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È difficile combattere contro un nemico che ha degli avamposti nella tua testa.
Sally Kempton







𝙲𝙰𝙿𝙸𝚃𝙾𝙻𝙾 𝚇








Per la prima volta in sette mesi, Jeongguk voleva davvero picchiare Taehyung.
Gli ha detto di morire da solo e, be', diceva sul serio.
Ma allo stesso tempo si sente in colpa. Che a loro piaccia o no, sono partner adesso, e Jeongguk non avrebbe dovuto dire una cosa del genere.

Dannazione, perché la pensa in questo modo?
Anche Kim ha detto cose terribili e non vuole nemmeno chiamarlo partner, quindi perché sentirsi in colpa?
Harvey gli manca già.
Jeongguk non può lavorare con qualcuno che preferirebbe morire piuttosto che collaborare con lui. Taehyung non è il lupo cattivo, è solo un maledetto bambino egoista. Anche Jeongguk non è contento della situazione, ma non rifiuterà una missione così importante—e anche molto interessante, ad essere onesti. Se c'è qualcuno che deve occuparsi di questo caso, quello è lui, non Taehyung. Un'opportunità rimane pur sempre un'opportunità, indipendentemente dalle circostanze.
La sua carriera sarà stellare, come quella dei suoi genitori.

«Jeongguk?»

Nessuno può ostacolarlo, soprattutto non un coglione come Taehyung.

«Hey, Jeongguk?»

L'uomo fa schioccare le dita davanti alla faccia del detective, costringendolo ad alzare lo sguardo.

«Ti ho sentito, Seokjin.»

«Giusto, ecco perché non mi rispondevi.»

«Dimmi che hai trovato degli agenti. Sono due ore che li cerchi.»

«Ce li abbiamo, quindi sbrigati. Prima riunione della squadra.»

«Va bene, ma questa volta vacci tu a prendere l'altro Kim.»

Seokjin sospira e Jeongguk si dirige verso la sala riunioni.
Il sergente di Jeongguk è già lì, in piedi accanto alla grande lavagna bianca. Ci sono anche quattro agenti, seduti attorno al tavolo.
Il detective saluta ciascuno di loro, cogliendo uno sguardo strano da parte di Leroy—il grande amico di Taehyung, giusto? Ovviamente Seokjin ha scelto lui.
In realtà, ha scelto tutta la sua squadra e, poiché la task force aveva bisogno di un quarto ufficiale, hanno chiamato Georgie. Ma va bene così, non vede come nemici i colleghi più stretti di Taehyung e stima Georgie.

«Quindi siamo in inferiorità numerica?»

Jeongguk lancia un'occhiata alla ragazza bruna quando si siede accanto a lei.

«In inferiorità numerica, ma sempre a testa alta», il detective strizza l'occhio a Georgie, che fa un sorriso.

«Sempre.»

A testa alta, una descrizione che si adatta perfettamente a Taehyung, che sta entrando nella stanza insieme a Seokjin. Stanno davvero bene insieme, Jeongguk deve ammetterlo. Perché si sono lasciati? Be', non è nemmeno sicuro che prima stessero davvero insieme, ma non ne sarebbe sorpreso.
È curioso.

Come sarebbe stato averli entrambi nel suo letto?

«Allora...», inizia Seokjin, raggiungendo il secondo sergente. «Dovevamo scegliere quattro agenti per la task force, perciò benvenuti nella vostra nuova squadra.»

Jeongguk alza la mano con nonchalance. «In pratica, hai scelto tutta la tua squadra e poi hai aggiunto Georgie, ho ragione, sergente Kim?»

Seokjin si trattiene dall'alzare gli occhi al cielo, Jeongguk riesce a percepirlo. Lo conosce fin troppo bene. «Le dà fastidio, detective Jeon-Kearney?»

Jeongguk ridacchia per quell'appellativo e poi fa spallucce. «Niente affatto. Sono sicuro che formeremo una fantastica unità.»

Taehyung, seduto dall'altra parte del tavolo, sembra sul punto di ribaltarlo. Oh, è così facile farlo arrabbiare.

«Sono sicuro di sì», ripete Seokjin, con voce forte e decisa. «Richard?»

