutarli.»
Le consegnò con delicatezza il ciondolo e Sophie lo accostò al viso, così da poter studiarlo attentamente.
«Hai ragione. Riesco a percepire qualcosa che mi ricorda, in qualche maniera, la carta dei tarocchi che avevo consegnato ad Alex e poi, alla fine, è diventata nera e vuota. Sono solo deboli strascichi, stavolta, ma il significato è molto chiaro.»
Skyler deglutì a vuoto. «Perché non mi sembri granché stupita?»
«Neanche tu lo sembri, se è per questo» replicò prontamente la strega. «È molto difficile sfuggire a un'entità come Grober quando lui potrebbe accedere alla tua mente in qualsiasi momento, persino servendosi dei sogni. Lui lo sta chiamando a sé, Skyler, e purtroppo non c'è niente che possiamo fare per evitarlo.» Riconsegnò il cristallo al nipote. «Come ben sai, ho chiesto a Andrew di indagare su Grober attraverso le conoscenze degli abitanti di Sverthian e di scoprire anche se qualcuno magari avesse memoria di quando Richard si recò laggiù secoli fa.»
«Dunque?» incalzò lui.
«Dunque... ultimamente il sonno di Andrew è stato tormentato da incubi che in realtà sono ricordi, ricordi non suoi, ma di una delle sue vite precedenti. Quelli sono i ricordi di un antenato della nostra famiglia, mia e sua. Mi ha descritto minuziosamente tutto quello che è riuscito a ricordare da sveglio e a quel punto non ho avuto più alcun dubbio: quelli erano squarci nel passato di Léonard, del quale ormai ben pochi hanno memoria. Lui non fu famoso e grande come Arian e Reida, o come lo stesso Richard. Era un uomo che preferiva una vita tranquilla e dimessa, un marito premuroso e un padre attento. Tuttavia, nella mia famiglia per generazioni e generazioni si è tramandato il racconto di qualcosa che fece Léonard, o meglio... di un segreto che fino alla morte custodì gelosamente e confidò solo al suo figlio primogenito non appena egli fu al suo capezzale. Quel segreto, purtroppo, a me è stato precluso, le solite sciocche tradizioni maschiliste di famiglia, suppongo.»
Skyler deglutì. «Quale segreto poteva mai essere?»
«È quello che sta cercando di scoprire Andrew. Per ora, sappiamo solo che coincideva con Sverthian e il viaggio che intraprese Richard poco dopo che i suoi fratellastri vennero imprigionati. Lui era lì quando il primo Principe della Notte segnò il destino di tutti quanti noi. Richard voleva che fosse presente, per qualche ragione, altrimenti sarebbe partito da solo. Quale che fosse il motivo, è chiaro che fece promettere a Léonard di tenerlo ben nascosto.»
«E adesso» commentò Skyler, «Andrew e Alex sono al loro posto e stanno compiendo il medesimo viaggio.»
«Non è un caso, non credi?»
«Cosa accadrà se si verrà a sapere che quel segreto celava qualcosa di orribile?»
Sophie tacque per qualche secondo. «Suppongo potrebbero accadere le cose peggiori. Quel segreto, a mio avviso, concerne la bizzarra usanza delle nostre famiglie di mettere al mondo ogni tanto vere e proprie reincarnazioni di coloro che per primi rimasero coinvolti negli eventi che culminarono con la morte dei tre Esper. È come se tutto fosse destinato a ripetersi finché non troveremo una risposta all'enigma che si trova in fondo a questo oscuro pozzo di sfortunati eventi. All'inizio la rappacificazione di Alex e Andrew mi ha dato un po' di speranza perché per secoli hanno continuato a incontrarsi, solo per poi venir separati, ancora e ancora. Questa sembrava la volta buona, ma temo che invece sarà il culmine di tutto quanto. Il doloroso e inevitabile climax.»
La strega sospirò. «C'è una cosa che Dario mi confidò, tanti anni fa. Un segreto che per sessantacinque anni lui ha dovuto tenere per sé, per un motivo o l'altro, e che solo a me e a Max ha voluto confidare. Suppongo che se fosse successo qualcosa a lui, almeno quella memoria sarebbe lo stesso sopravvissuta.»
