𝚇𝚇𝙸.𝙸
Ciò che noi facciamo non viene mai capito, ma soltanto lodato o biasimato. Questa è la virtù umana, questa è la follia umana.
Friedrich Nietzsche
𝙲𝙰𝙿𝙸𝚃𝙾𝙻𝙾 𝚇𝚇𝙸
Parte I
Taehyung fa quasi cadere la sua Smith & Wesson, spaventato dal violento rumore che ora gli risuona in testa, rimbalzando contro le pareti del cranio. La neve si tinge di macchie rosse, e per la prima volta in vita sua gli viene da vomitare alla sola vista del sangue. Non è mai stato uno che si impressiona facilmente, ma qui non si tratta nemmeno di questo. È solo che... cazzo, il contrasto del sangue sulla neve è così forte che la bile gli risale su per la gola da sola.
Le ginocchia di Namjoon sono sepolte nella neve, una mano si tiene il braccio opposto, il sangue scivola sulle lunghe dita. È stranamente silenzioso, solo piccoli borbottii fuoriescono dalla sua bocca, che di solito è alquanto loquace. Dev'essere l'adrenalina.
Taehyung capisce cos'è successo quando vede il telefono di Namjoon a terra, volta subito la testa di lato, gli occhi si posano su Jeongguk e poi—
Leroy sta tremando, con la pistola ancora in aria.
Lentamente, Jeongguk riesce ad afferrare l'arma, allontanando il pericolo.
Tutto si complica quando arriva Stacy, la cui voce aggrava il mal di testa di Taehyung.
«Ma che... Namjoon?!»
Stacy si affretta a inginocchiarsi accanto a lui, mormorando cose incomprensibili, mentre Taehyung inguaina la pistola. Un rumore ovattato di passi gli giunge alle orecchie e, un attimo dopo, Georgie è in piedi accanto a lui, con gli occhi spalancati sui giornalisti.
«Abbassa la pistola», le dice Taehyung avvicinandosi, ma lei sembra impietrita. «Georgie, guardami.» Deve attendere un po', sente la voce di Jeongguk, rivolta a Namjoon. «Ecco fatto, è tutto ok.»
Georgie ripone l'arma, poi lo fissa con occhi smarriti. «C-cosa è successo?»
È gelata, proprio come Taehyung.
Il detective lancia un'occhiata alla scena che si sta materializzando accanto a lui. Non appena i suoi occhi incontrano quelli di Leroy, sa già cosa dirà.
«Gli ho sparato io», mente Taehyung, sperando che il pensiero di Jeongguk sul fatto che sia un pessimo bugiardo non trovi conferma proprio adesso. «Pensavo che Namjoon avesse una pistola, così gli ho sparato.»
Magari l'avrebbe fatto davvero, quindi è una mezza bugia.
«Non c'è bisogno di rispondermi», aggiunge Taehyung, poggiando una mano rassicurante sulla spalla di Georgie. «Resta qui, va bene?»
Sta per allontanarsi, ma lei lo chiama.
«Chiamo il 911», dice lei, con voce più composta. «Va bene?»
È coraggiosa, Taehyung non ne ha mai dubitato. Lui le fa un piccolo sorriso, annuendo.
«Vieni con me, allora.»
Dopo essersi assicurato che non parlerà con Leroy, Taehyung la lascia avvicinare. La manica del giornalista è strappata e coperta di sangue. Oltre il tessuto fradicio, Taehyung distingue la ferita d'ingresso, circondata da polvere da sparo nera. È evidente che Namjoon sia stato fortunato. Il proiettile non ha raggiunto l'osso, altrimenti ora starebbe piangendo a dirotto. L'arteria brachiale non è neanche stata sfiorata, altrimenti starebbe sanguinando come un maiale al macello. Il foro d'uscita è un po' più brutto, ma non così grave.
Namjoon emette un forte grugnito quando Jeongguk gli sigilla le ferite con un lembo strappato della propria camicia— Taehyung non vuole sapere quanti soldi abbia appena buttato via strappandola. Jeongguk lo aiuta a rimettersi in piedi e lancia un'occhiata a Taehyung.
«Il proiettile è passato attraverso, è solo pelle», dice Jeongguk, dando conferma ai pensieri di Taehyung. «Entriamo.»
Taehyung annuisce e dice a Georgie di seguirli, cosa che fa subito, e lo stesso fa Stacy, tremolante e preoccupata, seguendo immediatamente Jeongguk.
Leroy è ancora in piedi dov'è rimasto negli ultimi minuti, con gli occhi fissi a terra. Taehyung si avvicina a lui lentamente e poggia entrambe le mani sulle spalle dell'agente.
«Va tutto bene, Leroy.» Taehyung cerca di incontrare il suo sguardo, e dopo un po' ci riesce, perché gli occhi pieni di lacrime di Leroy ora sono puntati su di lui. «Mi senti, amico? Va tutto bene. Ci sono io qui.»
«Gli ho sparato.» La voce di Leroy viene fuori debole e tremante, e Taehyung non riesce a capire se sia a causa del freddo, dello shock o di entrambi.
«Sì», risponde Taehyung. «Ma ora mi ascolterai, va bene?»
Leroy si mordicchia il labbro bluastro e gli rivolge un piccolo cenno di assenso.
«Ci siamo sempre guardati le spalle a vicenda, giusto?» Leroy annuisce di nuovo. «Bene. Stavolta non è diverso. Ti guarderò io le spalle, 'Roy.»
Taehyung vede che Leroy si sta sforzando di controllarsi, ma nonostante ciò il suo labbro inferiore inizia a tremare, così come le sue mani. Taehyung le prende tra le sue, cercando di riscaldarle come può, anche se i suoi guanti sono freddissimi.
«Mi prenderò io la colpa, e tu non rifiuterai.»
I lineamenti di Leroy si induriscono quando comprende le parole di Taehyung. «No, io—»
«Non rifiuterai», ripete Taehyung, con gli occhi ancorati a quelli di Leroy. «Per ora sei andato alla grande in questo caso, io no. Sarà solo un altro scivolone per me, non mi spezzerà.»
«Non si tratta di questo, è che— Taehyung, non puoi farlo.» La voce di Leroy è ancora instabile, ma meno di prima, anche se sono ancora entrambi nel bel mezzo di una maledetta tempesta di neve, protetti solo da un ridicolo muro. «Non è giusto, non posso—»
«Chi se ne frega di ciò che è giusto o sbagliato a questo punto, mh?» Stringe le mani di Leroy nelle sue. «Fanculo a tutto, l'unico di cui mi importa in questo momento sei tu, ragazzino.»
«Taehyung, no.»
Quel ragazzo non vuole proprio mollare la presa, non è vero?
«Leroy, sì.» Lascia che tra loro cali il silenzio, fissandolo finché non ha la certezza che Leroy non ribatterà. «Va bene, allora siamo d'accordo.»
«Taehyung, è troppo, non puoi—»
Sul serio?
«Mi ripagherai con un Red Hot, se proprio ci tieni. Anche due, se vuoi.»
«Ma porca puttana, idiota», ribatte Leroy, con voce ormai ferma. «Non puoi barattare la tua carriera per un paio di hot dog.»
«Ah, no? Sta' a vedere.» Gli fa un sorrisetto, poi poggia di nuovo le mani sulle spalle di Leroy, con forza. «Allora, cosa ho fatto?»
Leroy resta in silenzio. Taehyung stringe di nuovo le spalle del ragazzo, alza una mano per sistemare il berretto di Leroy e poi si concentra nuovamente su di lui.
«Allora?»
Leroy lo osserva per un po', limitandosi a sostenere il suo sguardo con quell'atteggiamento da teppista sfacciato quale è, ma alla fine si arrende, sospirando— grazie a Dio, Taehyung ne ha abbastanza di quella neve gelata.
«Hai sparato a Namjoon.»
«Ecco fatto.» Taehyung gli dà una pacca sulla spalla, cercando di cancellare il conflitto dipinto sul volto di Leroy. «Starò bene, 'Roy.»
Non ne è così sicuro, ma al momento non gliene può importare di meno. Quel coglione spericolato di Namjoon se la caverà e, con un po' di fortuna, non scriverà una denuncia contro Taehyung o cose del genere. No, le denunce non sono decisamente nel suo stile. Senza dubbio Namjoon metterà su un gigantesco scandalo, ma ormai chi se ne frega? Il nome di Taehyung è già stato infangato un paio di volte, un'altra non lo ucciderà. La reputazione di Leroy, invece, è immacolata e deve rimanere tale, altrimenti il suo posto come futuro detective potrebbe essere compromesso, e Taehyung non vuole che ciò accada. Quel ragazzo tanto fastidioso quanto impressionante diventerà un detective più bravo di quanto Taehyung non sia mai stato, e non permetterà a nessuno di sprecare il suo talento— nemmeno a Leroy stesso. Taehyung sa che supererà anche questa, Seokjin non può cacciarlo dalla task force e—
La task force.
Tra poco non ci sarà più nessuna task force. Non se Jeongguk e Taehyung avevano ragione— ma l'avevano davvero? Ora che Taehyung sa che Namjoon non aveva nascosto alcuna arma dietro la schiena, cosa diavolo significa tutto questo? Se non stava per farli fuori, cosa diavolo stava per fare? Non ha alcun senso, cazzo. Che cazzo ci facevano qui? E, soprattutto, perché Linda Bane era qui? Taehyung giura di aver sentito la sua voce, insieme a quella di Stacy e— cazzo! È troppo tardi per acciuffarla, vero? Se non ha lasciato la stazione di servizio con Stacy, probabilmente se n'è andata da un pezzo.
«Va' dentro», dice a Leroy, il quale ubbidisce dopo pochi secondi.
Per sicurezza, Taehyung perlustra rapidamente la zona e, quando si avvicina alla strada, vede due luci in lontananza che scompaiono nel buio. Una macchina. Dato che non ci sono dubbi sul suo conducente, Taehyung si dirige di nuovo verso l'edificio, e quando vi entra ha gli occhi di tutti puntati addosso.
«I soccorsi stanno arrivando», lo informa Georgie mentre li raggiunge.
Lui la ringrazia e si avvicina a Jeongguk e Namjoon, quest'ultimo seduto contro il muro e Jeongguk accovacciato accanto a lui.
«Volete dirmi che cosa è successo?» chiede Stacy, incazzata nera. «Cazzo—»
«Gli ho sparato», risponde Taehyung in tono freddo, scrutando la donna. «Pensavo che avesse una pistola.»
Ancora una volta, è una mezza bugia. Pensava davvero che Namjoon fosse armato.
Taehyung coglie lo sguardo perplesso di Jeongguk, ma quest'ultimo è abbastanza intelligente da non dire nulla.
«Una pistola?», ripete lei, poi sbuffa una risata amara. «Perché diavolo dovrebbe avere una pistola?»
«Perché diavolo siete qui?» la imita Taehyung, rispondendo alla domanda con un'altra domanda.
«Potrei chiedervi la stessa cosa.» Stacy si precipita da lui, puntandogli un dito contro il petto. «Perché ci stavate seguendo, mh?»
Sta cercando di fare la finta tonta innocente o davvero non ne ha la più pallida idea? Taehyung vorrebbe saperlo, vorrebbe poter prendere in prestito la mente di Hoseok solo per un minuto, ma indovinate un po'? Ha solo la sua a disposizione.
«Stavamo facendo il nostro lavoro», risponde Taehyung con temperanza, non volendo peggiorare le cose.
«Oh, quindi mi stai dicendo che il vostro lavoro è sparare alle persone innocenti, giusto?»
Il suo tono aggressivo e altezzoso è sufficiente a mandare in frantumi i propositi pacifici di Taehyung.
«Non sarebbe successo nulla se il tuo amichetto si fosse comportato da persona decente per una volta.»
«Chi diavolo sei tu per parlare di decenza?», sibila lei, guardando Taehyung con aria pugnace. «Sei il peggior stronzo della città!»
Taehyung le ride in faccia. Niente di più, niente di meno.
Se l'avesse detta Jeongguk, quella risposta l'avrebbe ferito, ma dall'adepta di Namjoon? Neanche per sogno, cazzo. Come può dirgli una cosa del genere quando chiaramente non sa nulla di lui— anche se, senza dubbio, a volte può risultare un po' stronzo.
Ma non è questo il caso, giusto? Non sta facendo lo stronzo, è solo un uomo che cerca di salvare il culo al suo amico. Non ha alcuna pretesa, sarebbe persino pronto a farsi sputare addosso per questo, ma cazzo. Non può lasciare che lei si comporti come se fosse onnisciente. Lui e Jeongguk avevano dei buoni motivi per sospettare di loro, e li hanno ancora. Ed è lei che ha iniziato a infangare la reputazione di Taehyung.
«Allora?» Taehyung mantiene il suo slancio, cercando di non dare di matto. «Rispondi alla domanda.»
