Capitolo LVI. Tenebre
Musica consigliata: "Hells Bells" di AC/DC.
https://youtu.be/5OL3q-x3QXE
Andrew sentì la presa di Grober su di sé venir meno e voltandosi lo vide barcollare e infine cadere a terra come un burattino al quale erano stati recisi i fili.
Il corpo di quello che Andrew aveva un tempo creduto esser stato unicamente di suo zio, il temuto André Esper, per un solo istante irradiò una spettrale luce ambrata che si tramutò in una scia; impotente di fronte agli eventi Andrew la guardò serpeggiare in aria e insidiarsi nel torace di Alex, nella sua bocca socchiusa dalla quale scorrevano ancora rivoli di sangue; nel profondo taglio che aveva posto fine alla vita dell'uomo che amava. Entrava ovunque, come un'infezione, come gas nocivo nei polmoni.
Thorne si avvicinò cauto, le lacrime che scorrevano rapide sulle sue guance, ed ebbe modo di catturare il breve scintillio nel quale la luce ambrata svanì, proprio dentro le iridi di Alex.
E poi arrivò un boato spaventoso e il cielo gorgogliò adirato; la terra prese a tremare, prima a intervalli, poi in modo più regolare e violento; con un tuffo al cuore e il terrore che emergeva dai più remoti anfratti della sua mente Andrew balzò a sinistra prima che una delle spaccature che si erano create nel terreno brullo potesse farlo precipitare chissà dove in quella fitta, orrenda oscurità.
La crepa zigzagava, implacabile e avida di distruzione, e alla fine aggredì l'altare sul quale Alex, come l'antica e marmorea statua di un dormiente, giaceva esanime. Andrew scattò in avanti, come presagendo cosa sarebbe di lì a poco accaduto, ma non fu abbastanza rapido: la terra si disintegrò e così pure fece l'altare. Disperato Thorne vide il cadavere della persona amata venire inghiottito dalla voragine che si era spalancata in quel punto del tempio, giù nel nero oblio.
Le scosse si erano placate, ma il cielo non aveva cessato di brontolare e ora l'eclissi non c'era più, questo era vero, tuttavia anche l'astro Veras era scomparso in quell'infinita distesa di nero e oscurità.
Proprio quando credeva che il peggio fosse passato, Andrew venne smentito non appena un'altra scossa di terremoto si palesò dal nulla, violenta come uno strattone o un colpo di frusta divino, come se qualcosa si stesse agitando nelle viscere del suolo. E poi venne l'onda d'urto: sorda, di una potenza spaventosa come una zaffata di torrido vento infernale. Il vampiro perse l'equilibrio e rovinò a terra, proprio accanto al corpo senza vita di Argor. Ricordando cosa gli aveva detto il Græber mentre si apprestavano a raggiungere Alex per liberarlo, Andrew si sporse e con dita tremanti controllò la casacca del defunto e in una tasca trovò l'anello del compagno. Se lo infilò in fretta al mignolo, l'unico dito capace di entrarvi, e poi... attese. Si guardò attorno e strizzò gli occhi per tentare di penetrare l'oscurità sempre più opprimente che stava avvolgendo ogni cosa; da lontano vide un centinaio di carcasse e capì che si trattava dei Ghoul inviati poco prima da Grober. Ancora più in là Persefone e Syrma erano a terra, forse l'onda d'urto le aveva prese in pieno e avevano perso i sensi. Infine udì dei passi e sollevò lo sguardo, incrociando quello desolato e sfinito del Principe della Notte. In qualche maniera era ancora vivo, anche dopo aver affrontato cento Ghoul, ma i suoi abiti erano malconci e dagli squarci si intravedevano segni di morsi ancora sanguinanti e le sue avversarie dovevano averlo ferito con le loro spade diverse volte, a giudicare dalle tracce inconfondibili del passaggio di lame attraverso la stoffa.
Non aveva mai visto Dario in quello stato e sembrava davvero esausto. «M-Mi dispiace» disse infine Andrew, mortificato e pieno di vergogna per non esser stato capace di fare assolutamente niente per Alex. Provava rimorso persino per la fine che aveva fatto Argor, perciò era messo davvero male. «N-Non sono... sono riuscito a... ho... ho combinato un casino come sempre. Non sono stato abbastanza forte. A-Argor aveva ragione, sono un egoista. Pensavo solo a salvare Alex e vi ho messo tutti in pericolo.»
Dario non disse niente e si avvicinò al punto dove giaceva Argor, poi si inginocchiò e posò la mano sinistra e aperta proprio sul cuore del Græber, lo stesso identico punto dove era stato affondato il pugnale che l'aveva ucciso. «A lui posso rimediare» disse rauco. Era di spalle e solo quello non permise a Andrew di vedere gli occhi dell'altro rilucere di rosso e le sclere, solo per un paio di secondi, diventare nere come l'ebano. Non vide neppure il rivolo di sangue scuro che Dario si accorse di star perdendo dal naso e in fretta ripulì. Sapendo di aver dato fondo a tutte le riserve che aveva non provò neanche a rimettersi in piedi e osservò Argor tornare a respirare, la ferita ormai rimarginata e il respiro vitale di nuovo presente nei suoi polmoni.
«Non era il suo momento, dopotutto. Grober fa anche questo: impedisce alla sorte di migliaia, milioni di persone di compiersi come dovrebbe. Interferisce con i piani dell'universo stesso e questo non va bene. Ci sono meccanismi che nessuno dovrebbe sfidare.»
Avvertendo lo sguardo di Thorne addosso, Dario si voltò per guardarlo. «Con Alex non avrebbe funzionato, purtroppo. Ho visto che c'era un calice sull'altare e se dentro c'era quel che penso, allora neppure i miei poteri avrebbero potuto arrestare il processo di contaminazione.»
«Contaminazione?» ripeté Andrew.
«Prima di venire qui sono stato alla Fonte. L'ho vista coi miei occhi, ho cercato di studiarne i particolari il più possibile e l'unico modo in cui potrei descriverti quel che ho compreso è questo: è come se fosse malata, contaminata, e quando Grober vi venne ucciso dentro e poi il suo corpo venne abbandonato in quel marciume, la contaminazione prese possesso di lui come un parassita. Lo divora da dentro. Parole di Metatron, queste, non mie. È come un cancro, anzi ancora peggio, e la verità è questa, Andrew: Grober sta morendo e lo sa.»
«Che significa?»
«Le Tenebre non lo hanno lasciato andare neppure dopo che venne ucciso da Lucifero, Gylar e Rasya. Rimasero aggrappate a lui, lo hanno seguito ogni singola volta che ha cambiato corpo e identità, e lo stanno uccidendo. Lo fanno un po' alla volta e ora lui sente che il suo tempo sta per scadere.»
«Ma allora perché prendere il corpo di Alex? Perché tutto questo? Che diavolo vuole?»
«Quello che vorrebbe chiunque si ritrovi sul letto di morte e senza ormai più niente da perdere: vendetta, e non può ottenerla senza il corpo del suo ultimo discendente, quello segnato dalla sorte nel corpo e nello spirito. Il discendente della sua parte benigna che in qualche maniera sopravvisse all'assassinio e alla distruzione del corpo e si ricompose nelle vesti di un neonato innocente e tornato alla purezza iniziale. Il primo Portatore di Valknut, Andrew. Il sigillo poi è stato tramandato di generazione in generazione solo a coloro che erano degni di portarlo e il fardello è così passato infine da Harry Fawkes ad Alex.»
«Fawkes?» Andrew era senza parole. «Quel Fawkes? Il serial killer?»
«Proprio lui. Era lo zio materno di Daniel Woomingan e morì alla stessa età di Alex. Grober tentò di impossessarsi anche di lui, ma fallì, anche se ancora non so come ciò avvenne. So solo che Harry si ritrovò in prigione senza sapere cosa aveva fatto e venne processato, dichiarato pazzo e giustiziato sulla sedia elettrica. Non ebbe figli e non si sposò mai.»
«E tu come fai a sapere tutto questo?»
«Fui tra gli ultimi a parlargli prima del processo e dell'esecuzione. Già allora mi accorsi che qualcosa non tornava. Harry insisteva, diceva di esser stato posseduto dal diavolo o roba simile e cercai di prender per buona la sua testimonianza, ma poi... beh, mi venne detto di farmi gli affari miei, che non dovevo metter becco in certe questioni e che Obyria non poteva intervenire nelle faccende umane. Il caso Fawkes ebbe una risonanza mediatica pazzesca, specialmente per l'epoca.»
