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È meglio sapere e rimanere delusi, che non sapere e meravigliarsi sempre.
Oscar Wilde









𝙲𝙰𝙿𝙸𝚃𝙾𝙻𝙾 𝚇𝚇
Parte II







«È...» Hoseok raccoglie le idee, incrociando le braccia. «Non è impossibile. Cioè, per niente.»

«Lo so, vero?» rispondono contemporaneamente i detective, poi si scambiano un'occhiata, con le sopracciglia aggrottate.

L'agente speciale dà loro le spalle, frugando fra alcuni fascicoli posti sullo scaffale, poi torna con uno di quelli, aprendolo subito.

«Josh Doney, commerciante, attualmente lavora part-time per prendersi cura del figlio.» Esatto. Gira la pagina. «Anche Linda Bane, rappresentante di commercio, proprio come Janice. Questi lavori potrebbero essere adatti ai nostri assassini», dice Hoseok, battendo due dita sulla pagina. «Gli psicopatici spesso eccellono in questo campo.»

«Sei sicuro che siano psicopatici, quindi?» chiede Taehyung.

«Abbastanza sicuro, sì.» Li fissa, dato che ci sono solo loro tre nel seminterrato— il che è in effetti è strano. «Non tutti gli psicopatici sono serial killer, ma la stragrande maggioranza dei serial killer sono psicopatici, o almeno mostrano tratti psicotici.»

«Ad esempio?»

Hoseok chiude il fascicolo. «Ad esempio il narcisismo, l'egoismo, l'impulsività, l'incapacità di accettare le proprie colpe, il fatto di vivere superficialmente le proprie emozioni o la mancanza di empatia e di senso di colpa. Questi sono i tratti più comuni, direi.» Fa una breve pausa. «I nostri assassini non mostrano alcun senso di colpa, quindi non provano le cose come noi. I loro metodi sono estremamente violenti, e il loro giochetto sadico ci fa intuire che almeno uno di loro è narcisista, o mostra un comportamento narcisistico.»

I detective si prendono un minuto per elaborare il tutto.

«Josh non sembra uno psicopatico», dice Taehyung e, in qualche modo, ha ragione. Ma hey—

«Proprio qui sta la complessità del problema», risponde Hoseok, con le labbra contratte nel suo solito sorrisetto. «Questi individui imparano a emulare i sentimenti e le emozioni. A volte sembrano superficiali, ma il più delle volte funziona.»

«E James?»

Hoseok si siede per metà sulla scrivania di Seokjin, appoggiandovi i palmi delle mani. È strano vedere come si trovi a suo agio in questo posto.

«Anche gli psicopatici possono avere figli, proprio come i serial killer.» Scrolla leggermente le spalle. «Alcuni di quegli stessi assassini sembravano tenere ai loro figli, quindi perché no?»

Infatti, perché no?
C'è solo un modo per saperlo.

«Dobbiamo scoprire se avevano un alibi per tutti gli omicidi», interviene Jeongguk, ottenendo il consenso di Hoseok.

«E in fretta», dice l'agente. «Lo diremo a Leroy e Georgie non appena torneranno, così non sarete soli.»

«Mi sembra un buon piano», concordano Taehyung e Jeongguk. «Potrebbe volerci qualche giorno, però.»

«E qualche giorno ce l'abbiamo, signori», risponde Hoseok, poi si umetta le labbra. «Lo dirò anche a Seokjin quando tornerà.»

Pochi minuti dopo, Jeongguk e Taehyung si rimettono in viaggio.



____________



«Chi ti ha dato il diritto di essere così bello?» si complimenta con lui Yoongi, mentre Jeongguk esce dal bagno per raggiungerlo. «Il tuo ombretto è la vita.»

Jeongguk ridacchia, passa una mano tra i capelli neri di Yoongi, poi si siede accanto a lui sul divano.

«Quindi non sei più arrabbiato con me?» chiede il minore con un sorrisetto.

«Posso essere arrabbiato e continuare a trovarti bello, Ggukkie.»

Jeongguk appoggia la testa sulla spalla di Yoongi. «Non mi chiami mai Ggukkie quando sei arrabbiato.»

Yoongi gli lancia una lunga occhiata, poi gli stringe la coscia. «Questo è vero.»

Jeongguk emette un mormorio di soddisfazione, poi chiude gli occhi per un po', godendosi la presenza e il calore del suo amico. Vede già le prime domande affiorare nella mente di Yoongi, perciò fa del suo meglio per godersi la calma prima della tempesta. Yoongi è così gentile da lasciarlo stare per un paio di minuti, ma poi sembra che non riesca più a tenere a freno lingua— poco male, a Jeongguk non dispiace. In ogni caso, prima o poi avrebbe dovuto dirglielo.

«Raccontami che è successo ieri sera.»

Jeongguk apre gli occhi, lascia che il suo cervello rimetta insieme i pezzi.

«Niente di che», inizia Jeongguk. «Se n'è andato e basta.»

«Le partenze non ti hanno mai fatto soffrire.» Yoongi accarezza lentamente la coscia di Jeongguk. «È perché se n'è andato senza dire una parola?»

Sì, più o meno è così.
Taehyung doveva rimanere. Magari non per molto tempo, ma comunque doveva rimanere. Non doveva andarsene così, come il maledetto ladro che Jeongguk non credeva che fosse.

«Mi ha detto che avrebbe fatto la doccia dopo di me, e io ero così convinto della sua onestà che... tornare in una stanza vuota mi ha fatto male», dice con un sorriso amaro. «È stupido, non è vero? Era solo una scopata.»

Per Taehyung, almeno. Una cosa di una volta, giusto? Ah! Maledizione.

«Scopata o no, avrebbe dovuto dirti subito che non intendeva restare.»

Sul serio, nessuno lo conosce meglio dell'uomo che ha davanti.

«Non ho mai visto nessuno scappare via così.»

«La tua bellezza mozzafiato è troppo da gestire, credo.»

Jeongguk ridacchia di nuovo. «Immagino di sì.»

C'è un silenzio, ma Jeongguk intuisce già quale domanda verrà dopo.

«A parte questo... come diavolo è andata?»