«Cioè dovrei fare quello che tu non fai mai, mh?» Sbuffa un'altra risata sarcastica. «Va' all'inferno, detective.»
Non dovrebbe farlo.
Eppure, una frazione di secondo dopo, Taehyung estrae la pistola e la punta contro Namjoon, con gli occhi ancora fissi su Stacy.
«Indovina chi andrà all'inferno se continui con queste stronzate?»
Lei stringe le labbra, la sua espressione vacilla.
«Stai bluffando», si degna di rispondere.
La sicura si sblocca con un minaccioso tintinnio.
«Non sopravviverà a una pallottola in testa», la avverte lui, la sua voce risuona su ciò che resta delle pareti. «Perciò rispondi alla mia domanda o chiudi quella cazzo di bocca.»
I vecchi metodi forse non sono i migliori, Taehyung è d'accordo su questo, ma il fatto è che a volte funzionano. Questa è una di quelle volte, anche se sa che prima o poi lo metterà nei guai.
«Non la passerai liscia», sono le ultime parole di Stacy, ma Taehyung non ne aveva bisogno per rendersi conto del pasticcio in cui si sta cacciando.
«Potrei dire lo stesso di te.» Con un sorriso sarcastico, abbassa la pistola e la ripone, mentre gli altri agenti tirano un sospiro di sollievo.
Non avrebbe comunque sparato a Namjoon. Avrebbe trovato un altro metodo, se lei non avesse deciso di tenere la bocca chiusa. Almeno questa volta nessuno lo ha registrato.
«Ce la fai ancora?» chiede Jeongguk a Namjoon, poggiandogli rapidamente una mano sulla fronte per controllare la temperatura.
«Sì.» Namjoon sghignazza e tossisce allo stesso tempo. «Non è la prima volta che mi sparano.»
Per qualche motivo, la cosa non sorprende Taehyung.
La caratteristica sirena di un'ambulanza riecheggia in lontananza, e diventa più forte con il passare del tempo. Da quel momento in poi, si svolge tutto sotto gli occhi di Taehyung: dai controlli medici di Namjoon fino al suo ingresso nel veicolo.
«Dovresti andare con loro», dice Taehyung a Jeongguk, indicando con un cenno del capo Leroy e Georgie, pronti a seguire l'ambulanza. «Sai, per tenere d'occhio i ragazzi.»
Jeongguk non si prende nemmeno la briga di rispondere alla parte dei "ragazzi"— cosa che ovviamente avrebbe fatto in un altro contesto, Taehyung ci scommetterebbe la vita.
«Perché hai detto che sei stato tu?»
Più diretto di quanto Taehyung sia mai stato in tutta la sua vita— non che sia difficile.
«Perché sono stato io.»
Jeongguk alza gli occhi al cielo. «Ero lì, idiota.»
«Conosco un buon oculista, se vuoi.» Taehyung gli rivolge un sorriso ironico e dà un colpetto alla spalla di Jeongguk. «Vai con loro, io ti raggiungo dopo. E non lasciare che Leroy dica stupidaggini.»
Jeongguk aggrotta le sopracciglia, ma non si muove di un centimetro. Cosa sta aspettando, per l'amor di Dio? Quella maledetta ambulanza potrebbe partire da un momento all'altro.
«Ne parliamo più tardi», aggiunge Taehyung prima che Jeongguk possa dire qualcosa. «Va bene? Voglio solo controllare i garage.»
Jeongguk esita per un momento, facendo saettare il suo sguardo combattuto tra gli agenti e lui, ma alla fine cede con un lungo sospiro, consegnando le chiavi a Taehyung.
«Ti manderò l'indirizzo. Non metterci troppo.»
«Non lo farò.»
Un'altra pacca sulla spalla e Jeongguk se ne va, abbassandosi per salire sull'auto di Leroy e Georgie e scomparendo a sua volta nella notte nebulosa.
Tutto ciò che Taehyung ha trattenuto abbandona il suo corpo mentre si lascia scivolare contro il muro più vicino e le sue chiappe incontrano l'asfalto gelido. Eccolo lì, seduto per terra in una stazione di servizio decrepita come se fosse lo zerbino che ha visto vita, morte e miracoli di quell'edificio.
È completamente fregato? Sì, probabilmente.
Gli importa? Beh, cazzo, immagina che lo scoprirà.
Dovrebbe importargliene, in realtà, ma Taehyung non è mai stato il tipo che si sofferma troppo su certi campanelli d'allarme— piuttosto se li fabbrica lui stesso, in tutta onestà. Si crea i problemi da solo, così che quando vuole risolverli sa come farlo... beh, è una teoria che non ha mai applicato, ma potrebbe funzionare, no?
Forse no.
Ad ogni modo, è comunque nei guai, quindi che importa? Ormai è fatta, deve solo affrontare la situazione— spoiler: non è mai stato bravo neanche in questo.
Per ora spera solo che Jeongguk non riveli chi ha fatto veramente cosa, ma Taehyung si fida abbastanza di lui da credere che non lo farà— diamine, crede persino che capirà le sue ragioni. Forse Jeongguk avrebbe fatto lo stesso se fosse stato al posto suo. Non è l'egoista che la gente potrebbe pensare che sia— o meglio, che Taehyung pensava che fosse. È ancora un coglione, a volte, ma ormai Taehyung può dire di aver fatto di peggio. Quello che ha fatto la sera del suo compleanno? Persino il suo istinto gli diceva di non andarsene, ma Taehyung non aveva potuto fare altrimenti. Era troppo spa— Sapete cosa? Non è il momento di pensarci, cazzo. Ha un'area da perlustrare.
Le gambe quasi lo abbandonano quando cerca di alzarsi da terra. Impreca sottovoce e ci riprova, tirandosi debolmente su, mentre un velo nero gli cala davanti agli occhi per qualche secondo. Dio, è così fottutamente stanco, davvero stanco, e non solo fisicamente... ma deve comunque andare avanti, giusto? Non c'è nient'altro che possa fare, perché nessuno lo farà per lui. Il fatto che trovi difficile restare in piedi in questo momento non ha alcuna importanza, non quando potrebbe esserci qualcuno che sta per morire là fuori. Cazzo, c'è già stata un'altra vittima, oppure avevano ragione, Jeongguk e lui? Qualcosa si fa lentamente strada nel corpo di Taehyung, depositandosi sul fondo del suo stomaco, e la cosa di cui è sicuro è che non è una bella sensazione. Neanche lontanamente. Nutre ancora un briciolo di speranza in cuor suo, ma si è talmente assottigliata che vorrebbe urlare la sua frustrazione, strapparsela dal petto, lasciarsi tutto alle spalle e andarsene senza voltarsi indietro.
Non ha alcun senso, vero?
Ma, alla fine, la vita ha mai avuto senso? Probabilmente no. L'avrebbe capito, arrivato a questo punto.
Con la mente sgombra, Taehyung si rimette in marcia, la neve lo investe non appena mette il naso fuori. Solleva il braccio sinistro mentre cammina, avvicinandolo alla fronte nel vano tentativo di proteggersi dalla tempesta. Stringe la mascella per non battere i denti, ma dopo un po' si arrende all'idea e si fa forza per arrivare ai garage. Per nulla fiducioso, tenta comunque di aprire ognuno di essi, ma non ci riesce. Le porte non sono nuovissime, né ben tenute, ma sono chiuse a chiave. Grandioso, no? Fanculo. Perlomeno sembrano scadenti.
Il detective si sfrega le mani guantate – come se servisse a qualcosa –, poi si scalda le spalle e il collo. Fa un respiro profondo e si getta sulla prima porta, sentendo un piccolo scricchiolio quando i suoi muscoli si scontrano con essa. Fa un passo indietro, si massaggia la spalla e ci riprova, finendo questa volta su qualcosa di duro, proprio sotto la porta che ha appena sfondato. Taehyung si alza di nuovo con un grugnito, rotea un po' le spalle per scioglierle, e poi riesce a liberarsi della porta rotta per vedere cosa c'è dietro.
Un'auto, ma non quella che sperava di vedere. La ispeziona, per sicurezza, ma non è altro che un rottame, con due ruote mancanti e i finestrini distrutti. Pochi metri dopo, Taehyung è in piedi davanti al secondo e ultimo garage, pronto a buttarlo giù come l'altro e contento per una volta di trovarsi in una zona desolata. Certo, potrebbe usare la pistola per lasciar riposare un po' il suo corpo congelato, ma sarebbe comunque più rumoroso di quanto possa permettersi. Il colpo di pistola di prima è stato abbastanza— anche se sa che dovrà fare qualcosa anche per quello.
La delusione lo colpisce con la stessa forza con cui il suo corpo tocca terra. La valutazione è chiarissima: a parte un mucchio di ragni e altri animaletti di cui Taehyung non vuole sentir parlare, qui non c'è niente. Si rimette in piedi con un altro grugnito, spolverandosi i vestiti e tastando il giubbotto antiproiettile ormai inutile sotto il maglione. Avrebbero potuto sparargli stasera, e indovinate un po'? Forse sarebbe stato meglio di ciò che è successo realmente. Sì, certo, un buco nella pelle fa male, ma non è quasi nulla in confronto a quello che dovrà affrontare, lo sa fin troppo bene. A questo punto, preferisce far soffrire il corpo piuttosto che la mente, perché tanto il suo corpo è comunque in perenne sofferenza, pesante come un fardello e— in realtà, per la sua mente è lo stesso, quindi forse fa lo stesso? Non importa.
Dev'essere davvero stanco. I suoi ragionamenti non hanno senso, cazzo.
Poiché nessuno sentirà la mancanza di quei garage, Taehyung lascia tutto così com'è – e cioè un disastro – e torna dove si trovava Leroy quando ha sparato. Sebbene le sue gambe siano dilaniate dalla tempesta, Taehyung riesce ad accovacciarsi e a liberare il terreno bianco dallo strato di neve fresca, mentre i guanti scuri frugano nel blocco ghiacciato. Taehyung espira quando afferra il bossolo, poi si alza e segue la presunta traiettoria del proiettile, che riesce a trovare più velocemente del previsto. A tal proposito, grazie a Dio Leroy non usa proiettili a punta cava. Mette anche il proiettile in tasca, dopodiché torna nel punto in cui si trovava prima, più o meno dov'era posizionato Leroy. Lancia una breve occhiata intorno a sé, per assicurarsi di essere solo, poi afferra lentamente la sua Smith & Wesson. Prende la mira, cercando di imitare le mosse dell'agente, e spara. Semplicemente. Dato che si prenderà la colpa senza alcuna esitazione, nessuno dovrebbe venire a verificare le prove, ma non si sa mai. La prudenza non è mai troppa.
Perlustra la stazione di servizio, ma capisce subito che lì non troverà nulla di interessante, così se ne va, contento di potersi sedere nella morbida comodità dell'auto civetta che hanno preso in prestito per l'inseguimento— che tra l'altro è stata del tutto inutile, ma tanto vale averci provato. Con un po' di riluttanza, si toglie i guanti e li poggia sul sedile accanto a lui, sperando che nel frattempo la pelle abbia il tempo di asciugarsi. Accende l'aria calda, aspettando che lo riscaldi un po'. Tira fuori il telefono, si accorge che non è più venerdì e lo sblocca quando sullo schermo appare il nome di Jeongguk. Come d'accordo, il messaggio contiene l'indirizzo da raggiungere, così risponde solo per ringraziare il suo partner e mette via il telefono.
Taehyung allaccia la cintura di sicurezza e avvia il motore. Il telefono vibra nella sua tasca, ma lo ignora e si immette in strada. I tergicristalli fanno tutto il possibile, ma quel maledetto tempo burrascoso è troppo violento. Il detective guida lentamente, malgrado il suo odio per la lentezza, ma anche così sente le ruote sbandare di tanto in tanto, minacciando di non farlo arrivare a destinazione tutto intero. Per sua fortuna, l'ospedale non è lontano e le strade non sono così affollate come ci si aspetterebbe. Alcune persone sono intelligenti e non escono quando fuori è in atto una tempesta di neve, ma Taehyung, malgrado sia intelligente, non è mai stato uno di quelli che si rintana in casa: primo, perché al momento sta lavorando, e secondo, perché non è sicuro che il riscaldamento nella sua bettola funzioni ancora. Preferisce stare per strada, se deve comunque congelare in quella che a malapena può chiamare casa.
In questo momento, però, è contento di essere in macchina— solo se non finisce fuori strada, cosa tutt'altro che garantita, visto che i fiocchi di neve continuano a sbattere senza sosta contro il parabrezza. Taehyung troverebbe tutto questo splendido in altre circostanze, ma al momento le condizioni sono un po'... scomode, diciamo. Riformulando: finire nella stessa stanza d'ospedale di Namjoon è l'ultima cosa che vuole.