«Cristo santo» esalò Thorne, non riuscendo a credere a quante cose non sapesse ancora sui retroscena di Grober. «Per caso ti capitò di conoscere anche Charles Collins o Gabriel Emerson?» domandò, ricordando di colpo le persone delle quali era stata Sophie a raccontargli.
Dario rifletté, ma alla fine scosse il capo. «Di quale epoca stiamo parlando?»
«Inizio Novecento, più o meno.»
«Lo trovo in ogni caso improbabile. Uhm... all'epoca avevo ben altri pensieri in testa.»
«Oh...» Thorne deglutì. «Senti, sarò onesto... Iago mi ha detto tutto e... non penso tu abbia niente di cui vergognarti. Non ti giudico per cos'è accaduto in un periodo della tua vita difficile e buio e vorrei solo che fossi stato tu a dirmi la verità. L'avrei accettata senza problemi e non nego di aver iniziato a pensare, a un certo punto, di non esserti granché simpatico. Avevi sicuramente le tue ragioni, ma perché dirlo a Iago e non a me? Mi avrebbe proprio fatto comodo avere una persona accanto, tempo fa. Uscito di prigione mi sentivo perso, il mondo era cambiato da come per anni l'avevo ricordato; Alex non voleva più saperne niente di me e vedevo negli occhi di tutti solamente accuse silenziose e sfiducia. Perché tenermi a distanza? Da quando ho lasciato la galera mi hai rivolto la parola sì e no tre volte ed è davvero poco, Dario. E ancora prima... all'ospedale, quella volta in cui venni a trovare mio padre e ti trovai lì al suo capezzale. Adesso ricordo bene quel giorno e ricordo che tu te la desti quasi a gambe non appena mi vedesti. Se è vero che sei il mio padrino, la persona che avrebbe dovuto prendersi cura di me se fosse accaduto qualcosa ai miei genitori o se anche avessi semplicemente avuto bisogno di una figura all'infuori della famiglia pronta a dirmi che la vita non faceva così schifo e che tutto poteva sempre migliorare, allora perché tacere? Perché questo lungo silenzio? Mai una parola, mai una visita, mai una lettera o qualsiasi altra cosa che potesse farmi capire che là fuori c'era anche qualcun altro al quale importava di me. Credevi che non avrei ricordato? Che non avrei ripensato alla prima domanda che mi facesti quando arrivasti all'ospedale abbandonato? Devi ammettere che il tuo fu un atteggiamento davvero strano, considerando che avevi a che fare con un vampiro che aveva ucciso persone innocenti ed era un autentico criminale.»
Non avrebbe voluto terminare quel lungo, sfinito monologo accompagnato da un pianto di puro sfogo accusando Dario di averlo ignorato e tenuto a distanza, di avergli negato la possibilità di vederlo come una figura paterna, lui che mai ne aveva avuta una decente in tutta la propria esistenza. Non avrebbe voluto accusarlo né sfogare su di lui tutta la rabbia e il dolore che provava dopo aver visto l'uomo che amava tagliarsi la gola, ma era come se una diga fosse andata in frantumi dentro di lui.
Lo fece sentire ancora peggio e al tempo stesso ancora più furioso scorgere negli occhi del Principe della Notte, ora incapaci di incrociare i suoi e tenuti bassi, il luccichio di lacrime imminenti e tanto, tanto rimorso.
Era assurdo che la stessa persona che era stata capace di uccidere tutti quei soldati con tanta facilità, quella che poi aveva affrontato cento Ghoul, una dèa e una regina guerriera da solo, fosse quella che era altresì incapace di guardare un giovane e quasi innocuo vampiro negli occhi. In fin dei conti Andrew sapeva che se solo lo avesse voluto Dario avrebbe potuto togliergli la vita all'istante, ma eccolo là, immerso nel silenzio, nel non saper come rispondere o da dove iniziare.
Andrew strinse le labbra. «Guarda che non ti odio, va bene? Non ti odio, sono solo incazzato e sto soffrendo come un cane! Ho perso la persona che amavo e come minimo vorrei solo che qualcuno mi dicesse che andrà tutto bene e che non è grave come sembra! Vorrei almeno che mi parlassi, giusto per non iniziare a credere di parlare invece da solo come un pazzo!»
Dario parve chiamare a raccolta tutto il coraggio e tutta la pazienza di cui disponeva. «Pensavo che in tal modo sarei riuscito a proteggerti» disse. «Credevo che rimanendo lontano da te, dalla tua famiglia, non avrei attirato su di voi altri guai. Io tendo a essere una calamita per i disastri, Andrew. Se non sono io ad andarmeli a cercare, sono i problemi a trovare me. Vedi... la sera in cui venisti presentato alla comunità di streghe e maghi di New Orleans, dove nascesti, io venni scelto come tuo padrino e avrei dovuto far parte della tua vita, essere una specie di guardiano per te, un amico, una sorta di zio alla lontana, diciamo, ma poi André, anzi Grober, fece una cosa che solo molto tempo dopo compresi realmente: ti maledisse. Fu la prima volta che lo presi a pugni, visto che se ne compiaceva. Ormai però era troppo tardi, il danno era fatto e tu eri in pericolo, e lo saresti stato ancora di più se avessi fatto parte del mondo a cui appartenevi. Io allora consigliai ai tuoi genitori e a tua nonna di nasconderti la verità, di tenerti al sicuro e questo implicava anche che io non ti avrei mai visto crescere. Credimi, non fu facile per niente, fu doloroso per tutti, anche per me, ma contava solo che tu sopravvivessi. Decidemmo tutto questo proprio mentre ero io a tenerti in braccio. Eri così innocente e minuscolo, indifeso. Ti guardai e pensai che un giorno ci saremmo rivisti e magari allora avrei potuto dirti la verità, ma quando questo accadde, quel giorno in ospedale, ebbi paura. Non ti avevo visto per anni e anni, eri di colpo diventato un adolescente e non avrei saputo da dove cominciare o come.»
«Beh, quando sei venuto a salvarmi hai iniziato salutando. Non potevi fare così anche all'epoca?» incalzò Andrew. «E pensare che quella volta mi convinsi che non potevi essere un amico dei miei genitori, visto che sembravi troppo giovane!»
«Prima o poi avrei anche dovuto dirti chi e cosa ero. Davvero saresti riuscito a digerire una questione come quella dei vampiri e tutto il resto?»
Thorne sbuffò una risata cupa e amara. «Alla fine della fiera non mi è toccato digerire solo quella roba, ma anche il sangue di Arwin.»
«Se vuoi chiedere qualcosa su tuo padre...»
«Voglio sapere se morì sul serio per via del tumore al fegato.»
«Non proprio. Io penso che subì la stessa sorte di Alex. È vero, tuo padre aveva ricominciato a bere, ma cercava di limitarsi quando cacciava.»
«Cacciava» ripeté Andrew. «Quindi è questo che faceva?»
«Non ha mai smesso di farlo. Io gli dissi di togliersi dal giro dei Cacciatori e di entrare in clandestinità, di lavorare come avvocato, come all'inizio si era prefissato di fare, ma ormai considerava la storia di Grober una questione personale. Non solo ti aveva maledetto, ma aveva anche fatto uccidere tuo nonno, Wade. Fu questa la causa della separazione dei tuoi genitori: Markus voleva proseguire con la caccia, Scarlett invece aveva paura e secondo lei tuo padre metteva anche te in pericolo.»
«Quindi papà preferì la caccia a me? È questo che stai cercando di dirmi? Perché sarebbe davvero il colmo, anche se non mi stupirebbe per niente. In fin dei conti credevo adorasse fare l'avvocato, ma alla fine la storia è sempre la stessa. Fra la sua famiglia e il lavoro ha scelto l'ultimo, la vendetta, e guarda a cosa lo ha poi portato.»
Quando Grober aveva tirato in ballo Markus molte ferite del passato erano state inevitabilmente riaperte. Aveva fatto male udire quel bastardo definire quell'uomo piagnucoloso e debole, una femminuccia. Andrew ricordava bene le ultime ore di vita di suo padre e quell'uomo aveva sofferto fino alla fine e senza mai lamentarsi.
Andrew voleva bene a suo padre ma lo odiava anche, era questo l'enorme fardello che si portava dietro. Lo aveva perdonato per averlo rifiutato per ciò che era, per non aver mai preso sul serio la sua omosessualità, come se questo lo avesse reso meno ragazzo, meno uomo. Poi avevano risolto tutto e suo padre si era scusato sul letto di morte, ma la ferita era ancora lì e mai si sarebbe rimarginata completamente.