Aveva ragione.
Jeongguk si raddrizza e si volta un po' per fissare Yoongi, appoggiando la schiena al bracciolo. Il dopo è stato alquanto amaro, ma a parte questo fare sesso con Taehyung è stato anche meglio di quello che si aspettava— e si aspettava molto, a dirla tutta.

«È stato assolutamente fantastico.»

Yoongi sorride, inclina la testa di lato. «Sul serio?»

«Sì.» Jeongguk annuisce, appoggiando la caviglia sul ginocchio sinistro. «Lo voleva così tanto, Yoongi, e... anche io lo volevo così tanto. È stato bellissimo e sembrava così... giusto? Come se l'astio che c'era tra noi fosse completamente sparito per un attimo, capisci?»

E poi Taehyung se n'è andato.
È sempre lui che arriva e poi se ne va. Quanto è ironico, quanto è doloroso, quanto è sbagliato. Non dovrebbe essere così, ma a quanto pare Taehyung non fa altro che rendere le cose più difficili di quanto potrebbero e dovrebbero essere.

Ma bisogna riderci su, altrimenti si piange, giusto?

«Ci credi che mi sono masturbato pensando a un uomo che non era nemmeno più nel mio appartamento?»

Yoongi fa una faccia eccessivamente disgustata. «Non era necessario che lo sapessi.»

«Non essere così melodrammatico.» Jeongguk alza gli occhi al cielo. «Sappiamo entrambi che me l'avresti chiesto comunque.»

«...forse.»

Jeongguk ridacchia, poi batte le mani.

«Basta parlare di me.» Si china in avanti, più vicino a Yoongi. «Raccontami tutto prima che arrivi il tuo fidanzato.»

Grazie a Jimin è diventato ancora più facile provocarlo.

«Sei così invadente.»

Jeongguk sbuffa una risata, scuotendo la testa. «Mi hai appena chiesto com'è stato prendere il cazzo di Taehyung—»

«Prendere?» Un sorriso complice appare sulle labbra di Yoongi. «Quindi è stato così bello, mh?»

Purtroppo sì. Forse se Taehyung fosse stato la peggior scopata della sua vita le cose sarebbero state più semplici.

«Non cambiare argomento, parla.»

Yoongi lo fissa per un attimo, poi spinge il labbro inferiore in fuori. «Il cibo era buono.»

«Ti do un pugno, Min.»

Yoongi viene salvato dal campanello e da alcuni colpi alla porta.

«Mi dispiace interrompere il tuo impeto di violenza», lo prende in giro Yoongi, alzandosi, «ma ho un ospite da accogliere.»

«Un fidanzato», insiste Jeongguk mentre guarda Yoongi che si allontana, e il dito medio che gli rivolge.

Jeongguk conosce quel vecchiaccio da un'eternità, ed è palese che sia solo questione di tempo prima che trovi il coraggio di fare il primo passo. Stasera sarebbe una buona idea, per esempio.

Le risate di Jimin dall'altra parte della stanza scaldano il cuore di Jeongguk. Per un attimo, spera di sentire quelle di Taehyung, ma non le sente affatto, e quando si alza non c'è traccia di lui. Per qualche ragione, il suo umore subisce un duro colpo, ma la delusione viene subito spazzata via dall'abbraccio di Jimin.

«Mi dispiace», mormora Jimin non appena si stacca da Jeongguk, con un sorriso amaro sulle labbra. «Ho cercato di farlo venire, ma quell'idiota è fin troppo testardo.»

Jeongguk se lo aspettava, ma non può fare a meno di sentirsi deluso.

«Quindi è solo?» chiede Jeongguk, non volendo che Taehyung inizi l'anno nuovo da solo, nonostante tutto. Questa è una cosa che neanche il vecchio Jeongguk avrebbe voluto, figuriamoci il Jeongguk di adesso.

Per quanto lo infastidisca, vorrebbe che Taehyung fosse qui. Vorrebbe che anche Miles fosse qui, ma ormai è troppo tardi, e non vuole rischiare di affrontare questa situazione con Taehyung. La loro relazione non ha quasi nulla a che vedere con quella che aveva con Miles, ma sarebbe stato meglio se ci fosse stato anche Taehyung.
Questo Capodanno doveva essere il primo in compagnia di Miles, è vero, ma, visto che è diventato impossibile, avrebbe potuto essere il primo con Taehyung. Non che voglia che Taehyung sostituisca Miles o qualche altra stronzata del genere, per niente, è solo che... Dannazione, non voleva perdere questa occasione, tutto qui. Apprezza la presenza di Taehyung, e l'avrebbe apprezzata anche Miles se fosse ancora vivo. Forse Yoongi, Miles, Jimin, Taehyung e lui avrebbero potuto formare un gruppo fantastico.

Ma non importa, giusto?
Non può vivere di "forse" e di "se".

«Sì», risponde Jimin, «ma qualcosa mi dice che verrà.»

Yoongi inarca un sopracciglio mentre li raggiunge. «Ne sei sicuro?»

«Fidati, conosco l'animale.»

Jeongguk annuisce e prende la borsa che ha portato Jimin, piena di provviste.
Spera davvero che abbia ragione.










Guardando Jimin e Yoongi che ballano in mezzo alla stanza ormai in disordine, Jeongguk si sente improvvisamente di nuovo un adolescente. Grazie a Dio le pareti sono spesse, perché la canzone indie rock che sta suonando in questo momento è sparata al massimo volume, e soffoca le risate di Jimin e persino quelle di Yoongi. Jeongguk non può fare a meno di muovere la testa al ritmo del brano.

Quella che era iniziata come una cena piacevole e tranquilla si è trasformata in breve tempo in una vivace confusione, mostrando a Jeongguk quanta energia abbia Jimin. Quel ragazzo è una piccola sfera di good vibes e resistenza, con un'incredibile mole di fascino. Miles sorrideva molto, tanto da far sorridere anche Yoongi, ma Jimin? Tutta un'altra cosa. Jeongguk non può esprimere quanto sia importante per lui vedere Yoongi in questo modo. Vederlo godersi il momento al massimo è sempre stato bellissimo, e Jeongguk non potrebbe essere più felice per lui.
Il fatto è che, anche se la gioia di Yoongi lo rende felice, manca comunque qualcosa. Manca qualcuno.

