𝘸𝘩𝘦𝘯 𝘐'𝘮 𝘢𝘭𝘰𝘯𝘦 𝘸𝘪𝘵𝘩𝘰𝘶𝘵 𝘺𝘰𝘶 / 𝘐 𝘤𝘢𝘯 𝘢𝘭𝘸𝘢𝘺𝘴 𝘥𝘳𝘦𝘢𝘮 𝘢𝘣𝘰𝘶𝘵 𝘺𝘰𝘶
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𝘸𝘩𝘦𝘯 𝘐'𝘮 𝘢𝘭𝘰𝘯𝘦 𝘸𝘪𝘵𝘩𝘰𝘶𝘵 𝘺𝘰𝘶
𝘐 𝘤𝘢𝘯 𝘢𝘭𝘸𝘢𝘺𝘴 𝘥𝘳𝘦𝘢𝘮 𝘢𝘣𝘰𝘶𝘵 𝘺𝘰𝘶
Jungkook guarda l'orologio e cerca di trattenere un sospiro drammatico. Vorrebbe controllare il telefono, ma ha imparato a sue spese che c'è una telecamera di sicurezza che lo sorveglia in ogni momento. E la sua responsabile guarda sicuramente quei video, perché la settimana scorsa Jungkook è stato rimproverato per non aver prestato abbastanza attenzione ai clienti.
Anche se non c'erano clienti, quindi non aveva nient'altro da fare.
Non ci sono mai clienti quando lavora Jungkook. In un certo senso, ne capisce il motivo. Dev'essere strano, in piedi dietro il bancone dei profumi, circondato da tutta quella delicata vetreria e dalle confezioni pastello. Non tanto perché è un ragazzo, ma perché è un ragazzo con i capelli lunghi e un braccio completamente tatuato. I pochi clienti che hanno il coraggio di avvicinarsi e chiedergli informazioni, o che credono che lui sappia davvero di cosa sta parlando, gli hanno detto più di una volta che non ha l'aria di uno che dovrebbe lavorare lì.
E lui lo sa, perché gli occhi ce li ha anche lui, quindi non è un'osservazione granché utile, soprattutto dopo le prime tredici volte che l'ha sentita. Questa è solo la sua seconda settimana di lavoro, ma non è sicuro di resistere ancora a lungo. È noioso, innanzitutto, ma è anche d'accordo con l'idea di tutti riguardo il fatto che non sia il posto adatto a lui. Anche se questo è il motivo per cui ha accettato il lavoro.
Questo, e anche il fatto che anche una vecchia amica di suo padre lavora qui, nel reparto gioielleria: è stata lei a dirgli che c'era un posto libero. Era la prima offerta di lavoro disponibile e non aveva intenzione di rifiutarla. Quando si è presentato al colloquio, la sua attuale responsabile (che lui disprezza appassionatamente, in primis perché batte sempre la fiacca fumando sigarette in sala relax) sembrava confusa. Ma lui si è dimostrato più che qualificato per il lavoro e la sera prima aveva guardato abbastanza video su Youtube in materia di profumi da sembrare quantomeno competente in materia.
E se la cava abbastanza bene con i pochi clienti che ha, vendendo loro prodotti che costano un centinaio di dollari in più di quanto volessero pagare inizialmente. Lo fa sentire un po' a disagio, approfittarsi di loro in questo modo, ma allo stesso tempo sono tutti adulti e in definitiva è una loro responsabilità gestire i propri soldi. Inoltre, oltre alla paga oraria, viene pagato a provvigione, quindi è sempre bello finire la giornata con un po' di soldi in più sulla busta paga. Deve ricominciare a mettere da parte i suoi risparmi in qualche modo.
Il lavoro è molto più facile di quanto pensasse, soprattutto perché i suoi clienti sono, il più delle volte, uomini. Uomini molto frenetici, che devono affrettarsi a trovare un regalo dell'ultimo minuto per la moglie, la fidanzata o la figlia in occasione di una festa o un anniversario o un compleanno che hanno dimenticato. È allora che Jungkook può mostrare loro le cose più costose, perché sono troppo impegnati ad asciugarsi il sudore dagli occhi per leggere bene i cartellini dei prezzi.
La ragazza che fa il turno di mattina e metà pomeriggio si lamenta sempre con lui di avere gli orari più affollati e le vendite più basse. Ma non è colpa di Jungkook se è l'unica persona al banco dalle cinque alle nove.
Eppure, vorrebbe che lei fosse qui adesso, nonostante la sua straordinaria capacità di non smettere mai di parlare. Di solito non lo infastidisce, ma ogni volta lei inizia a lamentarsi è costretto a fare alcuni degli esercizi di respirazione che ha imparato in terapia. Non che servano a molto.
In questo momento, però, apprezzerebbe la sua loquacità; la ascolterebbe volentieri mentre racconta quello che è successo ieri sera in quel reality show trash che le piace guardare. Ha guardato anche lui qualche episodio nel fine settimana e ora può capire perché sia così coinvolgente.
Pensa che forse domani proverà a parlarne con lei. Suo padre continua a chiedergli se si è già fatto degli amici al lavoro e lui continua a mentire.
Però è difficile fare amicizia quando quattro delle sue otto ore qui dentro le trascorre da solo, a guardare la gente che cerca confusamente l'uscita e che di tanto in tanto gli chiede indicazioni. Ecco perché è così annoiato in questo momento, ecco perché ha già riorganizzato il nuovo display cinque volte e sono appena le 6:17.
Guarda la telecamera di sicurezza, cercando di capire se può mettersi nella giusta posizione per non farsi vedere, in modo da poter almeno andare su Twitter o qualcosa del genere, ma la luce rossa lampeggia minacciosa verso di lui e decide che non vale la pena rischiare. Anche se, in teoria, vorrebbe comunque lasciare il lavoro. La paga è buona, ed è decisamente lontano a sufficienza da qualunque lavoro abbia mai fatto prima, ma è comunque una noia mortale.
«Salve! È ancora aperto?»
Jungkook trasale nel sentire una voce alle sue spalle e si gira rapidamente per vedere un ragazzo in piedi davanti al bancone, con un'espressione mortificata sul volto.
«Oh, scusa, non volevo spaventarti.»
Jungkook scuote la testa. «Colpa mia. Ero distratto.» Fa un passo avanti in modo impacciato. «Come posso aiutarti?»
Il ragazzo gli rivolge un sorriso cordiale. «Sto cercando un profumo, qualcosa di non troppo forte.»
Jungkook annuisce, grattandosi distrattamente la guancia e cercando di non sbadigliare. Ha una gran voglia di andare a casa.
«Qualcosa di più floreale o più agrumato?»
«Mmh, questa è una bella domanda.»
Jungkook aspetta pazientemente mentre il ragazzo ci riflette su.
«Credo... potrei vedere entrambi?»
«Certo», risponde Jungkook.
Si gira di nuovo per guardare gli scaffali colmi di flaconi tester alle sue spalle. Ormai sa bene dove trovare tutto, e ringrazia tra sé e sé che questo ragazzo stia cercando dei profumi più delicati. Jungkook ha avuto uno dei peggiori mal di testa della sua vita, tornando a casa dopo aver sniffato profumi per tutto il giorno.
Prende quattro flaconi e li porta al bancone centrale, insieme al secchiello che contiene le striscette di carta.
«Allora perché non inizi con questi? E se ne trovi uno che ti piace, possiamo restringere il campo. Se hai domande, sono qui.»
In genere Jungkook non ama interferire con i clienti, preferendo lasciare che provino le fragranze da soli e senza il suo contributo. In ogni caso, è così che gli piace fare acquisti; i commessi prepotenti lo hanno sempre irritato.
Si allontana di qualche passo, fuori dal raggio di azione dello spray, e osserva in silenzio il ragazzo che inizia a provare i diversi profumi. Ne approfitta per studiare il cliente e osservarlo un po'.
È attraente. Molto attraente, in realtà, ora che Jungkook lo guarda meglio. Sembra quasi una scultura, come se facesse parte di un museo o di un vecchio dipinto. Qualcosa che non appartiene alla vita reale.
Ma poi Jungkook osserva il modo in cui si muove – le mani che passano da una boccetta di profumo all'altra, le labbra che si tendono ora in un sorriso ora in un broncio, le sopracciglia che si alzano e si abbassano ogni volta che sentono un nuovo profumo – ogni movimento è infuso di questa folle vitalità che è quasi ipnotizzante quanto la meravigliosa composizione dei suoi lineamenti.
Ok, Jeon. Datti un freno, porca miseria.
Sbatte forte le palpebre, costringendosi a focalizzarsi sul lavoro. Anche se sotto sotto continua a pensare a quanto sia bello questo ragazzo. Decide di provare a disegnarlo a memoria più tardi. Cerca di catturare i suoi movimenti, come può. Potrebbe essere una bella sfida; potrebbe richiedere più di qualche tentativo. E questo significa meno tempo per giocare ai videogiochi, il che è una buona cosa. Almeno, questo è ciò che dice la sua terapeuta.
Il ragazzo finisce di provare i tester e lascia cadere le strisce di carta usate nel cestino che si trova sul lato destro del bancone. Jungkook si avvicina.
«Hai trovato qualcosa che ti piace?»
Il ragazzo scuote la testa. «No, mi dispiace. Credo che questo ci si avvicini? Mi piace perché... sa di pulito, quasi.»
Spinge una delle bottiglie verso Jungkook, che non può fare a meno di notare quanto siano belle le sue mani.
«Ok, beh, è un inizio», dice Jungkook. «Lascia che te ne prenda un altro paio. La cosa migliore da fare, se non si sa bene cosa si sta cercando, è provarne il più possibile.»
Si volta di nuovo verso i tester e inizia a cercarne altri. A questo punto ha una certa dimestichezza con l'intero processo; il più delle volte gli capitano ragazzi che non hanno idea di quello che vogliono o, più precisamente, di quello che vogliono le loro fidanzate.
Il secondo giro di profumi è identico al primo. Jungkook osserva di nascosto il ragazzo finché non ha finito e lui scuote di nuovo la testa. Così Jungkook gli porta un terzo gruppo di profumi e aspetta di nuovo.
Un altro fallimento.
«Mi dispiace tanto», si scusa il ragazzo. «Sto facendo il difficile, lo so.»
Jungkook fa spallucce. «Non ti preoccupare. Mi pagano per questo, quindi.»
Il ragazzo ride sommessamente, mentre Jungkook rimette gli ultimi profumi al loro posto. Sta per prenderne altri quando a un tratto esita e si volta di nuovo verso il ragazzo.
«Senti, perché non mi parli un po' della persona per cui lo stai comprando? A meno che tu non lo stia comprando per te stesso?»
Jungkook trova che questo approccio a volte sia utile, soprattutto per i clienti indecisi, come si sta dimostrando questo ragazzo. È molto più facile di quanto si pensi abbinare i tratti della personalità di una persona a determinate fragranze. E il più delle volte funziona.
«Ok. Beh, a occhio e croce direi che è molto ordinata e molto riservata. Ma le piace molto ridere. Se questo può essere d'aiuto.»
«Certo, sì.»
Jungkook cerca di non sentirsi deluso dal fatto che ci sia una lei. Perché comunque non è che otterrà il numero di questo ragazzo, né lo rivedrà mai, se è per questo. Quindi trattiene un sospiro e si gira ancora una volta, prendendo due tester che emanano una fragranza fresca e pulita, non troppo invadente.
«Prova questi.»
Lo fa, e Jungkook non sa se sentirsi sollevato o triste quando annuisce e indica il secondo flacone.
«Questo. Decisamente. Accidenti, devi essere un mago in queste cose.»
Jungkook scrolla le spalle e cerca sotto il bancone una versione confezionata del profumo. Per mezzo secondo discute sull'opportunità di provare ad alzare un po' il prezzo come fa di solito, ma decide di non farlo. Forse perché questo ragazzo è sexy, o forse perché qualcosa nel suo viso gli dice che non ci cascherebbe comunque.
«È solo il mio lavoro. Impari i trucchi del mestiere.»
Il ragazzo annuisce pensieroso, tirando fuori il portafoglio. Il silenzio cala tra loro mentre Jungkook gli fa lo scontrino e mette il profumo in un sacchetto regalo, aggiungendo della carta velina per renderlo più carino. Quando il ragazzo gli consegna la carta di credito, Jungkook si sforza di non guardare il nome.