Dopo un viaggio che gli è sembrato più lungo di quanto fosse in realtà, Taehyung avvista l'enorme edificio che deve raggiungere. Con cautela, trova un posto dove parcheggiare, dopodiché spegne il motore e rimane al buio per un po'. La mancanza di riscaldamento lo fa rabbrividire, così come l'estinzione di qualsiasi forma di adrenalina nel suo corpo. È durata per un po', ma ora che se n'è andata Taehyung vorrebbe solo non lasciare mai più il veicolo, per aspettare che Jeongguk torni da lui.
È così che Taehyung si rende conto di quanto Jeongguk sia diventato importante per lui— come partner di lavoro, ovviamente. Aveva dimenticato la sensazione di avere qualcuno su cui contare, aveva dimenticato quanto fosse rassicurante. Certo, prima aveva Leroy e Seokjin, ma non era come avere un vero e proprio partner. Anche un solitario come lui ne ha bisogno e, anche se gli ci è voluto del tempo per capirlo, Taehyung è contento di averlo fatto. Non riesce a confessarlo a Jeongguk, ma... sì, lo pensa davvero. Jeongguk significa qualcosa per lui— e quel qualcosa sono ore di pensieri insopportabili, alle volte, ma Taehyung non lo biasima per questo. La colpa è solo e soltanto sua, perché Jeongguk non ha potere sulla sua mente. Al massimo, è nella sua mente.
Cazzo, è davvero esausto, vero?
Eppure, riesce a tirare fuori il telefono, ricordandosi della notifica che non ha letto.
Jeongguk, 12:32.
si stanno già occupando di lui, quindi non correre. il tempo è troppo brutto.
Jeongguk, 12:34
dico sul serio, Taehyung, fai attenzione.
Per qualche motivo, l'angolo delle sue labbra si solleva, anche se non dovrebbe.
Ma a chi importa, quando ci sono già così tante cose che non avrebbe dovuto fare e che ha fatto lo stesso? Non a lui, evidentemente. Se uno stupido messaggio del ragazzo che odiava lo fa sorridere, anche solo un po', ben venga. Tanto non cambierà nulla.
Già che c'è, Taehyung compone il numero di Seokjin, aspettando nervosamente che risponda, cosa che fa dopo una manciata di secondi che sembrano un'eternità.
«Taehyung?» dice il sergente, con voce un po' alterata. Probabilmente ha già un brutto presentimento, perché aggiunge: «Che succede?»
Potrebbe chiamarlo anche per dargli una buona notizia, ma ovviamente Seokjin lo conosce fin troppo bene.
«Ho combinato un mezzo casino», è la misera risposta di Taehyung, e il silenzio che segue gli lascia il tempo di trovare parole migliori. «Ho sparato a Namjoon, nel braccio.»
«Hai fatto cosa?»
Va bene, forse non era il modo migliore per dirlo.
«Senti, credo che starà bene—»
«Credi?» lo interrompe Seokjin, già all'orlo di una crisi. «Che cazzo, Taehyung?! Dove sei?!»
Ci vuole molto per far imprecare Seokjin, sul serio, e lui è riuscito anche in questo.
«Fuori dall'ospedale, ma—»
«Fuori? Cosa diavolo stai aspettando per entrare?»
«Seokjin», Taehyung inspira bruscamente, cercando di controllarsi. «Lasciami parlare, cazzo.»
C'è un attimo di silenzio, seguito da un chiacchiericcio indistinto. Deve essere Hoseok.
«Va bene, continua.»
«Gli ho sparato, ma sta bene. Si stanno prendendo cura di lui e di tutte le altre cose.» Non sarebbe stato male far soffrire Namjoon ancora un po', ma Taehyung non è un sadico e Jeongguk non avrebbe mai accettato. «Nessun osso rotto, probabilmente il proiettile non gli ha sfiorato nemmeno un'arteria.»
«Come fai a saperlo se sei ancora fuori da quel maledetto ospedale?»
Sta seriamente cercando di fargli saltare i nervi, non è vero?
«Forse perché conosco l'anatomia di base, mh?»
Un altro silenzio.
«D'accordo», sospira il sergente. «Ma cazzo, Taehyung, cosa diavolo è successo? Almeno ha confessato qualcosa?»
Ah, a proposito di questa parte... Le cose sono un po' più complicate...
«Stacy e Namjoon ci hanno condotto in una vecchia stazione di servizio e sono scomparsi al suo interno», inizia. «A un certo punto, Namjoon ci ha colti di sorpresa, teneva le mani dietro la schiena mentre diceva cose inquietanti, e ho pensato che nascondesse una pistola o comunque un'arma, perciò—»
«Non è da te sparare in questo modo.»
A volte, il fatto che Seokjin lo conosca meglio di chiunque altro può essere una vera spina nel fianco.
«Ma è da me prendere bene la mira quando sparo», ribatte Taehyung, ringraziando ogni possibile entità celeste per la traiettoria perfetta del proiettile di Leroy. «Ho sparato per disarmare, e l'ho disarmato.»
«Ma non aveva nessuna arma.»
Sì, beh, è proprio questo il problema. Congratulazioni, sergente.
«Solo il suo fottuto telefono.»
Taehyung intuisce dal silenzio che segue che Seokjin si sta pizzicando il ponte del naso, come fa sempre quando è esasperato.
«E Leroy e Georgie?» Taehyung smette di respirare per un secondo. «Ci sono novità da parte loro?»
Taehyung si prende un po' di tempo per raccogliere le idee, per non fare scivoloni quando pronuncerà la sua versione distorta dei fatti.
«In realtà, sì», inizia, deglutendo a fatica a causa della gola secca. Ha bisogno di un po' acqua, visto che Jeongguk non è stato qui a ricordargli di bere ogni cinque minuti. «Stavano seguendo Linda Bane e... a un certo punto lei ha raggiunto i giornalisti. Alla stazione di servizio.»
«Cosa ci facevano in quella stazione di servizio?»
«Che cazzo ne so», risponde Taehyung. «Probabilmente dovevano incontrarsi con lei, ma non ne so molto.»
«Strano.»
Non c'è niente che non sia strano in questo caso.
«Tutto questo per dire che Leroy e Georgie sono arrivati quando hanno sentito lo sparo, proprio come Stacy, ma Linda ne ha approfittato per fuggire.»
«E non l'avete inseguita?»
«Avevo un uomo che sanguinava davanti a me, Seokjin», risponde bruscamente Taehyung. «Dovevo lasciarlo così?»
«No, ma qualcuno avrebbe potuto—»
È il turno di Taehyung di interrompere Seokjin.
«Se n'è andata troppo in fretta, va bene? Nessuno stava pensando a lei, per l'amor di Dio. Io e Jeongguk non l'abbiamo nemmeno vista.»
Seokjin deve essere accigliato.
«Come fai a essere sicuro che fosse lei, allora?»
«Leroy e Georgie stavano seguendo lei e ho sentito la sua voce, ma non è questo il punto, Jin.»
L'impazienza gli scorre nelle vene, e Taehyung non rende nemmeno conto di ciò che ha detto.
«Voglio dire... Seokjin.»
«Comunque», risponde il sergente dopo qualche secondo, con la voce meno ferma di prima. Anche lui deve essere stanco. «Per ora non abbiamo nulla, quindi vai all'ospedale e fammi sapere come va, ok?»
«D'accordo.»
«Ti farò sapere se succede qualcosa qui», gli assicura Seokjin, poi aggiunge: «E non sparare di nuovo a qualcuno.»
«Sei fortunato che non abbia sparato a te.»
Detto ciò, riattacca.
Con un movimento fiacco, Taehyung scende dall'auto e si dirige verso l'ingresso, che lo conduce prima alla sala d'accettazione e poi a quella d'attesa, dove trova i suoi colleghi insieme a Stacy; è seduta un po' più lontano dai poliziotti e sta digitando qualcosa sul suo cellulare. Non vuole sapere cosa stia tramando, tanto è sicuro che lo scoprirà presto.
«Ce l'hai fatta», dice Jeongguk alzandosi in piedi, ottenendo una leggera risatina da parte di Taehyung.
«Non fare l'esagerato, certo che ce l'ho fatta.»
Jeongguk alza gli occhi al cielo e impedisce a Taehyung di sedersi.
«Tu non vai da nessuna parte», gli sussurra Jeongguk all'orecchio mentre gli afferra il braccio e lo conduce più lontano, in un angolo tranquillo. «Non ho dimenticato la parte del "ne parliamo più tardi", quindi parla.»
Taehyung vorrebbe che fosse il contrario, ma è giusto così.
«Non c'è molto di cui parlare», risponde in un vano tentativo di smorzare i toni.
«Ti stai solo scavando la fossa da solo», ribatte Jeongguk, e ha ragione. «Cosa stai cercando di fare, Cristo Santo?»
Cristo Santo, giusto. Come se un'entità divina potesse fare qualcosa per risolvere questo macello.
«Sto solo cercando di salvare il culo di Leroy.»
Le sopracciglia di Jeongguk si inarcano in un'espressione perplessa. «E al tuo non ci pensi?»
«Tanto sono già nella merda fino al collo.» Taehyung scrolla le spalle. «È meglio che assicuri a lui una grande carriera.»
Jeongguk si acciglia. «Non danneggerebbe la sua carriera. Non così tanto, almeno.»
Taehyung non ne è convinto.
«Sai che lo farebbe.»
«E alla tua non ci pensi, eh?»
«L'hai già detto, campione.»
«Il suddetto campione ti spaccherà la testa se continui così.»
Limpido e cristallino, Taehyung deve concederglielo.
«Senti, non è una cosa così importante», gli dice Taehyung, anche se nemmeno lui ne è così sicuro. «Namjoon non rischia la vita e non denuncerà niente. Non è il suo modo di fare le cose. Andrà tutto bene.»
«Magari non ci saranno ripercussioni legali, ma le persone ti odieranno.»
«Come hanno sempre fatto.» Taehyung aspetta che Jeongguk risponda, ma non lo fa, dimostrandogli che ha ragione. «Vedi? Dovreste essere contenti di avere me come capro espiatorio.»
«Non sei un capro espiatorio», contesta Jeongguk. «Sei autodistruttivo.»
Già, forse lo è.
Ma non vede che male ci sia, almeno per gli altri.
«Sarebbe così terribile?»
«Ci risiamo», mormora Jeongguk, avvicinandosi un po' di più e abbassando il tono di voce. «Di nuovo questo orribile personaggio che stai cercando di costruire.»
Taehyung inarca un sopracciglio e picchietta due dita sulla fronte di Jeongguk, ancora fredda. «Cosa ti frulla in quella testolina?»
Il suo partner stringe le labbra, probabilmente sta cercando di non spaccare la testa a Taehyung, come ha detto lui stesso.
«Non crederò mai a quel personaggio», continua Jeongguk. «Quindi basta con le stronzate.»
«Sei tu che dici stronzate.»
Jeongguk inclina la testa, puntando i suoi occhi vividi su di lui. Non dovrebbe essere legale avere uno sguardo così espressivo, uno sguardo che sembra l'ottava meraviglia del mondo— così come non dovrebbe essere permesso alla mente di Taehyung di partorire certi pensieri, ma ultimamente accadono cose strane.
«Quindi non posso fare nulla per farti cambiare idea?»
Taehyung gli rivolge un debole sorriso. «Conosci già la risposta, partner.»
Jeongguk lo fissa per dei lunghi secondi, ma alla fine si morde il labbro inferiore e raddrizza la testa. Quell'attimo di latenza è abbastanza lungo da far serrare a Taehyung la mascella per l'impazienza e la preoccupazione.
«Va bene», si arrende. «Sono con te.»
E per qualche ragione, questo è tutto ciò di cui Taehyung ha bisogno.
Se Leroy continua incessantemente a fare su e giù con quel ginocchio Taehyung impazzirà, in più ci si mette la quantità assurda di persone nell'edificio, più affollato di quanto dovrebbe essere di notte— o comunque più di quanto Taehyung possa sopportare. Non gli sono mai piaciuti gli ospedali vuoti, figuriamoci quelli pieni zeppi. Terribili.
«Sta bene», gli assicura Taehyung incrociando le braccia. «Smettila di preoccuparti così tanto.»
Leroy lancia un'occhiata intorno a sé, per assicurarsi che non ci sia nessuno a parte Jeongguk— Georgie è in bagno e Stacy è più lontana, alle prese con il distributore automatico, dando ai detective un po' di gradito riposo.
«Non sono preoccupato per lui.»
«Per te?»
«No, per te, idiota», ribatte Leroy, sporgendosi in avanti e guardando Jeongguk. «Non posso credere che tu gli permetta di farlo.»
Jeongguk inarca un sopracciglio. «Hai accettato tu per primo.»
Leroy lancia un'occhiataccia a Taehyung e poi torna a guardare Jeongguk. «Sai quanto è testardo.»
«Sono qui, sai?», interviene Taehyung. «Ora fai il bravo bambino e chiudi il becco.»
«Antipatico», non può fare a meno di rispondere Leroy.
«Ho tutto il diritto di essere antipatico con te.»
«Oh, allora è per questo che lo fai.»