Skyler si accigliò. Di cosa stava parlando Sophie? «Ovvero?»
«Alex ha mai parlato a te, o agli altri, della sua famiglia?»
«Sì, un po'. Niente di strano, però.»
«Questo perché nessuno gli ha mai detto la verità su alcuni fatti orribili che spinsero i suoi nonni paterni a nascondere una parentela portatrice di disagio e vergogna.» Sophie accennò alla scrivania che si trovava dall'altro capo della stanza, poi si sfilò dal collo una cordicella che culminava con quella che pareva una chiave, e non un semplice ciondolo. La consegnò al nipote. «Lì dentro c'è un libro. Prendilo, per favore.»
Lui obbedì; si alzò e direttosi alla scrivania, infilò la chiave nella toppa di ottone. La girò e appena udì lo scatto della serratura, aprì. Prese il libro custodito all'interno: era piuttosto grande, possedeva molte pagine invecchiate dal tempo e sulle quali era stato scritto tante, tante volte. Rilegato in una semplice copertina di un nero opaco e scolorito, non recava nessun titolo, neppure un'etichetta.
Tornò a sedersi in fondo al letto.
«Aprilo e sfoglialo» lo incoraggiò Sophie, eppure nel suo sguardo c'era tristezza.
Skyler, non molto convinto, fece come gli aveva detto.
«Sembra un elenco di nomi e date.»
«Quelli sono tutti i discendenti di Arian, Reida e Richard, con le loro famiglie al seguito. Concentrati su quelli di Richard, però.»
Langford dunque lesse, lesse ancora, finché non arrivò in fondo. Tre nomi noti gli saltarono all'occhio: quelli di Alex e di suo figlio, Anthony, e più sopra...
Spalancò gli occhi.
«Non può essere.»
«Ogni pagina è numerata con la magia. Vai alla cinquecentoottanta.»
Lui lo fece e trattenne il fiato. «Il caso Fawkes» sussurrò tra sé. «Qui... qui è descritta nel dettaglio la storia di Fawkes e dei suoi omicidi. C'è anche la sua biografia.»
«Nella pagina successiva c'è una fotografia. Guardala e dimmi cosa vedi.»
Incerto, Skyler proseguì e ci mancò poco che il libro gli cadesse dalle mani: incollata alla pagina c'era una fotografia in bianco e nero, vecchia e ormai un po' scolorita e consunta, ma chiara quanto bastava a far capire chi vi era ritratto. Una cosa era certa: l'uomo era già morto, quando era stato fotografato. Nonostante i capelli scuri, il viso smagrito e la mancanza di espressione che contraddistingueva i cadaveri dalle persone ancora vive, avrebbe riconosciuto ovunque quei lineamenti, quel volto.
«Fawkes era...»
«Sì. Alex è il suo successore, mettiamola così, e forse sarà l'ultimo.» Sophie si sistemò meglio sotto le coperte, così da stare seduta. «La foto che vedi venne scattata dopo la sua esecuzione. Quello che Dario mi ha confidato, è che Fawkes fino all'ultimo disse di non avere alcuna memoria riguardo gli omicidi da lui stesso compiuti. Non ricordava neppure Josephine Treyson, la bambina che in un certo senso riuscì ad incastrarlo, l'unica che sopravvisse all'ultimo omicidio commesso a Topeka, il ventitré luglio del millenovecentosessantacinque.»
«La madre di Amelia Spencer, la moglie di Tyrian» ricordò Skyler, con lo stomaco in subbuglio e tante, troppe domande che lo assillavano. «Come sappiamo che Fawkes non mentì e basta?»
«Dario sa riconoscere i bugiardi, Skyler. Una volta era compito suo scovarli per conto di Richard» gli rimembrò Sophie. «Fawkes era un pessimo bugiardo, da quello che sua sorella stessa raccontò una volta. Diceva la verità, continuò a sostenere di non aver fatto niente finché non lo condussero alla sedia elettrica per giustiziarlo. Ci trovavamo di fronte a un caso di possessione, ma all'epoca nessuno volle credergli e Dario non poté aiutarlo. Non ne aveva il potere e lo stesso Consiglio Obyriano gli intimò senza tante cerimonie di lasciar perdere e farsi gli affari suoi. La verità morì con quell'uomo, ma quel vecchio e scaltro vampiro decise di sigillarla in queste pagine, dove sarebbe stata al sicuro.»