Kim Taehyung.
A quanto pare non si è impegnato abbastanza.
Fa scorrere la carta e completa la transazione, costringendosi a non arrossire quando sente gli occhi del ragazzo – Taehyung – su di lui.
«Ecco a te lo scontrino e la busta. Grazie per aver acquistato da noi, buona serata.»
«Anche a te. Grazie ancora.»
E poi se ne va, allontanandosi dal bancone e tornando nel labirinto di vestiti, scarpe ed elettrodomestici da cui tutti i clienti sembrano essere inghiottiti, volenti o nolenti. Jungkook controlla di nuovo l'orologio.
6:48.
Almeno è passato un po' di tempo. Jungkook sospira e si prende un momento per strofinarsi il viso con le mani nel tentativo di rimanere sveglio. Deve davvero smetterla di andare a letto così tardi. Pensa che potrebbe dormire fino a tardi, ma poi non avrebbe il tempo di andare in palestra prima del turno e non vuole proprio rinunciarvi. Non riesce neppure a immaginare quanto stress represso accumulerebbe se non si allenasse. O rabbia. Soprattutto rabbia.
Jungkook riorganizza ancora una volta gli scaffali, rassegnandosi ad altre due ore di noia mortale, da solo al banco dei profumi.
Quando si addormenta quella sera, con gli occhi secchi e pruriginosi dopo aver giocato ai videogiochi per tre ore di fila, anche se aveva giurato di non farlo, sogna un paio di mani bellissime e un viso che sembra scolpito dagli dei.
A parte qualche schizzo a matita fallito, Jungkook non pensa più molto a Taehyung. Anzi, si dimentica quasi del tutto di lui. Jungkook è troppo impegnato a odiare il suo lavoro e a cercare di convincere la sua terapeuta, suo padre e gli unici due amici che gli sono rimasti che sta bene.
Loro non se la bevono neanche per un secondo, ovviamente. Jungkook stringe una timida amicizia con la sua collega, tanto da poter parlare del loro amore comune per quel reality show trash, quando c'è un po' di tregua nella baraonda di clienti del tardo pomeriggio. È... piacevole, decide Jungkook. È stato cauto nel fare amicizia con lei, e molto cauto quando si tratta della sua responsabile, ma deve continuare a ricordare a se stesso che non tutti, e non tutto, saranno come l'ultima volta.
Quindi no, non ha pensato molto a Taehyung. Ma gli torna in mente due settimane dopo, quando si trova di fronte alla parete e sta discutendo se riordinare tutti i tester per colore, invece che per fragranza. Certo, sarebbe un po' un casino quando devono trovare qualcosa, ma sarebbe esteticamente piacevole. Si volta quando sente un lieve colpetto sul ripiano di vetro.
«Ciao di nuovo.»
Taehyung lo saluta con un piccolo gesto della mano e un sorriso imbarazzato sul viso che comunica che non è sicuro se Jungkook si ricordi di lui o meno. Come se Jungkook potesse dimenticare qualcuno con una faccia come la sua.
Cazzo, datti una calmata.
«Ciao di nuovo», dice Jungkook. «Sei tornato per il bis?»
Taehyung annuisce, e Jungkook si prende mentalmente a calci, cercando di smettere di pensare a lui e al suo nome. Perché Taehyung non conosce il suo nome, e onestamente neanche lui dovrebbe conoscere quello di Taehyung. Inoltre, adesso che ci pensa, il suo nome potrebbe anche non essere Taehyung. La gente usa sempre le carte di credito di altre persone.
Jungkook cerca anche di non sorprendersi del fatto che Taehyung – cioè, questo ragazzo – sia tornato così presto. Di solito le persone comprano il profumo una volta all'anno, forse due, se ne usano molto. Due settimane è alquanto inaudito. E gli sembra anche improbabile che il profumo non sia piaciuto alla sua (fidanzata? moglie?), perché in tal caso l'avrebbe probabilmente restituito nei giorni successivi.
Tuttavia, non è qui per giudicare le abitudini di acquisto dei clienti, ma solo per proporre loro i prodotti, quindi annuisce.
«Lo stesso?»
Taehyung scuote la testa. «No, si è stancata di quello.»
Jungkook, ancora una volta, cerca di non mostrarsi sorpreso. Non riesce proprio a capire come ci si possa stancare di un profumo dopo due sole settimane. Forse quando Taehyung l'ha descritta la prima volta, avrebbe dovuto aggiungere anche difficile da accontentare.
Ma non è giusto da parte sua pensarlo, quindi tiene per sé le sue opinioni sconnesse.
«Ok, allora avevi in mente qualcos'altro? Un profumo diverso, magari?»
Taehyung storce la bocca, prendendo in considerazione la domanda di Jungkook. «In realtà, ti ricordi l'altro che ho provato? Mi dispiace, non ricordo il nome; so solo che aveva un odore simile a quello delle arance.»
Scrolla le spalle verso Jungkook, impotente. Jungkook nota che ha la capacità di sembrare sinceramente dispiaciuto, come se fosse davvero mortificato per l'inconveniente. Jungkook si chiede se sia una recita o se sia semplicemente una persona così sincera.
Sente la voce della sua terapeuta nella testa che gli dice di smetterla di essere così cinico. Così si gira verso la parete dei tester e prende il profumo di cui pensa che Taehyung stia parlando. Se la memoria non lo inganna, questo è l'unico a base di arancia che ha provato la volta scorsa.
Jungkook guarda con attenzione Taehyung che prova il profumo, portandosi la striscia di carta al naso e chiudendo gli occhi mentre inspira. In quel momento, Jungkook capisce perché i suoi schizzi sembrassero così sbagliati. C'è una delicatezza in Taehyung, lungo la curva degli zigomi e agli angoli della bocca, che Jungkook non è riuscito a cogliere. Lo fissa il più a lungo possibile, cercando di memorizzare ogni piccolo dettaglio – il neo sotto il naso, la consistenza dei capelli, la lunghezza delle ciglia – prima che Taehyung riapra gli occhi.
Fa un ampio sorriso a Jungkook e annuisce vigorosamente. «Davvero. Sei magico. Come hai fatto a ricordartene?»
Jungkook fa spallucce. «Buona memoria, credo.»
Non può fare a meno di sentirsi un po' soddisfatto nel vedere Taehyung così impressionato.
«Wow», dice Taehyung, «vorrei essere come te. Faccio schifo a tenere a mente le cose. Menomale che ci sei tu ad aiutarmi», aggiunge raggiante.
Spinge il tester verso Jungkook, che si ricorda ancora una volta di quelle bellissime mani.
«Prendo questo, grazie.»
Jungkook sta per allungare la mano sotto il bancone, ma poi esita. «Non è che... lo preferisci nella versione più piccola?»
Hanno bottiglie più piccole, versioni da viaggio e molto altro, ma gli è stato detto di non mostrarle a meno che il cliente non lo chieda espressamente. Dopotutto, sono meno costose. Ma Jungkook si sente in colpa per aver venduto a Taehyung un altro profumo di lusso. E c'è anche un'altra parte di lui, più speranzosa, che lo vede quasi come un piccolo test per scoprire se Taehyung abbia intenzione di tornare nelle prossime settimane.
Taehyung inarca un sopracciglio. «Avete versioni più piccole?»
Jungkook annuisce, concentrandosi sulle mani invece che sullo sguardo improvvisamente penetrante di Taehyung. L'ultima volta non l'ha fregato aumentandogli il prezzo o che altro, ma si sente comunque un po' a disagio.
«Beh, è un sollievo», dice Taehyung, e Jungkook alza lo sguardo per vederlo sorridere di nuovo. «Ora posso comprarne di più.»
Prende il portafoglio e gli porge la carta di credito, mentre Jungkook tira fuori un formato da viaggio del profumo che desidera.
«Lavori sempre di sera?», gli chiede.
Jungkook fa scorrere la carta di credito. «Dalla domenica al venerdì.»
Riconsegna a Taehyung la sua carta e inizia a tirare fuori il sacchetto e la carta velina per il suo ultimo acquisto.
«Oh, perfetto. Probabilmente mi vedrai spesso, tanto per dire. A proposito, io sono Taehyung.»
Jungkook si morde la lingua per impedirsi di dire lo so. Si limita a prendere la busta di Taehyung e a porgergliela.
«Piacere di conoscerti, Taehyung. Io sono Jungkook. E ricevo commissioni su qualsiasi cosa compri, quindi torna pure quando vuoi.»
Dice l'ultima parte in modo un po' secco, compiacendosi quando Taehyung scoppia a ridere.
«Lo farò, non preoccuparti. Sarò il tuo miglior cliente. Beh, alla prossima volta allora. Ciao, Jungkook.»
«Ciao.»
E dopo, proprio come l'ultima volta, se ne va.
Il resto del turno di Jungkook sembra volare, per una volta. Quando torna a casa, non si preoccupa nemmeno di togliersi il giubbotto prima di andare dritto in camera da letto, sedersi alla scrivania e tirare fuori il suo album da disegno. È deciso a correggere i suoi precedenti tentativi di disegnare Taehyung, mentre quello vero è ancora fresco nella sua mente.
È così concentrato a sistemare gli occhi che non si accorge neppure che suo padre è in piedi davanti alla porta, finché quest'ultimo non batte le nocche sullo stipite.
«Hey.»
Jungkook alza la testa e si gira sulla sedia. «Hey.»
«Non ti ho sentito tornare», dice suo padre, entrando nella stanza. «È andato bene il turno al lavoro?»
Jungkook scrolla le spalle, facendo roteare la matita tra le dita. «È andato bene.»
«Chi è?» Suo padre fa un cenno al suo album da disegno.
«Il cliente di oggi.»
«Un bellissimo cliente.»
Jungkook alza gli occhi al cielo, facendo ridere suo padre che alza le mani in segno di resa.
«Sto scherzando. Vuoi qualcosa da mangiare? È avanzata un po' di pizza, posso riscaldarla.»
Jungkook scuote la testa e lo sguardo torna a posarsi sul suo disegno. Suo padre si avvicina, improvvisamente impacciato, e Jungkook sa già cosa sta per dire.
«Ricordati che domani hai l'appuntamento.»
Jungkook annuisce, con lo sguardo fisso sull'album anziché sul viso di suo padre. Non gli piace vedere il misto di pietà e preoccupazione che sembra sempre accompagnare questi piccoli promemoria.
«Lo so. Metterò la sveglia.»
Un attimo dopo sente la mano di suo padre scompigliargli i capelli, un gesto familiare che risale a quando era più piccolo. Ultimamente lo fa molto più spesso, da quando Jungkook è tornato a vivere qui.
«Bene. Non stare sveglio fino a tardi stasera, ok? Se hai bisogno di qualcosa sono in camera mia.»
Jungkook fa un cenno di assenso e suo padre si ritira in corridoio, chiudendo dolcemente la porta della camera di Jungkook dietro di sé.
A volte Jungkook si sente in colpa perché non parla molto con suo padre. Ma è sempre stato silenzioso, sin da bambino, quindi non è che sia cambiato molto ora che è adulto. E suo padre è sempre comprensivo, così tanto che a volte Jungkook sente di non meritare il modo in cui ha gestito tutto. Non capisce come suo padre appaia sempre così forte, prendendo i cambiamenti degli ultimi sei mesi per quelli che sono e accettando tutto con una calma e una facilità che a Jungkook piacerebbe tanto emulare.
Ma non ci riesce, ed è a questo che serve il sacco da boxe in palestra. Oltre a quello ci sono i suoi appuntamenti settimanali, anche se più si protraggono più dubita della loro efficacia. Con tutti i soldi che paga, pensava che a quest'ora avrebbe fatto almeno qualche progresso.
Almeno non si sveglia più piangendo. Anche se pensa che questo abbia più a che fare con il passare del tempo che con qualcosa che ha detto in terapia.
La mattina dopo è in ritardo, ovviamente, perché la sveglia a quanto pare non funziona mai per lui. Di conseguenza arriva allo studio medico venti minuti dopo l'inizio della seduta. La sua terapista lo sta aspettando, leggermente infastidita, come sempre. Jungkook sa che dovrebbe essere imparziale, visto che è il suo lavoro, ma è più che sicuro che lei lo odi. Il che va bene, perché anche lui la odia.