«Cazzate.» Taehyung alza lo sguardo, Georgie sta arrivando. «Basta così.»
Leroy, da bravo bambino testardo qual è, apre la bocca per ribattere, ma Taehyung gli dà un calcio sullo stinco prima che possa aggiungere qualcosa di stupido.
«Ah! Brutto— hey G, come va?»
«G?» Georgie ridacchia leggermente, sedendosi accanto a lui. «Da quando mi chiami G?»
«Da quando si è rimbecillito», risponde Taehyung al posto di Leroy, rivolgendogli un sorriso sarcastico.
«Disse il più imbecille di Chicago.»
«Leroy Jenkins», lo avverte Taehyung, sempre sorridendo. «Se continui così, ti mando dritto in terapia intensiva.»
Leroy lo guarda con aria di sfida, ma non osa aggiungere nulla.
«Voi due siete assurdi», afferma Georgie, poi si rivolge all'altro detective. «Come stai, Jeongguk?»
«Starei meglio senza questi due imbecilli che bisticciano senza sosta, ma sto bene, grazie.»
«Come ti permetti?» Leroy sussulta, mettendosi una mano sul petto. «Non puoi dire così, sei tu quello che bisticcia sempre con Taehyung.»
«Non è vero», risponde Jeongguk.
«È molto vero.»
Il detective inclina la testa e si volta verso Taehyung. «Non stiamo litigando più come prima, no?»
Preso alla sprovvista, Taehyung stringe la mascella, lo sguardo vaga da Leroy a Georgie, poi torna sul suo partner.
«No, infatti.»
«Ma comunque litigate», insiste Leroy, «e più di me e Taehyung.»
«Questo perché passo più tempo con lui che con te», osserva Taehyung, mentre Leroy mette il broncio.
«Ora sono triste», risponde l'ufficiale, più melodrammatico che mai. «E geloso.»
«Geloso e triste un corno», dice Taehyung alzando gli occhi al cielo.
Grazie a Dio, Leroy viene interrotto dalla dottoressa che si occupa di Namjoon, e la sua presenza fa subito alzare in piedi Taehyung e Jeongguk. Si scambiano qualche parola di circostanza, poi la conversazione prende un'altra piega.
«Sta bene. Non ci sono fratture e le sue arterie sono miracolosamente a posto. Pochi millimetri in più e avrebbe potuto perdere l'uso del braccio.» Si schiarisce la gola e controlla la cartella che tiene vicino al petto. «Ma è stato fortunato, quindi potrà essere dimesso tra un'ora o poco più.» Il suo sguardo vaga per un po' alle loro spalle. «Potrebbe però avere bisogno di aiuto per qualche giorno. La sua fidanzata è venuta con voi, giusto?»
Taehyung ha bisogno di un attimo per capire di chi stia parlando, ma poi scuote la testa.
«Non è la sua fidanzata, per quanto ne so, ma solo la sua collega.»
La collega in questione arriva giusto in tempo e il medico le spiega tutto, dagli esami che Namjoon ha fatto agli antibiotici che dovrà prendere per un po'. Non appena la dottoressa se ne va, Stacy mette in chiaro che la loro presenza non è più richiesta, anzi, non è nemmeno voluta.
Taehyung la ascolta senza fare storie, limitandosi a dirle che non è fuori dai guai, prima di lasciare l'edificio con la sua squadra, permettendosi di respirare di nuovo quando il suo viso incontra l'aria fredda— la tempesta è svanita e il vento incessante è ormai un vecchio ricordo. Alza lo sguardo verso il cielo scuro, in contrasto con il terreno innevato, e si prende tutto il tempo del mondo per espirare. Il suo corpo si immobilizza nel momento in cui si accorge dello sguardo di Jeongguk su di lui, stanco ma più tenero del dovuto.
«Ragazzi», dice Leroy, ma Taehyung è troppo preso dal caos dei suoi pensieri per voltarsi. «Ragazzi, guardate qui.»
Interrompendo il contatto visivo, entrambi i detective lanciano un'occhiata a Leroy, ma i loro sguardi si posano sul suo cellulare, che mostra una preoccupante notizia dell'ultima ora.
«Non ci posso credere», sibila Taehyung.
Il telefono prende vita nella sua tasca proprio in quel momento.
«Seokjin», sussurra prima che il sergente possa dire qualcosa. «Ti prego, non dirmi che c'è un'altra vittima.»
Seokjin rimane in silenzio per un po'.
Non lo dirà. Non ce n'è bisogno.
«Ti mando la posizione.»
«Ancora quel cazzo di Loop», dice Taehyung raggiungendo la zona, più velocemente di quanto dovrebbe. «Maledizione.»
Non smette di battere le dita sul volante, non ci riesce. Riesce a malapena a trattenersi dal muovere il ginocchio su e giù, e ci riesce solo grazie alla mano di Jeongguk sulla sua coscia, che ogni tanto la stringe delicatamente... I partner di lavoro possono fare almeno questo tipo di cose, giusto? Giusto.
«Cerchiamo di arrivare tutti interi, va bene?»
Tutto intero: probabilmente l'esatto contrario dello stato in cui versa il cadavere della vittima, cioè la donna che hanno lasciato morire. Come può preoccuparsi della propria incolumità quando qualcuno è appena morto là fuori?
«Non me ne frega un cazzo», ribatte Taehyung, sterzando per sorpassare due auto, i cui clacson riecheggiano nella loro.
Le dita di Jeongguk stringono più forte la sua coscia, in segno di avvertimento.
«Non te ne frega un cazzo di me?» chiede Jeongguk. «Interessante.»
Quello stronzo sa che non è quello che intendeva Taehyung, ma non gli dà la soddisfazione di confermarlo. Jeongguk lo capirà da solo prima o poi, se è troppo stupido per capirlo adesso.
Se fosse stato Jeongguk a sparare a Namjoon, Taehyung avrebbe comunque fatto di tutto per prendersi la colpa. Certo che gli importa di quell'idiota, con suo grande disappunto.
«Siamo proprio fottuti», borbotta Taehyung dopo un po', controllando che gli agenti siano ancora dietro di loro.
«Oh, quindi ora ti interessa?»
Taehyung schiocca la lingua. «Non di me.»
Tanto è già nella merda.
Jeongguk non risponde all'irritazione di Taehyung, limitandosi a dire: «Hai ragione a preoccuparti. Mi sembra che il caso stia assumendo tutta un'altra dimensione, a partire da adesso.»
È purtroppo vero, il telegiornale è stato chiaro su questo.
«È la prima volta che conosciamo il nome della vittima prima ancora di presentarci sul posto», osserva Taehyung in tono serio. «Non tira affatto una bella aria.»
«E che nome.»
Taehyung gli lancia un'occhiata di traverso, sospira. Ripete: «E che nome.»
A questo punto, Taehyung comincia a dubitare di riuscire a superare vivo questo caso.
Sì, forse sta diventando tutto troppo pesante da sopportare, ma se c'è una cosa di cui è sicuro è che non mollerà. Preferirebbe morire piuttosto che arrendersi. E queste sono tutto tranne che parole al vento.
Delle luci lampeggianti in lontananza e il nastro giallo gli confermano che sono appena arrivati all'inferno.
Taehyung parcheggia l'auto un po' lontano dalla scena del crimine, proprio come gli agenti, cercando di ritagliarsi un minuto di pace per rincuorarsi nell'oscurità confortante dell'auto, nella presenza confortante di Jeongguk. Odia ammetterlo, ma è così. Non ha bisogno di mentire a se stesso su questo, soprattutto adesso— come non detto, anche questa è una conversazione con la propria mente che avrà tempo di fare dopo.
Taehyung lancia un'occhiata a Jeongguk, osservandone la mascella squadrata e gli zigomi, più sporgenti del dovuto. Dire che sembra esausto sarebbe un eufemismo ormai, eppure in qualche modo riesce a rimanere bello come è sempre stato— anche se tempo fa Taehyung aveva di meglio da fare piuttosto che riconoscerlo.
«Sei pronto?»
Gli occhi di Jeongguk incontrano quelli di Taehyung per un breve attimo, dopodiché il minore si sporge in avanti per fare Dio solo sa cosa.
«Pronto quando lo sei tu», risponde Jeongguk, porgendo una bottiglia d'acqua a Taehyung. «E lo sarai dopo aver bevuto.»
Taehyung non dovrebbe amare tutte queste piccole attenzioni, soprattutto quando provengono da Jeongguk.
«Dai, so come suona la tua voce quando sei disidratato.»
Non dovrebbe affatto.
Tuttavia, si rassegna a combattere la parte debole del suo cervello e apre la bottiglia, mettendola via solo quando è mezza vuota.
«Grazie», dice restituendo la bottiglia a Jeongguk, che beve un sorso prima di rimetterla nel cruscotto.
«Andiamo.»
Sta per aprire la portiera, quando la mano guantata di Jeongguk lo trattiene. «Taehyung?»
Volta la testa, aggrottando le sopracciglia. «Sì?»
«Qualsiasi cosa tu faccia là fuori», esordisce, «mantieni la calma, d'accordo?»
Seguirà il consiglio, anche se non aveva bisogno di Jeongguk per saperlo. Sarebbe terribilmente stupido dare di matto dopo aver sparato a Namjoon, no?
«Manterrò la calma per te», risponde Taehyung, ogni filtro svanisce alla sola vista dello sguardo di Jeongguk. «E solo per te.»
Taehyung si pente di ciò che ha detto nel momento stesso in cui quelle parole escono dalla sua bocca, ma un leggero sorrisetto affiora sulle labbra di Jeongguk.
«È così che comunicano i partner di lavoro?» Ovviamente, Jeongguk doveva provocarlo. «Non sapevo che ci sapessi fare con le parole.»
«Non—» Taehyung sospira. «Sai una cosa? Questa conversazione è finita.»
Esce dall'auto tra le flebili risatine di Jeongguk.
«Pronti, ragazzi?» chiede Taehyung agli agenti dopo che si sono riuniti. Leroy si aggiusta il berretto e Georgie fa un cenno di assenso. «Bene, allora rimanete qualche passo dietro di noi. Ci occupiamo noi degli avvoltoi.»
E con questo Taehyung non intende spintonarli fino a che non se ne vanno. Jeongguk ha ragione – e lo sapeva già da prima –, agendo così si scava soltanto la fossa da solo.
Cominciano a camminare a gruppi di due, un po' distanti l'uno dall'altro.
Per un po' tutto sembra apparentemente normale, ma poi inizia il loro ennesimo battesimo del fuoco. I giornalisti si affrettano verso i detective e li accerchiano. Dato che tutta l'attenzione è concentrata solo e soltanto su di loro, Leroy e Georgie riescono a bypassare l'intera faccenda— e questa, a quanto pare, è l'unica buona notizia che Taehyung riceverà da qui a un bel po'.
«Detective, perché siete così in ritardo?»
Maledetti giornalisti, sempre così drammatici.
«Magari siete voi troppo in anticipo?»
Jeongguk gli dà una gomitata discreta e Taehyung lo prende come un avvertimento a non continuare. Per qualche motivo, gli dà ascolto, ignorando il giornalista mentre continua a camminare, a un ritmo così lento che è un miracolo che non abbia ancora spinto nessuno.
«E gli indizi che avevate?»
«Sono gli stessi assassini, vero?»
«Cosa è successo davvero a casa dei Doney?»
Ma questi stronzi non dormono mai? Sono arrivati persino prima di lui e Jeongguk, per l'amor del cielo. Questo la dice lunga sul loro stile di vita, no?
«Sapete chi è stato ucciso, vero?»
Come potrebbero non saperlo, visto che tutti i canali di informazione hanno iniziato a parlarne molto prima che i detective arrivassero sul posto? Quindi sì, lo sanno, e per quanto gli piacerebbe che fosse tutto un incubo, non lo è.
Beh, in realtà è un incubo, ma non uno da cui ci si può svegliare.
Almeno non sono a conoscenza di ciò che è successo alla stazione di servizio.
«So dov'eravate.»
...o forse sì.
Il giornalista che ha parlato emerge dalla folla, con il piccolo distintivo del Tribune appeso al collo come una minaccia.
«So cosa hai fatto», insiste avvicinandosi, mentre gli altri lo lasciano fare, con gli occhi curiosi puntati su di lui. «Come osi presentarti qui dopo quello che hai fatto?»
Taehyung potrebbe benissimo stenderlo per evitare che faccia storie proprio adesso.
«Non so di cosa tu stia parlando», dice Taehyung in modo categorico, mentre Jeongguk, accanto a lui, gli ricorda di rimanere calmo. «Ora, se non vi dispiace, abbiamo un cadavere da controllare.»
Taehyung sta per passargli accanto quando quello stronzo alza la voce, rivolgendosi a quei demoni dei suoi colleghi.
«Vedete quell'uomo?» Indica Taehyung, che ricambia lo sguardo, indifferente. «Ha sparato a un giornalista, due ore fa.»