Diavolo, mancano due persone, ma solo una di loro riuscirebbe a raggiungere casa sua.

«Smettila di bere da solo», esclama Jimin, afferrando il braccio di Jeongguk e tirandolo via dal divano. «Andiamo!»

Jeongguk ridacchia e mette via il suo bicchiere di gin, seguendo Jimin in quella che lui e Yoongi hanno sobriamente definito la pista da ballo più gay di sempre— e a ragione.
Per un lasso di tempo piuttosto lungo, Jeongguk riesce a non pensare a tutto quello che è successo nelle ultime settimane, a lasciarsi andare mentre canta a squarcia le canzoni, anche se l'alcol ha corrotto parte della sua memoria.

Jeongguk è sempre stato più bravo a cantare che a ballare, ma lasciarsi andare è l'unica cosa che conta in questo momento e, in tutta onestà, il suo appartamento è un luogo completamente privo di vergogna, proprio come i due uomini che gesticolano come idioti intorno a lui, tutti sorrisi e risate sguaiate. Jeongguk non è nemmeno così ubriaco, ma il solo fatto di essere lì con loro lo fa sentire come se lo fosse, come se avesse trovato un varco in un altro universo, piacevole e indolore, che lo accoglie a braccia aperte e lo protegge con il suo calore.
Alcuni si sballano con le droghe, altri con l'alcol, ma in questo momento Jeongguk si sta sballando con la vita, con il suo lato positivo. Con un caro amico, l'uomo per cui darebbe la vita, ma anche con un uomo che ormai sente di chiamare amico. Si fa prendere dal ritmo, si fa prendere dai suoi stessi sensi, dalla sensazione del suo corpo in movimento. Jeongguk si lascia andare completamente, perché sa come funziona la vita: dà e prende, ma a volte prende molto di più di quanto riesca a dare, ed è compito suo non lasciarsi sfuggire quello che gli offre.

Non può lamentarsi, ma la vita di recente è stata una maledetta stronza e, per non iniziare ad odiarla, deve comportarsi come sta facendo adesso. Deve cogliere il momento ogni volta che può, assaporarlo il più possibile, altrimenti non vale la pena vivere tutto questo. In breve, vuole solo sentirsi vivo.

Vorrebbe che ogni notte fosse bella come quella che sta passando. Vorrebbe che Taehyung fosse qui per godersela con loro, perché, come ha già detto, è l'unico ad avere questo potere. È tutto nelle sue mani, e Jeongguk non desidera altro che vedere il suo volto stasera, per quanto possa sembrare masochista.

Ma, dopotutto, non sarà così, perché a Taehyung non frega niente.










«Lo giuro!» insiste Jimin, con il mento appoggiato sulla testa di Yoongi, le braccia intorno alle sue spalle e gli occhi che guardano Jeongguk.

«Allora, fammi capire bene», dice Jeongguk sedendosi a gambe incrociate sul divano. «Taehyung era il capitano della squadra di basket alle superiori.»

«Sono dieci minuti che te lo dico!» esclama Jimin ridacchiando, con le mani sul petto di Yoongi.

«E portava i capelli raccolti in uno chignon.»

Jimin ride di nuovo e ripete: «E portava i capelli raccolti in uno chignon.»

«Non posso crederci.»

Una scintilla di sfida attraversa lo sguardo di Jimin. «La prossima volta ti faccio vedere qualche foto.»

«Sì, facciamo così», risponde Jeongguk. «Altrimenti non mi fido.»

Jimin fa un broncio melodrammatico. «Hai ferito i miei sentimenti.»

Jeongguk butta giù il bicchiere e lo mette via. «E tu hai ferito i miei, mostrandoti disgustosamente carino mentre abbracciavi il mio migliore amico.»

Jimin sorride inclinando la testa, e Yoongi si accoccola ancora di più contro di lui, con gli occhi socchiusi.

«Vi sento, sapete», borbotta, intrecciando le dita a quelle di Jimin.

L'alcol lo rende un po' più audace, o piuttosto inconsapevole delle proprie azioni, ma gli fa bene in ogni caso.

«Fatti un pisolino contro il petto del tuo fidanzato e lascia parlare le persone adulte», lo stuzzica Jeongguk, conquistandosi il dito medio di Yoongi.

Almeno questa volta non lo corregge. C'è un miglioramento.

«Sono sicuro che il tuo sta arrivando», gli dice Jimin, ma Jeongguk non potrebbe essere meno sicuro di questo.

Jeongguk guarda l'orologio a muro. Mancano trenta minuti all'inizio del nuovo anno.

«Allora sa farsi attendere.»










Jimin e Yoongi sono ancora terribilmente belli insieme, mentre Jeongguk cammina avanti e indietro per tutta la stanza. La radio suona una canzone rilassante, ma nemmeno quella aiuta Jeongguk a rimanere fermo.

Mancano quindici minuti al 2020, e chiaramente Jeongguk non vuole che Taehyung passi quei minuti da solo. Non dovrebbe nemmeno interessargli, ma a quanto pare non riesce proprio a mandarlo a quel paese. È da un'ora che pensa di mandargli un messaggio, ma ogni volta che inizia a scrivere qualcosa sul telefono finisce per cancellare tutto e metterlo via. Qualcosa lo trattiene, e non sa se sia l'orgoglio o una strana paura di essere rifiutato. Forse entrambe le cose, dopotutto.
Se Taehyung non vuole venire, non può costringerlo, giusto? Per quanto ne sa, Taehyung potrebbe essersi addormentato e non pensare minimamente a lui.

Ma comunque Jimin è qui. Taehyung non inizierebbe il nuovo anno senza di lui, giusto? Jeongguk si è aggrappato a questa idea per tutta la sera, ma adesso non ne è più così sicuro. E se Taehyung non venisse? Non dovrebbe essere grosso un problema per lui, eppure Jeongguk non riesce ad accettarlo. Non vuole essere lui a portare via Jimin da Taehyung durante una serata così speciale.

Una serata speciale.
Lo è davvero? Alla fine, l'inizio di un nuovo anno non è altro che una costruzione sociale. La gente lo festeggia perché dà loro un senso di ripartenza, che spesso è sinonimo di buone cose in arrivo, ma se non fosse così? Non cambierà nulla per il solo fatto che inizierà un altro anno. Due serial killer si aggireranno ancora per le strade tra quindici minuti, pedinando la loro nuova vittima, preparando le armi che si porteranno via un'altra vita.