«Jungkook, voglio ricordarti ancora una volta che questo è il tuo tempo. Non il mio. Non riguarda me se sei in ritardo, riguarda te.»
Ed è per questo che la odia.
Sa che è il suo tempo; è lui che la paga, cazzo, e lei intasca i suoi soldi sia che lui si presenti alle sedute o meno. Onestamente ha pensato di saltarle tutte, ma dopo averlo fatto una volta, all'inizio, ha scoperto che lo studio medico ha una politica che prevede di chiamare il contatto di emergenza, per verificare se c'è qualcosa che non va. E Jungkook non vuole che suo padre gli rivolga di nuovo quello sguardo deluso, dopo aver scoperto che Jungkook gli aveva mentito sulla sua presenza lì.
Suo padre ha dovuto affrontare tante delusioni in questo periodo della sua vita e Jungkook non può sopportare di aggiungerne altre.
«Mi scuso per il ritardo.»
Non si preoccupa di cercare una scusa. Si è addormentato dopo aver sentito la sveglia e non c'è altro da aggiungere. Suo padre va sempre al lavoro prima che lui si alzi, quindi non ha nemmeno quel margine di sicurezza in più che aveva quando era bambino.
La sua terapeuta si limita ad annuire e a cliccare continuamente la penna, il suo segnale silenzioso per dare ufficialmente inizio alla seduta. Jungkook cerca di trattenere un lamento e si concentra sul fatto che almeno oggi deve sopportare solo quaranta minuti di seduta, invece di sessanta.
«Come ti senti oggi?»
No, è per questo che la odia.
Lei fa sempre le domande più elementari e inutili. Come ti senti? È un po' impossibile rispondere a questa domanda, per non dire che è troppo diretta per ricevere una risposta alle nove del mattino.
«Bene.»
Lei scarabocchia qualcosa sul suo taccuino e Jungkook stringe la mascella. Ha detto letteralmente una sola parola; non crede affatto che lei abbia già degli appunti al riguardo.
«Ti sei sentito ansioso in quest'ultima settimana?»
Per niente? Cioè, in ogni momento?
Dio, queste domande sono così stupide.
«Mercoledì sono rimasto bloccato nel traffico. E ho fatto tardi al lavoro.»
Un'altra nota.
«Arrivare in ritardo», dice in tono monocorde, aggiustandosi gli occhiali, «diresti che è una cosa che ti capita spesso?»
Dio, la odia.
«Dipende.»
«Da cosa?»
È esasperante il modo in cui lei metta in dubbio tutto ciò che dice. Jungkook sa che queste sedute dovrebbero essere d'aiuto, ma sembra che l'unico risultato sia quello di fargli salire la pressione al cervello ancor prima di mezzogiorno.
«Da tutto il resto, credo.»
Altri appunti, questa volta più lunghi di prima.
«Pensi che sia colpa tua, quando sei in ritardo?»
Jungkook scrolla le spalle. «Dovrebbe essere colpa di qualcun altro quando sono in ritardo?»
«Non credi?»
Dannazione.
A volte cerca di confonderla, rispondendo alle sue domande con altre domande, nella speranza che sia lei a parlare per una volta. Ma il più delle volte lei rigira la frittata. Come adesso.
«Non lo so. Credo che dipenda dalla situazione.»
Non ha idea di come possa essere rilevante per la cosa-per-cui-è-in-terapia, ma se questo gli evita di dover parlare della cosa-per-cui-è-in-terapia, allora va bene.
Oggi non è il suo giorno fortunato, però, perché lei lascia cadere il discorso e torna alla sua normale check-list.
«Come hai dormito? Qualche incubo?»
Jungkook scuote la testa. «No. Sempre bene.»
Non le ha detto dei pianti quando tutto è iniziato, quindi non le dirà che ha smesso. Non sa comunque perché accadesse, e non ha tutta questa smania di concederle di dissezionare il suo cervello nel tentativo di capirlo.
«Che cosa hai fatto ieri sera?»
«Ho disegnato, per lo più.»
La penna si posa sul blocco degli appunti e lei alza lo sguardo su di lui. Probabilmente cerca di capire se sta mentendo.
«Niente videogiochi?»
Jungkook scuote la testa. «Non ieri sera, no.»
Lei gli lancia un ultimo sguardo di stima, prima di tornare ai suoi appunti. Jungkook ha fatto un patto, più con se stesso che con lei, che non avrebbe mentito mentre era qui. Certo, nasconde un paio di dettagli, ma se lei gli fa una domanda, lui risponde nel modo più onesto possibile.
Per quanto odi venire qui, non vuole dare agli altri la falsa speranza di stare meglio o di migliorare più velocemente di quanto non stia facendo. Non sarebbe giusto nei confronti di suo padre pensare che stia bene, con il rischio che tra un paio di mesi possa perdere di nuovo la testa.
Quindi, anche se non crede che queste sedute di terapia siano molto utili, sono una sorta di lasciapassare: non sta ancora meglio, quindi non deve comportarsi come fosse così.
Tuttavia, c'è quella vocina nella sua testa che gli sussurra che potrebbe non stare mai meglio, ed è allora che deve andare in palestra e sfogarsi per un'ora o due, finché la vocina non scompare per un po'.
Il resto della seduta si svolge come sempre: lei gli fa brevi domande e lui risponde con il minor numero di parole possibile. La seduta si conclude con un promemoria passivo-aggressivo di lei che gli ricorda che l'appuntamento è la settimana prossima alle nove, non alle nove e venti, e lui lascia lo studio con un umore ancora peggiore di quando si è svegliato.
Ma cerca di tirarsi un po' su mentre si dirige verso il centro commerciale, perché oggi vedrà i suoi amici e non vuole che perdano tempo a chiedergli se sta bene.
Arriva qualche minuto prima, il che è un bene, perché tocca a lui ordinare da mangiare. Opta per dei frullati, cercando di non farli cadere per terra mentre scruta l'area ristoro alla ricerca di un tavolo libero. Non è troppo affollato, perché è ancora troppo presto per la solita baraonda dell'ora di pranzo.
Si siede a un tavolo libero e aspetta, tracciando distrattamente dei disegni sul braccio, seguendo le scie tortuose dei suoi tatuaggi. Sta pensando di farne altri, magari sulla mano, ma A) non riesce a pensare a qualcosa di specifico e B) non ha tutti questi soldi al momento.
«Ci sono sconti per i dipendenti?»
Jungkook solleva lo sguardo dal suo braccio mentre Jimin scivola sulla sedia di fronte a lui, con quell'espressione familiare che gli comunica che vuole qualcosa.
«Sì. Il 40%.»
«Vuoi fare al tuo migliore amico d'infanzia il favore più generoso del mondo e permettergli di usare il tuo sconto in modo che possa prendere a sua madre il regalo di compleanno che casualmente ha dimenticato di farle e che è solo tra due giorni?»
Conclude il suo discorsetto con le mani giunte e un broncio sul viso che Jungkook è certo funzioni su molte, moltissime delle sue conquiste romantiche, sia ragazzi che ragazze. Jungkook annuisce e Jimin si rilassa. Anche se Jungkook è sicuro che Jimin sapeva già che avrebbe detto di sì. Dopotutto, sono amici.
«Posso rubartene uno, se vuoi», aggiunge Jungkook, e gli occhi di Jimin si allargano.
Si avvicina e abbassa la voce a un sussurro. «Puoi farlo?»
Jungkook fa spallucce. «Certo, la ragazza con cui lavoro lo fa sempre.»
Jimin ci pensa a lungo, ma scuote la testa. «No. No, non voglio farti licenziare.»
«Non verrò licenziato, tranquillo.»
«Fa lo stesso», protesta Jimin. «Non voglio rischiare. So che è stato difficile per te trovare questo lavoro.»
Jungkook vorrebbe insistere, ma Jimin si sta avvicinando pericolosamente a quell'espressione triste che Jungkook odia, così decide di passare a un argomento completamente diverso.
«Com'è andato l'appuntamento di venerdì?»
«Un completo disastro», dice Jimin, appoggiandosi alla sedia e incrociando le braccia. «Pensava che pagassi io, anche se è stato lui a chiedermi di uscire, e io pensavo che pagasse lui, ovviamente, così siamo quasi usciti dal ristorante senza pagare. Poi è arrivata la cameriera ed è stata molto gentile, ma è stato comunque imbarazzante.»
«Ahi», dice Jungkook in modo comprensivo, bevendo un po' del suo frullato. Fa una smorfia. «Che schifo, aspetta, questo è tuo.»
Lo spinge verso Jimin, che lo prende con gratitudine.
«Non capisco come faccia a piacerti il cocco», si lamenta Jungkook, e Jimin risponde facendogli la linguaccia.
Jungkook esamina gli altri due frullati, cercando di ricordare quale sia il mirtillo e quale la banana. Jimin deve percepire il suo dilemma, perché ne spinge uno a caso verso Jungkook.
«A Yoongi andrà bene comunque.»
Jungkook non può obiettare, quindi beve un sorso esitante e spera nel meglio. Banana. Alza il pollice verso Jimin, che annuisce con un sorriso soddisfatto.
«Sono un genio.»
Jungkook non arriverebbe a definirlo addirittura tale, perciò resta in silenzio e si limita a bere di nuovo dalla sua cannuccia. Anche Jimin è abituato ai suoi silenzi e non sembra dispiacergli, se si tratta di Jungkook. Jimin è più che capace di colmarli in ogni caso, con la sua naturale inclinazione a chiacchierare.
«Oh, volevo dirti», esordisce Jimin, con un tono ingenuo che Jungkook riconosce immediatamente come fasullo, «che l'altro giorno ho incontrato un ragazzo che–»
«No», lo interrompe Jungkook.
«Non sai nemmeno cosa stavo per dire!»
«Non voglio che mi organizzi un appuntamento, te l'ho detto un milione di volte.»
«Beh, dovrai ripetermelo», brontola Jimin, «perché questo ragazzo è fantastico. È davvero simpatico, Kook. Penso che potrebbe piacerti.»
«Magari sì», concede Jungkook, solo per far sì che Jimin smetta di rivolgergli quello sguardo implorante, «ma non cerco relazioni al momento. Come ti ho già detto.»
«Non sarebbe una relazione», dice Jimin, cercando di aggirare la famosa testardaggine di Jungkook. «Sarebbe una semplice uscita. Una cosa super rilassata. Potremmo uscire tutti e tre, addirittura.»
Jungkook scuote la testa. «Non sono pronto. Davvero.»
Il suo tono non è arrabbiato, è più rassegnato, ma Jimin continua a tenere le mani alzate.
«Ok, va bene, ti capisco. È solo che... non lo so. Non mi piace che tu sia sempre così solo.»
«Non sono solo», spiega Jungkook. «Vedo te e Yoongi. E mio padre. E la mia terapeuta; anche lei conta.»
Jimin inarca un sopracciglio, e Jungkook deve ammettere che è stata una risposta un po' idiota.
«Senti, sto bene, Chim. Te lo giuro. Smettila di fare quella faccia.»
«Quale faccia?»
«La faccia da voglio prepararti la zuppa di pollo.»
Jimin sbuffa nel suo frullato. «Quale faccia?»
Jungkook fa un gesto vago, cercando di spiegarsi meglio. «Quella faccia che fai. La fa anche mio padre. Non che tu stia male per me, è solo che sei preoccupato per me. E ti ripeto che non devi esserlo.»
Jimin lo guarda scettico e un po' colpevole. All'inizio, subito dopo il fatto, aveva trattato Jungkook in modo diverso. Non male, ma era come se camminasse costantemente su un terreno ghiacciato, finché Jungkook non gli ha detto di smetterla dopo circa un mese. Ora le cose sono tornate alla normalità, ma Jungkook odia che a volte Jimin abbia ancora quello sguardo. Sa che non può farci niente, ma Jungkook si sente ancora in imbarazzo. Non gli piace la compassione.
Per questo si sente sollevato quando vede Yoongi dall'altra parte dell'area ristorazione, che si dirige verso di loro. Yoongi fa la stessa faccia preoccupante, forse anche più di Jimin, ma è più bravo a mascherarla.
«Hey», dice Yoongi, occupando l'ultimo posto libero. «È per me?»