«Possessione» ripeté Skyler, per poi collegare tutto quanto e spalancare di nuovo lo sguardo. «Grober!»
Sophie annuì gravemente. «Quell'uomo parlò del Diavolo, di Satana, ma ora sappiamo chi si fregia di tale appellativo. Grober fece la stessa cosa che sta facendo ora con Alex, e guarda cosa fece fare a quel poveretto che non aveva alcuna difesa contro le sue capacità di crudele persuasione. Lo portò alla pazzia. È quello che ha fatto e continua a fare con André.»
Skyler non sapeva per cosa essere più attonito: che Winston Harrison Fawkes fosse stato lo zio materno di Daniel Woomingan, e dunque parente di Alex, oppure degli effetti che Grober ebbe sulla mente di quell'uomo.
La sua paura più grande? Che Alex potesse a sua volta andare incontro a una fine come quella, se non peggiore.
Se Grober voleva il suo corpo, Zelda aveva già spiegato cosa ne sarebbe stato di Alexander: sarebbe morto. Era diverso rispetto a quel che era accaduto a Fawkes. Quella era l'ultima possibilità, per tutti quanti loro. Vittime o carnefici che fossero.
Aveva quasi l'impressione che quel povero disgraziato fosse stato per Grober solo una specie di ultima e sventurata cavia in vista dell'atto finale. Una semplice e crudele prova che aveva arrecato per l'ennesima volta dolore a degli innocenti, forse a un uomo che prima dell'arresto e di quelle orribili uccisioni era sempre stato onesto e sano di mente.
«Non ci resta che pregare, vero?» chiese con un filo di voce a Sophie.
Lei fece un grave cenno con la testa. «Sì, Skyler, e sperare che le preghiere giungano all'orecchio giusto.»
L'Imperatore tornò in piedi e cominciò ad andare su e giù per la stanza. «Ho come il presentimento che gli dèi norreni e la maggior parte di quelli greci non siano gli unici alleati di cui dispone Grober. Ce ne sono altri, lo sento.»
Sophie esitò. «Skyler, credo sia giunto il momento per te di parlare con l'unico che possa darti tutte le risposte che cerchi, o almeno alcune di esse.»
Skyler aveva una mezza idea di chi stava parlando sua nonna. «Lui, vero? L'Angelo Profeta?»
«Metatron» confermò l'anziana strega. «Tuttavia, trovarlo è estremamente difficile, se non si sa dove cercarlo e come.»
«Allora chiederò a Michele di guidarmi. Lui sicuramente saprà...»
«Metatron risiede nel mondo umano, Skyler, una zona che ormai sappiamo esser di guerra e non più neutrale o sede di semplici rappresaglie. Per quanto mi dispiaccia ammetterlo, se Grober dovesse individuarti e mettersi sul tuo cammino, Michele non avrebbe alcuna possibilità. La volontà di primeggiare a tutti i costi rende quell'essere ancora più pericoloso e subdolo. C'è una sola creatura che non lo teme e che forse, per assurdo, persino risparmierebbe, grazie a una buona dose di astuzia.»
«Ovvero?»
«Il padre di tutti i tranelli: Lucifero.»
Suo malgrado, Langford si ritrovò a roteare gli occhi e fare una smorfia scocciata. «Non mi è mai garbato quello là, senza offesa. Preferisco ritrovarmi ad avere a che fare con Grober da solo.»
«Ah, cielo! Sei proprio come tua madre! Testardo come un mulo!» si lamentò stancamente Sophie. «Quel poveraccio non ti ha fatto proprio niente, dovresti anzi essergli debitore! Se la memoria ancora mi assiste, Skyler Langford, è stato lui a salvare più di una volta in passato James, il tuo più caro amico!»