Non ci ripensava più dalla notte in cui era andato a trovare Alex in ospedale con l'intenzione di ucciderlo e si era ritrovato davanti una situazione drammatica e ora... ora rievocare anche quei ricordi in particolare faceva dannatamente male. Era stato crudele con Alex, lo aveva spinto quasi alla pazzia pur di ferirlo, di fargli del male in ogni maniera possibile, senza sapere che Logan Durby avesse già da tempo dato il meglio di sé per ridurre a brandelli la psiche di quell'uomo.
Non avevo il diritto di fare tutto quello che ho fatto. Se lo avessi lasciato in pace, se mi fossi arreso e non avessi combinato tutto quel disastro forse Alex sarebbe ancora vivo, un essere umano del tutto all'oscuro di certe cose.
Forse il solo modo in cui avrebbe potuto proteggere Alex era lo stesso che aveva sin da subito reso impraticabile.
Io volevo solo che capisse quanto avevo sofferto fra le mani di Arwin e quanto fossi arrabbiato.
Ecco dove aveva condotto la sua rabbia, però.
«L-Lui s-se n'è andato per sempre, stavolta, vero?» chiese con un filo di voce. «N-Non c'è modo che lui possa tornare, non è così?»
L'aveva davvero perso per sempre?
Dario finalmente lo guardò negli occhi. «Questi sono tempi bizzarri, Andrew, e tutto è possibile e nulla da escludere» ribatté sibillino. «Alex aveva un obiettivo ben preciso quando ha scelto di far vincere a Grober questo primo round. Non è morto perché era debole, spaventato o perché ormai non vedeva altra soluzione.»
«Ha detto che il Sigillo Valknut sarebbe passato a me e che... che avrebbe fatto in modo che riavessi indietro la mia vita.»
«La sua anima per la tua.» Dario esitò. «E riguardo alla questione della sua anima, c'è una cosa che... « Si chetò e volse lo sguardo oltre le spalle del vampiro più giovane, proprio dove l'altare, crollando, aveva lasciato un cratere dietro di sé. Ignorando il grido di protesta del proprio corpo si rimise in piedi e fece fare lo stesso a Thorne. «Andrew, adesso te ne devi andare.»
«Cosa? No! Prima finisci il discorso! Cos'è che dovrei sapere sull'anima di Alex?»
Una nebbia nera e strana proveniva dal cratere e gli occhi del Principe della Notte riuscivano a vedere in essa strascichi della malvagità di Grober. «Sta tornando! Andrew, raggiungi il portale e vattene! Corri!»
Ciliegina sulla torta, il portale in questione si era già rimpicciolito. Non era stato creato, dopotutto, per durare a lungo e ormai c'era spazio per far passare solo uno di loro.
Dario condusse con le buone e con le cattive il giovane vampiro al portale. «Forza, vai.»
«Ma se Grober sta tornando in superficie allora...»
«Questo è un ordine, Andrew!» tagliò corto il Principe della Notte. «Non può toccarmi, figurarsi uccidermi, ma tu non sei al sicuro. Per favore, adesso vai!»
Thorne finalmente gli diede retta e superò il portale. Quando si voltò, però, vide che era sparito.
Dario intanto era corso da Argor e decise di usare quel che gli rimaneva delle forze per teletrasportare l'uomo a sua volta a Obyria. Il resto sarebbe stato deciso dalla sorte, ma meglio così che finire in mano a Satana, poco ma sicuro.
Udì dei passi lenti avvicinarsi sempre di più, ma mantenne la calma mentre veniva inglobato dall'ombra di colui che ora lo stava fissando in silenzio. Si voltò e cercò di ritrarsi il più possibile. Scappare non era un'opzione, non riusciva più a reggersi sulle gambe in quelle condizioni. Sollevò gli occhi e incrociò quelli ardenti e sinistri del Padre delle Tenebre nelle sue reali fattezze. Erano occhi terrificanti, pozzi di catrame con al centro iridi simili a tizzoni incandescenti.
Lo vide sorridere in un modo ormai ben riconoscibile. Assurdo pensare a quanto un'espressione potesse fare la differenza.
«A quanto pare il tuo figlioccio ti ha scaricato. Sei solo soletto, non è così?»
Dario fece del suo meglio per non dar a vedere che stava tremando come una foglia. «Mi basta sapere che Andrew si trova lontano da te e al sicuro» ribatté spavaldo. «Puoi anche celarti dietro a queste fattezze, ma anche ora riesco a vederti per quello che sei veramente e ti assicuro, Grober, che è una visione vomitevole e disgustosa. Dentro sei tutto marcio e prima o poi il marciume inizierà a essere evidente a tutti!»
Grober strinse appena gli occhi, ma non smise di sorridere in quel modo bieco e poco raccomandabile. Sollevò lo sguardo e osservò Persefone e Syrma avvicinarsi a loro. Si erano riprese e ora non riuscivano a credere ai loro occhi. «Ve lo avevo detto che avrei vinto» le apostrofò il dio delle Tenebre. «Io vinco sempre, dopotutto, e tu...», si rivolse nuovamente a Dario. «Hai sconfinato alla grande, stavolta. Tutto ciò che vedi è mio, adesso, e questo significa che ti ho in pugno. Credimi sulla parola, Dario: farò di te un esempio affinché tutti coloro che oseranno sfidarmi vedano cosa succede a scherzare con il sottoscritto.» Lo indicò con un gesto imperioso. «Portatelo via. Che marcisca nelle segrete.»
Con fare premuroso e le mani che le tremavano per l'emozione Persefone prese dal mobile lì vicino lo specchio circolare dalla cornice d'oro finemente lavorata e lo depose fra le dita pallide e affusolate di Grober. Egli subito osservò il proprio riflesso con attenzione e con crescente, vittoriosa soddisfazione. «Finalmente» sussurrò.
Finalmente, dopo millenni, aveva riacquisito le proprie reali sembianze e non appena aveva occupato il cadavere di quel sempliciotto di Alex la trasformazione era stata completata. Ora le sclere erano nere e lucide, le iridi simili a profondi pozzi ardenti e il Padre delle Tenebre, dentro di sé, si sentiva rinato, come se ogni singolo frammento del suo corpo fosse stato riunito. Sentiva di nuovo il potere scorrergli nelle vene, la scintilla ardergli nel petto.
Era tutto perfetto, eppure...
Posò lo sguardo su Persefone e le restituì lo specchio. «Prendi un pugnale qualsiasi e colpiscimi.»
Persefone lo guardò attonita. «Cosa? Perché?»
«Te lo spiego dopo. Fallo.»
Se tutto era davvero andato per il meglio, niente sarebbe stato capace di sfiorarlo. Sarebbe stato immune a qualsiasi forma di attacco grazie alla protezione di Valknut. Era ciò che aveva messo in conto appropriandosi del corpo di Alexander, ma quel tarlo continuava a scavargli dentro. Non un tarlo, anzi, ma un autentico sospetto. Continuava a pensare che quell'idiota non fosse stato del tutto sincero nei propri propositi e lo insospettiva che avesse fatto pressioni fino all'ultimo sul futuro di Andrew.
«Ti ho detto di colpirmi» ripeté a Persefone, visto che lei sembrava tergiversare. La dèa allora si fece coraggio, prese il pugnale ancora sporco del sangue di Argor e, senza guardare, ne affondò la lama nello stomaco dell'altra divinità.
Grober quasi non batté ciglio e si sfilò dal corpo l'arma. Attese, ancora e ancora, ma non accadde niente. Persefone era riuscita a colpirlo, a ferirlo, e la ferita non si stava rimarginando, il sangue sgorgava come se lui fosse stato una creatura qualsiasi e non un dio.
«N-Non importa. E-Ecco, faccio io.» Persefone pose una mano sulla lacerazione e usò i propri poteri per guarirla, ma ciò non rese Grober meno furibondo. «M-Magari il Sigillo è stato danneggiato o...»
«Non dire assurdità. Non si può danneggiare quel sigillo. Non è così che funziona e se non sta agendo, significa che non è presente dentro questa maledetta carcassa!» sbottò Grober. La sua ira era così intensa e terribile che tutta la stanza, forse l'intera fortezza, presero a tremare come se stesse arrivando un tremendo terremoto. «Quel piccolo bastardo mi ha mentito, ecco cos'è successo!»
Era mai possibile che non ci si potesse più fidare di nessuno, neppure quando si stipulava un accordo?
Gettò via il pugnale e come una furia uscì dalla camera e percorse di gran carriera i corridoi. Persefone lo raggiunse di corsa. «Dove vai? Cosa vuoi fare?»