Indica il frullato in più e Jungkook annuisce, facendolo scivolare verso di lui. Yoongi gli fa un cenno di ringraziamento.
Jimin fa saettare lo sguardo tra loro due. «Quando non ci sono io, vi parlate almeno? O vi limitate a fissare il vuoto a turno?»
Yoongi alza gli occhi al cielo. «Quando non ci sei tu, possiamo stare in pace e in silenzio.»
«Dio, non so proprio come abbiamo fatto a diventare amici.»
«Chi dice che siamo amici?» controbatte Yoongi, e Jungkook nasconde un sorriso dietro la mano.
Ascoltare Yoongi e Jimin che bisticciano lo fa sempre sentire meglio. Quindi se ne sta lì e li osserva in silenzio mentre Jimin racconta la sua terribile esperienza di quasi mangia-e-fuggi, e Yoongi fa commenti qua e là. Quando Jimin cerca di organizzare un appuntamento anche a Yoongi, gli scappa un sorriso sincero. È sempre divertente il fatto che Jimin abbia come obiettivo quello di vedere tutti i suoi amici felicemente fidanzati, mentre lui per primo è single. Solo che esce più molto più spesso di Yoongi e Jungkook, quindi in teoria ha una scusa in più.
«Hai ventisette anni», si lamenta Jimin, indicando Yoongi con tono accusatorio. «Non ti resta molto tempo, sai?»
«Tempo per cosa?» dice Yoongi, esasperato. «Tempo per una cena imbarazzante con uno sconosciuto, per poi tornare a casa e rendermi conto che ho appena sprecato sia il mio venerdì sera che cinquanta dollari?»
«Allora non uscire con uno sconosciuto!» risponde Jimin.
«Allora devo chiedere a te di uscire con me?» chiede Yoongi.
Jimin sbatte le palpebre. «Io?»
«Beh, di sicuro non lo chiederò a Jungkook», dice Yoongi. «Senza offesa», aggiunge, lanciando un'occhiata a Jungkook, che scrolla le spalle. «E non conosco nessun altro.»
I due si guardano, Yoongi assurdamente sicuro di sé e Jimin insolitamente agitato. Jungkook li fissa con occhi spalancati, con il cuore che batte più veloce del normale. Quando beve un altro sorso del suo frullato, sussulta, e nel farlo produce un forte suono di risucchio che risveglia tutti dal loro torpore.
Jimin si agita goffamente sulla sedia per un attimo e poi guarda Jungkook.
«Hey, com'è andata la seduta di oggi? Ti ha fatto domande stupide?»
Jungkook sospira internamente, deluso dal fatto che Jimin abbia liquidato l'invito di Yoongi come uno scherzo. Yoongi si volta verso Jungkook e, anche se la sua espressione è imperscrutabile, Jungkook capisce che anche lui è un po' deluso.
«È andata bene», risponde. «Sono arrivato in ritardo, però, e questo non le è piaciuto.»
«Non puoi andare da un'altra parte?» chiede Yoongi. «Sembra che non le piaccia nulla di quello che fai.»
Jimin annuisce con forza, sorseggiando il suo frullato. «E tu la odi», aggiunge, parlando con la cannuccia in bocca.
Jungkook scrolla le spalle. «Sì, ma la mia assicurazione copre le sedute nel suo studio. E poi, ho iniziato da un bel po' la terapia; non voglio ricominciare da capo.»
Jimin annuisce soprappensiero, ma Yoongi sembra dubbioso. Jungkook vuole che interpretino le sue parole nel senso che sta facendo progressi. Non nel senso che intendeva per davvero, cioè che non vuole dover raccontare di nuovo tutta la storia a un'altra persona che non conosce.
Ma entrambi devono percepire il suo desiderio di cambiare argomento, perché si guardano frettolosamente l'un l'altro nel tentativo di pensare a qualcosa di nuovo da dire. Normalmente Jungkook non lo sopporterebbe, ma oggi non gli dispiace più di tanto. Non ha proprio voglia di parlare di terapia in questo momento.
«Stiamo preparando un nuovo lancio al lavoro», dice Yoongi, e Jungkook solleva la testa con interesse. »Sì, sta andando abbastanza bene, ma, Kook, volevo chiederti se vuoi fare una prova. Solo una prova veloce, magari noti qualcosa che i nostri beta tester non hanno colto.»
Jungkook annuisce. «Sì. Assolutamente sì. Posso farlo sabato, è il mio giorno libero.»
«Sei sicuro che sia una buona idea?» interviene Jimin.
Jungkook e Yoongi lo guardano con curiosità.
«Che vuoi dire?» chiede Jungkook.
«Beh», dice Jimin, esitante, «è solo che– è un videogioco, giusto? Sei sicuro che sia... sai.» Armeggia con la sua cannuccia. «Non è un trigger per te, o come si dice?», chiede a bassa voce, abbassando lo sguardo.
Gli occhi di Yoongi si assottigliano. «Jimin, non sai proprio di cosa stai parlando. È una cosa completamente diversa; è un gioco per PC, innanzitutto, e non è affatto come– senti, ha detto che vuole farlo, quindi lascialo fare. Smettila di rendere sempre tutto così fottutamente triste.»
«Scusa se ci tengo a lui», sbotta Jimin.
«E io no?»
«Sono qui, vi sento», interviene Jungkook, più che irritato.
Yoongi e Jimin incrociano il suo sguardo con aria colpevole. «Scusa», borbottano all'unisono.
«Non fa niente», dice Jungkook. «Davvero. Jimin, conosco il gioco e andrà tutto bene. Yoongs, mandami il link domani e lo controllerò nel fine settimana.»
Jimin sembra voler protestare, ma tace e Jungkook si prende l'incarico di stemperare la tensione soffocante che si è creata tra loro.
«Sto pensando di farmi altri tatuaggi.»
Questo aiuta ad alleggerire l'atmosfera, tanto da avviare un lungo dibattito su quali, dove e quanti tatuaggi Jungkook dovrebbe farsi in futuro. Quando il suo conto in banca sarà un po' più pieno di adesso. E probabilmente quando potrà permettersi di nuovo una casa tutta sua.
Questa conversazione li accompagna per tutta l'ora successiva, fino a quando Jungkook deve recarsi al centro commerciale e al suo odiato banco dei profumi. Yoongi li saluta all'uscita e corre verso il parcheggio per tornare al lavoro. Jimin rimane con Jungkook, pronto a cercare un profumo per sua madre.
Jungkook si intrufola in sala relax e timbra il cartellino, prima di andare dietro al bancone e dare il cambio alla sua collega per la pausa pranzo. Lei accenna brevemente all'episodio andato in onda ieri sera e Jungkook annuisce, dicendole che potranno parlarne al suo ritorno.
Jimin, appoggiato al bancone, solleva un sopracciglio.
«Hai fatto amicizia?»
Jungkook fa spallucce. «Ci sto provando. Hey, a proposito di amicizie, perché non hai detto di sì a Yoongi?»
«Detto di sì a cosa?» chiede Jimin, con gli occhi che vagano per gli scaffali.
«Quando ti ha chiesto di uscire.»
Jimin fa una risata sarcastica. «Stava solo scherzando.»
«Sì, ok», dice Jungkook in modo brusco.
Jimin sospira, passandosi una mano sul viso, e Jungkook incrocia le braccia, in attesa della stupida spiegazione che sta per sentire.
«È solo che... non posso uscire con lui. Ci conosciamo da sempre, i nostri genitori sono amici e noi... Dio, non lo so. Siamo cresciuti insieme, abitavamo l'uno di fronte all'altro, porca miseria. Sarebbe strano. Sarebbe troppo strano. E non pensavo nemmeno che a Yoongi piacessero i ragazzi.»
Jungkook aggrotta le sopracciglia. «Forse gli piaci semplicemente tu.»
«Oh, Cristo», protesta Jimin, «non dire queste cose.»
«Perché no? Voi due andate abbastanza d'accordo», cerca di farlo ragionare Jungkook.
«Sì, litigare appena un'ora fa significa decisamente andare d'accordo», dice Jimin con sarcasmo. Sospira di nuovo. «Kook, lascia perdere, ok? Stava comunque scherzando, e anche se così non fosse, sarebbe troppo strano per noi. E per te.»
«Per me?» chiede Jungkook, confuso. Non è che gli piaccia uno dei due.
«Beh, sì», dice Jimin, come se fosse ovvio. «Se le cose non funzionassero, non sarebbe giusto nei tuoi confronti, perché poi diventerebbe tutto troppo imbarazzante.»
Ora è Jungkook a sospirare. «Chim, ti ho detto che sto bene.»
«Non ho detto che non stai bene», risponde Jimin, sulla difensiva.
«Sì, ma so dove vuoi arrivare. Senti, sei tu che hai detto che Yoongi non ha tempo da perdere o che altro. Quindi io ti dico di provarci. E se non funziona, non funziona. Siete amici da vent'anni, non credo che le cose cambieranno se ci dovesse essere una piccola deviazione. E magari andrà alla grande, non puoi saperlo. Potrei fare un brindisi al vostro matrimonio tra un anno.»
Jimin arrossisce e si copre il viso con le mani. «Ugh. Dio mio.»
«In ogni caso», dice Jungkook con fermezza, «non usarmi come scusa.»
«Io non...» esordisce Jimin, ma Jungkook gli lancia un'occhiataccia e lui fa un passo indietro. «Ok, allora ci penserò, va bene?»
«Va benissimo», dice Jungkook. «Allora, cosa vuoi regalare a tua madre?»
Jimin passa i successivi quarantacinque minuti a parlare con lui, finché non arriva un altro cliente e Jungkook deve fare il suo lavoro. I due si organizzano per uscire insieme nel fine settimana, anche se Jungkook ha il sospetto che Jimin abbia segretamente un motivo in più per farlo: vuole assicurarsi che stia bene dopo aver giocato al videogioco di Yoongi.
Ma lui sta bene. Va tutto alla grande, e manda a Yoongi un'e-mail con alcuni bug che ha riscontrato e alcune caratteristiche che pensa possano essere migliorate. Poi Jimin arriva con del cibo thailandese da asporto e passano il resto del sabato sera a farsi una canna e a guardare gli episodi del terribile reality show che sta lentamente legando Jungkook e la sua collega, insieme all'odio condiviso per il loro lavoro.
Jimin lo trova esilarante, e non solo perché è fatto, perciò rimangono svegli fino a tardi a guardarlo; Jungkook si sveglia il giorno dopo con la bocca asciutta e appena un'ora prima dell'inizio del suo turno.
Ma ne vale la pena, decide, perché la notte scorsa è stata divertente. Sembravano i vecchi tempi, come i fine settimana in cui Jimin tornava a casa dall'università e nascondevano al padre di Jungkook che stavano fumando in bagno. Ad oggi Jungkook è abbastanza sicuro che suo padre sapesse tutto, ma che non abbia mai detto nulla.
La domenica è il giorno che preferisce meno per lavorare, perché all'inizio del turno c'è un'affluenza infernale e poi, verso le sei, non ha più clienti fino alla chiusura. Senza contare che è l'inizio della sua settimana di lavoro, più di quanto lo sia il lunedì, quindi è scoraggiante. Gli ricorda che passerà un'altra settimana qui dentro. Che è ancora bloccato qui dentro.
È quindi più che felice di vedere Taehyung camminare verso di lui, verso le sette. Taehyung si accorge che lo sta guardando e gli rivolge un ampio sorriso e un saluto.
«Ciao, Jungkook!», dice a voce alta, apparentemente incurante del fatto che la sua voce giunga all'orecchio di tutti gli altri acquirenti nelle vicinanze.
Jungkook ricambia il saluto con una mano, poi se la infila in tasca e resta lì, impacciato, in attesa che Taehyung si avvicini al bancone. Quando lo raggiunge, Jungkook gli rivolge un sorriso sghembo.
«Bentornato.»
«È bello essere di nuovo qui», scherza Taehyung. «Ti avverto: oggi sono a corto di idee.»
Jungkook annuisce. «Potremmo iniziare con qualche profumo simile a quello che hai comprato la volta scorsa. Oppure, se vuoi, possiamo passare oltre e vedere cosa ti colpisce...»
«Facciamo così», lo interrompe Taehyung. «Sembra più divertente.»