E Jeongguk è lì a torturarsi pensando all'uomo che odiava, solo perché quel coglione aveva deciso di odiarlo lui per primo.

La vita funziona in modi misteriosi, non è vero?
E... Ding-dong.

Aspetta. È quello che pensa che sia?
Jeongguk aggrotta le sopracciglia, lancia un'occhiata a Jimin e Yoongi, che lo guardano a loro volta.

«Cosa stai aspettando?» chiede Yoongi raddrizzandosi. «Vai ad aprire quella maledetta porta, idiota.»

Jeongguk ci mette un attimo a risvegliarsi dal suo torpore, ma presto si trova davanti alla robusta porta nera, con il cuore che gli batte nel petto come se stesse correndo verso di essa.
Taehyung appare tanto infelice quanto meraviglioso: ciocche di capelli scuri gli ricadono sugli occhi arrossati, le labbra screpolate ma ancora attraenti come la prima volta che gli occhi di Jeongguk si sono posati su di esse. Jeongguk si morde la lingua per non lasciarsi sfuggire ad alta voce quanto sia bello.

«Sei venuto», dice in un flebile sussurro.

«Sono venuto.»

Ed è l'unica cosa che conta in questo momento.
Ieri se n'è andato, ma oggi è qui.

«Voglio parlare con te.» Taehyung si schiarisce la gola e guarda Jeongguk. «Se per te va bene.»

Jeongguk si fa da parte e gli dice di entrare, e Taehyung lo fa subito. Il volto di Jimin si illumina ancora di più quando vede Taehyung, mentre Yoongi rivolge a Jeongguk uno sguardo rassicurante.

«Te la sei presa comoda!» lo rimprovera Jimin, alzandosi in piedi e tirandolo in un rapido abbraccio.

Yoongi lascia indugiare lo sguardo su Taehyung ancora per un po', ma alla fine lo abbraccia anche lui. È ufficiale, Jimin e Yoongi sono perfetti l'uno per l'altro e sono troppo gentili per questo mondo.

«Torneremo tra un minuto», assicura loro Taehyung, quando si allontana da Yoongi.

«Bene», dice Jimin, con quel suo sorrisetto ancora sulle labbra, «ma se non tornate per il conto alla rovescia, vi uccido entrambi.»

«Non mancheremo.»

Jeongguk conduce il suo partner nell'ufficio, dove entrano in silenzio. La porta si chiude con un piccolo tonfo. La melodia che riecheggia nel soggiorno è ovattata. Jeongguk si appoggia alla scrivania, e Taehyung alla parete. Non capisce perché vedere l'orologio al polso di Taehyung gli faccia così piacere.

Jeongguk aspetta che parli, ma dopo lunghi secondi non ha ancora aperto bocca.

Gli occhi di Taehyung vagano in giro per la stanza per un po', poi dice: «L'ufficio, eh?»

«Non ti meriti la camera da letto.»

«Mi sembra giusto.»

C'è un silenzio, ma Jeongguk è veloce a romperlo.

«Ti ascolto», dice, cercando di catturare di nuovo lo sguardo di Taehyung, invano.

Taehyung incrocia le braccia, poi le lascia ricadere lungo i fianchi, poi le incrocia di nuovo al petto. Se continua ad essere così esitante, potrebbero davvero perdere il conto alla rovescia. Jeongguk non vuole mettergli pressione, ma dannazione, deve solo parlare. È davvero così difficile?

«Ti ho ferito», esordisce Taehyung, con la voce rauca che fa tremare Jeongguk più di quanto dovrebbe, soprattutto adesso. «So di averlo fatto.»

Ma non può permettergli di farla franca così facilmente.

«E?»

Taehyung stringe la mascella e finalmente si degna di guardare Jeongguk negli occhi. «E mi dispiace.»

Questo è, sorprendentemente, un buon inizio.
Ogni buon inizio, però, non ha una mai buona fine.

«Perché?»

Taehyung aggrotta le sopracciglia, con gli occhi ancora puntati su Jeongguk. «Perché mi dispiace?»

Jeongguk non può fare a meno di schioccare la lingua. «Perché l'hai fatto?»

«Ah», mormora Taehyung. «Quel perché.»

«Allora?»

Forse è troppo insistente, ma ha bisogno di una risposta che provenga da Taehyung, e non dalla sua mente.

«Io...» Taehyung sospira, le sue dita si stringono più forte sulle braccia. «Ha importanza?»

È Jeongguk ad accigliarsi, adesso. «Ne ha per me..» Ed è vero. Altrimenti non sarebbe qui e non avrebbe sperato fino all'ultimo che Taehyung venisse.

«Perché?»

Jeongguk non risponderebbe neanche se avesse la risposta.

«Sono io che faccio le domande, qui.»

«Da quando, mh?»

È venuto a fare il cretino? Se sì, non resterà a lungo. Jeongguk ne ha abbastanza di questo gioco.

«Da quando mi hai scopato e te ne sei andato come il maledetto codardo che sei.»

Questo fa male, Jeongguk lo vede dal modo in cui gli occhi di Taehyung si velano immediatamente.

«Quindi sì», continua, con tono deciso. «Mi hai ferito e sono fottutamente arrabbiato con te per questo, Taehyung.»

«Non sarebbe—»

«Non osare dirmi che non sarebbe dovuto succedere», lo interrompe Jeongguk, il veleno che gli risale lentamente alla gola come bile. Non vuole sembrare arrabbiato, ma lo è. «Non quando sei tu ad essere venuto da me.»

«Lo so, ma—»

«Dimmi che ti sei pentito e vattene!» Jeongguk si spinge via dalla scrivania. «Perché di questo si tratta, giusto? Nel momento in cui abbiamo finito, hai iniziato a—»

«Non è vero», dice Taehyung a denti stretti. «Non me ne pento.»

«Ed è questo il vero problema», realizza Jeongguk.

Taehyung non nega nulla, e non distoglie nemmeno lo sguardo da Jeongguk.
Jeongguk riesce finalmente a vederlo, adesso, come se quell'unica informazione avesse messo a nudo Taehyung.