«Vado a fare quattro chiacchiere con l'ospite più illustre delle segrete» la rimbeccò lui gelido. «Vedremo se canterà quando inizierò a farlo a pezzi un po' alla volta. Non ha mostrato cedimento alcuno?»
«Fino ad ora no. Syrma lo sta torturando anche questo preciso momento, comunque. Non gli abbiamo dato tregua proprio come da te ordinato.»
«Se non ha parlato significa che siete troppo tenere. Ci vuole il pugno di ferro con lui, Persefone.» Grober rallentò e si fermò. «Avete provato con i Sette Anatemi, ovviamente escludendo gli ultimi due?»
«Volevamo lasciare a te quel privilegio» ammise lei. «Sei più bravo di noi a padroneggiarli.»
«Perfetto. Prima, però, proverò a convincerlo con le buone. Non ho intenzione di sprecare le forze che ho appena recuperato per quella caricatura di Mietitore. È vero, all'inizio era come avere davanti a me Rasya, ma c'è qualcosa che ancora non mi quadra e se quel che hai riferito tu corrisponde alla verità, allora quello sbruffone si trova nei pasticci fino al collo.»
Persefone tornò a camminare al suo fianco e sogghignò. «È una vera fortuna che Azrael sia imparziale. Ha detto tutto quello che volevo sentire senza fare storie.»
«Era leale a Rasya e a nessun altro. Dario non è lui, dopotutto, quindi non gode dello stesso privilegio.»
«Gli è andata male, eh?»
«Decisamente.»
In qualche maniera, non sapeva neppure come, quando si era risvegliato nel corpo di Alex Grober non aveva più visto in giro Andrew. Persino il corpo di Argor era svanito, insieme al portale evocato dal traditore. Non che gli importasse di quel piccolo succhiasangue buono a nulla, ma era ovvio che Alex, in qualche maniera, fosse riuscito a trasferire Valknut dentro di lui e se era così, allora gli avrebbero fatto risputare il sigillo a suon di torture, se necessario.
Senza degnare di uno sguardo gli altri prigionieri tirò dritto attraverso le segrete e aprì la porta della sala delle torture. Vide Syrma intenta a fare una prima conoscenza del loro ospite che era stato fatto accomodare sulla ruota di legno. Syrma e Persefone erano state abbastanza accorte da intagliare prima su di essa una gran quantità di sigilli antichi e potenti, quelli in grado di neutralizzare i poteri di creature come quella in questione.
Dario poteva agitarsi quanto voleva, ma non sarebbe riuscito a liberarsi. Era impotente, finalmente in trappola, e avrebbe parlato. Oh, se avrebbe parlato...
Aveva retto fino ad allora, vero, ma erano passate dieci ore. Dieci ore prive di pace e di pause, senza alcuna forma di sostentamento, nulla che potesse restituirgli le forze. Prima o poi avrebbe ceduto per pura disperazione.
«Uscite» ordinò Grober alle due donne e loro obbedirono senza obiettare.
Appena fu rimasto da solo con il prigioniero, si avvicinò e sorrise nella maniera più compiaciuta e insopportabile che conosceva. «Ma guardati! Sei esattamente nelle stesse condizioni in cui ridussi il tuo lontano parente. Sai, non tutti sanno che Rasya si dimostrò un osso duro prima di cedere all'asservimento che operai su di lui. Ci vollero settimane e settimane di supplizi prima di farlo cedere. Mi fu infine sufficiente minacciare i suoi adorati figlioletti per farlo uggiolare come un cane e insegnargli a scodinzolare a comando. Se solo i suoi nemici avessero potuto vederlo in quello stato dubito che oggi sarebbe ancora così temuto. Oh, e per la cronaca: io potrò pure essermi preso un merito che non avevo, ma ti assicuro che una divinità non ci fa una gran bella figura a suicidarsi. Non v'è onore nel non affrontare le conseguenze delle proprie azioni. Rasya non era che un vigliacco e morì come tale.»
Dario lo squadrò e non si disturbò a celare il ribrezzo che gli ardeva nello sguardo. «Sembri fregiarti un bel po' di averlo reso tuo schiavo, ma mi dispiace dirti che ora come ora non ho con me dei biscottini da lanciarti» ribatté sprezzante.
Grober non perse la calma e raccolse dal tavolo lì vicino un coltello dalla lama nera e ben affilata e disse, gesticolando: «Sai... qualche ora fa Persefone mi ha raccontato una cosa davvero interessante su di te. Un aneddoto, per l'esattezza».
«Oh, ma quale onore!» commentò sarcastico l'altro.
Il Padre delle Tenebre rigirò il coltello fra le dita e socchiuse in maniera impercettibile gli occhi. «Sai da chi ha appreso le informazioni cui alludo, Dario?» incalzò suadente.
«Suppongo che sarai tu a illuminarmi. Fammi un favore e datti fuoco, allora. Inizio giusto ad avere un po' di freddo!»
«Azrael. È stata lei» continuò la divinità, lo sguardo intriso di pura cattiveria. «Ti ha tradito e sai qual è la cosa divertente? Non le è importato niente di averlo fatto. Ha cantato come un usignolo e riferito a Persefone informazioni succose.»
Con sua gran soddisfazione vide che finalmente sembrava aver fatto vacillare la spavalderia del suo acerrimo nemico. Strinse fra due dita la lama, ben attento a non procurarsi neppure un taglietto, e la lasciò andare solo quando essa non prese a risplendere e a fumigare, incandescente al punto giusto. Adesso ti faccio vedere io cosa accade agli eroi da strapazzo come te. Si avvicinò ancora. «Secondo Azrael il piccolo Alex non sarebbe tornato dalla morte come accade di solito per un vampiro comune. Sai, no... arriva l'Angelo della Morte, prende con sé l'anima del defunto e la porta via con sé, ma non appena capisce che è stato contaminato dal virus del vampiro decide di fare il solito strappo alla regola e di far tornare in vita il defunto, completando così la metamorfosi. L'Angelo della Morte si tiene l'anima e la sete di sangue si spartisce quel che rimane. Questo, tuttavia, non è accaduto con Alex.»
Giocherellò con il coltello e iniziò a camminare in circolo attorno alla ruota.
«Pare che qualcuno abbia scelto di barare e solo perché il povero, dolce e sciocco Andrew si struggeva per la morte dell'amato. Quando l'ho saputo non sono rimasto colpito, c'era da immaginarselo, d'altronde. Sei così prevedibile, faresti di tutto pur di non vedere le persone a cui tieni soffrire. Arriveresti perfino a dimezzare la tua anima e il tuo tempo ancora a disposizione in questo mondo, dico bene? Alex era morto, Andrew era prostrato dal dolore e dal rimorso e tu non potevi tollerare di vederlo in quello stato, non è forse così?»
Dario rimase impassibile. «Non so di che parli. Azrael ha una certa età e non è che Persefone sia chissà quanto più giovane di lei. Deve aver inteso male, se vuoi il mio parere. Siamo tutti un po' attempati.»
Grober sollevò un angolo della bocca e si fermò, di nuovo di fronte al prigioniero. «Io invece penso che Azrael possegga ancora una memoria di ferro. E non dimenticare che ho tenuto d'occhio con attenzione l'andamento dei miei affari a Hanging Creek. Arwin mi ha riferito ogni singola informazione, anche quella che appariva più scontata e priva di valore. Sai cosa mi raccontò, un giorno, mentre Andrew già aveva dato inizio alla sua tanto agognata e patetica vendetta? Che per qualche ignota ragione tu, il Principe della Notte filantropo e così attento al benessere degli umani, non solo dei sovrannaturali, sembravi esserti stranamente lavato le mani della situazione sempre più drammatica in quella città dell'Oregon. Io rimasi sbalordito, te lo giuro! Non volevo crederci. Tu che ignoravi una così grave escalation di eventi? Tu che rimanevi indifferente al massacro degli umani dei quali eri diventato il paladino supremo? Tutte quelle leggi, tutti quei decreti a tutela degli esseri umani affinché i vampiri cessassero di ucciderli indiscriminatamente e poi ecco che ignoravi di botto i resoconti che i tuoi migliori agenti ti stavano riferendo. Andrew stava uccidendo persone innocenti e tu stavi a guardare. No, anzi... guardavi altrove e fingevi di non aver visto un bel niente. È stato allora che mi sono chiesto se tu fossi un semplice ipocrita o se magari avessi le tue ragioni del tutto personali e impulsive per fingerti sordo e cieco al massacro.»