Jungkook lo accontenta e prende i primi tester dallo scaffale, iniziando da quello in alto a sinistra. Si fanno lentamente strada lungo la fila superiore, finché Taehyung non trova quello che sta cercando nel penultimo profumo sulla destra.
«Questo. Profuma di foresta pluviale.»
«Oh?»
«Sì. Ecco, annusa.»
Jungkook pensa che gli stia per passare la striscia di carta che ha in mano, ma invece Taehyung prende la bottiglia e la spruzza su Jungkook, che chiude gli occhi appena in tempo. Non la bocca, purtroppo, e tossisce un paio di volte per cancellarne il sapore chimico. L'odore è quello di una foresta pluviale, ma il sapore non è decisamente quello di una foresta pluviale.
Quando riapre gli occhi, Taehyung si sta mordendo le labbra.
«Merda, mi dispiace. Mi sono fatto prendere un po' troppo dall'entusiasmo.»
Jungkook fa un gesto disinvolto con la mano. «Il profumo fa questo effetto alle persone.»
Taehyung gli rivolge un sorriso ironico. «Le piacerà molto, grazie ancora.»
Jungkook cerca di contenere la delusione per il fatto che il tempo trascorso con Taehyung stia per finire, e procede con le ormai familiari procedure di chiusura e imbustamento del suo acquisto. Quando glielo consegna, riceve un altro sorriso luminoso.
«Ciao, Jungkook. Ci vediamo presto, ok?»
Jungkook ricambia il sorriso. «Mi trovi qui. Stammi bene, Taehyung.»
Taehyung lo saluta con un cenno del capo e Jungkook cerca di non arricciare il naso, mentre un suo sorriso minaccia di sbocciare sulle sue labbra. Taehyung sembra un bravo ragazzo, senza contare che è davvero una gioia per gli occhi, e a Jungkook piace pensare che diventerà un cliente abituale. Jungkook non vede l'ora che torni.
I giorni successivi passano senza alcun evento degno di nota, e quel mercoledì arriva con venti minuti di anticipo alla seduta di terapia, anche se questo significa che non riesce a smettere di sbadigliare. Anche il pranzo con Jimin e Yoongi è tranquillo: Yoongi non prova a chiedere di nuovo un appuntamento a Jimin, e Jimin non tenta di farli uscire con tutte le nuove persone che a quanto pare continua a conoscere.
Non si aspetta di rivedere Taehyung almeno fino a domenica, quindi è sorpreso quando Taehyung gli viene incontro di corsa il venerdì sera, cinque minuti prima della chiusura del negozio. Taehyung si ferma di scatto davanti al bancone e si prende un attimo per riprendere fiato, rivolgendo a Jungkook ancora una volta quel sorriso solare. Jungkook lo guarda respirare a fatica, divertito dal modo in cui il suo petto si alza e si abbassa a un ritmo frenetico. Taehyung sembra piuttosto in forma, ma non deve piacergli molto l'esercizio fisico, se una corsetta gli fa questo effetto.
È divertente, però, e quando Taehyung riesce finalmente a parlare, Jungkook nota come lo sforzo abbia tinto le sue guance di un rosa tenue e polveroso che lo rende ancora più bello. Le mani di Jungkook fremono improvvisamente dalla voglia di dipingerlo con i suoi acquerelli. Si chiede se li abbia ancora a casa, da qualche parte: dovrà chiederlo a suo padre quando tornerà.
«Hey», dice Taehyung, ancora un po' ansimante. «Non hai ancora chiuso, vero?»
«Per il mio miglior cliente?» dice Jungkook, sorprendendosi per l'inclinazione provocatoria della sua voce. «Sono sempre aperto, baby.»
Taehyung fa un ampio sorriso, e Jungkook decide che gli piace da morire il modo in cui la bocca di Taehyung si tende in un rettangolo ogni volta che sorride in questo modo. Un'altra piccola stranezza che rende Taehyung così interessante da guardare.
«Hai qualcosa che profuma di fiori?» chiede Taehyung, e Jungkook cerca di non ridere.
«Purtroppo sì. Praticamente tutto qui dentro odora di fiori.»
Taehyung alza gli occhi al cielo. «Ci siamo svegliati con il senso dell'umorismo?»
Jungkook scoppia a ridere. «Non preoccuparti, ti porto qualcosa. Lascia fare al maestro.»
Non sa bene da dove provenga questa esplosione di energia. Di solito non è così con gli estranei: non ci scherza, non è così spensierato ed estroverso. Ma Taehyung non è un estraneo, non del tutto. Si conoscono, almeno di nome. E qualcosa in lui, qualcosa che Jungkook non riesce a capire, lo rende quasi magnetico. Affascinante in un modo che potrebbe farlo infatuare, senza nemmeno rendersene conto.
Jungkook pensa che potrebbero diventare amici, se Taehyung continua a tornare spesso come dice. Jungkook si volta e studia brevemente i tester, prima di optare per un profumo che ha una piacevole fragranza rosata. La leggerezza che lo caratterizza si adatta bene al suo umore e le rose gli fanno pensare alle guance arrossate di Taehyung.
«Questo.»
Lo porge a Taehyung, che lo prova di conseguenza. Dopo averlo annusato, fa un cenno di approvazione a Jungkook, con aria incredula.
«Non ho idea di come tu faccia.»
Jungkook scrolla le spalle e si affretta a registrare l'acquisto di Taehyung. Il negozio sta chiudendo, tipo in questo preciso istante, e ha appena ricevuto un'occhiataccia da una delle guardie di sicurezza. Jungkook lo capisce: non possono andarsene finché non lo fanno tutti gli altri, e nemmeno lui vorrebbe restare qui più del dovuto.
Dopo aver pagato e aver preso la sua busta, Taehyung si ferma un attimo. «Grazie ancora, Jungkook. Lo apprezzo molto.»
«Faccio solo il mio lavoro», dice Jungkook, facendo spallucce.
«Sì, ma sei davvero gentile nel farlo», risponde Taehyung. «Comunque, ci vediamo la prossima settimana, ok? O magari... ah, merda, state per chiudere. Beh, alla prossima allora. Buona serata!»
«Anche a te, Taehyung.»
Jungkook lo saluta e lo guarda correre verso l'uscita, prima di iniziare la sua routine di chiusura. Sente uno strano rossore che gli affiora sul collo mentre chiude le vetrine, ripensando alla voce di Taehyung nella sua testa.
Sì, ma sei davvero gentile nel farlo.
Jungkook non si definirebbe gentile, o almeno non lo è di solito. Tranquillo, sicuramente. Testardo, indipendente, dedito al lavoro. Ma non è gentile, perlomeno non con le persone che non sono i suoi amici intimi e la sua famiglia. Ne ha passate troppe per essere "gentile".
Ma Taehyung pensa che sia gentile e questo suscita in lui delle belle sensazioni, che non provava da tempo.
Dopo aver chiuso e timbrato il cartellino, si dirige verso la sua auto nel parcheggio, distraendosi mentre pensa a cosa vuole mangiare per cena. Si mette al volante e inserisce la chiave nel quadro di accensione, pensando se sia il caso di prendere un piatto da asporto. Il sabato è libero, quindi di solito considera il venerdì sera come un piccolo giorno di festa, in cui magari mangia un po' di cibo unto e beve sicuramente qualche birra in più del dovuto.
Ma questi pensieri felici vengono spazzati via quando va a mettere in moto la macchina e non succede nulla. Trattiene un gemito e ci riprova. Il motore romba un paio di volte, ma poi si spegne con quel rumore familiare che Jungkook odia sentire. Perché è il suono della sua auto che è completamente fottuta, e significa che non andrà da nessuna parte, almeno non nell'immediato.
Non è la prima volta che la sua auto lo abbandona, quindi non è una sorpresa. È solo molto fastidioso. È già un catorcio di per sé – il riscaldamento funziona solo a tratti e i finestrini posteriori non si abbassano – ma è dei suoi nonni, o quantomeno lo era. L'hanno passata a suo padre dopo che si sono trasferiti da sua zia, e ora la sta usando Jungkook, almeno per il momento.
Preferisce guidare questa macchina piuttosto che prendere l'autobus, quindi non gli va di fare lo schizzinoso, soprattutto con suo padre. Ma in momenti come questo, vorrebbe davvero avere un'auto migliore. Una che funziona per davvero, almeno.
Sospira con rassegnazione e tira fuori il telefono, componendo già il numero di suo padre. Chiamerà un carro attrezzi domattina, ma per ora vuole solo tornare a casa e godersi la sua unica serata libera. Suo padre, però, non risponde, ed è allora che Jungkook rammenta che è a casa di un amico per la serata del poker. Jungkook non sa come facciano a trovarlo divertente, cinque contabili che si ritrovano in periferia per giocare a carte, ma è contento che suo padre abbia qualche interazione sociale.
A dire il vero, è comunque più socievole di Jungkook. Ma questo è un pensiero troppo deprimente per la sua attuale situazione, quindi lo spazza via e chiama Jimin.
«Pronto?«
«Hey, sei–»
«Kook, scusa, posso chiamarti domani? Sto per andare in onda, mi hanno chiamato come sostituto per il turno di mezzanotte.»
«Oh. Sì, certo, nessun problema. Divertiti.»
«Lo farò. Ascoltami, ok?»
«Sempre.»
Jungkook riattacca con un altro sospiro, più sconfitto del primo, perché Jimin era davvero la sua unica alternativa. Yoongi è fuori città in visita da suo fratello e le poche altre persone che Jungkook conosce non vivono nelle vicinanze. Si rassegna a prendere l'autobus e scende dalla macchina. Si stringe la giacca intorno al corpo e rimette in tasca le sue inutili chiavi.
Sta per uscire dal parcheggio quando sente il clacson di un'auto suonare alle sue spalle.
«Hey! Jungkook!»
Jungkook si gira e vede Taehyung, con la testa che spunta dal finestrino del lato guida di una Mercedes Benz oscenamente bella. Jungkook avrebbe dovuto immaginare che Taehyung fosse ricco, visto che continua a comprare profumi costosi, ma la cosa lo sorprende comunque. Taehyung non si veste come i ricchi, ma indossa maglie e pantaloni normali come tutti gli altri. Tuttavia, dalle poche volte che hanno interagito, Jungkook ha potuto apprendere che ha un grande stile. Forse dovrebbe presentarlo a Jimin: sicuramente avranno parecchie cose da dirsi.
«Va tutto bene?» chiede Taehyung, sopra il rombo basso del motore.
Il suo motore perfettamente funzionante e pronto alla guida.
Jungkook annuisce, mentendo spudoratamente a denti stretti. «Sì, tutto bene.»
Taehyung aggrotta un sopracciglio e Jungkook si contorce un po', a disagio. È strano che questo quasi-estraneo sia apparentemente così bravo a leggerlo.
«Sei sicuro?»
Jungkook annuisce di nuovo, ma modifica la sua precedente affermazione. «Sì. La mia macchina non parte, ma prenderò l'autobus. Non c'è problema.»
Taehyung si acciglia. «Vuoi un passaggio? Non ho fretta.»
Jungkook esita mentre contempla l'offerta di Taehyung. È estremamente generosa e per nulla giustificata. Si conoscono praticamente da un'ora e mezza, in totale. E non è che siano davvero amici: Jungkook è il ragazzo che gli vende i profumi.
E questo è l'altro motivo: non conosce davvero Taehyung. Bisogna stare attenti agli sconosciuti, eccetera eccetera. Tuttavia, pensa di essere abbastanza forte da vincere in un possibile scontro fisico, se dovesse accadergli davvero qualcosa, e comunque ha la sensazione che Taehyung non sia affatto uno sconosciuto pericoloso.
Ciò che in realtà blocca Jungkook è ciò che lo blocca sempre. Il suo orgoglio.
È piuttosto triste che un estraneo ti dia un passaggio a casa perché la tua macchina fa troppo schifo per funzionare come si deve. E poi, con un'orribile ondata di imbarazzo, si rende conto che Taehyung scoprirà che vive con suo padre. Jungkook sa che alcuni ventitreenni vivono ancora con i genitori, ma lui non vuole essere uno di loro. E non vuole nemmeno che gli altri pensino a lui in quei termini.