Il sergente fa un passo avanti e si schiarisce la gola. «Jeongguk e Georgie, le élite della mia squadra. Sono sicuro che questa task force avrà successo con il vostro contributo.» I due annuiscono, e Richard si volta a guardare tutti i presenti. «Signore e signori, buona fortuna.»

Lo ringraziano e poi lui si congeda.
Adesso c'è solo la nuova unità nella stanza.

«Va bene, ecco le mie regole.» Seokjin poggia le mani sul tavolo e si sporge un po' in avanti. «Niente ostruzionismo sotto il mio comando. Se c'è un problema, lo dite, se c'è un reclamo, lo dite, se c'è qualunque cosa, lo dite, ok? Nessun decoro fra di noi, sappiamo tutti che Taehyung e Jeongguk non vanno d'accordo, ma lavoreranno comunque insieme, giusto?»

I due detective si guardano negli occhi per un attimo, ma alla fine annuiscono.

«Non sono un assistente sociale, ma ci sarò se necessario. Sono il vostro sergente ed esigo rispetto, ma in fin dei conti siamo tutti sulla stessa barca. Chiaro?»

«Chiaro», concordano tutti all'unisono.

«Per quanto riguarda la tabella di marcia, beh, è una task force, quindi dormirete meno di quanto vorreste, ma mi sembra che tutti qui abbiano acconsentito volentieri, giusto?»

«Io no», borbotta Taehyung, a braccia conserte.

«Stavo parlando con gli agenti. Allora?»

Ancora una volta, annuiscono, mentre Taehyung serra la mascella come al solito. Uno di questi giorni se la romperà, di sicuro.

«Per favore, non fate come il nostro caro Taehyung e ricaricate il telefono ogni notte. Non mettetelo in modalità silenziosa e fate attenzione. Georgie e Jeongguk, vorrei anch'io i vostri numeri. Già che ci siamo, scambiamoci tutti i numeri di telefono.»

Seokjin ha già il numero di Jeongguk, ma è una mossa intelligente chiederlo davanti a tutti—anche se, be', lo sa anche Taehyung. Ah, non è stata una mossa così intelligente in fin dei conti, ma non sembra un grosso problema.
Il secondo ordine, però, non piace molto a Taehyung.

«Dobbiamo farlo sul serio?» si lamenta Taehyung—che novità.

«Devi darlo solo a Georgie e Jeongguk», risponde Seokjin, che non è dell'umore giusto per le puerilità del detective. «È proprio questo il problema. Non Georgie, naturalmente, solo Jeon.»

«Bene, stai già parlando troppo.» Seokjin tira fuori il telefono, prende un pennarello e scrive alcune cifre sulla lavagna. «Ecco il mio numero.» Scarabocchia qualcos'altro sotto. «E questo è quello di Taehyung.»

Taehyung sta per alzarsi in piedi quando Seokjin alza la voce. «Il tuo culo resterà attaccato a quella cazzo di sedia. Basta stronzate per oggi!»

«Tu—» Taehyung stringe i pugni sul tavolo, ma alla fine si siede, con un'espressione tesa.

Che atmosfera.

Cinque minuti dopo, la questione dei numeri di telefono è risolta e Taehyung ha ancora una faccia scontrosa. Dannazione, perché è così insopportabile?

«Un'ultima cosa: il posto in cui lavoreremo. Perché non possiamo rimanere in questa stanza per sempre.»

«Il seminterrato.»

E che voce profonda.

«Mi conosci bene», ammette Seokjin. «Il seminterrato va bene per tutti? Staremo più tranquilli.»

Grazie al cazzo che lo conosce bene. Cos'era quella, negli occhi di Seokjin? Una scintilla? Accidenti, non gli è passata per niente, vero?
Che cosa esilarante.
Oh, questa task force non sarà affatto noiosa.

«E vuoi che lo puliamo noi?»

Seokjin fa un cenno d'assenso, e Taehyung grugnisce.

«Bello spirito di squadra, cazzo.»

Jeongguk reprime una risata, ma Taehyung gli lancia comunque un'occhiataccia.

«Nessuna domanda?» chiede Seokjin, ma nessuno risponde. «Ottimo. Andiamo, allora.»