«Hai avuto paura», dice, più a se stesso che a Taehyung. «Hai avuto paura e te ne sei andato.»

Taehyung sembra molto combattuto, con gli occhi fissi su Jeongguk e la mascella che si contrae in continuazione. A Jeongguk non piace quello sguardo, ma almeno gli dà qualche indizio sui pensieri di Taehyung.

«Volevo davvero fare quella doccia, sai? Per restare un altro un po'.» La voce di Taehyung è spezzata, e i passi di Jeongguk sono silenziosi verso di lui. «Non volevo ferirti.»

Eppure l'hai fatto.
Jeongguk, però, non lo biasimerà più del necessario. Neanche lui è perfetto. Taehyung è qui in questo momento, deve concentrarsi solo su questo. È qui, e ha un'aria così sofferente che Jeongguk non riesce più a sopportarlo.

«Ti credo.»

«E so—» Taehyung lascia la frase in sospeso, inclinando la testa di lato. «Davvero?»

Annuisce.
Come potrebbe non farlo?

«Perciò ti ripeto la domanda.» Jeongguk si avvicina. «Di che cosa hai paura, Taehyung?»

Non è sicuro che Taehyung conosca già la risposta.

«Non lo so», risponde dopo un po', con le braccia ancora conserte. «È solo che... queste cose mi spaventano.»

Queste cose? Sta parlando di—

«Le cose... personali, intendo.»

Ah, certo. Non è la risposta a cui Jeongguk stava pensando, ma la accetta lo stesso.

«Ho capito, ma avresti dovuto almeno avvertirmi.» Jeongguk si morde il labbro inferiore, cercando le parole. «Vedere la stanza vuota è stato... deludente.»

Come minimo.

«Sai come sono fatto», continua Jeongguk. «Non mi aspettavo nulla da te. E neanche adesso.»

«Quindi nemmeno tu sei pentito?»

Le sopracciglia di Jeongguk si sollevano. «Perché dovrei?» Ridacchia. «È stato davvero bello.»

E sarebbe stato ancora meglio se Taehyung non fosse scappato.

Il volto di Taehyung si illumina un po', illuminando di riflesso anche quello di Jeongguk. «La cosa è reciproca.»

Jeongguk è contento di sentirlo, ma non ne dubitava. Taehyung non avrebbe potuto fingere quei lunghi e profondi gemiti e— no, non è il momento. Hanno un conto alla rovescia da fare e Jeongguk ha una faccia da salvare.

«Siamo a posto, allora?» Jeongguk rompe il silenzio che si era creato. «Niente più broncio da parte tua?»

«Non—»

«Mi hai tenuto il broncio, Taehyung. Per tutto il giorno.»

Taehyung alza gli occhi al cielo, ma non lo nega.

«Va bene, niente broncio

Significa che non possono più scopare, quindi? Non che a Jeongguk dispiaccia, è solo che— in realtà, forse gli dispiacerebbe. Un po'.

«E noi?» dice Jeongguk , riformulando immediatamente: «Beh, non noi inteso come noi, ma ci siamo capiti.»

Taehyung si prende qualche secondo per rispondere, i suoi occhi passano da Jeongguk al pavimento, e dal pavimento a Jeongguk.

«Partner», risponde, con grande disappunto di Jeongguk. «Siamo partner di lavoro.»

Certo che lo sono, ma— ah, non importa. Del resto, cosa si aspettava?

«Partner», ripete Jeongguk, con un retrogusto amaro sulla lingua.

Allunga il pugno verso Taehyung, che sospira. «Mi prendi in giro. Non lo farò di nuovo.»

Come la prima volta, Jeongguk si protende un po' di più verso di lui.
E come la prima volta, Taehyung si arrende e gli batte il pugno.

«Un minuto!» grida Jimin dietro la porta, poi bussa. «Smettete di fare qualsiasi cosa stiate facendo, anche se state scopando!»

I due si scambiano un'occhiata, poi non possono fare a meno di ridere. Jimin gli salta addosso non appena escono dall'ufficio.

«Grazie a Dio non stavate scopando.» Li prende entrambi per un braccio e li conduce vicino al divano, dove li aspetta Yoongi. «Venti secondi!»

Jeongguk ridacchia, guardando lo schermo che mostra un conto alla rovescia in diretta, e aspetta che Jimin, il nuovo designato padrone di casa, inizi il suo.

«Bene, ragazzi», inizia abbracciandoli tutti. «Cinque...»

Continuano insieme. «Quattro, tre, due, uno... Buon anno!»

Jeongguk deve aver perso un timpano, ma non può fregargliene di meno, non quando vede Taehyung ridacchiare accanto a lui.

E soprattutto non quando vede Jimin allontanarsi per baciare Yoongi.










«Quindi ne siete sicuri?» dice Seokjin, fissando i detective, poi Leroy e Georgie. «Nessun alibi concreto per Josh e Linda?»

Tutti confermano. Josh e Linda sono ancora potenziali sospettati, soprattutto perché sembrano essere molto più che semplici ex colleghi. Inoltre, Linda va a casa dei Doney più spesso di quanto abbia detto loro e, alle volte, escono insieme la sera, il che significa che lasciare James da solo non li disturba— o insieme a qualcun altro, per quanto ne sanno.

«Leroy e Georgie, siete ancora d'accordo a tenerli d'occhio stanotte?»

«Certo», risponde lei, e Seokjin annuisce.

«E voi?» Si volta verso i detective. «Ancora su Namjoon e Stacy?»

«Più che mai.»

«Va bene. Il resto di noi pattuglierà intorno al Loop. Anche gli altri distretti saranno in allerta.»

Non poter fare altro è frustrante, ma Jeongguk spera davvero che finisca tutto questa notte— anche se ne dubita.

Sarebbe troppo facile, no?









«Eccoli lì.»

Taehyung si raddrizza e si china su Jeongguk per vedere la porta d'ingresso dell'edificio. Parecchie persone stanno lasciando la sede generale del Tribune, ma Namjoon si distingue sempre dalla folla, per quanto gli costi ammetterlo.

«Aspettiamo che entrino nel—» Taehyung si blocca a metà frase quando i due si separano. «Merda, non sono arrivati insieme.»