Grober agitò la lama rovente in faccia al Principe della Notte, gli occhi ambrati carichi di sadico giubilo. «Potrai pure aver gettato fumo negli occhi a tutti quanti, ma non a me. Io sapevo che qualcosa non quadrava, sapevo che nascondevi qualcosa e sapevo che Alex non sarebbe mai potuto tornare dalla morte, non quando Zelda aveva scagliato su di lui il maleficio Merasya. All'epoca non c'era Dante a salvare gente a caso dai Sette Anatemi, com'è accaduto a Godric. Qualcuno doveva pur essersi preso la briga di chiedere all'Angelo della Morte di fare un'eccezione ed è stato a quel punto che ho pensato a te. Sono andato per esclusione, diciamo, come un perfetto investigatore. Ho fatto le cose per bene, fidati.»
Dario strinse appena le labbra e Grober seppe di aver scalfito la sua maschera. Non restava che continuare a scavare, a demolire un pezzo alla volta quella sua insopportabile aria di superiorità.
«Nessuno sarebbe stato altrettanto avventato, privo di criterio e schifosamente abnegante da arrivare a un compromesso così pericoloso. Nessuno a parte te e avevi mille ragioni valide per farlo. Avevi la coscienza sporca e ti sentivi responsabile del dolore del tuo figlioccio. Sapevi che era colpa tua, di non aver mosso un dito finché Askan non ti aveva detto come stavano davvero le cose, e quando sei intervenuto era ormai tardi e... cielo! Se fosse trapelata la verità Andrew ti avrebbe odiato. Oh, se lo avrebbe fatto! Che ironia sarebbe stata venire detestato proprio da lui che avresti solo voluto proteggere da me e da Arwin. Avevi già fallito una volta, non potevi tollerare che Andrew si sarebbe lasciato andare, che avrebbe smesso di lottare e accettato la morte pur di non convivere con il dolore e il rimorso. Era colpa tua e dovevi rimediare. In fin dei conti hai sempre viziato quel bamboccio, sin da quando era nella culla. Non potevi ignorare i suoi piagnistei, dopotutto lo hai sempre visto come un figlio adottivo. Se non sbaglio Markus e Scarlett, in un primo momento, pensarono persino di affidarti il loro prezioso bambino, convinti che lo avresti tenuto al sicuro. Considerando però gli eventi di Hanging Creek, tuttavia, forse è stato meglio che le cose siano andate come sono andate. D'altronde sei il primo ad aver detto e ripetuto per letteralmente secoli che non eri tagliato per fare il padre, no? Dev'essere stato un gran bel colpo ritrovarti poi fra capo e collo la piccola Fedra. Sapendo che razza di vita sregolata conduci direi che è un miracolo che la bambina non abbia ancora tirato le cuoia.»
«Non parlare come se capissi qualcosa di certe questioni, Grober. Rischi solo di sembrare più idiota del consueto» sibilò Dario. Grober aveva scelto di colpirlo nella maniera più subdola e non ce la faceva a ignorare quelle accuse di essere un genitore irresponsabile.
Grober lo guardò con aria sconcertata e offesa. «Non capisco certe questioni? Guarda che sono padre anch'io. Per essere più precisi, Dario, i Ghoul che hai ucciso ore fa erano anche loro figli miei. Lo erano tutte le creature che i Cacciatori da secoli braccano e assassinano senza alcun ritegno. Loro sono la mia famiglia e avete ancora la presunzione di accusarmi di star solo facendo i capricci? Come ti sentiresti se io uccidessi la tua, di famiglia?» Parve ripensare alle proprie parole e agitò una mano in modo volutamente frivolo. «Oh, che sbadato! Dimenticavo che in effetti ho fatto ardere viva sul rogo tua madre, spinto Arwin a trasformarti e poi a lasciarti tornare dai tuoi adorati fratelli perché facessi il lavoro sporco al nostro posto! E non dimentichiamo Leda, la madre di tua figlia. Lorenzo lavorò di fino per assicurarsi che la donna che amavi così tanto non sopravvivesse e che tu ti convincessi che fosse stata solamente colpa tua. Devo però ammettere che il tuo lutto sia durato in fin dei conti ben poco. Dev'esser stato bello per Max sapere che tua moglie era morta e che tu eri di nuovo disponibile. Mi stupisce solo che non sia subito corso a chiederti la mano! Tu, però, hai fatto il difficile, non è così? Sei un civettuolo consumato, adori che ti si faccia la corte. Probabilmente è solo perché una volta nessuno si prendeva il disturbo di corteggiarti prima di forzarti su un letto e fare di te il suo giocattolino. Dei modi con i quali contrarre la tubercolosi scegliesti di gran lunga il peggiore e il meno adatto a un cagnolino da salotto con tanto di pedigree come te. Ma... beh, come si suol dire: i cani di razza non dovrebbero mai avventurarsi per strada. Non va mai a finire bene per loro.»
Sghignazzò vedendo l'espressione di Dario. «Guarda che faccia! Santi numi, quanto rancore! Potresti uccidere a vista chiunque, lo sai?»
«Hai finito?» ringhiò Dario a denti stretti. «Perché sai, questo viaggetto nel viale dei ricordi comincia a rompermi seriamente i coglioni. Finirò per morire dalla noia, così.»
Grober annuì con diligenza. «Hai ragione, perdonami. Torniamo al nocciolo della questione, che ne dici?»
«Dico che ti stai divertendo un mondo, Grober, ma non so quanto ti divertirai quando riuscirò a liberarmi e a restituirti le premurose attenzioni con gli interessi.»
Il dio delle Tenebre inclinò di lato la testa e lo guardò imbronciato. «Che cattivo! Non bacerai mica la tua cara e dolce mammina con quella bocca?» flautò.
«Vaffanculo!»
«Continua così e te la laverò io con il sapone alla quercia» cantilenò divertito Grober. «E non sarà piacevole, te lo garantisco.»
«Ah, sì? E che mi dici dell'acqua santa? Perché non prendi e non vai a farti un bel bagnetto consacrato, così farai felice il sottoscritto e il resto dell'universo?»
«Preferisco fare il bagno nel sangue. Mantiene la pelle giovane e morbida.» Grober schiarì la voce come se si stesse apprestando a proseguire una conversazione importante dopo una breve e piacevole digressione. «Dunque, vediamo... ah, sì! Hai pregato Azrael di fare un'eccezione, poi hai accettato che si servisse di una parte della tua anima per rinvigorire abbastanza quella del defunto Alex di modo che la sua fiamma tornasse ad ardere. Sarebbe andato tutto liscio e Valknut sarebbe rimasto nell'ombra, silente e quieto, se solo quel piccolo bugiardo di Skyler ti avesse confessato prima di aver provato a salvare quell'uomo con del sangue di vampiro, ma... ormai era tardi, vero? Era fatta e i tuoi piani, di nuovo, sono stati mandati all'aria da un marmocchio pasticcione che ti aveva già dato problemi ai tempi di Feridan Town.» Ridacchiò divertito. «E pensare che ci cascasti in pieno, quella volta! Eri tutto preoccupato per Skyler e a provare a salvarlo dalla galera dopo che aveva ucciso tutte quelle persone che non ho dovuto far altro che ordinare ad Arwin di colpire a Hanging Creek. Non godi dell'onnipresenza, dopotutto, e dovevo approfittare della tua disattenzione e quando ho saputo che Andrew era con sua madre e sua sorella laggiù...! Ero al colmo della gioia, credimi.»
Vide il prigioniero serrare i pugni. Eccome se era furioso, inutile che provasse a nasconderlo.
«Pensavi davvero che Max sarebbe stato sufficiente a tenere d'occhio Arwin? Credevi sul serio di mettere me nel sacco, Dario? Non ci sei riuscito neppure quando avevi la verità davanti agli occhi e la gente continuava a sparire nel nulla. Markus voleva che tu lo arrestassi, ma tu sei sempre stato un sentimentale, volevi essere certo della colpevolezza di André. Gli volevi bene e non riuscivi ad accettare fino in fondo che potesse esserci lui dietro a quegli assassinii, alle sparizioni, all'aumento vertiginoso di Stregoni del Buio. Tu e Petya vi somigliate, sai? Lui commise il tuo stesso errore, si lasciò ingannare dalle apparenze. Avreste potuto frenare l'avanzata delle Tenebre in migliaia di occasioni, ma io ero sempre dieci passi avanti a voi.»
Dario restrinse lo sguardo. «Divertente che a sparare queste stronzate sia proprio lo stesso imbecille che si è fatto raggirare da un vampiro qualsiasi e non ha ottenuto la sola cosa che davvero gli premeva possedere. Valknut non c'è, vero? Non c'è, altrimenti lo avrei percepito all'istante, visto che è l'antitesi del Sigillo che sono io a portare. Ti comporti come un gatto che ha già il sorcio in bocca, Grober, ma la spiacevole verità è che non sei invulnerabile e chiunque potrebbe prendersi la soddisfazione di spararti nel cranio.»
