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𝙲𝙰𝙿𝙸𝚃𝙾𝙻𝙾 𝙸








«Sei stato tu», Taehyung rabbrividisce, una mano scorre fra i capelli, l'altra trema mentre impugna la pistola. «Fin dall'inizio.»

«Io?» Jeongguk fa un passo avanti, perplesso. «Cosa stai—»

Il suo respiro si blocca di colpo.
Non riesce più a muoversi, immobilizzato dalla canna fredda che preme contro la sua fronte.

«Sapevo che eri uno stronzo, ma fino a questo punto?»

«Non so cosa—»

«Sta' zitto!» sbotta Taehyung, e spinge l'arma con più forza contro la fronte di Jeongguk, facendolo indietreggiare.

Silenzio.

«Sei un uomo morto, Jeon.»







Qualche mese prima







«È sempre la stessa merda», si lamenta Taehyung. «Vero, ragazzino?» Volta la testa verso Leroy, in piedi accanto a lui, anche lui a braccia conserte.

«Siamo gli unici a pensarlo, ma sì», risponde il minore, mentre osserva l'incontro da lontano.

«Risolve un caso e tutti pendono dalle sue labbra, ma che cazzo? Voglio dire, è il nostro lavoro, per l'amor di Dio.»

«Forse hanno bisogno di un eroe?»

«Tu non ne hai bisogno?» chiede il detective.

«Sei tu il mio eroe!» lo prende in giro l'agente di polizia.

«Vai a cagare», dice Taehyung, dandogli una leggera spallata che non fa muovere Leroy neanche di un centimetro. C'è stato un tempo in cui il maggiore riusciva a farlo con estrema facilità, ma ora Leroy Jenkins è molto più tosto di prima. Ebbene, deve esserlo per forza per sopportare Taehyung, anche conosciuto come il Lupo Solitario dell'undicesimo distretto del Dipartimento di Polizia di Chicago, il peggiore in materia di omicidi.

«Potresti avere anche tu la stessa accoglienza dopo i tuoi successi», fa notare Leroy al suo collega e superiore.

«Sai che non m'importa della fama.» Taehyung sospira e scuote lentamente la testa. «Davvero, non capisco. Tutto questo champagne e ondate di complimenti solo per un paio di rapine? Ok, fantastico, ma dobbiamo occuparci di stupri e omicidi qui.»

«Capisco cosa intendi, ma siamo nell'undicesimo distretto, Taehyung. Le persone hanno bisogno di vedere la luce in fondo al tunnel ogni tanto.»

«Non c'è luce ad Harrison. Ecco perché siamo qui.»

«Non essere così pessimista.»

«È la mia natura, 'Roy.»

Tanto rumore, qualche risata sciocca e un po' di alcol.
Tutte cose che Taehyung odia.
Ma la cosa che odia di più se ne sta in piedi nel bel mezzo della stazione di polizia.
Beh, non è esattamente una cosa, ma Taehyung lo trova talmente superficiale che forse può definirlo tale. Superficiale, senza ombra di dubbio, ma a quanto pare anche efficiente. Da quando è arrivato, il detective Jeon ha risolto molti casi insieme al suo socio, ma quest'ultimo finisce spesso nel dimenticatoio, eclissato dal ragazzo nuovo.
Fortunatamente, fanno parte di un'altra squadra della sezione Crimini Violenti, che è composta da tre squadre in tutto, ciascuna guidata da un sergente.

«Servire e proteggere, questo è il nostro motto. Perché non possono limitarsi a fare questo?»

«Servire e proteggere», lo scimmiotta Seokjin, materializzandosi accanto a Taehyung e imitando la voce bassa del detective.
Una semplice frase e il cuore di Taehyung perde un battito. Dannato sergente Kim e, soprattutto, dannati pensieri.

«Vatti a fare un drink, idiota», dice il detective. Non è dell'umore giusto per le frecciatine di Seokjin.

«Qualcuno è scontroso stasera», conclude l'uomo dalle spalle ampie prima di andar via, consapevole che restare sarebbe stata solo una perdita di tempo, dato l'atteggiamento di Taehyung.

«Idiota?» sottolinea Leroy, anche se è abituato ai suoi modi. «Il mio capo mi ucciderebbe se lo chiamassi così.»

«Essere un detective ha i suoi vantaggi.»