«Non fa niente», dice Jeongguk mentre si allaccia la cintura. «Seguiamo Namjoon.»

Taehyung annuisce e si allaccia anche lui la cintura. Un attimo dopo accende il motore, lasciando che alcune auto si frappongano tra la sua e quella di Namjoon – ma anche quella di Stacy – prima di immettersi in strada.

Jeongguk non è sorpreso quando, poco dopo, Stacy e Namjoon parcheggiano davanti all'appartamento di quest'ultimo. A quanto pare è una loro abitudine. Jeongguk, avendo previsto la loro mossa, ha parcheggiato la sua auto il più lontano possibile dall'edificio.

«Credo proprio che stiano scopando, a questo punto.»

Jeongguk commenta con una risatina l'osservazione di Taehyung.

«Se è così, chi siamo noi per biasimarli?»

Taehyung gli lancia uno dei suoi sguardi indecifrabili, poi alza gli occhi al cielo. «È successo una volta.»

«Parli come se fosse successo anni fa.»

«Per me è comunque una cosa di una volta.»

Jeongguk spegne il motore e colpisce la spalla di Taehyung, ottenendo un mugolio di disappunto da parte di quest'ultimo, mentre si tocca la suddetta spalla.

«Perché l'hai fatto?»

«Ti colpirò ogni volta che lo dirai.»

«Che?» chiede Taehyung, massaggiandosi la spalla come la drama queen che è. «Cosa di una volta?»

Questa volta Jeongguk attacca le costole di Taehyung.

«Hey!» Taehyung grugnisce cercando di allontanarsi. «Sei un cazzo di cretino.»

«Anche tu.»

Taehyung alza di nuovo gli occhi al cielo. Questa serata sarà divertentissima.









Jeongguk si raddrizza sul sedile quando intravede i capelli rosa di Namjoon attraverso la porta socchiusa.
Non riesce a descrivere la sua delusione quando nota che il fattorino sale le scale per consegnare due scatole di pizza al giornalista e se ne va subito.

Namjoon si chiude la porta alle spalle, e Jeongguk sospira.

A un tratto, sente un peso sulla spalla destra e, quando volta lentamente la testa, il suo naso finisce tra i capelli morbidi di Taehyung.

Almeno ha un buon profumo.









Finalmente.

«Taehyung?» sussurra Jeongguk per non svegliarlo di soprassalto, stringendogli la coscia il più delicatamente possibile. «Taehyung, svegliati.»

Il maggiore borbotta, tenendo gli occhi chiusi.

«Ex-capitano della squadra di basket un corno», mormora Jeongguk, avviando il motore. «Sei solo un vecchiaccio.»

Un'altra serie di suoni incomprensibili. Jeongguk sospira e aspetta che Namjoon e Stacy lascino il luogo dove è parcheggiato l'orrendo pick-up di Namjoon. Quando lo fanno, Jeongguk aspetta ancora qualche secondo, poi si mette alla guida.

Le leggere scosse dell'auto in movimento sembrano essere sufficienti a far rinsavire Taehyung.

«Bentornato, bella addormentata.»

Il peso sulla spalla di Jeongguk scompare, e Taehyung si massaggia la nuca.

«Vaffanculo», è l'unica cosa che riesce a brontolare.

«Sta' zitto e bevi un po' d'acqua.»

Questo è il momento che stavano aspettando, Jeongguk non può rischiare di avere Taehyung disidratato e mezzo operativo. Con sua grande sorpresa, Taehyung obbedisce senza dire una parola.

«Hai delle mentine con te?»

Quindi adesso conosce sul serio alcune delle abitudini di Jeongguk...

Jeongguk sorride e indica il cruscotto. «Lì dentro, tesoro.»

A Taehyung non dispiace più quel soprannome, e anche se fosse Jeongguk non smetterebbe di chiamarlo così. Gli piace troppo.

«Sono felice di sapere che ti ho fatto far pace con il mentolo.»

«Tu non c'entri niente», ribatte Taehyung, infilandosi poi in bocca una manciata di mentine.

«Come no.»

Taehyung non risponde, e Jeongguk la prende come una conferma.

«Allora», esordisce il suo interlocutore raddrizzandosi e sistemandosi i capelli come può: capelli in ordine o meno, è sempre bello da morire, ma questo deve rimanere un segreto. «Cosa mi sono perso?»

«Il fattorino.»

Taehyung aggrotta le sopracciglia e punta gli occhi su Jeongguk. Cristo, Jeongguk ama sentire il peso del suo sguardo su di lui, ma non dovrebbe essere così, giusto?

«Davvero?»

«Davvero.» Jeongguk gli lancia un'occhiata, non troppo lunga in modo da non prendere fuoco seduta stante. «Altrimenti ti avrei svegliato prima.»

Taehyung fa un cenno di assenso, e Jeongguk si concentra sulla strada. Le strade innevate sono insidiose e un incidente è l'ultima cosa che vuole.

«Dove cazzo stanno andando, stavolta?»

«Che cazzo ne so», risponde Jeongguk. «A scopare da qualche altra parte.»

Dovremmo scopare anche noi è quello che avrebbe aggiunto subito dopo, ma non mentre lavorano— e comunque non scopano neanche più, visto che ora sono semplici partner di lavoro. Lo sono sempre stati, a quanto pare, se si dimentica quella notte. Non sarà Jeongguk a dimenticarla, però. Come potrebbe?

«Un bel rapimento ci starebbe a pennello», dice Taehyung, poi scrolla le spalle. «Solo se riusciamo a fermarli.»

«È questo il punto, no?»

«Puoi dirlo forte.»

E continuano così per un po'.
Jeongguk guida, fa in modo di non farsi scoprire, non si fa prendere dal panico ogni volta che Namjoon riesce a seminarli, ma tira un sospiro di sollievo non appena il retro del pick-up riappare in lontananza. Svolta a sinistra, svolta a destra, scambia qualche battuta di spirito con Taehyung, qualche sguardo complice, poi se li scrolla di dosso come se nulla fosse.

A un certo punto, Jeongguk deve rallentare considerevolmente.
Chicago è bella, lo è sempre stata— almeno per i pochi mesi che ha trascorso qui finora.
Ma nonostante ciò, Chicago sembra indebolita. È illuminata da più luci di quante Jeongguk possa immaginare, eppure sembra più buia che mai. Assomiglia a un animale ferito, ed è evidente che Taehyung non può sopportare di vederla così.