All'improvviso, un'ondata di calore lo investe, irritazione e rabbia si mescolano nel suo stomaco, ma in qualche modo serrare la mascella pare sufficiente a trattenere le parole velenose che minacciano di fuoriuscire dalla sua bocca.
«Non abbiamo nessuna fottutissima dichiarazione da fare», sibila a denti stretti, con il petto in fuori e le spalle rigide che minacciano chiunque cerchi di toccarlo.
Crearsi un varco nella massa di corpi intorno a lui è più facile del previsto, alcuni giornalisti si tirano addirittura indietro quando Taehyung si avvicina: gli idioti hanno imparato la lezione. L'impiegato del Tribune non osa dire un'altra parola, probabilmente contento di essere riuscito a spargere il suo veleno senza subirne le conseguenze. Ad essere onesto, Taehyung è troppo esausto per opporre resistenza, soprattutto contro un serpente ostinato come quello.
Stranamente, non vuole nemmeno deludere Jeongguk— o almeno non vuole metterlo in un altro guaio. Sono entrambi sulla stessa barca, ma Jeongguk non deve sempre subire i suoi scatti d'ira, o qualunque cosa siano.
È decisamente strano, sì, ma non importa.
Quando sono fuori dai guai – almeno per una decina di secondi, aggiungerebbe Taehyung –, Jeongguk gli dà una pacca sulla schiena, guadagnandosi uno sguardo perplesso da parte di Taehyung, mentre entrambi continuano a camminare verso la scena del crimine.
«Perché?»
L'ombra di un sorriso affiora all'angolo delle labbra bluastre di Jeongguk. Taehyung ricorda il sapore delle sue labbra calde, e non può fare a meno di chiedersi come sarebbe baciarle adesso, sostituirne il colore bluastro con uno più simile al rosso, e—
Partner di lavoro. Sono partner di lavoro, niente di più, niente di meno.
Eppure, continua a pensarci.
«Sei stato bravo.»
«Ah, sì? E cosa viene dopo?» risponde Taehyung, inarcando un sopracciglio. «Stai andando alla grande, tesoruccio?»
Jeongguk rallenta per rispondergli prima che raggiungano la squadra. «Se è ciò che serve per farti restare calmo, allora sì. Stai andan—»
«Dillo e ti prendo a calci in culo, Jeongguk.»
Il suo collega alza gli occhi al cielo. «Va bene, lo terrò per dopo.»
«Tienitelo per te e basta.»
Gli occhi di Taehyung incontrano quelli di Seokjin, che sembra stanco quanto i detective, se non di più. Hoseok mostra ancora quella scintilla lucida e intimidatoria in lui, ma Taehyung non sa proprio come faccia. Dovrebbe avere un aspetto terribile, come tutti gli altri, invece è in piedi, rilassato come mai prima d'ora, ma al contempo serio e pronto a rimboccarsi le maniche. A questo punto, Taehyung non lo considera neanche più umano.
«Finalmente», esclama Seokjin quando Jeongguk e Taehyung si fermano davanti a loro. «Che cosa è successo laggiù?»
«Con quelli lì?» Taehyung solleva una mano, indicando i giornalisti alle sue spalle con il pollice, molto lontani rispetto a loro. «Niente, solo domande stupide. E qui? Ci sono testimoni, telecamere di sorveglianza?»
Seokjin gli lancia un'occhiata sospettosa ma non insiste, concentrandosi sulla sua domanda. «Il casinò è eccezionalmente chiuso per qualche giorno, quindi solo due passanti. Lo stesso scenario di sempre. Nessuno ha visto nulla, le telecamere mostrano solo la portiera del furgone eccetera eccetera. Vi farò vedere il video più tardi.»
«Grandioso», risponde Taehyung con tono ironico.
«Comunque, qui c'è un gran casino, vi avverto.» Non dev'essere soddisfatto della mancanza di reazione dei detective, perché aggiunge: «Dico sul serio, ragazzi, è difficile da vedere.»
«Lo è sempre, no?» replica Taehyung in tono tagliente, poi sospira quando Jeongguk gli dà un'altra gomitata. «Scusa, sono solo stanco.»
«Lo siamo tutti, non preoccuparti», lo rassicura Hoseok, ma è l'ultima persona di cui Taehyung si fiderebbe per quanto riguarda la stanchezza, dato che l'agente speciale sembra tutto fuorché esausto. «Seokjin ha ragione, però, è tosta questa volta, quindi fate attenzione.»
Taehyung si trattiene a stento dall'alzare gli occhi al cielo. «Sì, paparini, staremo attenti.»
Taehyung sente la leggera risatina di Hoseok, ma decide di ignorare i brontolii di Seokjin quando gli passa accanto: sembrano più imbarazzati che dispiaciuti, comunque.
Il fatto è che...
Taehyung comprende il loro avvertimento non appena l'investigatore forense gli permette di accovacciarsi al di sotto del nastro giallo, con la faccia seria. Comprende quell'avvertimento quando calpesta la neve densa, con l'odore di morte che gli riempie le narici. Comprende quell'avvertimento quando guarda in alto e le luci rosse al neon dell'enorme insegna del casinò si riflettono sul terreno bianco. Comprende tutto questo prima ancora di vedere il cadavere, e Signore, quando lo vede...
Ok. Immaginate la cosa peggiore che abbiate mai visto.
Fatto? Bene, è peggio di così.
Si sono verificati quattro omicidi, uno più sanguinoso dell'altro, ma per qualche motivo questo fa torcere le budella di Taehyung come mai prima d'ora. Sente un sapore aspro bloccato in gola e un desiderio bruciante di sputare fuori il suo disgusto. Ma non ci riesce, quindi si tiene tutto dentro, mentre i suoi occhi si rifiutano di abbandonare l'orrore che ha davanti.
Taehyung la vedeva sempre in televisione, come metà dei cittadini di Chicago. I suoi occhi erano sempre brillanti sul set di quel programma notturno, rivolti al pubblico o all'ospite della serata.
Ora sono vuoti, privi di qualsiasi sentimento, a parte il terrore. Sono anche spalancati e, anche se non lo stanno guardando, la pelle di Taehyung inizia a pizzicare con un fastidioso senso di disagio. Dovrebbe distogliere lo sguardo, dovrebbe farlo davvero, ma...
«Hey, Taehyung?»
Il tocco improvviso di Jeongguk lo fa rabbrividire.
«Scusa, io—»
«È tutto ok», mugugna Taehyung, senza osare guardare Jeongguk. Non è nemmeno sicuro di riuscire a muovere il collo.
La verità è che Taehyung non voleva che Jeongguk smettesse di toccarlo.
La verità è che Taehyung desidera le mani rassicuranti di Jeongguk su di lui.
Ma non glielo dice.
«Jeongguk.» La sua voce viene fuori strozzata, ma non riesce ancora a guardarlo. «Che diavolo è?»
«Io—» ansima Jeongguk, la cui voce trema tanto quanto quella di Taehyung. «Cazzo, non lo so.»
Come potrebbe saperlo?
Questo... questo non è umano. Non è nemmeno mostruoso, è molto peggio. È indescrivibile, Taehyung sente scorrere sotto la pelle un centinaio di minuscoli insetti, si sente soffocare a tal punto che gli sembra di avere un filo spinato intorno al collo. Quello che vede lo pietrifica, gli fa gelare il sangue, lo rende incapace di pensare correttamente, lo induce a domandarsi perché.
E soprattutto lo spaventa.
In realtà, Taehyung non è mai stato il tipo di poliziotto che si spaventa facilmente – chiunque altro potrebbe confermarlo –, ma questo?
Va al di là di qualsiasi cosa abbia mai visto in vita sua e, fidatevi, ne ha viste tante di cose orribili.
Non hanno molto tempo per lavorare, perché le condizioni meteorologiche non giocano a loro favore e la squadra forense deve portare via il corpo, ma Taehyung semplicemente non riesce a darsi una mossa. Ha bisogno di tempo per elaborare ciò che ha davanti, almeno un minuto.
«Puoi tornare indietro se vuoi», riesce a dire Jeongguk, la sua voce non è altro che un sussurro. «Ci penso io.»
Nonostante il caos intorno a loro, anche se un po' distante, gli sembra che siano soli, ad affrontare insieme un orrore indicibile.
«Stronzate», risponde Taehyung in tono basso, quasi senza fiatare. «Sei spaventato quanto me.»
«Lo sono.»
Taehyung sente che sono arrivati a un punto in cui, in un certo senso, possono permettersi di essere onesti l'uno con l'altro, almeno quando si tratta di lavoro— eppure questo va già ben oltre. Il loro non è un lavoro come gli altri. In questo campo, sono esposti alla parte peggiore dell'umanità, ai peggiori vizi degli animali che sono gli esseri umani. Cazzo, nemmeno gli animali più feroci farebbero cose del genere, non di proposito.
È questa la parte peggiore della situazione. Non è l'istinto a guidare quegli assassini, ma i loro desideri perversi. Una tale depravazione non dovrebbe mai rivelarsi al mondo, non dovrebbe nemmeno esistere, ma Taehyung non è così ingenuo da crederci. Sarà sempre lì, ad aggirarsi nell'oscurità, a godere del nascondiglio confortante della notte e ad osservarti da lontano. Vederla una volta è sufficiente a farla diventare un fantasma che si impossessa della tua mente per tutta la vita. E una volta che hai compreso quanto può essere spaventoso questo mondo, sei fregato. Quel pensiero non ti abbandonerà mai. Non c'è possibilità. Ma non puoi abbracciare l'oscurità, altrimenti—
Altrimenti potresti diventare come quelli che devi arrestare, potresti rimanere bloccato nella loro testa per sempre... o loro potrebbero rimanere bloccati nella tua.
La risposta è sempre quella di distaccarsi una volta terminato il lavoro, ma come può gestire la situazione quando questa si protrae nel tempo? Quando è lui che viene preso di mira, personalmente? Taehyung vorrebbe avere la risposta, ma le cose non sono mai così facili in questo lavoro, giusto?
La mano di Jeongguk sfiora la sua spalla tesa, come se stesse chiedendo il permesso di esercitare una pressione più decisa su di essa, cosa che avviene un attimo dopo.
«Tu ed io, ce la faremo.»
Taehyung non ne è così sicuro, ma quando i suoi occhi incontrano finalmente quelli di Jeongguk, ha voglia di provare a credergli. I suoi occhi dovrebbero essere freddi ed esterrefatti, ma non lo sono. Lo sguardo di Jeongguk è come una coperta in una notte gelida, calda e rassicurante. Sì, anche i suoi occhi sembrano umidi, ma Taehyung decide di concentrarsi solo sul potere del loro conforto.
Taehyung inspira dalla bocca, espira una nuvola bianca, lancia un altro sguardo a Jeongguk. «Facciamolo.»
Il suo partner annuisce, mentre lui, lentamente, molto lentamente, sposta la sua mano. Fianco a fianco, si avvicinano al corpo, che appare ancora più inquietante ora che lo vedono chiaramente. Il volto di Jeongguk diventa livido, proprio come quello di Taehyung, ma nessuno dei due distoglie lo sguardo. Se una scena fa così tanta paura, ci si aspetterebbe di trovarsi di fronte a una pozza di sangue, di inciampare nel peggior smembramento di sempre, di vedere una testa che ti rotola verso i piedi.
Invece no.
Qui non c'è niente del genere. Non c'è sangue, nemmeno la più piccola goccia. Quel massacro è terribilmente silenzioso, gelido; congela i muscoli, le ossa. Scorre sotto la pelle di Taehyung, come la paura di un animale feroce, come una sensazione inquietante, un rumore di fondo che diventa sempre più forte con il passare del tempo. Gli sussurra all'orecchio, preme dita invisibili sulla sua nuca e fa rabbrividire tutto il suo corpo.
Taehyung sa che non riuscirà a dimenticarlo. Raramente dimentica, a dire il vero, ma quella scena lo perseguiterà anche nei sogni, gli causerà incubi terrificanti, lo sveglierà nel cuore della notte col sudore freddo che gli imperla la fronte. Riesce già a sentirlo: il ritmo frenetico del suo cuore, la gola secca, la lingua fatta di sabbia, i capelli fradici e appiccicosi, il vuoto nel suo letto.
Sa quanto sarà terribile, ma l'unica cosa che può fare è accettare ciò che verrà, provare ad avere fede.
Il cadavere è così livido che, se Taehyung ci posasse sopra un po' di neve, si confonderebbe con esso. Ci sono delle macchie più scure in alcune zone, il sangue si accumula nelle parti più basse, ma nel complesso è quello che ci si aspetta da un cadavere. È freddo e rigido.