«Un detective speciale», lo corregge l'agente. «Difatti, stiamo parlando niente meno che del magnifico Kim Taehyung.»

«Leccarmi il culo non ti farà ottenere una promozione», afferma, sollevando un sopracciglio.

Leroy si porta una mano al petto, fingendosi scioccato. «Io? Mai», giura, prima di avvicinarsi a Taehyung come se volesse svelargli un segreto, «ma so a chi piacerebbe farlo.»

«Shhh.» Il maggiore preme il palmo della mano contro la bocca di Leroy, che ridacchia un po'. «Piccolo teppista.»

Non vorrebbe fare i pensieri che sta facendo in questo momento, ma Taehyung non può fare a meno di immaginare ciò di cui stava parlando Leroy.

«Puoi...» riesce a dire l'agente.

«Oh, certo», risponde Taehyung, spostando la mano, ancora perso nei suoi sogni ad occhi aperti— e nei suoi ricordi.

«Sai, penso che dovresti—»

«Smettila», ordina Taehyung, prima di aggiungere, «per favore.» È perfettamente consapevole dell'argomento che sta per tirare in ballo, ma sa anche che non vuole parlarne di nuovo. Affrontarlo ogni giorno è già abbastanza difficile, non c'è bisogno di mettergli altra pressione addosso.

«Scusa, sono solo preoccupato per te», ammette Leroy.

«Per me? No, ragazzino, non esserlo. Tutto ciò che devi fare è mantenere il segreto.»

«Un ragazzino non lo farebbe», protesta Leroy. «Per fortuna, io non lo sono.»

Taehyung si rilassa un po', felice di avere questo idiota al suo fianco, anche se non glielo dice mai apertamente: l'ego del ragazzino esploderebbe. È anche felice di averlo avuto nella sua squadra fin dall'inizio, ed è orgoglioso di vedere chi è diventato Leroy Jenkins oggi: una specie di Taehyung in miniatura con meno capelli e la mascella più squadrata.
Beh, non si somigliano affatto fisicamente, soltanto mentalmente, ma fa lo stesso.

«Ti ho praticamente cresciuto. Sarai sempre il mio—»

«Come va, eremiti?»

Taehyung detesta essere interrotto.
Ancor di più quando a farlo è un coglione di merda. Il re dei coglioni.

«Che c'è?» continua Jeongguk, dopo aver incontrato lo sguardo torvo di Taehyung. «Di nuovo geloso?»

«Fuori dalle palle, Jeon», risponde con tono duro, cercando di mantenere la calma.

«Odi festeggiare le vittorie di qualcun altro, non è vero?»

«Vittorie? Hai scoperto l'identità di Jack lo Squartatore? Ha riportato in vita Mercurio?» dice con ironia Taehyung. La vera vittoria sarebbe la sua scomparsa dalla faccia della Terra, ma decide di non dirlo ad alta voce. Dio, odia questo tizio, non potrebbe essere altrimenti. Il disgusto che nutre per quest'uomo gli scorre nelle vene.

«Il tuo amico sta cercando di essere divertente», ridacchia Jeongguk, parlando con Leroy. «Bene, ci vediamo dopo, guastafeste.»
E con queste parole, la spina nel fianco finalmente se ne va, lasciandosi dietro un vago profumo di menta. Taehyung di solito ama la menta, ma non riesce a sopportare quell'odore se proviene da lui.

«Pezzo di merda», decretano all'unisono Taehyung e Leroy.