«Chicago ha delle zone di merda», dice Taehyung guardando attraverso il finestrino. «Ma nel complesso non l'ho mai vista così infelice.»

E se lo dice Taehyung, è vero.

«È questo che fanno i crimini», continua. «È questo che fanno gli assassini. Uccidono le persone, e con loro muore anche quella che chiamano casa.»

«Non lasceremo morire la nostra casa», gli assicura Jeongguk, lanciandogli un'occhiata.

«Chicago è anche casa tua, adesso?»

Certo che sì.
La verità è che casa è ovunque ci sia Yoongi e, da un po' di tempo a questa parte, dovunque ci sia Taehyung. Una casa caduta, certo, ma pur sempre casa. Jeongguk però vorrebbe tutto tranne che sentirsi a casa con Taehyung... Sarebbe una cosa terribile.

«Lo è, e io proteggo sempre la mia casa.»

Al plurale, in realtà, perché anche i suoi genitori sono casa per lui, oltre che famiglia.
Comunque, il punto è che non lascerà morire Chicago.

«Anch'io.»

Il silenzio che segue non è affatto imbarazzante, anzi è quasi pacifico. Eppure, c'è qualcosa di spaventoso in esso, come la calma prima della tempesta.
E Namjoon potrebbe essere proprio quella tempesta, Jeongguk lo sa fin troppo bene.

«Il traffico si sta affievolendo», nota Taehyung, mentre Jeongguk spinge leggermente sull'acceleratore.

Namjoon attraversa diverse zone di Chicago, che sembrano tutte più desolate del dovuto, quasi malmesse. Il sole è scomparso da un pezzo, lasciando il posto a una notte piena di preoccupazioni. Nell'auto fa un po' freddo, ma Jeongguk non vuole immaginare quanto debba far freddo fuori.

La suoneria di Taehyung li spaventa entrambi.

«Sì?» risponde Taehyung, e subito dopo si acciglia. «Cosa?... Sì, va bene, fallo. Restiamo in contatto.»

Riattacca.

«Sei stato veloce.»

«Era Leroy», spiega Taehyung, mettendo via il telefono. «Linda se n'è andata, la stanno seguendo.»

«Se n'è andata?» ripete Jeongguk, aggrottando le sopracciglia.

«Era dai Doney.»

Strano.

«E Josh?»

«È ancora in casa, tutto normale. Le luci sono accese e la sua macchina è ancora fuori.»

«Che nottata maledetta», esclama Jeongguk.

«Non hai idea.»

E in effetti è così, non ne hanno la più pallida idea. Jeongguk se ne rende conto non appena lasciano le zone più urbanizzate e affollate di Chicago.

«Se vanno in un altro capanno abbandonato, li ammazzo sul posto», grugnisce Taehyung. «Lo giuro.»

«Non c'è bisogno di ammazzarli», risponde Jeongguk, poi dà un'occhiata al polso di Taehyung. «Forse stavolta dovresti lasciare qui il tuo orologio nuovo di zecca.»

Anche Taehyung guarda l'orologio. È l'ombra di un sorriso quella sulle sue labbra?
Ah, non importa.

I paesaggi diventano sempre più scuri man mano che li attraversano. Dire che Jeongguk abbia un brutto presentimento sarebbe un maledetto eufemismo.

«È inquietante», osserva Taehyung, mentre passano davanti a una fila di case abbandonate. «Qui però non c'è anima viva da rapire. E Namjoon non sta guidando un fottuto furgone.»

Purtroppo è vero.
Ma ciò non significa che siano sulla pista sbagliata.

«E se c'è qualcuno che li aspetta nel luogo in cui stanno andando?»

Taehyung lo fissa per un attimo, poi annuisce.
Rimangono in silenzio per il resto del viaggio, che si rivela essere piuttosto breve.

«È—»

«Una fottuta stazione di servizio», sibila Taehyung, slacciandosi la cintura di sicurezza. «Deserta come se fossimo in una cazzo di apocalisse.»

Le luci posteriori di Namjoon diventano rosse, segno che sta rallentando, e Jeongguk parcheggia dove può, un po' più lontano dalla stazione. L'automobile viene improvvisamente inghiottita dall'oscurità. Jeongguk si libera della cintura di sicurezza e si volta per guardare Taehyung, i cui lineamenti sono induriti dalle ombre che si attorcigliano nella notte.

«Cosa facciamo?» chiede il maggiore. Jeongguk spinge per un attimo la lingua contro l'interno della guancia.

«Aspettiamo la loro prossima mossa.»

Taehyung annuisce.

«Indossi il giubbotto antiproiettile, vero?»

«Sì», risponde Taehyung. «E tu?»

Sono così sottili che non si direbbe, ma sì, lo indossa.

Non devono aspettare a lungo, perché Namjoon e Stacy scendono dall'auto e si dirigono verso la vetrina sfasciata della stazione di servizio. Scavalcano alcuni cocci rotti e poi spariscono dalla loro vista.
Poi, è il turno dei detective di uscire dalla macchina. Jeongguk la chiude e attraversa una strada vuota, poi un'altra. Un'auto passa dietro di loro, ma non ci fa caso e prosegue lentamente. Cercando di non esporsi troppo, aggirano l'ingresso principale e vanno dritti verso il retro della stazione. Jeongguk cammina fiancheggiando il muro, accovacciandosi per passare davanti a una finestra, poi si acciglia quando i suoi occhi si posano su una fila di garage, meno malmessi dell'edificio. Fa segno a Taehyung, che si acciglia come lui. Non hanno bisogno di parole per dirsi quanto la cosa gli puzzi. Il rombo di un secondo motore giunge alle orecchie di Jeongguk, ma ancora una volta decide di ignorarlo, concentrandosi solo su Stacy, che è appena apparsa nel suo campo visivo.

Jeongguk estrae la sua Beretta, per sicurezza. Taehyung fa la stessa cosa, nel modo più discreto possibile.

Ancora una volta, non devono dirsi niente per pensare la stessa cosa. Dove diavolo è Namjoon?
Qualcosa si accende nella stazione di servizio, Jeongguk si gira per dare un'occhiata attraverso la finestra. Ma non si vede nulla.