«Va bene se non vuoi», dice Taehyung, vedendo che Jungkook non risponde. «Ho capito... potrei essere un serial killer; non vuoi che io sappia dove vivi e tutto il resto. Dico solo– se hai bisogno di aiuto.»
Jungkook ha bisogno di aiuto. Vuole essere aiutato, perché se Taehyung lo accompagnasse a casa gli risparmierebbe un sacco di problemi, e questo significa più tempo da passare sul divano a bere birra e a giocare di nuovo al videogioco di Yoongi.
Quindi decide di fregarsene e inizia a camminare verso il lato del passeggero. «Correrò il rischio.»
Taehyung gli sorride mentre sale in macchina, allacciandosi la cintura di sicurezza e preoccupandosi di avere gli anfibi sporchi. Si chiede se il buon odore che c'è lì dentro sia quello di Taehyung o solo quello dell'auto.
«Allora, all'uscita gira a destra e poi per il resto della strada devi andare praticamente sempre dritto. Sono circa quindici minuti.»
«Oh, ottimo», dice Taehyung, mettendo la macchina in moto e uscendo dal garage. «Tanto sono di strada.»
Jungkook annuisce, lasciando ricadere la testa sul sedile e lottando per tenere gli occhi aperti. Improvvisamente è molto stanco, e questi interni in pelle sono assurdamente comodi. Si accorge che l'auto ha persino i sedili riscaldabili.
Cerca di pensare a qualcosa da dire, ma Taehyung non sembra preoccuparsi del silenzio che cala tra loro. È più confortevole di quanto Jungkook si aspettasse, quasi come se fosse in macchina con Jimin o Yoongi.
A proposito di Jimin, Taehyung allunga la mano e accende la radio, e Jungkook trattiene un sorriso quando la sua voce si diffonde nell'auto.
«Questo era l'ultimo pezzo di uno dei nostri artisti locali; spero che vi sia piaciuto quanto è piaciuto a me. Ora passeremo a qualcosa di più lento, di più dolce, per tutti voi che state ascoltando. Non mi capita spesso di essere qui, quindi sono molto emozionato. Benvenuti alla parte migliore della serata.»
«The jazz hour», dice Jungkook insieme a lui. Jimin di solito fa il turno della mattina, quando suonano solo canzoni allegre, e fa conversazione con se stesso con quel tono brillante e frizzante che lo rende così divertente da ascoltare. Una volta Yoongi ha detto che ascoltare Jimin alla radio ti fa sentire come se fossi al telefono con un amico. Forse perché Jimin è un loro amico, ma Jungkook capisce comunque quello che Yoongi intende dire.
Jimin ha un fascino che lo rende uno dei migliori della radio, e ormai gli lasciano fare quello che vuole. Jungkook pensa che sia abbastanza famoso, almeno nella zona, ma non viene notato spesso in pubblico. Quando le persone lo riconoscono, però, gli chiedono quasi sempre di pronunciare la sua famosa frase di chiusura: "Sono Jimin... nelle vostre orecchie per qualche ora e nel vostro cuore per sempre."
Jungkook scoppia a ridere ogni volta, perché è insopportabilmente sdolcinato, ma a Jimin piace ricevere quelle attenzioni. Il che lo rende sicuramente molto popolare quando escono insieme (tradotto: quando Jimin costringe Jungkook a uscire) e spiega anche perché Jimin abbia una scorta apparentemente infinita di possibili spasimanti da proporre a lui e a Yoongi.
«Cominciamo con questa canzone», dice Jimin, con voce un po' gracchiante a causa dell'elettricità statica, «una delle mie preferite. Loro sono uno dei pilastri della nuova ondata jazz, quindi tanti punti bonus per voi se riuscite a indovinare chi sono prima della fine della canzone. Bene, ci siamo. Un po' di jazz fresco per una serata fresca come questa. Buon ascolto.»
Jimin si interrompe e vanno in onda le prime note della canzone, un sax piacevole e delicato. Jungkook sta per chiudere gli occhi, pensando che Taehyung non lo troverà scortese, quando Taehyung sussulta accanto a lui, stringendo le mani sul volante.
«Oh mio Dio!»
«Cosa?» chiede Jungkook, drizzando la schiena di scatto e guardandosi intorno con aria sconvolta. «Cosa? Che è successo?»
Teme che Taehyung abbia investito un animale o qualcosa del genere, ma la strada sembra libera e lui non ha sentito nulla. Taehyung gli fa un gran sorriso, con gli occhi spalancati dallo shock, e indica la radio.
«Questa è la mia canzone!»
Jungkook si accascia sul sedile, sollevato che non sia successo nulla di strano. «Oh», dice, «sì, è bella.»
Taehyung scuote pazientemente la testa, continuando a sorridere. «No, questa è la mia canzone. Sono io che suono. Cioè, il mio gruppo.»
Jungkook sente le sopracciglia sollevarsi fino all'attaccatura dei capelli. «Fai parte del Trio Kim?»
Taehyung sembra ancora più contento, se possibile. «Ci conosci?»
Jungkook annuisce. «Certo, tutti vi conoscono. Siete uno dei capisaldi del jazz, come ha detto la radio.»
«Oh mio Dio, è fantastico», dice Taehyung. «Devo dirlo ai ragazzi. Alla radio, cazzo!»
«Mi sa che non ascolti spesso la radio», risponde Jungkook. «Vi trasmettono sempre.»
«Davvero?»
Anche Jungkook non può fare a meno di sorridere, perché Taehyung sembra così contagiosamente felice. «Già. Almeno in questa stazione.»
Jungkook lo sa per certo; ascolta quasi sempre la jazz hour mentre torna a casa dal lavoro. Il Trio Kim va spesso in onda. Spazio radiofonico meritato, perché sono davvero bravi. Jungkook non è un intenditore di jazz, ma gli piacciono le loro canzoni. Sembrano sempre evocare queste strane emozioni: nostalgia, malinconia e serenità. Quando le ascolta, Jungkook si sente come il personaggio di un film. Come un detective che risolve un crimine o uno scrittore francese. Strano, ma sicuramente gradevole. E se piacciono a lui, non si stupisce che piacciano anche alle altre persone comuni.
Apre la bocca per dirlo a Taehyung, ma Taehyung parla per primo.
«È fantastico. Mi sono trasferito qui da poco e tutte le mie stazioni radio erano diverse. Quindi questa è una specie di sorpresa. Scusa se ti ho spaventato.»
Jungkook scrolla le spalle. «Non preoccuparti. Anch'io darei di matto se la mia canzone fosse alla radio.»
«Anche tu sei un musicista?» chiede Taehyung e Jungkook sorride, scuotendo la testa.
«Per niente. Quindi sarebbe ancora più strano.»
Taehyung sorride ancora una volta e a Jungkook piace il modo in cui i suoi occhi si arricciano agli angoli.
«Allora, quale dei tre sei tu?». chiede Jungkook, indicando la radio.
Taehyung aspetta un momento, finché il sax non fa un riff particolarmente impressionante, e arrossisce con orgoglio. «Eccomi.»
Jungkook fischia a bassa voce, facendo arrossire ancora di più Taehyung. «Sei davvero bravo. Ma sono sicuro che l'avrai sentito un milione di volte.»
«Non fa mai male sentirselo ripetere», risponde Taehyung sfacciatamente, «quindi grazie.»
Jungkook ascolta il resto della canzone in un silenzio quasi di circostanza, lanciando di tanto in tanto un'occhiata furtiva a Taehyung e osservando il modo in cui le sue dita si muovono sul volante, come se stesse suonando le note. Quando la canzone finisce e ne arriva un'altra, Jungkook tenta di iniziare una conversazione.
«Perciò tu suoni il sax e poi c'è la batteria?»
«Sì, e anche il basso.»
«E fate tutti Kim di cognome, quindi?»
Taehyung scuote la testa. «No. Cioè, io sì, e anche Namjoon, il bassista, ma il nostro batterista no.»
«Sono sicuro che lui adori questa cosa», dice Jungkook, e Taehyung gli rivolge un sorriso divertito.
«Sì, beh. Ha perso una scommessa con Joon al college e ora siamo il Trio Kim. Prima era il Duo Kim, ma poi sono arrivato io, quindi... Siamo in tre.»
«Sei cresciuto suonando?»
Taehyung annuisce. «Facevo pianoforte, quando ero molto piccolo. Ma poi sono passato al sax in... quarta, forse quinta elementare? Perché ricordo che volevo far parte della jazz band alle scuole medie. Non ci facevano esibire alle assemblee.»
Jungkook si acciglia. «Non mi sembra giusto.»
«Oddio, no», lo rassicura Taehyung. «È stato giusto nei confronti dei genitori. Eravamo terribili.»
«Adesso suoni piuttosto bene», osserva Jungkook. «È una figata; non ho mai incontrato un sassofonista in carne e ossa prima d'ora.»
«Sono come ti aspettavi?» chiede Taehyung, guardando Jungkook per un attimo e facendogli l'occhiolino.
«Ti manca il cappello vintage, credo.»
«Gesù», brontola Taehyung. «Quei cosi danno sempre una pessima reputazione ai musicisti jazz.»
Jungkook ride. «Comunque, parlando seriamente, sei, sotto tutti i punti di vista, molto inaspettato.»
«Oh?» Taehyung inarca un sopracciglio. «In che senso?»
«Beh, tanto per cominciare non pensavo che ti avrei più rivisto», dice Jungkook. «È una cosa inaudita che la gente compri profumi al ritmo che hai tu. E poi sei disgustosamente gentile.»
Taehyung solleva le sopracciglia. «Disgustosamente gentile?»
«Beh, cazzo, è davvero gentile da parte tua dare un passaggio a casa al ragazzino qualunque che ti vende i profumi.»
«Ragazzino?» Le sopracciglia di Taehyung arrivano quasi all'attaccatura dei capelli. «Quanti anni pensi che abbia?»
«Non so, tipo... trenta?»
Taehyung geme. «Voglio morire.»
«Che c'è?» Jungkook scrolla le spalle, sulla difensiva. «Me l'hai chiesto tu.»
«Ho ventiquattro anni!» si lamenta Taehyung. «Ok, beh, ne ho appena compiuti venticinque, ma fa lo stesso.»
«Sembri molto maturo. E continui a comprare profumi della madonna, non è quello che comprano i ventiquattrenni.»
Taehyung annuisce, inclinando la testa da un lato all'altro mentre soppesa le parole di Jungkook. Jungkook non intendeva affatto offenderlo, pensava davvero che Taehyung fosse più grande. Guida una Benz, per l'amor di Dio. Ma ora più che mai, Jungkook è sicuro che Taehyung sia ricco. O più probabilmente lo è la sua famiglia. Non sa molto del jazz come occupazione, ma dubita che sia abbastanza remunerativo per il tipo di vita che Taehyung sembra condurre.
«Va bene, allora. Ti scuso per questa volta. Ma so essere molto immaturo, credimi. Penserai che ho otto anni, aspetta e vedrai.»
Jungkook scuote la testa, divertito. «Tu quanti anni mi dai?»
«Tipo ventisette», dice Taehyung. «Per questo non capisco perché pensi che io sia più grande di te.»
«Io ne ho ventitré», risponde Jungkook, sorridendo per l'espressione stupita che compare sul volto di Taehyung.
«Ok, questa è una fottuta bugia. Non è possibile.»
Jungkook annuisce. «Triste ma vero. Ventitré. Ma non preoccuparti, tutti pensano che io sia più grande. È colpa di questi. E questi.»
Passa una mano sul braccio destro del giubbotto, dove ci sono i tatuaggi, e poi si tira leggermente le punte dei capelli.
«Beh, cazzo», sospira Taehyung. «Allora sono davvero più grande di te.»
«Il sassofonista sa fare i conti», lo prende in giro Jungkook. «Oh, è la prossima a sinistra, dopo questo incrocio.»
Taehyung annuisce. Jungkook vorrebbe continuare a parlare, ma gli sembra strano lanciarsi su un nuovo argomento proprio quando Taehyung sta per andarsene. Immagina che Taehyung sarebbe troppo gentile per non rispondergli e Jungkook non vuole arrecargli più disturbo di quanto non abbia già fatto.
Così Jungkook si raddrizza sul sedile mentre Taehyung svolta nella sua strada, cercando di pensare a un punto di riferimento decifrabile per indicare a Taehyung dove fermarsi.