Taehyung adora l'autunno e tutte le sue sfaccettature; ecco perché un sorriso fa capolino sulle sue labbra non appena sente il rumore della pioggia che ruscella contro i vetri delle finestre. È una buona giornata per ora; è solo, sta sorseggiando una tazza di tè, e la sua stagione preferita è appena iniziata— ma sono solo le sette del mattino, e Dio solo sa che una difficile giornata lo attende. Ad essere onesti, ogni giorno diventa sempre più difficile da quando è comparso Jeongguk, sei mesi fa. Anche se non fanno parte dello stesso gruppo, fanno comunque parte della stessa grande squadra. Jeon rimane un detective, proprio come Taehyung. Quest'ultimo è ben lungi dall'odiare tutti i detective dell'undicesimo distretto; in realtà, ripudia solo Jeongguk. Sa che quello nuovo è più intelligente della media e si rende molto utile, ma questi meriti non bastano a cancellare i pensieri di Taehyung. Prima di tutto, lo vede come un riccone che, in fin dei conti, può ottenere tutto ciò che vuole con un semplice schiocco di dita. Jeongguk profuma di menta, sì, ma soprattutto di dollari. Tutto in lui trasuda il suo benessere economico, a cominciare dai suoi genitori. Certo, Taehyung non li conosce personalmente, ma la loro identità è risaputa: una madre di alto rango nel dipartimento di polizia di New York, sposata con uno degli avvocati più famosi del Paese, nientemeno. Per l'esattezza, sono i suoi genitori adottivi e, anche se questa informazione non viene sbandierata ai quattro venti, solo un pazzo potrebbe credere che ci sia un legame di sangue tra loro. Jeongguk Jeon non suona molto americano, non è vero? O meglio, sempre per l'esattezza, Jeongguk Jeon-Kearney. Ad ogni modo, dietro gran parte dei suoi privilegi si celano i suoi ricchi e potenti genitori, incluso il trasferimento dal dipartimento di polizia di New York a quello di Chicago. Perché lasciare la Grande Mela per la la Città del Vento? Questo è tuttora un mistero irrisolto.

Volete sapere altro? Bene, ha una dannata Range Rover nera che probabilmente vale più dell'anima di Taehyung, camicie scure e cravatte che costano un rene o due – cadauna –, scarpe Oxford lucidate alla perfezione... beh, la lista è lunga. Oh, e ha di sicuro il miglior parrucchiere di tutti i tempi, a giudicare dai suoi capelli lunghi, ondulati e fin troppo scintillanti per questo mondo— già, odiare qualcuno significa osservarlo più del necessario.
Per farla breve, è ricco, e cazzo, Taehyung non lo è.
È gelosia la sua? No, solo repulsione nei confronti di Jeon Jeongguk. Questo è tutto. Chi sarebbe geloso di un uomo del genere? Non Taehyung, di sicuro.








Seduto dietro la sua scrivania, illuminato solo dalla luce calda di una lampada da tavolo, Taehyung è concentrato sul suo rapporto. Oggi fa il turno di notte, il suo preferito. Niente rumore, niente luci accecanti e, soprattutto, niente Jeongguk. In genere, se Taehyung lavora di notte, lo fa anche il resto della "sua" squadra, ma tutti sanno che preferisce restare da solo nel regno dell'ignoto. Ha sempre considerato i turni di notte come l'alternativa più tranquilla, anche se la vita continua a fare il suo corso, tanto quanto i crimini.

«Taehyung», una voce interrompe i suoi pensieri. Alza lo sguardo e si aggiusta gli occhiali da lettura sul naso.

«Sono un po' impegnato, Zak.»
Zak Fowler, un uomo di etnia mista con una statura imponente. Agente di polizia sulla trentina, un classico a Chicago.

«Scusa, ma il sergente vuole vederti.» Fa una pausa. «Adesso.»

«Spero che sia importante come sembra», dice Taehyung alzandosi in piedi. Contro la sua volontà, il detective lascia la sua postazione e si dirige verso l'ufficio di Seokjin, che si trova in un'altra stanza. Pochi secondi dopo, entra senza bussare.

«Sì... ho capito. Va bene. Sì, stiamo arrivando», conclude Seokjin, riattaccando il telefono.

«Che succede, Jin?» chiede Taehyung. Qualcosa non va, più del solito.

«Hanno trovato un corpo a West Garfield Park.» Vicino a Humboldt Park, dove vive Taehyung. Fantastico... ma ci è abituato. Il West Side non è di certo il posto più sicuro della città.

«E? Questo è all'ordine del giorno, non devo mica spiegartelo io.»

«No, Taehyung. È... strano. Insolito.»

Il detective aggrotta la fronte, perplesso. Seokjin non è il tipo di uomo che si preoccupa per nulla. E sa perfettamente che tipo di uomo è.

«Stanno transennando l'area. Preparati a partire tra due minuti.»

«Vieni con me?» chiede Taehyung e, non appena Seokjin annuisce, capisce che qualcosa non va. Prima di prepararsi, condivide il suo brutto presentimento con il sergente, che finalmente confessa ciò che gli ha riferito la persona che ha telefonato.

«L'assassino ha lasciato una firma.»

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