Una luce si spegne lungo la strada e, questa volta, Jeongguk ci fa caso eccome. Ha già visto quella macchina, non può essere altrimenti. Sta per avvertire Taehyung ma, quando si gira, il suo partner non c'è più. Jeongguk impreca sottovoce e sbircia furtivamente intorno a sé. È completamente solo.
Assottiglia gli occhi per vedere meglio il veicolo lontano. La portiera del conducente si apre per metà, ma poi si chiude con un tonfo. Non va affatto bene, Jeongguk lo sente nello stomaco, che si attorciglia su se stesso. Le tempie gli martellano così forte che non sa più se ha il cuore in petto o nella testa.

Taehyung non si vede ancora da nessuna parte, e questo basta a far ribollire e gelare il sangue di Jeongguk al tempo stesso. Ghiaccio e fuoco, eh? Ironico.

Si sente come se qualcuno lo stesse osservando, e questa volta non gli fa affatto piacere, perché sa che quelli non sono gli occhi del suo partner. Il suo sguardo non è mai stato lascivo né perverso, non è mai stato come quello che Jeongguk sente su di lui in questo preciso momento. Le sue dita si irrigidiscono intorno all'arma metallica. Il miagolio di due gatti lo fa quasi sobbalzare.

Una folata di vento lo fa rabbrividire, la neve ricomincia a cadere. Anche se i suoi piedi non potrebbero essere più freddi, Jeongguk trova la forza di avanzare, ogni suo passo attento lascia un'orma dietro di sé, lo spesso strato di neve scricchiola sotto il suo peso. Riesce a ripararsi dietro un altro edificio, piccolo e fatiscente. Ancora non vede Taehyung.
Jeongguk darebbe qualsiasi cosa per sentire la sua maledetta voce roca in questo momento.

Una vecchia luce tremola in lontananza e Jeongguk non può evitare di digrignare i denti mentre un'altra folata lo colpisce. Questo maledetto vento, che cambia sempre direzione.
Un forte rumore irrompe nel silenzio, e Jeongguk sussulta. Cerca di non tremare ma, maledizione, con quel freddo diventa sempre più difficile.

Una sagoma sfocata attraversa una stradina, allontanandosi da Jeongguk. Non è riuscito a vedere granché, ma ha visto quella maledetta Smith & Wesson. Un po' rassicurato, Jeongguk aggira l'edificio di fronte a lui, aggrotta le sopracciglia per proteggere gli occhi dalla neve, poi si ripara dietro quelli che devono essere i garage.

Taehyung lo riconosce malgrado la tempesta di neve stia aumentando. Sia lodato il Signore.

«Dove sono?» sussurra Jeongguk quando Taehyung lo raggiunge.

«Non ne ho la minima idea», risponde con lo stesso tono. «Ma c'è qualcun altro, qui.»

La macchina. Lo sa, cazzo, ma da dove viene?

«Sì, è dall'altra parte della strada.»

Taehyung si acciglia. «La persona che ho visto stava entrando nella stazione.»

Deve essere la stessa persona, quindi.

«E no, non so chi fosse.»

E il tempo non aiuta. Maledizione.

«Non ti hanno visto, vero?»

Taehyung scuote la testa.

«Bene», dice Jeongguk, con la voce ancora più bassa possibile, attutita dal forte vento. «Dovremmo controllare i garage?»

«Non credo», risponde Taehyung, lanciando un'occhiata in giro. «Aspettiamo che la loro prossima mossa, come abbiamo detto.»

«Non sappiamo nemmeno dove sono.»

«Lo sconosciuto è entrato nella stazione, quindi devono essere lì anche loro.»

Jeongguk sta per dire qualcosa, poi si morde la lingua, ma alla fine si costringe a parlare: «E se fosse la prossima vittima?»

Gli occhi di Taehyung si allargano e poi si oscurano. «Gli assassini non fanno mai così.»

«Non lo sappiamo con certezza», protesta Jeongguk e, dall'espressione di Taehyung, si capisce che è d'accordo con lui.

«Se è così, non uccideranno qui.»

Sarebbe logico non farlo, ma Jeongguk non sa più cosa pensare. Potrebbe esserci in gioco la vita di una persona in questo momento e... accidenti, quella maledetta macchina! Cristo, se lo sente.

«Avviciniamoci alla stazione», dice Jeongguk. «Da qui non si sente un cazzo.»

A parte il vento, ovviamente.

Arrivano subito dietro la stazione di servizio, e due voci femminili soffocate giungono presto alle loro orecchie attraverso il muro sottile e maleodorante. Quella puzza di piscio e di birra fa desiderare a Jeongguk l'odore di lavanda di Taehyung e gli fa venire voglia di affondare il naso nell'incavo del suo collo.
Sarebbe una sensazione così bella, ma Jeongguk sa che non può farlo. E non solo per le circostanze.

«Non riesco a sentire Namjoon», si lamenta Taehyung con voce profonda. «Fottuto...»

«Fottuto cosa, detective Kim?»

Jeongguk si pietrifica sul posto per dei lunghi secondi, proprio come Taehyung.
Quando si girano, Jeongguk incontra gli occhi luminosi di Namjoon, i cui lineamenti sono messi in risalto dalla luce tremolante. Ha le mani nascoste dietro la schiena e, anche se Jeongguk vorrebbe chiedergli di mostrargliele, non ne ha il tempo.

«Pensavate davvero che non vi avessi notato?» li prende in giro. «Che lavoro da dilettanti.»

La portiera di un'auto sbatte in lontananza, e la gola di Jeongguk brucia quando cerca di inghiottire quel po' di saliva che gli è rimasta.

Taehyung gli punta contro la pistola, ma Namjoon non indietreggia minimamente.

«È finita», sibila il detective, avvicinando il dito al grilletto.

E Namjoon, quello stronzo incosciente, si limita a sghignazzare.

«Oh, Taehyung.» Si avvicina di un passo, senza badare alla canna della pistola puntata dritta verso di lui. «Ti piacerebbe che lo fosse.»

Da quel momento in poi, accadono due cose.

Un movimento accanto a Jeongguk.

E un colpo di pistola.

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