Skyler ammutolì, poi: «Non mi risulta che quando ha davvero avuto bisogno di lui, Lucifero fosse in prima linea contro i bastardi che alla fine hanno invece massacrato Misha».
«Questo perché James già da allora era capace di occultare la propria posizione e i propri pensieri persino con Lucifero. Voleva consegnarsi per salvare più di una vita, questo finché Loki e Misha non hanno agito e il fratello di Iago non ha preso il suo posto in maniera consenziente.»
«Loki lo ha solo manipolato» insisté Skyler, chiedendosi però perché mai stesse difendendo uno come Misha. Fratello di Iago o meno, aveva contribuito largamente a quel disastro. «Sappiamo che avrebbe fatto di tutto pur di salvare Jake, a costo di avere le mani imbrattate del sangue di un altro.»
«Ha agito come qualsiasi padre avrebbe fatto e non possiamo biasimarlo per questo.»
«Vallo a dire a Viktor» rimbeccò secco Skyler. «Ormai sa la verità, è solo che non vuole parlarne apertamente e ha paura di ricevere una conferma. È troppo sveglio per non aver capito che suo padre ha fatto una gran brutta fine tre anni fa.»
Sophie sospirò, affranta. «Misha era un'anima persa, Skyler. Se anche fosse sopravvissuto, il suo cuore sarebbe rimasto nell'Oltretomba, come la donna che amava e il suo onore. Ha scelto la morte perché sapeva che prima o poi avrebbe riscattato così il proprio nome e dunque quello di Viktor. Lo ha fatto per essere agli occhi di suo figlio il mostro che negli ultimi istanti di vita ha scelto la luce e il bene; come colui che ha scelto di compiere una buona azione, sapendo che sarebbe stato odiato lo stesso. Un giorno Viktor capirà.»
«Come Nicholas ha compreso la finta morte di Petya, anche se ormai persino i sassi sanno che è ancora in vita. Solo suo figlio è ancora all'oscuro e lo compiange. Questa crudeltà verso le creature che invece dovremmo impegnarci a proteggere e amare deve finire, o la ricompensa per tutti i nostri sforzi sarà un futuro di cenere e innocenti cuori infranti per niente!»
Il giovane Imperatore si pentì di esser forse andato troppo oltre, tuttavia ne aveva abbastanza di quella situazione. Nicholas e Viktor meritavano di sapere le reali sorti dei rispettivi padri, per quanto la verità sicuramente avrebbe fatto del male a entrambi.
«Ci sono segreti che non possono esser mantenuti a lungo, lo sappiamo tutti e due.»
«Sono d'accordo.»
Sobbalzò e per poco non gli venne un infarto. «Iago! Che ci fai qui?»
Quando si voltò, però, vide James e capì di averli confusi per l'ennesima volta a causa delle loro voci talmente simili da essere sì e no uguali.
Non si era ancora abituato a quel James più vecchio di tre anni e cambiato dentro fino al punto da essere irriconoscibile. In effetti non aveva avuto molte occasioni per abituarsi, dato che Wolf era appena tornato dopo una lunga assenza trascorsa a dare la caccia ai nemici nell'Oltrespecchio.
Langford deglutì. «Io... scusa» biascicò.
«Non fa niente, capita a molti da quando sono tornato fra di voi» lo rassicurò James, piegando appena le labbra in un sorriso che ebbe l'aria d'esser forzato, più che sincero.
Che James avesse qualcosa da nascondere, ormai tutti lo sospettavano.
Skyler lo guardò avvicinarsi e fare un rispettoso cenno di saluto a Sophie, che ricambiò alla stessa maniera, cosa che non accadeva con tutti, ma solo con persone particolarmente importanti all'interno della Resistenza.
«Sono passato da Petya, poco fa» disse Wolf. «Non mi sembra migliorato dall'ultima volta che l'ho visto, purtroppo.»
«Stiamo facendo tutto il possibile» rispose Skyler. «Tu dov'eri, invece? Ho un bel po' di domande da farti.»