Il volto della donna, il volto di Sadie, porta i segni del dolore e di pesanti torture ma, ancora una volta, non è... non è cruento. Questo fatto riempie Taehyung di inquietudine, gli fa venire voglia di scappare, ma lo congela sul posto. Si potrebbe dire che è sotto shock, e in effetti potrebbe esserlo. Non ha mai visto una violenza del genere, così controllata, così inquietante, così perversa. Così fottutamente paziente. Così cruda. Così fredda. Quest'ultima parola continua a tornargli in mente, a martellargli il cranio. Freddo, c'è freddo ovunque. Il suo corpo è freddo, lo è quello di Jeongguk, lo è quello della donna, anche l'aria è fredda... ogni cosa. Le parole non bastano per descriverlo, ma Taehyung non augurerebbe neppure al suo peggior nemico di vedere una cosa del genere. Nessuno dovrebbe vederla— ma qualcuno deve pur sacrificare la propria sanità mentale, giusto? Loro sono quel qualcuno.
«È—»
Jeongguk non finisce la frase, la voce si spezza e lo sguardo è fisso sul cadavere. Taehyung non avrebbe mai pensato di vedere una cosa così, nemmeno una volta in vita sua.
La bocca della donna è imbottita di banconote sgualcite, proprio come la sua vagina, perché il suo pube è completamente esposto.
Non ha mai visto niente del genere, nemmeno nei quattro omicidi precedenti. La vittima è completamente nuda per la prima volta, e questa è tutto fuorché una buona notizia. È umiliazione pura che si palesa davanti ai suoi occhi.
Si stanno evolvendo, direbbe Hoseok.
Stanno diventando sempre più letali, sempre più pericolosi, direbbe Taehyung. Stanno diventando più folli, più perversi.
Questa non è oscurità, è il male. È l'inferno. Un fottuto inferno gelido. Terrificante.
Taehyung deve lottare contro il proprio corpo per non cadere in ginocchio. Si accovaccia, seguito da Jeongguk. Mentre osserva più da vicino, reprimendo la bile che gli risale in gola, Taehyung nota che le mani e i piedi della ragazza sono diventati bluastri. Le labbra di Jeongguk sembrano quasi calde al confronto.
Taehyung sente l'impulso di andarsene, di rifugiarsi tra le braccia di Jimin, persino tra quelle di Yoongi o tra le lenzuola di Jeongguk— diamine, potrebbe persino versare una lacrima sulla spalla di sua madre, in questo momento. Vorrebbe essere ovunque, ma non qui.
Il fatto è che deve restare qui.
Jeongguk allunga il braccio per raggiungere la sua bocca, le dita guantate sfiorano le banconote e Taehyung si acciglia.
«Cosa stai facendo?»
Con cautela, Jeongguk estrae un pezzo di carta e lo mostra a Taehyung.
«Guarda.»
Il cipiglio di Taehyung diventa più profondo quando legge la parola. Una volta, poi due, tre, quattro, cinque, ma non scompare mai. È sempre lì, le linee scure impresse sulla banconota.
Meglio?
Non ha senso. Dov'è la solita firma?
«È—» Taehyung stringe la mascella e si gira verso Jeongguk, le ginocchia rigide scricchiolano per il gesto. «È una nuova firma?»
«Sembra di sì, non credi?»
In effetti, sì, lo pensa anche lui.
Però la cosa non gli piace affatto.
Meglio?
Meglio cosa, psicopatici?
Taehyung alza di nuovo lo sguardo verso Jeongguk quando realizza qualcosa.
«Non ricordo un caso simile.»
Con Miles, hanno smesso di copiare il sesso della vittima, affermando la loro volontà di prendersi qualche libertà.
Hanno deciso di rinunciarvi completamente?
«Sei sicuro?»
Taehyung lancia un'occhiata al corpo. Un brivido gli attraversa la schiena e si rifugia negli occhi da cerbiatto di Jeongguk.
«Non l'avrei dimenticato, credimi.»
«Nessuno potrebbe dimenticare una cosa del genere.»
Esattamente quello che pensa anche lui.
«So che non lo dimenticherò mai», aggiunge Jeongguk, con gli occhi sofferenti che tornano a posarsi sul cadavere.
Taehyung non risponde, non ne ha bisogno. Entrambi sanno di essere coinvolti in questa situazione, di provare gli stessi sentimenti. Solo una mente malvagia potrebbe guardare questo massacro silenzioso e non provare nulla— o peggio, provare una sorta di piacere.
Taehyung stesso può essere un bastardo a volte, lo sa bene, ma questo? È completamente folle. Non ha niente a che fare con un comportamento sbagliato che si può avere di tanto in tanto, niente a che fare con qualche scatto d'ira. No, è la forma più oscura del male, radicata nel cuore e nella mente di un criminale molto prima che quest'ultimo agisca per davvero. Questo tipo di atto è stato premeditato a lungo prima della sua realizzazione. È come la versione malata dell'arte: uno scrittore pensa a ciò che sta per scrivere, immagina un mucchio di scene, personaggi, luoghi, e poi si mette al lavoro, esercitandosi più e più volte. Con il passare del tempo, lo scrittore acquista fiducia e abilità, migliora. A un certo punto, sente di essere pronto per iniziare un progetto più grande, e fa tutto il necessario per realizzarlo nel modo più perfetto possibile— anche se la perfezione rimane un ideale alquanto fragile. La mente di un assassino non è molto diversa. Un assassino pensa a chi ucciderà, come lo farà, dove lo farà, ma raramente pensa al perché. Per individui come i serial killer, il perché non è davvero necessario, o almeno rimane inconscio. È qualcosa che devono fare, il pensiero di non farlo per loro è insopportabile. Sembra persino logico. A volte, un assassino del genere riesce a rimandare il punto di svolta, soddisfacendo alcune delle sue fantasie con degli oggetti, per esempio, o semplicemente osservando, ma ben presto arriva il momento in cui tutto questo non è più sufficiente. Non lo soddisfa più come prima, ha bisogno di altro.
Alcuni assassini non si preoccupano che i loro crimini siano perfetti. A volte non li pianificano nemmeno. Succedono e basta, sono un dato di fatto. O un impulso, spesso guidato dalla rabbia.
I loro assassini non sono così, ovviamente. Sono pianificatori. Sono dei fottuti pianificatori, e Taehyung si sente stupido per non essere in grado di comprendere il loro gioco. Tutto ciò che può fare è ipotizzare, con meno sicurezza di Hoseok e persino di Jeongguk, ma almeno ci sta provando. In queste settimane si è sforzato di imparare da loro, con discrezione, senza dirglielo, ma non è bravo come loro. Il suo pensiero sui serial killer e sugli assassini in generale era chiaro, anche se forse non necessariamente vero: sono degli psicopatici. Dei pazzi, volendo usare una parola più mainstream.
Ora che ha cercato, e cerca ancora, di capire questi individui – per arrestarli, non per giustificarli, va da sé –, Taehyung capisce cosa ci sia di così interessante in questo lavoro per gente come Jeongguk e Hoseok. In verità, la questione comincia a interessare anche lui, ma non è una cosa semplice di cui interessarsi, soprattutto quando fa parte del tuo lavoro. Non lo fa perché è affascinato dalle menti contorte; lo fa perché deve impedire loro di colpire. Quei pensieri deliranti devono rimanere solo e soltanto fantasie, e per questo l'unica soluzione è l'ergastolo. Un individuo del genere non cambia mai.
«Cosa ti passa per la testa?» chiede Jeongguk, esercitando una leggera pressione sul ginocchio di Taehyung. «Sono cinque minuti che sei distratto.»
Taehyung sbatte le palpebre un paio di volte, cercando di riconnettersi con la dura realtà, anche se non si ridesta subito dai suoi pensieri.
«Stavo—» Fa una pausa, inumidendosi le labbra fredde. «Stavo pensando come te, credo.»
«Pensando come me?» Jeongguk lo fissa. «Che significa?»
Taehyung non ha voglia di girarci intorno.
«Sto pensando ai serial killer. Sai, ai loro metodi e tutto il resto.»
Jeongguk inclina la testa, un'occhiata indecifrabile attraversa i suoi occhi.
«Sapevo che avevi in mente qualcosa», risponde. «Hai imparato.»
Quello stupido ma adorabile idiota sembra quasi orgoglioso. Taehyung presterebbe molta più attenzione alla cosa, se non fossero di fronte al peggior omicidio che abbiano mai visto.
«Ci ho provato», lo corregge Taehyung, meno sicuro del solito delle sue capacità. «Senti, so di non essere bravo come profiler, ma vedere che sai più cose di me mi infastidisce.»
Non è del tutto falso, ma neanche del tutto vero.
«Qualunque sia il motivo, continua. Abbiamo bisogno del tuo cervello, al massimo delle sue potenzialità.»
Taehyung annuisce, ma adesso è il momento di concentrarsi sull'omicidio, anche se ci sono tante altre cose che vorrebbe fare al posto di questa.
«Comunque, cosa ne pensi del... uhm, del cadavere?»
La mano di Jeongguk lascia il suo ginocchio, i suoi occhi vagano per un po' sul corpo.
«È un punto di svolta, non c'è dubbio.»
Le svolte fanno sempre paura, ma Jeongguk ha ragione. Ci sono troppe differenze, anche in ciò che provoca a Taehyung, nel modo in cui lo fa sentire. Gli omicidi precedenti erano terribili, certo, ma questo è diverso. È una nuova espressione degli assassini, un'altra epoca del loro regno del terrore— ma loro non sono i sovrani di Chicago, e Taehyung farà in modo di ricordarglielo. Chicago è indomabile. I suoi cittadini possono avere paura, ma la città è un'entità indipendente. Con l'aiuto della task force, Chicago non sprofonderà fino a scomparire e, se anche dovesse accadere, la riporteranno in superficie.
«Non stanno più emulando casi precedenti», sottolinea Taehyung come prima differenza. «Hanno cambiato la loro firma letterale. Non c'è sangue. Lei è nuda. E hanno aggiunto qualcosa, le banconote.»
Le banconote hanno sostituito il sangue, eppure – assurdo ma vero – Taehyung avrebbe preferito quest'ultimo. Non vuole sapere se l'abbiano fatto prima o dopo averla uccisa, ma prima o poi dovrà scoprirlo.
«Ci sono così tante differenze», risponde Jeongguk, un po' pensieroso. «E se i soldi non fossero stati aggiunti da loro? Voglio dire, Sadie aveva un sacco di soldi, niente di nuovo.»
«Ma è una novità per loro. Janice non era povera, ma nemmeno ricca, e lo stesso vale per gli altri.» Per qualche motivo, usare quella parola per includere Miles sembra sbagliato, così aggiunge qualcosa, assicurandosi di pronunciare il suo nome. «Kelsey e Miles si sono fatti il mazzo— pessima scelta di parole, scusa.» Jeongguk gli fa capire che non fa niente, quindi continua: «Hanno lavorato sodo per guadagnarsi da vivere ma non hanno vissuto nell'opulenza, capisci?»
Jeongguk annuisce lentamente, poi dice: «Non erano nemmeno delle star. Sadie è conosciuta da tutti a Chicago, ma non solo. Avrebbe potuto diventare tipo... la versione bianca di Oprah— anche se forse nessuno potrebbe superare Oprah.»
«Hai ragione», dice Taehyung. «Magari non sul diventare una dea come Oprah, ma comunque.»
«Era solo per sottolineare il mio punto di vista», ribatte Jeongguk. «Comunque—»
Restano in silenzio per un po', entrambi persi nei loro pensieri, ma poi Taehyung collega i punti— o almeno sente di averlo fatto. Un po'.
«L'ira è il peccato legato a Janice e Francis, giusto?» Jeongguk annuisce, e Taehyung aggiunge: «Almeno secondo noi. Non credo molto alla storia dei versetti biblici, ma ammettiamo che sia così. Rifacendoci ai versetti, la lussuria era il peccato di Kelsey e Miles.» Un'altra occhiata al cadavere, non meno dolorosa delle precedenti. «Stavolta dev'essere l'avidità.»
La fronte di Jeongguk si aggrotta leggermente, poi i suoi occhi si spalancano. «Sei un genio, Taehyung.»
Se quel caso gli ha insegnato qualcosa, è che in realtà non è affatto un genio, ma non riesce ad ammetterlo.
«Finalmente lo riconosci. Grazie.»
«No, ma guarda, hai assolutamente ragione. Ora sono quasi certo che le banconote fossero sue e che le abbiano rubate per usarle nella loro solita... scenografia.»
La differenza tra inscenare e creare deliberatamente una scena, giusto. Taehyung ricorda quella lezione.
«Allora è l'avidità. Sadie non era una che nascondeva la propria ricchezza.»
«No, infatti», concorda Jeongguk. «O magari era sommersa dai debiti e li nascondeva molto bene.»
Non si sa mai, riflette Taehyung. Ma comunque aveva la reputazione di una donna ricca, sempre avida di avere di più. La sua reputazione dev'essere stata sufficiente per gli assassini.
Vorrebbe davvero che avessero avuto ragione su Namjoon e Stacy.