Un lampo d'ira attraversò gli occhi del Padre delle Tenebre. «Se sai questo, allora magari saprai anche dov'è ora Valknut. Ce l'ha Andrew, non è così?»
«Non ne so niente e se anche lo sapessi, fidati che non te lo direi.»
«Non mettere a prova la mia pazienza. Non sei nelle condizioni di difenderti e io ho qui con me una lama azraelita arroventata. Suppongo tu conosca la matematica e sappia quanto faccia uno più uno.»
«Se vuoi posso anche recitarti l'intera Odissea in greco antico. Conosco anche quella.»
«Smettila di fare il cretino e parla.»
«Altrimenti che fai? Mi annoierai a morte con un altro lungo e tedioso monologo? In tal caso ti imploro di avere pietà.»
«Oh, no. Temo proprio che farò di peggio.»
Dario occhieggiò la lama rovente. «Mettila via prima di cacciarti un occhio. Gli inetti presuntuosi come te non dovrebbero manovrare i coltelli.»
«Qui sarai tu a farti molto male. Da tutto quel che Azrael ha detto riguardo alla risurrezione di Alex ho potuto evincere una cosetta o due: tu non sei invulnerabile fino in fondo come Rasya. C'è qualcosa che non va, non è così? Lo senti dentro di te, nel profondo. Sapevi che agendo come hai fatto non l'avresti scampata, non stavolta. Quel potere è troppo grande e terribile per poter esser sostenuto da un'anima dimezzata e indebolita come la tua. Il suo fuoco non arde a sufficienza e più fai uso dei poteri, più la tua anima si consuma. Il Sigillo della Morte finirà per ucciderti nel tentativo di proteggere se stesso e divorerà la tua anima nel tentativo di aggrapparsi a qualcosa che possa sfamarlo. Non ti proteggerà né ora né in futuro perché non ti ritiene abbastanza forte da valere la pena di tanto sforzo. Crudele come colui che lo creò a sua immagine e somiglianza, e altrettanto indifferente alla sorte di coloro che ritiene indegni della sua presenza.»
Dario contrasse la mascella. «Lo stesso non puoi pensare di poter annientarmi con quella» ribatté accennando alla lama azraelita. «Al massimo mi farà il solletico, specialmente se a manovrarla è un imbecille borioso e viziato come te. Ma guardati, Grober! Qui a battere i piedi in terra e a fare i capricci per una cosa accaduta ormai millenni fa! Se ce l'avevi tanto con Tredar, allora perché diavolo non lo hai ammazzato e basta? Non dirmi che non eri abbastanza forte!»
Grober restrinse pericolosamente lo sguardo. «Le ferite che una lama del genere è capace di causare a uno come te, se sommiamo il metallo in questione al fuoco, sono oltremodo dolorose e insopportabili. La userò per il gusto di vederti soffrire, Dario, e continuerò finché non ti deciderai a parlare. Stavolta ti conviene smetterla di pensare sempre agli altri. Sei stato egoista molte volte in passato e ti consiglio caldamente di tornare a esserlo in questo preciso momento. Ne vale della tua incolumità, nel caso non ti fosse ancora chiaro.» Il Padre delle Tenebre fece scorrere la punta incandescente del pugnale sul torace della sua nemesi che sussultò, ma non gridò, anche se la pelle, al passaggio dell'arma, fumigava e crepitava. «Andrew ha con sé il Sigillo, adesso?»
«Non lo so» ringhiò Dario in risposta. «Va' all'inferno, bastardo!»
Grober ghignò malefico. «Ci sono già stato e ho conquistato tutto quanto. Laggiù sono un re e persino Lucifero non è stato così spavaldo e masochista da affrontarmi per tenersi stretto il trono» flautò. «Riproviamo con una domanda diversa, allora...» Si avvicinò di più e sussurrò: «Quanto è alta la soglia di dolore del tuo amato Max? Chiedo solo per sapere quanto resisterà alle mie attenzioni non appena lo avrò catturato. Dici che reggerà anche quando ordinerò a Persefone di scuoiarlo vivo? E la tua bambina, invece? Pensi rimarrà traumatizzata a vita quando la farò assistere alla tortura del suo beato paparino?»
Si ritrasse, ma non abbastanza in tempo da evitare che Dario gli sputasse dritto in faccia. «Non credere che sia così facile entrare a Obyria» sibilò il Principe della Notte. «Laggiù si sono già preparati ad accoglierti come meriti, Grober, te lo assicuro!»
«Davvero? E in che modo?»
«Chiedilo al muro. Sono sicuro che ne sa più di me.»
Il dio delle Tenebre roteò gli occhi mentre si ripuliva il viso. «L'hai voluto tu.» Non esitò un attimo ad affondare il coltello fra le costole del prigioniero. Dario urlò, ma non parlò, non confessò niente, neppure quando Grober fece scorrere la punta della lama in basso e aprì uno squarcio fin quasi all'altezza dello stomaco. Sapeva che neppure quello avrebbe ucciso Dario, ma lo avrebbe fatto soffrire e quello non era che l'inizio.
Con il viso bagnato di lacrime Skyler afferrò un lembo delle lenzuola e coprì completamente il corpo ormai esanime di James.
Poche persone potevano vantare l'orrendo privilegio di aver perso ben due amici nel medesimo giorno e nello stesso, preciso istante.
Erano trascorse delle ore ed erano state le più lunghe della sua vita. James era stato fino alle undici di sera più o meno stabile, anche se bradicardico, ma poi ecco che il suo cuore sembrava aver intrapreso un'autentica corsa sulle montagne russe della morte. Il suo battito era impazzito, ora veloce, fin troppo veloce, ora invece lento, finché non si era fermato del tutto a mezzanotte in punto.
Skyler e gli altri, ovvero tutti coloro che fino ad allora avevano recato dentro di sé i Sigilli, non avevano avvertito altro che un piccolo capogiro, per il resto era andato tutto secondo i piani: una vita in cambio di quella di tanti.
Nel momento in cui aveva dovuto riconoscere il suo migliore amico ormai deceduto oltre ogni ragionevole dubbio, aveva capito che anche Alex dovesse ormai essere già...
Lo aveva capito e basta, e non per via del piano escogitato da quei due pazzi che si erano sacrificati per loro. Era stata più una cosa istintiva, se l'era sentito nel cuore e nelle ossa.
Il sette giugno duemilatrenta Grober aveva vinto ed era risorto, sputando in faccia alle antiche leggende teogoniche di Sverthian, sul ricordo della vittoria di Tredar su di lui.
Il Diavolo, quello vero, quello malvagio di cui l'umanità ancora conservava un certo e fondato timore, era tornato realmente a camminare fra di loro e Skyler aveva tanto l'impressione che non sarebbero stati sufficienti i crocefissi e l'acqua santa a fermarlo.
Sollevò gli occhi gonfi di pianto e guardò Cynder che era rimasto al capezzale di James insieme a lui per tutta la notte. In un primo momento anche Nephele e Samantha erano rimaste lì con loro per confortarli, ma poi le avevano pregate di andare a riposare.
Cynder distolse rapidamente lo sguardo dal corpo celato dal sudario. «Ora... ora cosa succederà?» chiese mentre si asciugava le guance. «I-Insomma... n-non possiamo lasciarlo qui così.»
«Non rimarrà ancora a lungo in questo stato» ribatté Skyler, cupo e sfinito. «Così come starà accadendo o è già accaduto al... al corpo di Alex, qualcuno altro si sta preparando a occupare il cadavere del nostro amico. Pare che assisteremo a una pranzo del venerdì fra divinità che si detestano e faranno di tutto per sconfiggersi a vicenda. Spero che Lucifero abbia già pronte le carte del divorzio.»
Tredar sarebbe tornato appropriandosi del corpo di James, uno dei suoi ultimi discendenti, quello che era stato scelto dalla sorte per l'onore più crudele che vi fosse.
Cynder era tuttavia visibilmente preoccupato. «Spero solo che la nostra fiducia in Tredar non si riveli malriposta.»
«Che intendi dire?»