«È quella con la porta verde, ancora un attimo.... sì, quella. Puoi accostare, se vuoi.»
La casa di Jungkook non è molto grande, ma ha un vialetto, e Taehyung guida abilmente la sua auto fino alla porta chiusa del garage. Le luci del portico sono spente; il padre di Jungkook deve aver dimenticato di accenderle prima di partire, di nuovo. Taehyung nota l'oscurità non proprio accogliente della casa di Jungkook e si volta a guardarlo, un po' interdetto.
«Vivi qui da solo?»
Jungkook è davvero, davvero tentato di rispondere di sì. Un ventitreenne con una casa propria in periferia è alquanto impressionante, anche se un po' strano. Ma è comunque meglio di un ventitreenne che vive con suo padre.
Tuttavia, Jungkook ricorda a se stesso che lavora al banco dei profumi. Quindi, anche se decidesse di mentire, non pensa che Taehyung gli crederebbe. E comunque non dovrebbe mentirgli, in primis perché Taehyung gli piace molto. Se vuole diventare suo amico, come spera che accada, allora mentirgli probabilmente non è il modo migliore per iniziare.
«No, siamo io e mio padre.»
«Oh, che bello», dice Taehyung con aria malinconica. «Vorrei vivere anch'io con mio padre.»
Ok, questo... non è quello che Jungkook si aspettava.
Ma pochi minuti fa ha detto che Taehyung era inaspettato sotto ogni punto di vista, quindi forse non dovrebbe esserne così sorpreso. Così rivolge a Taehyung un sorriso leggermente imbarazzato.
«Grazie per avermi dato un passaggio, Taehyung. Lo apprezzo davvero molto.»
«Di niente», risponde Taehyung. «Spero che tutto si risolva con la tua macchina.»
«Sì, di sicuro.» Jungkook si slaccia la cintura di sicurezza e apre la portiera dell'auto, pronto a sgattaiolare fuori. «Quindi... ci vediamo la prossima volta?»
Taehyung annuisce. «Certo. Buona serata, Jungkook.»
Jungkook annuisce e scende dall'auto. Sta per chiudere la portiera quando viene improvvisamente colto da uno strano impulso, così si china a guardare di nuovo Taehyung.
«Hey, ehm... il tuo gruppo ha in programma delle esibizioni? Mi piacerebbe venire a vedervi. Se ti va.»
È sorpreso dalla sua audacia; di solito non è così sfacciato. Ma sta pian piano imparando che Taehyung tira fuori cose da lui che sono rimaste sopite per molto, molto tempo.
Quando Jungkook pronuncia quelle parole, qualcosa si accende sul volto di Taehyung, ma svanisce troppo in fretta perché Jungkook possa decifrarlo.
«Al momento non stiamo facendo concerti, purtroppo. Ma appena li faremo, te lo farò sapere.»
Jungkook annuisce, un po' deluso. Da un lato perché vorrebbe davvero vedere dal vivo il Trio Kim, dall'altro perché teme vagamente che Taehyung stia mentendo.
«Che ne dici se per il momento porto il mio sax la prossima settimana? Ti suonerò tutte le canzoni che posso prima che qualcuno chiami la sicurezza.»
Taehyung fa l'occhiolino a Jungkook, che sorride.
«Ti prendo in parola. Notte, Taehyung. Grazie ancora.»
Taehyung lo saluta. «Figurati. Buonanotte!»
Jungkook lo saluta un'ultima volta e chiude la portiera dell'auto, prima di avvicinarsi al garage e digitare il codice sul tastierino per aprirlo. Quando entra in casa, Taehyung e la sua auto sono già spariti, le luci posteriori si dissolvono nella fredda oscurità della notte.
Quando il padre di Jungkook torna a casa dopo la partita di poker, Jungkook gli parla della sua macchina e decidono di tornare al centro commerciale il giorno dopo per darle un'occhiata. È una riprova della scarsa vita sociale di Jungkook il fatto che suo padre non faccia domande quando gli dice che "un amico del lavoro" lo ha accompagnato a casa. È troppo impegnato a cercare di nascondere un sorriso emozionato, che Jungkook ignora bellamente, dicendogli di darsi una calmata.
Suo padre è così gentile da lasciarlo dormire l'indomani mattina, e non tornano a prendere la macchina rotta di Jungkook fino al primo pomeriggio. Suo padre fruga dentro al cofano per qualche minuto prima di dichiarare che devono portarla in officina e chiamare il carro attrezzi. L'auto è assicurata, ma Jungkook sa che dovrà pagare la parcella al meccanico.
Suo padre si offre di pagare, come sempre, ma Jungkook rifiuta, come sempre. Per alcune cose, come la spesa, la TV via cavo e tutte le cose che usano insieme, Jungkook lascia che sia suo padre a occuparsene. Ma quando si tratta della sua macchina di merda e di cose che pagherebbe autonomamente, se vivesse ancora da solo, è troppo testardo per chiedere aiuto. Anche se in realtà dovrebbe accettare il suo aiuto, perché riparare l'auto probabilmente gli costerà uno stipendio e mezzo e, semmai vorrà trasferirsi di nuovo, dovrà risparmiare un po'.
Ma hanno discusso abbastanza (con Jungkook che scuote vigorosamente la testa e suo padre che fa una faccia immensamente frustrata) perché entrambi passino oltre abbastanza in fretta alla questione dei soldi. Suo padre coglie l'occasione per portarlo a pranzo al ristorante. Lui ha mangiato prima di partire e vuole che Jungkook metta qualcosa sotto i denti mentre aspettano il carro attrezzi.
Suo padre è sempre stato così per quanto riguarda il cibo, a maggior ragione ora: è il suo modo di essere premuroso. E a Jungkook piace il cibo, molto, quindi non protesta troppo, si limita a sfrecciare verso l'ingresso del centro commerciale, dopo essersi assicurato che suo padre non voglia nulla da mangiare.
È appena entrato quando vede Taehyung passargli davanti.
«Hey!» esclama Jungkook e, prima di rendersi conto di quello che sta facendo, insegue Taehyung, tirandolo per un braccio.
Taehyung si ferma e si gira, con un'espressione terribilmente inespressiva che rende subito nervoso Jungkook nel timore di aver oltrepassato il limite. Ma poi Taehyung sbatte le palpebre e il suo volto si schiarisce. Gli rivolge quel grande sorriso che Jungkook conosce bene, e Jungkook si rilassa.
«Hey, che ci fai qui? Pensavo che non lavorassi il sabato.»
Jungkook ci mette un attimo ad esultare internamente per il fatto che Taehyung se ne sia ricordato. «Sto aspettando il carro attrezzi per la mia auto.»
Taehyung annuisce in segno di comprensione. Jungkook abbassa lo sguardo e nota che la busta che Taehyung ha in mano proviene dal suo negozio, e si chiede irrazionalmente se Taehyung sia andato lì a cercarlo.
Ma non avrebbe senso, perché Taehyung ha appena detto di essere sorpreso di vederlo qui.
«Hai comprato un profumo? Senza di me?» chiede Jungkook.
Il tono addolorato in teoria dovrebbe essere finto, ma per qualche motivo sente una vera e propria fitta al petto all'idea che Taehyung sia andato al negozio quando lui non è di turno.
Taehyung scuote la testa, sorridendo. «Jungkook, non oserei mai. Sono solo vestiti, giuro.» Abbassa la voce. «Un uomo non può vivere solo di profumi.»
Jungkook alza gli occhi al cielo, sia per la battuta di Taehyung, sia perché si sente stupido. Era ovvio che Taehyung non avesse comprato un profumo. La gente va al centro commerciale per milioni di motivi.
«Oh, hey», dice Taehyung, allungando la mano per stringere il braccio di Jungkook, «ieri sera ho ascoltato il resto della jazz hour; hanno suonato altre due mie canzoni.»
Jungkook annuisce. «Te l'ho detto, vi trasmettono sempre.»
Taehyung sfoggia un sorriso soddisfatto e qualcosa dentro Jungkook si accende, qualcosa che gli fa desiderare, in qualsiasi circostanza, di continuare a parlare con Taehyung. Ieri sera si è sentito così, un po', ma non come adesso, ecco perché decide di punto in bianco che in questo momento non gli importa se Taehyung potrebbe avere qualcos'altro da fare. Se non vuole, può sempre dire di no.
Ma Jungkook incrocia le dita nella tasca della giacca e prega che Taehyung dica di sì.
«Posso... posso offrirti un caffè o qualcos'altro? Voglio sdebitarmi per ieri sera.»
Taehyung agita una mano con nonchalance. «Ti ho detto che non è niente, Jungkook. Davvero.»
«Ma comunque», insiste Jungkook, «voglio davvero ringraziarti. Per favore? Fallo per me? Non dormirò sonni tranquilli finché non ti avrò ripagato in qualche modo.»
Non è del tutto una bugia: Jungkook non è mai stato bravo ad accettare la carità altrui.
«Quindi mi stai dicendo che devo farti un altro favore», osserva Taehyung.
Jungkook scuote la testa, si fa prendere dal panico per un attimo, finché non vede il luccichio divertito negli occhi di Taehyung.
«Beh, a me non piace il caffè», continua Taehyung, e il cuore di Jungkook sprofonda un po'.
Ma poi il sorriso di Taehyung si allarga, gli occhi si arricciano di nuovo agli angoli.
«Ma mi piace il tè.»
«Il tè va bene», dice subito Jungkook, annuendo con entusiasmo. «Questo posto ha un tè pazzesco.»
Taehyung solleva un sopracciglio, ma Jungkook è troppo entusiasta per essere imbarazzato. Si chiede brevemente se sia il caso di imbarazzarsi comunque, per quanto sia entusiasta di pagare a Taehyung un tè mediocre nell'area ristoro. Ma ha ancora quella sensazione istintiva, quella che gli dice che forse lui e Taehyung potrebbero essere amici, ed è questo che lo rende così nervoso.
Per quanto l'abbia negato a Jimin, a Yoongi, alla sua terapeuta, a suo padre e persino a se stesso, vuole davvero un amico.
Così, quando Taehyung gli fa cenno di passare avanti, Jungkook lo fa senza pensarci due volte. Deve comunque andare a mangiare qualcosa e non pensa che a suo padre dispiaccia che si assenti un po' più a lungo, se è in nome di una potenziale amicizia. Inoltre, è abbastanza sicuro che a suo padre piacerebbe Taehyung. È quasi certo che Taehyung piacerebbe a chiunque.
Solo quando sono in fila per ordinare e Jungkook prende il portafoglio, si accorge che la mano di Taehyung stringe ancora la sua manica. Taehyung la lascia andare quando si muove e non dice nulla al riguardo, quindi nemmeno Jungkook lo fa, anche se coglie il delicato rossore che affiora di nuovo sulle guance di Taehyung.
Ma poi Taehyung parla con l'impiegato dietro il bancone, e Jungkook perde l'occasione di dirgli che non gli dispiace. Non gli dispiace affatto.
Il che, di per sé, è un po' strano. Troppo strano per lui per pensarci in questo momento, così decide di archiviarlo nella sua fidata scatola mentale "Cose a cui pensare più tardi". Certo, ormai quella scatola è rimasta a prendere polvere nei meandri della sua mente per anni e non l'ha quasi mai aperta. Quando lo fa, tendono a succedere cose brutte.
«Kook?»
«Hmm?»
Jungkook sbatte le palpebre quando sente di nuovo la mano di Taehyung sul suo braccio, questa volta per spronarlo a ordinare. Lo fa, prima di chiedere a bassa voce se anche Taehyung voglia qualcosa da mangiare. Quando Taehyung scuote la testa, Jungkook paga l'ordinazione e aspettano in disparte.
Jungkook sta cercando qualcosa di nuovo da dire quando Taehyung tira fuori il telefono dalla tasca e studia lo schermo, aggrottando le sopracciglia. Lo sfiora e lo avvicina all'orecchio, e Jungkook capisce che sta rispondendo a una chiamata. Si chiede se non sia il caso di allontanarsi per concedere a Taehyung un po' di privacy, ma Taehyung non sembra infastidito.
«Hey, tutto bene?»
Jungkook non riesce a distinguere la voce dall'altro capo, non che ci stia provando, ma riesce a sentire solo qualche suono confuso in risposta, prima che Taehyung parli di nuovo.