James sorrise, tra il beffardo e l'affettuoso, ma quel sorriso di nuovo non raggiunse anche i suoi occhi, che rimasero spenti e privi del vivace luccichio di una volta. «Curioso e alla ricerca di risposte come sempre, Langford» commentò. «Temo che dovrai aspettare un altro po', però. Sono qui per chiedere a tutti e due il permesso di aiutare Petya, ovviamente nei limiti concessi dalle mie capacità.»
Sophie annuì. «Certo che puoi. Vero, Skyler?»
«Naturalmente» confermò l'Imperatore, ma lo fece con voce lievemente distratta. Per quanto tentasse di capire cosa passava per la testa a James, gli sforzi come al solito parevano inutili e a dir poco patetici. Quell'uomo restava un libro sigillato e per giunta scritto in una lingua incomprensibile e lontana.
Solo il Cielo sapeva come avesse fatto Bianca a stare al suo passo.
A tal proposito, Skyler decise di fargli una domanda che considerava importante: «Hai trovato del tempo per conoscere almeno Adam?».
Quando lo vide limitarsi a salutare Sophie e congedarsi da entrambi, però, scelse di non mollare la presa e di seguirlo fuori dalla stanza.
«James, aspetta!» lo richiamò. «Per favore, dammi almeno una risposta. Ne va bene anche una stringata.»
Gli premeva sapere che il suo migliore amico avesse finalmente conosciuto il figlio che non vedeva da quando il piccolo era poco più che un neonato. Bianca gli aveva raccontato di come James fino alla scomparsa fosse stato un padre esemplare e affettuoso, uno al quale gli occhi avevano brillato ogni volta che aveva guardato o preso in braccio il figlioletto.
Gli si avvicinò. «Non ci vediamo da anni e non fai che evitarmi. Almeno ammettilo.»
James però non rispose, né alla domanda né all'affermazione. Davvero chi taceva acconsentiva? Oppure era il solito modo spiccio per far capire a qualcuno di non dover ficcare il naso in certe questioni?
Eppure c'era stato un tempo in cui James gli avrebbe confidato ogni cosa senza problemi. C'era stato un tempo in cui avevano parlato, riso e scherzato, o ancora sofferto fianco a fianco.
Cos'era successo al suo migliore amico veramente?
Non si perse d'animo e si fermò a poca distanza da lui. «Parlami, ti prego. Non ci credo che non hai bisogno di fare una chiacchierata con qualcuno, dopo tre anni di totale solitudine.»
James, dopo un altro po' di silenzio, si convinse a rispondere: «Senza scendere in troppi dettagli, mi limito a dire che Adam ha già un buon padre che si preoccupa per lui e per il suo avvenire. La mia presenza sarebbe superflua, Skyler, perciò non c'è ragione per cui dovrei confondere le idee a quel bambino. Ha bisogno di serenità e di stabilità, cose che purtroppo non posso dargli.»
«Ma è tuo figlio! Sei suo padre! Santo Dio!» Skyler non capiva, non riusciva a capire. Cosa lo frenava dal correre a conoscere Adam?
«Ti sbagli, Skyler. Felix è suo padre. Il sangue il più delle volte è una cosa superflua. Io e te lo sappiamo fin troppo bene, giusto?»
«E questo cosa dovrebbe significare?»
«Significa che Adam, che io lo voglia o meno, non è di mia competenza. Ci sono ostacoli che persino io non posso superare. A volte la vita prende pieghe inaspettate, Skyler, e non possiamo farci niente per evitarlo. Bisogna accettare le cose per quello che sono.»
Invece di parlare chiaramente, James suonava sempre più criptico.
Skyler si chiese se non fosse davvero impazzito a furia di tollerare quel lungo e forzato esilio. Eppure quello sguardo apparteneva a un uomo sano di mente, fin troppo tale.
«Non mi arrenderò finché non mi dirai la verità» insisté.