«Beh... pensaci, Skyler... Tredar ha ucciso suo fratello e ha nascosto la cosa al resto della famiglia. Non sto dicendo che Grober stia agendo nel giusto, credimi, ma non possiamo biasimarlo fino in fondo. Naturalmente non è la soluzione più adeguata prendersela con il genere umano e i discendenti di coloro che lo assassinarono per la seconda volta. So bene che dovremo fermarlo, in un modo o nell'altro, però Tredar rimane un traditore, un fratricida. Davvero vogliamo affidare la sorte di tutto ciò a cui teniamo a un individuo simile? Ha dei precedenti.»
«Abbiamo dalla nostra anche Lucifero e lui è tutt'altro che un santo.»
«Sì, ma lui è diverso. Lucifero... beh, è il frutto di tante incomprensioni e di una cattiva pubblicità, a conti fatti. E comunque non me la sento di chiedergli di affrontare direttamente Grober, sapendo quali sono i loro trascorsi. Non lo trovo giusto.»
Skyler sospirò. «Ascolta, Cynder, non sempre si può agire a seconda di ciò che riteniamo giusto o meno. A volte bisogna agire e basta, indipendentemente dai mezzi utilizzati.»
«I mostri non si sconfiggono usando altri mostri o lottando a discapito della sofferenza che ciò potrebbe causare a molti.»
«Per gli umani anche tu ed io siamo dei mostri, Cynder. Siamo anormali, abomini della scienza e della natura. È tutta una questione di punti di vista, lo vedi?»
Il re delle Ninfe e dei Sileni esitò. «Lo stesso penso che dovremmo tener alta la guardia con Tredar. Non lo conosciamo, Skyler. Non sappiamo che genere di persona sia realmente e potrebbe esser cambiato dai tempi in cui era armato di buone intenzioni e di rimorsi.»
L'Imperatore annuì. «Lo so, Cynder. Di questi tempi non ci si può fidare di nessuno o quasi e so che far entrare Tredar nella squadra è un enorme azzardo. Tranquillo, non lo perderemo di vista.»
Cynder, però, stava fissando il letto. Lo indicò con la mano che tremava. «Credo... credo che sia già qui» biascicò. Si scambiò un'occhiata con il fratello e fu Skyler, alla fine, a farsi coraggio e ad avvicinarsi giusto in tempo per vedere quello che era sicuramente Tredar agitarsi e infine scostare da sé il lenzuolo.
L'Imperatore, guardingo, si fermò di fronte al giaciglio e osservò la divinità rediviva guardarsi attorno con fare smarrito, poi esaminare le proprie mani e tastarsi il torace e il viso. «Ma che...» lo udì mormorare Skyler.
Cynder si umettò le labbra. «S-Sei... sei Tredar, non è vero?»
L'interpellato si voltò per guardarlo. Aveva un'espressione vacua e istupidita. «Cynder, sei... sei morto anche tu?»
Gli altri due si guardarono spiazzati. Che stava succedendo?
«Rispondi alla domanda, avanti» incalzò Skyler.
L'uomo, smarrito e innervosito, scostò le coperte e si alzò, seppur con fare malfermo. «No che non lo sono, idiota di un Langford!» Li squadrò a turno come se fosse tutta colpa loro. «Chi è stato a fare casino? Ormai è fatta, perciò fuori il rospo, avanti!»
Cynder capì e spalancò gli occhi. «James?»
«No, guarda, sono Greta Garbo in lingerie di pizzo!»
Skyler fu costretto a mettersi a sedere accanto alla scrivania, perché stava per sentirsi male. «Nessuno ha fatto un bel niente. Sei morto e noi abbiamo aspettato, esattamente come da programma. Avevamo già preparato una festa di benvenuto per Tredar e invece ecco che sei tornato tu a rompere le scatole. È un piacere riaverti fra di noi, comunque.»
«Ma non è possibile! Avevo fatto tutto quello che dovevo, eseguito ogni singolo passo alla perfezione! Tredar ora dovrebbe trovarsi nel mio corpo, lo capite?»
«Lo so, abbiamo afferrato il concetto, ma non è andata così! Va bene?» sbottò Skyler. Se mai fosse uscito vivo da quella storia, se ne sarebbe andato dritto in una casa di cura, perché era sull'orlo di un crollo nervoso. «Cazzo, James! Se tu sei tornato nel tuo corpo, allora è chiaro che non hai fatto tutto per bene! È ovvio, no? Avrai sbagliato in qualcosa con i Sigilli!»
Cynder avrebbe voluto essere arrabbiato come suo fratello, ma... la verità era che non gli dispiaceva poi così tanto che a tornare fosse stato James, anziché Tredar.
«Magari... e la mia è solo un'ipotesi... il procedimento è stato eseguito bene, però... è accaduto qualcosa di imprevisto all'ultimo secondo.»
James smise di fare la spola da un capo all'altro della stanza e si fermò per guardarlo. «Non ricordo un bel niente di cos'è successo dopo che sono morto. È una regola fissa per chi torna dalla morte, altrimenti gli psichiatri sarebbero a quest'ora ricchi come dei re, credimi! Mai sentito di quelli che sono morti per qualche minuto e poi sono tornati indietro farneticando di aver visto l'Inferno? Uno schifo, fidati!»
Skyler, dopo un lungo silenzio e un'altrettanto lunga lotta interiore, scattò in piedi, raggiunse di volata il cugino e lo abbracciò forte. «Fanculo Tredar, fanculo Grober» gemette in preda a un pianto irrefrenabile. «Cazzo, James, non fare più una stronzata come quella!»
James fece per ricambiare il gesto, ma all'ultimo si scostò e afferrò per le spalle l'Imperatore scuotendolo come una maracas. «Ma non capisci? Tredar era l'unico a poter tenere davvero testa a Grober, era il solo a sapere come contrastarlo e ora potrebbe esser rimasto in quella specie di limbo dov'è stato imprigionato per secoli! È una catastrofe!»
Skyler, arrabbiato, lo squadrò. «E allora cosa vorresti fare? Ammazzarti e sperare che Tredar stavolta non mandi a puttane tutto? Avevi solo un colpo in canna, James, lo sappiamo entrambi!»
«Sono disposto a fare anche quello, se servirà alla causa!»
«Al diavolo la causa! Al diavolo Grober e tutto il resto di questa dannata faccenda! Ho perso Alex e non voglio vederti tirare le cuoia un'altra volta! Sono stufo di perdere tutti quanti, James! Affronteremo Grober con quel poco che abbiamo!»
«Non abbiamo un fico secco, Skyler! Niente! Quello ci farà fuori tutti e solo per un tuo capriccio!»
«Un mio...» Skyler rise e scosse la testa. «Non posso credere a quel che sto sentendo! Sei scampato alla morte per l'ennesima volta e già pianifichi di rischiare di nuovo il collo! Lodevole, James, dico sul serio, peccato però che poi toccherà a me seppellirti!»
Cynder a fatica riuscì ad attirare la loro attenzione. «A me interessa qualcosa di ben più serio. Se James è tornato indietro... non potrebbe magari esser accaduto lo stesso ad Alex? Forse si è salvato e Grober è rimasto intrappolato.»
«Sciocchezze» lo rimbeccò James cupo. «Grober è riuscito nell'intento. È Tredar ad aver incasinato tutto quanto, me lo sento nelle ossa.»
«Ma forse...»
«Ah, Cynder, andiamo! Grober è stato accurato fino all'ultimo, altro che storie!»
Skyler squadrò male Wolf. «Complimenti, Ispettore Capo dei Bastardi. Come al solito dimostri di avere la stessa delicatezza di un elefante in una vetreria.»
«Sto solo provando a non dargli false speranze.»
«C'è modo e modo di dire le cose, però! Guardalo!» insisté Langford accennando con un gesto della mano al fratello. «E come se non bastasse, dopo averti visto tornare dalla morte, deve ascoltarti mentre blateri sul voler ritentare lo scambio con Tredar! Hai la minima idea di quanto lo abbia logorato vederti morire? Lo sai cosa abbiamo passato ultimamente?»
«Lo so benissimo!» sbottò James. «Ho sacrificato tutto quello che avevo per questa fottuta guerra, ricordi?»
«E allora fa' un favore a tutti e piantala di fare l'eroe, una volta tanto! È andata male con Tredar, va bene, quindi ora si va avanti e troviamo un piano di riserva.»
«Oh, sicuro! Ho avuto tutto il tempo di pensare a un piano B mentre mi trovavo sul letto di morte!»
«Non sto dicendo che devi fare tutto da solo! Lo vedi come fai? È sempre la stessa storia con te, James! Ti comporti come se non potessi contare su nessun altro e noi non fossimo qui pronti ad aiutarti! Sei impossibile!»
«Io sarei impossibile? Io? Hai proprio un bel coraggio a dirmi tutte queste stronzate in faccia, Skyler Langford!»