Si alzano tutti in piedi ed escono, attraversando insieme la stazione come se fossero a un maledetto campo estivo—solo che non si tengono per mano, grazie a Dio. Jeongguk va avanti con Georgie, si dirigono in fondo al gruppo. Il detective apre la grande porta davanti a sé e si immerge in un corridoio senza luce, trovando l'interruttore solo quando arriva vicino alle scale. Sono strette, perciò scende al piano di sotto con cautela, abbassando la testa quando vede delle ragnatele. Il seminterrato è infestato da insetti spaventosi? Prega di no.

Dopo una discesa senza fine, Jeongguk è il primo a mettere piede in un seminterrato non così vecchio, tutto sommato. Non ci sono finestre, ovviamente, ma la luce artificiale fa il suo lavoro. Inoltre, su una delle scrivanie c'è una piccola pila di fascicoli.

«Ho portato io i fascicoli», spiega Taehyung quando arriva nella stanza. Oh, quest'uomo riesce anche a rendersi utile? Che genuina sorpresa.

«Un po' di pulizia non guasterebbe», dice Seokjin, entrando per ultimo con due palette in mano. «Andiamo, signore e signori, è tempo di fare gli scout.»

Leroy ride della battuta e agguanta una paletta, mentre Jeongguk prende l'altra. Non lavorerà in un posto così lercio. «Va bene, svuotiamo anche gli scaffali e riorganizziamo i tavoli. Fatevi guidare dal feng shui.»

Jeongguk non riesce a trattenere una risata nasale. Seokjin e il suo feng shui, una lunga storia d'amore.

«Task force un par di palle», dice Taehyung sarcastico, spostandosi in un angolo della stanza, dov'è disposta una fila di sedie. «Piuttosto una force e basta. Una forzatura del cazzo.»

Jeongguk alza gli occhi al cielo – anzi, al paradiso –, anche se Taehyung non può vederlo. Fintanto che lavora, può anche lamentarsi, ma se non lo fa...
Be', per adesso lo sta facendo, e questo è un bene. Non è comunque entusiasmante, perché Jeongguk deve ancora lavorare con quel coglione come partner, ma chi lo sa? Potrebbe essere un'esperienza arricchente—a meno che non si ammazzino a vicenda prima della fine della missione.








Due ore. Questo è il tempo che ci vorrebbe per liberare una stanza, riorganizzarla e renderla quasi gradevole. Per sistemare una lavagna in un seminterrato e creare una bacheca sul muro per l'indagine, con tanto di fili rossi e tutto il resto. Due ore per organizzare il tuo piccolo spazio, proprio accanto a quella persona che disprezzi per le sue maniere e il suo atteggiamento—atteggiamento che hai sopportato per due cazzo di ore. E infine, per portare una macchinetta del caffè e bere quel dolce nettare insieme ai tuoi colleghi—tranne uno che, ovviamente, preferisce il tè.

Quindi, sì, ci vogliono due ore. O almeno questo è il tempo che ci è voluto alla nuova squadra di Harrison.

«Penso che siamo pronti per iniziare sul serio.» Seokjin è alto, serio e bellissimo in giacca e cravatta. Jeongguk adora quella cravatta in particolare. «Jeongguk e Taehyung, venite qui a spiegare la situazione.»

Jeongguk annuisce e obbedisce agli ordini, raggiungendo il sergente, ma Taehyung è più lento.

«Tutti sanno cosa è successo tre settimane fa, tranne Georgie forse», inizia il cosiddetto Lupo Solitario, con una voce profonda che riecheggia nel seminterrato. «Dopo leggerete il fascicolo, ma per farla breve Janice Doney è stata uccisa nella notte tra venerdì dodici ottobre e il sabato successivo. C'era una firma, intendo letteralmente. L'assassino ha scritto "remember" a lettere maiuscole, seguito da un punto di domanda, con il sangue della vittima. Il fatto è che, non appena l'ho vista, io ho ricordato qualcosa, e lo ricordo ancora. È un chiaro riferimento al mio primo caso da detective qui ad Harrison, lo ricordano anche quelli che mi conoscevano già allora. Giusto?» I precedenti membri della squadra concordano e Taehyung sospira. «Un mostro ha ucciso la sua ragazza a West Garfield e le ha tagliato le mani. Il nostro assassino ha fatto lo stesso. Ho portato tutti i documenti, quindi potete controllare nel dettaglio più tardi.»

Poi rivolge a Georgie quello che sembra... un sorriso? Oh, è così che stanno le cose? Taehyung è insopportabile con lui, ma non con gli altri? Interessante.