Lo vide sospirare con fare stanco, veramente stanco. «Sono stato da loro. C'era Bianca, naturalmente, ma con lei ho visto Felix e al dito mia moglie non aveva più la fede. Erano palesemente a disagio, sapevano che avevo capito, ma non hanno detto niente, se non che non avrebbero mai voluto fare una cosa del genere alle mie spalle. Mi sono limitato a dire che in fin dei conti erano passati tre anni e come tutti avevano deciso di rifarsi una vita. Poi è arrivato Adam e Bianca, quando lui ha chiesto chi fossi, ha detto solo che ero un amico suo e di Felix. Ha tre anni e non ha badato più di tanto a me. Felix ha deciso di portarlo con sé in salotto per far parlare Bianca con me in privato. Lei mi ha detto solo questo: che sarebbe stato meglio non confondere le idee ad Adam; che le dispiaceva di avermi tradito e di aver scelto fra tanti quello che una volta era uno dei miei più cari amici, ma che forse avrei dovuto evitare in futuro di presentarmi a casa loro.»
Strinse le spalle e forzò un sorriso. «È questo che volevi sentire, Skyler? Onestamente, avrei preferito continuare a farti vivere nell'ignoranza.»
Langford lo guardò con aria attonita e addolorata. Non riusciva a credere a quello che aveva appena udito, specie nel ricordare la splendida coppia che un tempo James e Bianca avevano formato. A quanto pareva, però, di nuovo aveva ricevuto l'ennesima prova che niente, neppure l'amore, durava per sempre.
Gli fu finalmente chiara la malinconia negli occhi del suo amico, quella perenne tristezza, quello sguardo che certe volte sembrava vuoto e perso in pensieri lontani e infelici. Gli fu chiara ogni cosa, tutto sembrava talmente elementare e ovvio da farlo sentire un perfetto idiota.
Però... non riusciva a capire come avesse potuto Bianca sbattere la porta in faccia a James a quel modo, senza nemmeno voler permettergli di conoscere Adam. In fin dei conti era figlio di entrambi, non solo di lei, e James a detta della stessa Bianca si era rivelato un padre tutto, fuorché menefreghista o degenere.
Perché, dunque, spezzargli il cuore così? Perché allontanarlo e tagliarlo fuori dalla vita di Adam? Davvero Felix non aveva avuto voce in capitolo? Davvero aveva permesso a Bianca di trattare a quella maniera il suo migliore amico?
Vedendo quest'ultimo sul punto di proseguire, Skyler si riscosse e gli andò dietro.
«James, aspetta!»
«Ho da fare, Skyler» replicò l'altro, ma non fu la risposta asettica in sé per sé a scoraggiare l'Imperatore, ma il tono stremato e flebile col quale era stata pronunciata.
Probabilmente voleva stare da solo e non si poteva biasimarlo per questo.
Il punto era, però, che quelli erano tempi pericolosi, tempi nei quali coloro che restavano da soli correvano il rischio di incappare in problemi davvero seri.
Skyler lo aveva già perso una volta, non voleva perderlo ancora, ma non poteva neppure stargli col fiato sul collo.
Di nuovo non sapeva cosa fare o come comportarsi. Aveva già visto un altro suo amico cedere alla disperazione, lo aveva visto nei flutti scarlatti della vasca da bagno in cui Alex si era quasi tolto la vita dopo l'abbandono di Fiona e suo figlio, nonché la crudele lettera con la quale Andrew gli aveva spezzato il cuore.
Tutto sembrava star ripetendosi, in un certo senso, ed era questo a spaventarlo.
Era come se tutti loro fossero destinati all'infelicità, a partire da Alex e James.
Fu allora, mentre guardava Wolf svoltare l'angolo del corridoio, che Skyler avvertì di nuovo un presentimento senza nome e del tutto istintivo risollevarsi dal pantano dei suoi pensieri.
Un presentimento dal sapore amaro e intollerabile.
Deglutendo estrasse dalla tasca dei pantaloni il cristallo che Alex aveva dato a Brian e ancora una volta ne studiò la superficie opaca, a tratti annerita e rovinata.
Suo malgrado, si ritrovò a pensare che quella storia, per uno di loro, sarebbe finita molto, molto male, e forse non sarebbero riusciti ad evitare che accadesse.
La sorte pareva aver voltato le spalle a tutti quanti, ma uno fra tutti forse avrebbe sofferto più di chiunque altro per le angherie del Fato.
Sophie ha ragione: Metatron è il solo che possa rispondere alle mie domande, magari anche alle mie preghiere.
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