«E la sua morte?» chiede Taehyung. «Nessun segno di strangolamento, nessuna ferita. Visto lo stato del corpo, direi che si tratta di qualcosa legato al freddo, ma come facciamo ad esserne sicuri? È lì da un po' e credo che il corpo abbia patito il congelamento.»
«O quello», risponde Jeongguk, «o forse un grave caso di ipotermia.» Si prende qualche secondo per muoversi intorno al corpo, si accovaccia di nuovo, ma ora si trova di fronte a Taehyung. «Forse soffocamento? O annegamento», aggiunge. «Guarda, alcune parti del corpo devono essere state bagnate a un certo punto.»
Guardando meglio, Taehyung è d'accordo. «Dovremo aspettare i risultati del laboratorio, ma deve essere qualcosa del genere, un metodo che lascia poche tracce.»
Jeongguk annuisce, dopodiché mette con cautela la donna su un fianco, mentre un groppone di saliva gli scende dolorosamente in gola, facendo sporgere il pomo d'Adamo.
«Non c'è niente sulla schiena, a parte segni di ipostasi.»
Jeongguk riposiziona il corpo com'era, e Taehyung si alza lentamente, con le gambe intorpidite. Cerca di cancellare quella sgradevole sensazione, prima di alzare la testa per guardare l'enorme edificio davanti a loro, con le luci al neon luminose come prima, ma che rendono ancora più oscura l'atmosfera. Se Taehyung dovesse descriverlo, farebbe riferimento a un film noir.
«Quel casinò conferma i nostri pensieri», dice, mentre Jeongguk torna accanto a lui.
«È decisamente un luogo pieno di avidità», afferma il suo partner. «E inquietante da morire. Non avrei mai pensato che quell'edificio potesse emanare vibrazioni così negative.»
«Ci sei mai entrato?» chiede Taehyung, più per curiosità che per altro.
«Al casinò? No, non fa per me.»
Eppure, non sarebbe difficile immaginarlo in mezzo alle sale da gioco o seduto a un tavolo da poker.
Taehyung lascia passare un attimo di silenzio, poi infila le mani nelle tasche del cappotto.
«Bene, è ora di andare.»
Jeongguk annuisce, dopodiché percorrono insieme qualche metro per incontrare di nuovo il caos generale. Taehyung aveva quasi dimenticato di non essere solo con Jeongguk— piuttosto il contrario, visto che nel frattempo sono comparse parecchie altre persone, dai ficcanaso ai giornalisti, fino a una squadra di poliziotti del Loop.
«Un bel po' inquietante, non è vero?» dice Hoseok quando li raggiungono.
«Fottutamente inquietante, vorrai dire.»
«Un macello», risponde a sua volta Jeongguk.
«Ne parleremo alla stazione, va bene? Mi congelerò se restiamo qui per un'altra ora», dice Hoseok, anche se non sembra affatto infreddolito. «E credo che qualcuno vi stia cercando laggiù», aggiunge, indicando loro alcune auto della polizia.
I detective si scambiano un'occhiata perplessa, ma alla fine annuiscono e si dirigono verso l'area designata. I giornalisti continuano a fare baccano, ma alcuni agenti riescono a tenerli a bada, in maniera pacifica. In ogni caso, non vogliono davvero vedere quello che pensano di voler vedere. Taehyung ne è sicuro, ora che ha visto l'oggetto dei loro desideri.
Taehyung capisce chi li sta cercando non appena scorge una chioma di capelli biondi, per ora girata di spalle.
«Ho sentito che ci stavate cercando?» La voce roca di Taehyung erompe quando è abbastanza vicino alla sagoma, che presto si rivela essere Jimin, meraviglioso essere umano— sì, anche nella sua uniforme invernale.
«Grazie a Dio sei qui», sospira Jimin mentre lo stringe in un breve abbraccio, senza badare alla presenza dei suoi colleghi a pochi metri di distanza. «Anche tu.» Abbraccia anche Jeongguk, lasciando entrambi i detective interdetti.
«Perché eri preoccupato per noi?» chiede Taehyung, confuso.
«Sono anni che mi preoccupo per te, Taehyung. E ora devo preoccuparmi anche di te, Jeongguk.»
Jeongguk abbassa lo sguardo e fissa il dito di Jimin puntato sul suo petto.
«Non c'è da preoccuparsi», gli assicura Jeongguk, lanciando un'occhiata a Taehyung. «Finché siamo insieme, staremo bene.» Jimin socchiude gli occhi, pronto a dire qualcosa, ma Jeongguk aggiunge: «Intendo come partner. Partner di lavoro.»
«Partner di lavoro, certo.» Non c'è un briciolo di convinzione nel tono di Jimin, ma Taehyung non ci fa troppo caso. Sa che comunque Jimin non getterà la spugna con loro due.
«Allora, cosa ci fai qui?» chiede Taehyung, tentando quantomeno di cambiare argomento.
«Ehm, lavoro anch'io, sai?» risponde Jimin, e Taehyung alza gli occhi al cielo. «Ci hanno chiamato per i rinforzi.»
«Ma non ce n'era bisogno.»
Sono i giornalisti ad aver bisogno dei rinforzi, al momento.
Jimin gli dà un colpetto, facendolo protestare.
«Di' che non volevi vedermi e basta.»
«Non dire stronzate», risponde Taehyung. «Ma comunque verrai sgridato.»
«Sgridato?» Jimin inarca un sopracciglio, per nulla impressionato. «L'intero distretto mi ama troppo, non lo farebbero mai.»
Primo distretto, Stazione Centrale. Tutti sotto un treno per Jimin.
«Ma non mi dire», lo prende in giro Taehyung, anche se Jimin è letteralmente adorato nel suo distretto. «Comunque, ti dirò tutto quello che vuoi sapere più tardi, va bene? Dobbiamo andare.»
«Sì», risponde Jimin, «come no.» Taehyung gli fa un sorrisetto, pronto a seguire Jeongguk, quando Jimin gli afferra il polso. «Aspetta un attimo, io...» Il suo sguardo vaga in giro per un paio di secondi. «È vero quello che ho sentito? Dicono che hai sparato...» Lancia qualche altra occhiata intorno a sé, poi abbassa la voce: «Dicono che hai sparato a Namjoon.»
Taehyung digrigna i denti, sente Jeongguk irrigidirsi accanto a lui. I detective si guardano e, per un attimo, Taehyung è tentato di scuotere impercettibilmente la testa per dire a Jeongguk di non proferire parola. Ma non può mentire a Jimin.
«Ti spiegherò più tardi, va bene? Solo... non dire nulla. Non sai cosa è successo.»
«Infatti, Taehyung, non so cos'è successo.»
Sì, giusto, ma non ha voglia di spiegare tutto quel casino in questo momento. È così esausto, cazzo, e la serata non è ancora finita.
Tuttavia, trova la forza di dire: «Non sono stato io, ma mi prenderò la colpa.»
Jimin si acciglia immediatamente. «Cosa?» La sua voce è ancora bassa. «Perché cazzo vorresti farlo?»
«Più tardi, Chim», gli ricorda Taehyung. «Per favore, non dire nulla.»
Jimin sembra rifletterci su per qualche secondo, poi sposta il suo sguardo su Jeongguk. «E a te va bene?»
«Fidati, ho cercato di fargli cambiare idea, ma lui—»
«È Taehyung», completa la frase Jimin, lanciandogli un'occhiataccia. «Fottutissimo Taehyung, sarai la mia morte, te lo giuro.»
«Però mi ami da morire.»
«E non so per quale cazzo di motivo, ma sì.» Jimin sospira, poi dà loro una pacca sulle spalle. «Bene, ragazzi, ora toglietevi dalla mia vista.»
E così fanno, allontanandosi in silenzio.
«Taehyung, aspetta.»
Taehyung aggrotta le sopracciglia, con gli occhi fissi su Jeongguk, imitando inconsciamente la sua espressione mentre gli tiene la porta aperta.
«Parliamo un attimo», aggiunge Seokjin.
Taehyung fa un cenno del capo per comunicare a Jeongguk che può andare, e quest'ultimo coglie al volo, chiudendo la porta dietro di sé e il resto della squadra.
«Vuoi farci morire di freddo?» chiede Taehyung quando si volta verso Seokjin, con le braccia conserte e le mani che stringono i bicipiti.
Seokjin non si preoccupa di replicare, andando subito al sodo. «Dimmi che non sei stato tu.»
«Vuoi che ti dica una bugia?» Taehyung inarca un sopracciglio e, davvero, anche quel semplice gesto è estenuante. «Sarebbe la prima volta.»
«Taehyung, so che non sei stato tu.»
Ma in realtà non lo sa, vero? Come potrebbe?
«Con tutto il rispetto, Seokjin, non sai un cazzo.»
Il sergente è probabilmente troppo stanco per replicare con qualche battuta di spirito, e onestamente anche Taehyung è troppo stanco per trovare qualcos'altro con cui rispondere.
«Cosa è successo, Taehyung? Chi stai cercando di coprire?»
Taehyung si sforza di mantenere un'espressione il più neutrale possibile— cosa che, in tutta onestà, gli riesce perfettamente.
«Ammetti che ho fatto una cazzata, amico.»
Il volto di Seokjin si distende per sorpresa nel sentire l'ultima parola, e Taehyung mentirebbe se dicesse che sia stata intenzionale. Non ha la minima idea del perché gli sia uscita, soprattutto perché non l'ha mai detta a Seokjin, e non l'avrebbe mai fatto se non fosse stato traviato dalla stanchezza.
Il silenzio tra loro è così imbarazzante che Taehyung sente il bisogno di romperlo.
«Seokjin, voglio dire. Non so perché—»
«Non fa niente, non c'è nessuno.»
«Sì, ma—»
«Non è che stiamo ancora insieme, no? Hai tutto il diritto di chiamarmi amico, se vuoi.»
Fa un po' male, anche se non dovrebbe. Non stanno più insieme e Taehyung non vuole che stiano di nuovo insieme, giusto? Quindi va bene così, davvero, ma c'è qualcosa di doloroso in quelle parole. Un retrogusto amaro sulla lingua, un lieve tuffo al cuore, qualcosa del genere.
«Giusto, ma la prossima volta fammi parlare, porca puttana.»
Sono entrambi troppo stanchi per continuare questa conversazione pericolosa, per fortuna.
«Dimmi perché ti stai prendendo la colpa.»
«Non— cazzo, Seokjin, credimi. Gli ho sparato, ora sta bene, fine della storia.»
«Non molli l'osso, eh?»
«Certo che no, non voglio mentire.»
Seokjin si pizzica il ponte del naso, spazientito e frustrato. Ha sempre avuto questo modo di fare, ma Taehyung fatica a ricordare il periodo in cui lo trovava divertente, persino eccitante. Ora è solo... parte di Seokjin, e spesso allude ai problemi in cui si trova Taehyung.
«Ma stai mentendo.»
«Non hai nessuna prova di questo, sergente.»
«Piantala di chiamarmi sergente per prendermi in giro, detective.»
Taehyung fa una mezza risata di scherno, scuotendo debolmente la testa.
C'è stato un tempo in cui pronunciare quelle parole li portava spesso a baciarsi fino a perdere il fiato, ma quel tempo è finito, ora. È passata una vita, tanto che sembra quasi non sia mai esistito. Come un sogno lontano, una flebile melodia che riecheggia di tanto in tanto nella mente di Taehyung. Il fatto è che quella melodia viene sempre più smorzata da una melodia ben più forte, una cazzo di sinfonia, con un testo tanto seducente quanto proibito.
Non dovrebbe sentirsi così fregato al solo pensiero— eppure è così.
«Fidati di me, so quello che faccio.»
«Quindi stai davvero coprendo qualcuno, mh? Non può essere Jeongguk, però, quindi—»
«Perché no?» replica Taehyung, interrompendo Seokjin per evitare che ci rifletta troppo.
«Lo copriresti, davvero?» chiede Seokjin, dubbioso. «So che vi siete avvicinati, ma non fino a questo punto.»
Se solo lo sapesse.
Anche se non è nulla di serio— per niente, soprattutto dopo Capodanno.
«Eppure, è il mio partner. È ovvio che lo coprirei.»
«Ma lui non lo accetterebbe mai, quindi sono sicuro che non è lui.»
È vero, ma probabilmente Taehyung ci proverebbe comunque. Non ha nulla da perdere a questo punto, no?
«Non è lui perché sono io. Fine del discorso, Seokjin, sono troppo stanco, cazzo.»
Taehyung sta per andarsene quando sente una pressione intorno al braccio, che mette in tensione tutto il suo corpo.
«Non posso allontanarti dalla squadra, soprattutto perché non è una cosa così grave come avrebbe potuto essere, ma ti prego—»
«Non lo farò più.»
Lo farebbe altre cento volte se Leroy ne avesse bisogno. Quel teppista è come il fratello minore che non ha mai avuto, e Taehyung ha sempre avuto il senso della famiglia.
Con un gesto pigro, Taehyung riesce a liberarsi dalla presa di Seokjin, poi apre la porta e la lascia sbattere alle sue spalle, segno che Seokjin non lo ha seguito.