«Be', vale lo stesso per me. Harvey e io abbiamo scoperto un cadavere a Humboldt Park—»

«Taglia corto questa volta», borbotta Taehyung, guardando Jeongguk con aria di sfida. È di questo che si tratta? Di una cazzo di sfida? Oh, Cristo santo.

«Prego?»

«Sei sordo o cosa?» Jeongguk non può fare a meno di ridere. Rigira le sue stesse parole contro di lui? Interessante, di nuovo. E anche dannatamente stupido.

«Magari lo fossi.» Jeongguk alza un sopracciglio. «E pure cieco, ma scommetto che la vista delle tue camicie mi brucerebbe comunque la retina, prima o poi.»

«Il caso», sibila Seokjin, afferrando le spalle di Taehyung e impedendogli di muoversi. «Jeongguk, parla del caso.»

«Lo farei se non fosse per i modi barbari di Kim.»

«La tua esistenza è una barbarie», ribatte Taehyung, spingendo via Seokjin con il gomito, ma il maggiore non lo lascia andare, stringendo addirittura la presa.

«Va bene, chiudi quella cazzo di bocca e lascialo parlare.» Seokjin guarda oltre la spalla di Taehyung, lanciando a Jeongguk uno sguardo letale. «Chiudi anche tu quella cazzo di bocca, a meno che non si tratti del caso. Non siamo in prima media, cazzo!»

Un'ondata di silenzio gelido attraversa la stanza.
Iniziamo alla grande.
È divertente vedere come Seokjin riesca ad assumere una facciata diversa a seconda della circostanza.

Jeongguk si schiarisce la voce. «Come vi dicevo, ieri sera abbiamo trovato il corpo di un uomo. Non sappiamo ancora la sua identità, ma il laboratorio dovrebbe chiamarci a breve. Avete visto le foto, è stato un massacro. La vittima è stata probabilmente torturata, come Janice, e uccisa altrove, quindi sembra essere lo stesso Modus Operandi. Ad ogni modo, la cosa più importante, e ciò che sicuramente spiega perché mi ritrovo Taehyung come partner, è che questa volta la firma era per me.»

Vede con la coda dell'occhio i due Kim che lo guardano con severità. Che guardino. Una piccola frecciatina di tanto in tanto non ucciderà nessuno.

«È successo quando facevo parte della polizia di New York, quindi già questo è strano. Abbiamo trovato un cadavere seminudo in un parco, proprio come ieri. Anche quell'uomo era stato torturato con un attizzatoio, ma non c'era la firma, quella è peculiare del nostro assassino. Abbiamo trovato il colpevole dopo un mese o giù di lì. Comunque, alla fine, si trattava di un tornaconto tra due gang, di un messaggio violento. Ero un ufficiale a quel tempo, ma la stampa mi ha messo sotto i riflettori perché sono stato io ad arrestare l'assassino.»

E anche grazie a sua madre.
Essere il figlio di una sergente così rinomata non è cosa da poco.

«Chiederò il fascicolo, ho ancora degli amici a New York.»

«Ci sarebbe d'aiuto, davvero», afferma Seokjin, mandando di nuovo a sedere i due detective. «Quando scopriremo l'identità del—» Il sergente si interrompe quando sente vibrare il telefono nella tasca. «Solo un secondo.» Lo tira fuori e risponde, ma rimane dov'è. «Pronto? Oh, sì, perfetto.» Continua così per qualche minuto, annuendo tra sé e sé di tanto in tanto. «Va bene, allora aspettiamo.»

Riattacca e mette via il telefono. «Il capo ha fatto alcune telefonate, avremo notizie dal laboratorio prima del previsto.» Seokjin spolvera la sua giacca di classe. «Ma per ora, pausa pranzo.»








«Francis Goodman, quarantasette anni, viveva a West Lawn», annuncia Seokjin quando ha l'attenzione di tutti.

«West Lawn? È tipo a trenta minuti da Humboldt Park, se sei fortunato.»

«Leroy ha ragione», concorda Taehyung. «Stessa strategia, di nuovo. Un luogo lontano dall'abitazione della vittima.»

«Deve anche essere lontano dalla vera scena del delitto», aggiunge Jeongguk, ricevendo un cenno d'assenso da parte di Seokjin.