«E tu una faccia di bronzo a pensare di poter andare e venire dalla morte come ti pare, James Wolf!»
Visto che quei due galletti erano fin troppo impegnati a beccarsi a vicenda, Cynder fu il primo a notare che Brian era entrato nella stanza e li stava osservando con aria perplessa e stranita. Era anche pallido in volto. Neanche lui aveva chiuso occhio, non sapendo della sorte che Alex aveva dovuto affrontare quella notte.
Cynder sospirò, si massaggiò una tempia e lo raggiunse. Quei due gli avevano fatto venire il mal di testa. «Ehi... uhm... posso spiegarti. Vedi, uhm...»
«Me lo spiegherai dopo» lo interruppe Brian, benché lo avesse scioccato vedere James ancora vivo e, soprattutto, non rimpiazzato da Tredar e ringalluzzito. «Andrew è tornato a casa. Ce l'ha fatta, è salvo e al sicuro.»
«Cosa? Sul serio?»
«Sì, ma poco dopo esser arrivato ha perso i sensi. È esausto e non aveva una bella cera. Beh... sfido chiunque a esserlo dopo quel che ha dovuto passare.»
«Quello che conta è che almeno lui sia di nuovo fra noi» disse Cynder, non volendo di nuovo tornare a piangere. Le lacrime non avrebbero riportato da loro Alex. «Chiederemo a Dario di spiegarci tutto meglio mentre Andrew si riposa un pochino.» Il lieve sorriso del re si spense un po' alla volta quando notò lo sguardo dell'amico. «Brian, che succede?»
«Lui non è tornato con Andrew. Ho provato a chiedergli cos'è accaduto a Sverthian e... ha tentato di spiegarsi, ma era tutto un po' confuso. Ho solo capito che Dario lo ha spinto dentro un varco spaziotemporale che poi si è richiuso subito dopo, quindi... è rimasto laggiù e proprio quando Grober stava tornando in tutta la sua satanica gloria.»
Cynder sbatté le palpebre. «S-Sarebbe già dovuto tornare. Con tutti i poteri che possiede ora attraversare il velo fra Sverthian e Obyria dovrebbe essere un gioco da ragazzi per lui. E se n-non è andata così, allora...»
«Cynder, non lo possiamo sapere e non dobbiamo pensare subito al peggio» disse Brian cercando di rassicurarlo. «Non perdiamo la calma.»
«Grober non gli avrà di certo offerto un caffè, però!»
«Ovvio che no, ma cosa vorresti fare? Ora dobbiamo rimanere qui, pronti a tutto. Andrew ha bisogno di noi, ricordi?»
Cynder tornò dal fratello e da James, si intromise nella discussione e li mise a parte delle ultime nuove.
«Beh, porca di quella miseria putrida in calzamaglia» commentò James. «Giuro che mi impicco. Qui non si fa in tempo a rammendare un pezzo della trapunta che ecco che un altro angolo si strappa! Datemi retta, dovremmo reclutare un prete e farci benedire tutte le volte che sgusciamo fuori dal letto!»
«Almeno Andrew è qui con noi. È già qualcosa, no?» tentò Skyler.
«Già, Vostra Grazia, peccato che ora abbiamo un capo della Resistenza in meno! Lo sai che fine fa un aereo se il pilota si defila?»
«Non si è defilato! Sicuramente l'avrà già fatta in barba a Grober e si sarà nascosto mentre cerca di trovare un modo per tornare qui!»
«Già, e le ali delle fate sono fatte di zucchero scintillante, nevvero?»
«Di certo non lo aiuterai stando qui a fare il sarcastico!»
«Neanche tu sei di alcuna utilità, se è per questo! Fino ad ora solo noi abbiamo fatto il lavoro sporco e tu te ne sei stato buono buono qui sul trono a non fare praticamente niente da mattina a sera! Perché non vai là fuori tu a rischiare la vita, una buona volta? Hai paura di sporcarti la corona nuova di zecca?»
«E questo cosa vorrebbe dire?»
«Esattamente quel che ho detto. Lo conosci l'inglese, vero?»
Brian guardò Cynder. «Da quanto vanno avanti così?»
«Da secoli. Fa' qualcosa o si ammazzano» si lamentò Cynder, il quale mal tollerava i battibecchi fra Skyler e James. Se si definivano migliori amici pur facendo così tutti i giorni, non osava immaginare cosa avrebbero fatto se fossero stati nemici giurati.
Brian sbuffò. «Tra un po' li butto dentro una gabbietta e getto via la chiave» borbottò. «Ehi, voialtri! Dateci un taglio, va bene?»
Finalmente i due la smisero di discutere, ma continuarono a guardarsi comunque in cagnesco. Herden, in una situazione differente, li avrebbe trovati esilaranti. «Ecco cosa dovremmo fare secondo il mio onesto parere, Cip e Ciop: aspettare. So che non è il massimo dell'azione, so che rimanere con le mani in mano sarà dura, ma ricordate che stiamo parlando di Dario. Insomma, è praticamente Sherlock Holmes incrociato con Batman e John Wayne! Ha cinquecento anni o roba simile, quindi davvero pensate che non sappia cavarsela? Come diavolo ha fatto a tirar a campare fino ad ora se non è in grado di uscire da certe situazioni? Fate funzionare il cervello!» Vide che Skyler stava per ribattere. «Zitto. E se proprio bisogna mandare qualcuno a dargli man forte, scusate se lo dico, non sceglierei voi tre. Punto primo: tu, James, e tu, Skyler, ora come ora andate d'accordo come Tom e Jerry, non so se rendo l'idea. Tu, Cynder, scusa la franchezza, non hai mai affrontato situazioni realmente pericolose e saresti un intralcio. Volete proprio spedire la cavalleria a Sverthian? Cazzo, c'è il suo Efialte che è praticamente Terminator, per non parlare di Alice o Iago!»
James contrasse la mascella e trasferì il peso del corpo sulla gamba opposta. «Guarda che me la cavo bene anche io.»
«Sei tornato dalla morte poco fa e credo dovresti prendertela un po' comoda, Wolf. La morte non è esattamente come andare su una giostra del Luna Park.»
Wolf gli rifece il verso in silenzio, ma Brian scelse saggiamente di lasciarlo perdere. «Sentite... non dico che Dario ora stia bene. Forse Grober l'ha preso e forse se la starà passando male, ma se anche così fosse... secondo me starà già pensando a un piano di fuga. Ne sa una più del Diavolo, perdonate lo squallido gioco di parole.»
James sospirò e si passò due dita sugli occhi. «Stavolta è diverso, Brian. Molto diverso. Grober non è mai stato così forte e in forma più smagliante e, come ben sappiamo, più è di buon umore e più fa il bastardo. In realtà lo è in ogni caso, ma va da sé che ora starà gongolando come Willy il Coyote che finalmente è riuscito a mettere le grinfie su Beep Beep, e ho detto tutto. Non me la sento di aspettare che Dario faccia la fine del topo, okay? Non ci sto.»
Cynder si morse il labbro inferiore. «Forse... forse la cosa migliore da fare è pregare.»
Skyler e gli altri si guardarono straniti. «Pregare?» ripeté Brian.
«Sì...» Cynder aveva un'aria determinata. «Un miracolo è quello che ci serve ora e nessuno sa fare i miracoli meglio degli angeli.»
«Stiamo parlando degli stessi idioti piumati per i quali lavoravo io prima?» lo apostrofò ironico James. «Tanto vale fare il nove-nove-nove e sperare che risponda Dio in persona, allora.»
«Nove-nove-nove?» fece Brian inarcando un sopracciglio.
«Il contrario del sei-sei-sei che invece è il numero del diavolo. Davvero divertente, James» commentò Skyler con voce piatta. «Cynder, non penso che funzionerà.»
«Invece sì. Ricordate cos'ha detto Metatron? Dobbiamo avere fede, e io ce l'ho!» replicò Cynder con un gran sorriso. «Vado nella cappella a pregare un po'! Ci vediamo dopo!»
Wolf roteò gli occhi. «Sì, certo. Salutami San Pietro e la sua barba, già che ci sei.»
Skyler fece un bel respiro. «Vado a vedere come sta Andrew.»
«Samantha è con lui. Lasciali un po' da soli» lo apostrofò Brian. «È suo fratello e sono mesi che non lo vede. Mentre tu e Cynder eravate qui è venuta da me e siamo rimasti svegli tutta la notte ad aspettare. Non ha mai smesso di piangere e di camminare avanti e indietro per la mia stanza, perciò... diamo loro un po' di tregua, Skyler. Penso se la meritino.»
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