Non presta molta attenzione ai pochi sguardi che si posano su di lui mentre attraversa la sala principale e scende di fretta al piano di sotto, entrando nell'atmosfera sommessa ma piuttosto fredda del seminterrato. Lo sguardo perplesso di Jeongguk è la prima e unica cosa su cui si concentra. Poi si siede accanto a lui in silenzio. Non ha nemmeno voglia di chiedere a Zak e Kristin come stiano. Nessuno osa parlare, nemmeno Hoseok, già appoggiato al bordo della scrivania di Seokjin, in attesa che quest'ultimo arrivi— cosa che avviene dopo un paio di minuti d'imbarazzo.
«Abbiamo fatto un casino», la voce ormai ferma di Seokjin riecheggia nel seminterrato. «Tutti noi, anche se alcuni più di altri.»
Taehyung non la prende troppo sul personale. Si è abituato alle osservazioni taglienti di Seokjin.
Una volta in piedi accanto a Hoseok, Seokjin aggiunge: «Questo omicidio è senza precedenti, spero che ve ne rendiate conto.»
Certo che se ne rendono conto, ma per ora Taehyung vuole solo andare a casa e addormentarsi sul divano— anche se a malapena si sente a casa in quella bettola. Forse potrebbe andare da Jimin, sempre se non c'è Namjoon? Se casualmente è da Stacy, ad esempio.
«Il loro modus operandi è cambiato un po', anche la scelta della vittima, e—»
«La firma», lo interrompe Jeongguk, visibilmente impaziente di parlarne. «La firma è cambiata.»
«Esatto», conferma Hoseok, prima di guardare i quattro agenti, ignari di questo fatto cruciale. «La farò breve per ora, ma c'erano delle banconote nella bocca e nei genitali della donna, e la firma era scritta su una di quelle banconote.»
I volti degli agenti si dipingono tutti di shock, poi di avversione.
Hoseok si spinge giù dalla scrivania, va alla lavagna e ci scrive sopra quella maledetta parola.
«Meglio?» legge Zak. «Che vuol dire?»
«È un gioco, ricordi?» Hoseok mette a posto il pennarello. «Hanno cambiato le regole, perché il gioco si è evoluto.»
«Proprio come loro.»
«Proprio come loro, Taehyung.» Hoseok torna al suo posto iniziale, accanto a Seokjin. «Non stanno più copiando, stanno creando. O distruggendo, se preferite.»
«Non copiano più vecchi omicidi?» dice Georgie, rivolgendosi ai detective. «Non ricordate nulla?»
«Era il mio turno», risponde Taehyung, «e mi ricorderei di un simile massacro. Quindi no, non ricordiamo nulla, perché questo omicidio è completamente nuovo per noi.»
Forse qualcosa di così orribile e perverso è già stato fatto da qualcun altro, ma Taehyung non ne ha mai sentito parlare.
«Ci ho pensato su», dice Hoseok, «e credo che il loro obiettivo originario fosse quello di dimostrare di essere migliori degli assassini che hanno copiato.»
Jeongguk si acciglia. «Allora perché non iniziare con la firma di adesso? Meglio?»
«Non sarebbe stato altrettanto piacevole per loro; a loro piace la sensazione di acquisire potere, di dimostrarci in continuazione quanto sono superiori. Volevano metterla sul personale, attaccarvi entrambi, cosa che sono riusciti a fare più di quanto vi aspettavate.» Hoseok fa una pausa, Jeongguk è teso come una corda di violino accanto a Taehyung. «Hanno dimostrato quanto fossero più intelligenti, perciò ora fanno i loro comodi, ma continuano a farsi beffe di noi, ovviamente. Altrimenti non sarebbe divertente. A loro piace il brivido di essere braccati, pur sapendo che non verranno mai scoperti perché sono troppo intelligenti, giusto? O almeno, questo è ciò di cui sono convinti. Gli dimostreremo che si sbagliano, ma per farlo dobbiamo davvero dare una svolta al nostro gioco.»
Come se potessero farlo.
«Come?» chiede Leroy.
«Usando strategie proattive.»
Taehyung sa di cosa si tratta e, deve ammetterlo, non lo avrebbe mai saputo se non avesse fatto qualche ricerca per conto suo. Forse l'avrebbe intuito, ma è meglio essere sicuri delle espressioni di Hoseok.
«In genere, queste tecniche consistono nell'attirare il colpevole in una trappola. Come una serie di azioni che portano al loro fallimento. Alcuni assassini sono più facili da arrestare, altri meno, e i nostri saranno degli ossi duri, credetemi, ma vale la pena tentare. Non possiamo continuare con i ritmi di adesso, limitandoci a reagire a ciò che fanno, giocando pulito. A volte è necessario mentire di proposito, perché quegli assassini? Hanno mentito per settimane. Diavolo, probabilmente mentono da tutta una vita. Pensate che qualcuno dei loro cari sospetti di loro? No di certo. Sono bravi a nascondere le cose, ma è ora di metterli alle strette. Vogliono la caccia? Bene, gli daremo la caccia. Vogliono giocare? Bene, giocheremo. Non si aspettano di vederci vincere, ma se diamo il tutto e per tutto prima o poi cadranno. Stanno diventando sempre più audaci, e questo sarà il loro punto debole. Noi non faremo altro che esasperarlo.»
Il silenzio che aleggia nell'aria è così teso che Taehyung ha trattenuto il respiro senza rendersene conto.
«I media ci useranno, per colpirci, ma a un certo punto toccherà a noi usare loro. Non vogliono collaborare? Bene, li inganneremo anche noi. Mentiremo, perché dobbiamo farlo. Loro vogliono vendere, noi vogliamo proteggere. Dovrebbero avere paura, ma immagino che a volte i soldi siano più importanti della paura di essere uccisi. Persino della fama.»
Eppure, Sadie è stata uccisa perché voleva soldi, potere e fama— ancora di più di quelli che già aveva.
Taehyung non voleva farlo, ma ha dovuto spiegare l'intera questione di Namjoon a Zak e Kristin, che hanno reagito entrambi con sobrietà, anche se sorpresi. Taehyung non temeva la loro reazione, ma ora non vuole più sentire Seokjin parlarne.
Per l'amor di Dio, non può nemmeno dare un calcio allo stinco di Leroy per fargli smettere di fare qualunque cosa stia facendo con le mani. Seokjin capirà che è stato lui se continua a torturarsele.
«Il Tribune darà di matto», dice Hoseok, con gli occhi puntati su Taehyung. «Spero che tu sia pronto.»
È nato pronto. Pronto ad affrontare i problemi, di sicuro.
«Posso sopportarlo», risponde, reprimendo uno sbadiglio. «Tanto mi odiano già. Ogni occasione è buona per gettarmi merda addosso.»
In questo momento non gliene importa un cazzo; forse per la poca coscienza che gli è rimasta, forse perché per ora non ci sono conseguenze, o forse perché ha davvero smesso di preoccuparsi dei media. In ogni caso, fanculo. Fanculo a tutti quanti.
«E ancora non sai perché erano lì?» chiede Seokjin, anche se sa fin troppo bene che Taehyung non ne ha la minima idea.
«Ehm, no? Voglio dire, dovevo essere sulla scena del crimine, quindi mi dispiace di non aver avuto il tempo di risolvere questo mistero.»
Seokjin ingoia il rospo e si rivolge a Leroy e Georgie. «E Linda?»
Gli agenti si scambiano un'occhiata, ma è Georgie a rispondere: «Era da Josh e, a un certo punto, se n'è andata in macchina e noi l'abbiamo seguita. È fuggita prima che potessimo accorgercene.»
«La vera domanda è: perché diavolo eravate tutti nello stesso posto? Loro erano in tre, voi in quattro. Fatevi due conti.»
«Ti prego, Seokjin», sibila Taehyung, pronto a sentire da un momento all'altro la gomitata di Jeongguk nelle costole, cosa che però non accade. «Tu non c'eri, quindi—»
«Non posso essere ovunque, Taehyung.»
È così fastidioso di proposito o...?
«Non sto dicendo che devi essere ovunque, sto dicendo che ti stai comportando da stronzo con la tua squadra, di nuovo.»
«Io non—»
«Porca troia, invece sì, Seokjin!»
Nemmeno Jeongguk osa muovere un muscolo.
E anche Hoseok sembra sconcertato.
Forse ha esagerato.
Forse ha urlato troppo forte.
Ma sapere cosa? Che se ne vada a fanculo.
Se Seokjin vuole iniziare a comportarsi da stronzo, buon per lui, ma non può aspettarsi che Taehyung se ne stia con le mani in mano. Non può aspettarsi che non reagisca. Lo conosce fin troppo bene.
Quindi sì, forse ha esagerato, ma è l'ultima cosa che interessa a Taehyung in questo momento.
«Sapete cosa?» dice Taehyung con voce roca, alzandosi in piedi. «Basta così per stasera. Me ne vado, e dovreste farlo anche voi.»
«Taehyung aspetta—»
No, non aspetta. Scusa Jeongguk.
In un batter d'occhio attraversa il corridoio ed esce dall'edificio, con le gambe che tremano per il freddo e la rabbia. Spera davvero che Jimin sia già tornato a casa. Dovrebbe mandargli un messaggio, per essere sicuro che non sia ancora al lavoro o con Yoongi.
«Taehyung», una voce dolce e quasi ansimante giunge alle sue orecchie. «Aspetta, per favore.»
Taehyung si morde la lingua per non dire a Jeongguk di lasciarlo in pace, rendendosi conto che sarebbe come un doloroso déjà vu.
«Sono stanco, Je—»
«So che lo sei, non voglio che torni dentro.» Jeongguk si avvicina, il suo respiro profuma di menta e aleggia nell'aria, probabilmente grazie alle sue solite mentine. «Me ne vado anch'io.»
«Davvero?»
«Sì», risponde Jeongguk, con gli occhi più piccoli del solito. Dev'essere davvero stanco. «Io—» Sospira, mette le mani in tasca. «Vuoi venire con me?»
«Venire con te?» Taehyung aggrotta le sopracciglia. «Non me ne andrò a passare il resto della nottata in giro per strada, non oggi, e—»
«A casa mia, Taehyung», lo interrompe Jeongguk, dolcemente. «Intendevo a casa mia.»
Che diavolo sta dicendo?
«Hai già dimenticato la nuova regola?» replica Taehyung, anche se non ha molta voglia di ricordare a se stesso che è stato lui a creare il loro nuovo rapporto di "partner di lavoro". «E anche se non ci fosse quella regola, pensi davvero che ti scoperei stasera? Ma che—»
«Taehyung», pronuncia Jeongguk, meno dolcemente di prima. «Primo, grazie per il promemoria e, secondo, non voglio scopare, voglio qualcuno a casa mia. Qualcuno in grado di capire quello che ho visto.»
Oh.
Oh, adesso ha capito.
Anche lui potrebbe avere bisogno di una persona del genere.
«Io—» Taehyung si gratta la nuca. «Scusa, pensavo... cioè, sì, ho capito.»
«Allora?»
Allora non ha la minima idea di cosa dovrebbe fare.
Non ci sarebbe niente di sessuale, è vero, ma... non è ancora peggio, in tal caso? Il sesso potrebbe essere una scusa come un'altra per passare del tempo insieme, ma questo? Cosa diavolo sarebbe?
Conforto...? Argh.
Dovrebbe decisamente cercare il conforto di Jimin, ma d'altro canto cosa succederebbe se lui non ci fosse? E se Taehyung rimanesse da solo nella sua patetica bettola? Non fraintendetelo, di solito è un tipo solitario, riesce a gestire da solo parecchi dolori e dispiaceri, o almeno sa fingere, ma... non vuole proprio stare da solo stanotte. Non vuole svegliarsi sudato e spaventato nel suo letto o sul suo divano.
«Non lo so, Jeongguk, io...» Il suo sguardo vaga per un attimo, per poi tornare sul suo partner con una certa difficoltà. «È una buona idea?»
«Una buona idea?» Jeongguk inclina leggermente la testa di lato. «Chi ha parlato di idee buone o cattive? È solo che...» Un altro sospiro, un'alzata di spalle. «È solo che non voglio stare da solo con i miei pensieri, capisci?»
Certo che capisce.
Lo capisce fin troppo bene, a dire il vero, però...
In fin dei conti, passare il resto della notte da solo nel suo letto non lo ucciderebbe, no? È un tipo tosto, può farlo. Ha vissuto cose peggiori e—
Cazzo, no. Ha vissuto cose folli e inquietanti, ma ogni esperienza è diversa, e ti colpisce in modo diverso. E ha la sensazione che questo sia uno dei momenti salienti della sua carriera— nel modo peggiore possibile, ovviamente.
«Nemmeno io», si lascia sfuggire Taehyung, e la sua voce che non è altro che un sussurro stanco, che soltanto Jeongguk può sentire.
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