«Sembra tutto ben congegnato e fatto apposta per fregarci.»

È sempre fastidioso ammetterlo, ma Taehyung ha ragione. È esattamente come sembra, e probabilmente è davvero così. Il primo omicidio non è stato una coincidenza, e nemmeno il secondo. L'obiettivo principale sarebbe quello di evitare una terza vittima, ma l'istinto di Jeongguk non è ottimista in merito. Dio solo sa quanto si fidi del proprio istinto. Non lo ha mai tradito.

«E sta funzionando», osserva Jeongguk con rammarico. «L'assassino ci fa perdere tempo rimuovendo qualsiasi prova d'identità. Lui sa come coprire le sue tracce.»

«Lui?» sottolinea Georgie, guardando Jeongguk con occhi indagatori. «Non sappiamo se sia un uomo o una donna.»

«Hai ragione, ma dato che la nostra seconda vittima è un uomo alto un metro e ottanta, piuttosto forte, direi che si tratta di un uomo.»

«Ha senso», l'agente annuisce, con una mano sotto il mento. «Pensiamo che il nostro assassino sia, in effetti, un uomo, ma ricordate che non possiamo esserne affatto sicuri, almeno per il momento.»

Tutti concordano con le parole di Seokjin, anche chi parla poco.

«È troppo presto per stilare un profilo, ma una cosa è certa, l'assassino sa quello che fa.»

Jeongguk coglie un'espressione irritata sul volto di Taehyung, che lo fa ridere dentro.
Che bambino, davvero.

«È un passo avanti, sì», ammette Leroy.

«Ecco perché non possiamo permetterci di perdere tempo», afferma Seokjin, risollevandosi. «Taehyung, Jeongguk, prima ronda come partner, adesso.»

Leroy inspira così forte che il rumore sembra riecheggiare sui muri. Anche Taehyung non sembra a suo agio, i muscoli della sua mascella pulsano incessantemente.

«Andate a casa di Goodman e cercate dei parenti o i vicini...»

«So fare il mio lavoro, Seokjin», sibila Taehyung, alzandosi in piedi e raccogliendo la sua roba.

L'istante dopo se n'è già andato.

Jeongguk sospira e, proprio come Kim, controlla di avere addosso il distintivo e la pistola.

«Buona fortuna con lui», sussurra Georgie, prima che Jeongguk si alzi in piedi. Il detective sbuffa e la ringrazia.

Dopo di lei, Leroy si sporge in avanti quando Jeongguk gli passa accanto. «Non infastidirlo troppo.»

Infastidirlo? È Taehyung quello fastidioso.

«Sarà fortunato se non lo metto KO, Jenkins.»

E l'attimo dopo se n'è andato anche lui. Ritorna al pian terreno e al suo caratteristico brusio. Raggiunge in fretta Taehyung e lasciano insieme la stazione.

«Guido io», dicono all'unisono non appena vedono la macchina che gli hanno assegnato. Quando incontra lo sguardo severo di Taehyung, Jeongguk sente un caldo nodo alla bocca dello stomaco. Quella sensazione non gli piace affatto e, se non ci fosse stato Kim davanti a lui, avrebbe già ricambiato l'occhiataccia.

Dopo poco, così com'è arrivata, quella sensazione fastidiosa svanisce, ma la mente di Jeongguk resta annebbiata. Che diavolo gli prende?

«Dammi le chiavi.»

Non si arrende, eh?
Ma neanche Jeongguk può arrendersi. Il suo ego è stupido, fuori luogo e quant'altro, ma non può dargliela vinta così facilmente.

«Queste chiavi?» chiede Jeongguk, agitandole davanti ai suoi occhi. Il tintinnio metallico gli fa stringere ancora di più la mascella.

Tanto stringe sempre quella cazzo di mascella, in ogni caso. Jeongguk vuole che si faccia avanti e cerchi di prendergli le chiavi, ma Taehyung non si muove di un centimetro. Si limita a fissarlo con occhi scuri e profondi.

«Va bene, Jeon-Kearney. Almeno apri la macchina.»

Jeongguk resta senza parole per un attimo, come congelato, ma si riscuote quando lo sente pronunciare di nuovo il suo cognome per intero.

Dannazione.

Essere il partner di Taehyung non sarà facile.

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