«Sono al centro commerciale. Ti ho detto che ci sarei andato oggi, ricordi?»
Un altro silenzio.
«Sì, stasera a cena, lo so. Posso passare da quel ristorante italiano che ti piace e prendere un po' di... cosa? Beh, hai provato a chiamare– no, dovresti, è lì per questo...»
Chiamano il numero del loro ordine e Jungkook si avvicina al bancone per ritirarlo. Quando torna, Taehyung è ancora al telefono, con le sopracciglia ancora più aggrottate e un'espressione accigliata.
«Lolly, vuoi che venga da te? No, non mi interessa– va bene, te lo prometto– ok. Ok... sì. A presto.»
Jungkook non è sicuro di chi sia Lolly, se sia un nome o uno strano termine affettuoso, ma sa che in questo momento gli sta molto antipatica. Taehyung allontana il telefono e guarda Jungkook con aria di scuse.
«Hey, mi dispiace molto, ma devo andare a occuparmi di... uhm, di una cosa...»
«Non preoccuparti», lo interrompe Jungkook.
Non ha il diritto di essere arrabbiato; lui e Taehyung sono al massimo conoscenti e Taehyung sembrava davvero amichevole con chiunque fosse al telefono. Quel tono caldo e rassicurante che ha usato ha fatto sentire Jungkook come se fosse avvolto in una morbida coperta, e prova un pizzico di desiderio che Taehyung lo usi anche con lui.
«Davvero», continua, «va tutto bene. Uh– ecco il tuo tè.»
Lo spinge verso Taehyung, tenendo il suo nell'altra mano, insieme al sacchetto di carta che contiene il suo pranzo. Che purtroppo mangerà da solo. Taehyung accetta il suo tè, ma a sua volta porge il telefono a Jungkook, che lo guarda confuso. Pensa per un attimo che forse Taehyung voglia farlo parlare con questa Lolly, ma è chiaro che abbia riattaccato. Taehyung fa di nuovo un gesto con il telefono e Jungkook lo prende.
«Dammi il tuo numero», spiega Taehyung. «Beh, se vuoi.»
«Voglio», dice Jungkook, rabbrividendo internamente per quanto suoni impaziente.
Ha un braccio tatuato, dannazione, dovrebbe essere almeno un po' figo. Ma Taehyung gli fa di nuovo quello splendido sorriso, e Jungkook scorre la schermata iniziale fino a trovare i contatti di Taehyung. Aggiunge il suo numero, salvandolo come Jungkook Ragazzo dei Profumi, e riconsegna il telefono a Taehyung.
«Fantastico», dice Taehyung. «E grazie per il tè. Ci vediamo presto, ok?»
Jungkook solleva il pollice. Intuisce subito che Taehyung non vede l'ora di andarsene: chiunque fosse il suo interlocutore telefonico ha chiaramente bisogno della sua immediata attenzione. Così Jungkook non cerca di trattenerlo, si limita a fargli un sorriso amichevole e un cenno di saluto e lo guarda uscire di corsa dall'area ristoro, prima di farsi inghiottire dalla folla. Jungkook si sentirebbe un po' giù di morale, se non fosse che adesso Taehyung ha il suo numero, quindi forse riusciranno a vedersi davvero uno di questi giorni.
Probabilmente è meglio che Jungkook non abbia il suo numero, perché molto probabilmente manderebbe un messaggio a Taehyung nel giro di cinque minuti. Qualsiasi autocontrollo abbia normalmente, quello che lo porta a rifiutare costantemente le offerte di Jimin di organizzargli appuntamenti al buio, evapora completamente quando c'è Taehyung. Non sarebbe mai salito su quell'auto ieri sera, se non fosse stato Taehyung a guidarla.
Ma quella sensazione di leggerezza si affievolisce un po' quando esce di nuovo nel parcheggio. La persona con cui Taehyung stava parlando è probabilmente la sua ragazza, che, in tutta onestà, Jungkook ha completamente dimenticato fino a questo momento. Non che questo cambi qualcosa; non è che voglia uscire con Taehyung, vuole solo essere suo amico. E ovviamente chiunque pianterebbe in asso Jungkook Ragazzo dei Profumi per uscire con la sua ragazza. Anche Jungkook lo farebbe, a parti invertite.
Tuttavia, deve esserci una sorta di malumore che aleggia sul suo volto, perché suo padre gli chiede se stia bene quando torna in macchina. Jungkook si salva dal rispondere grazie all'arrivo del carro attrezzi. Trascorre il resto della giornata assorbito da quel catorcio schifoso che è la sua auto, quindi non ha molto tempo per pensare a Taehyung.
Si accorge però di non riuscire a smettere di pensare a Taehyung, dopo che è trascorsa un'intera settimana senza una sola visita da parte sua. Jungkook è doppiamente deluso dal fatto che Taehyung non sia andato a trovarlo al lavoro, anche se aveva detto che lo avrebbe fatto, e che non abbia mai provato a mandargli un messaggio o a chiamarlo.
Non ha il diritto di sentirsi arrabbiato; Taehyung non gli ha fatto nessuna promessa, quindi non può fare altro che aspettare come un idiota il venerdì sera e sentire il suo cuore sprofondare con il passare dei minuti.
Aveva già pianificato tutto: Jimin e Yoongi l'avevano convinto a incontrarsi per una serata a base di pizza e film, e lui avrebbe invitato Taehyung in modo del tutto casuale a partecipare. Se lui avesse voluto, ovviamente. È solo che l'altra sera ha accennato al fatto di essersi trasferito qui da poco e Jungkook non può fare a meno di chiedersi se non gli piacerebbe conoscere nuove persone, magari gli amici di Jungkook. Se è una cosa che può farti piacere, Taehyung.
Ma Jungkook non ha modo di esprimersi, perché Taehyung non si fa vedere neppure quando esce dal negozio e si dirige verso il parcheggio. Non ne ha parlato prima a Yoongi o a Jimin – a dire il vero non ha mai parlato di Taehyung con loro – quindi nessuno dei due pensa che la sua espressione burrascosa quando sale in macchina abbia a che fare con qualcosa di diverso da una tipica giornata di lavoro.
«Possiamo fermarci al supermercato?» chiede Jungkook, mentre si allaccia la cintura di sicurezza. «Ho dimenticato di prendere la birra prima del lavoro.»
Jimin si gira sul sedile del passeggero e offre a Jungkook un sorriso. «Ne abbiamo già presa un po' per strada.»
Jungkook aggrotta le sopracciglia, perché dovrebbe toccare a lui comprare l'alcol questa settimana. È così che hanno sempre fatto per la serata film: chi ospita compra anche tutto il resto. Sospira con impazienza.
«Ragazzi...»
«Tuo padre ci ha detto della tua macchina, Kook», interviene Yoongi. «Quindi non voglio sentire ragioni.»
Jungkook si morde l'interno della guancia, volendo protestare. Alla fine, ha dovuto pagare molto più del previsto per la macchina, che è ancora in officina. La ritirerà domani, ma questa settimana ha preso l'autobus per andare al lavoro e suo padre è venuto a prenderlo a fine serata.
In questo momento, Jungkook odia che i suoi amici siano così legati a suo padre. Lo chiamano ancora "signore", il che lo fa sorridere, ma lo conoscono da quando erano bambini e lui li ha visti crescere proprio davanti ai suoi occhi. A volte, quando uno di loro decide di uscire con Jungkook, arriva a casa sua e passa metà del tempo a parlare con suo padre, prima che Jungkook si accorga che c'è qualcun altro al piano di sotto e debba andare a recuperare il suo amico.
Ultimamente, Yoongi e Jimin (soprattutto Jimin) vanno a trovarlo all'improvviso, aspettando Jungkook fino a quando non varca la porta d'ingresso dopo il suo turno. È successo anche ieri, quindi Jungkook pensa che sia stato allora che suo padre abbia fatto la spia riguardo la faccenda dell'auto.
«Oh, rilassati», aggiunge Jimin. «Ti facciamo comunque comprare la pizza.»
Poi torna a voltarsi verso il parabrezza e Yoongi mette in moto l'auto prima che Jungkook possa rispondere.
Quando arrivano a casa sua, suo padre li sta aspettando in cucina, con due scatole di pizza già sul bancone. Jungkook trattiene un gemito, ma sorride a suo padre in segno di ringraziamento.
È imbarazzante che si prenda cura di lui in questo modo, soprattutto perché non ne ha bisogno e non vuole che lo faccia. Può permettersi due cazzo di pizze e una confezione da dodici di birra di merda, macchina scassata o no.
Ma se questo è ciò che serve, un po' di orgoglio ferito, per vedere suo padre sorridere e scherzare con i suoi due amici, mentre Jimin racconta un simpatico aneddoto del suo turno in radio di ieri mattina, allora Jungkook immagina che dovrà darsi un pizzico sulla pancia. La sensazione di calore che prova nel petto nel sentire la risata fragorosa di suo padre, quella che fa solo quando sente qualcosa di veramente divertente, è comunque sufficiente a placare un brivido di irritazione.
«Bene, è ora per i vecchietti di andare a letto», dice suo padre dopo qualche minuto di conversazione. «Non esagerate con l'alcol, ragazzi. E rimanete a dormire se ne avete bisogno; domattina preparerò i pancake.»
«I vecchietti... intende anche te, Yoongs», ironizza Jimin, dando una gomitata alla spalla di Yoongi, che gli dà un buffetto.
«Infatti, sono più vecchio di te, quindi porta rispetto.»
«Lo farei, ma ti conosco troppo bene.»
«Moccioso.»
I due iniziano a chiacchierare e il padre di Jungkook si avvicina per dargli l'abbraccio della buonanotte. Dà a Jungkook una rapida occhiata, ravviandogli una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
«Stai bene?»
Jungkook annuisce. «Ti sembro strano?»
«No», riflette suo padre. «Solo un po' silenzioso. Ah, non badare a me, sono il solito vecchio papà apprensivo. E preoccupato.»
«Non c'è niente di cui preoccuparsi; sto bene, papà», promette Jungkook. «Grazie.»
Suo padre gli fa un ultimo cenno, prima di lasciare la cucina e salire le scale. Così Jungkook si gira e si infila deliberatamente tra Yoongi e Jimin per prendere una fetta di pizza, ponendo di fatto fine al loro piccolo battibecco. A Jungkook non dispiace quando litigano in questo modo, senza che ci sia un vero motivo di fondo. È quando sono davvero arrabbiati che non sa cosa fare.
Dopo aver sistemato la pizza e la birra sul tavolino, prendono posto in salotto: Jimin e Jungkook sul divano e Yoongi sulla poltrona reclinabile del padre. Questo si rivela un errore, almeno per Yoongi, perché Jimin e Jungkook cospirano per fargli guardare il reality show che ormai entrambi considerano la cosa migliore che abbiano mai visto.
Cominciano anche un gioco segreto tra loro due: bevono un sorso di birra ogni volta che Yoongi geme o alza gli occhi al cielo o si lamenta del fatto che tutti coloro che partecipano a questo show siano le persone più stupide del mondo. Inutile dire che la birra finisce in fretta e che, alla fine dei due episodi, Jungkook è già ubriaco fradicio e si ritrova nelle condizioni in cui ridacchia, biascica e singhiozza a momenti alterni.
Ma per Jimin è lo stesso, quindi va bene così.
È contento che tra loro due sia Yoongi quello più sobrio, perché Jungkook sa che non dirà nulla del modo in cui cammina instabilmente verso la cucina e tira fuori dall'armadietto un po' del vino di suo padre. A suo padre non dispiacerà, non lo fa mai. E Yoongi non gli rivolgerà lo sguardo di Jimin, quando Jungkook berrà più del dovuto in questi giorni.
Yoongi lo vede come il modo in cui Jungkook si lascia andare e si diverte, come qualsiasi altro ventenne, mentre Jimin teme che sia il modo in cui Jungkook tiene a bada le cose a cui non vuole pensare, sviluppando meccanismi di coping malsani.
Jungkook è colpevole di entrambe le cose, ma stasera si sta davvero divertendo. Per togliere il tappo dalla bottiglia ci vuole un po' di fatica, ma ci riesce. Poi prende anche un bicchiere di plastica e torna in salotto. Yoongi gli rivolge un'occhiata severa, così Jungkook versa con fare peccaminoso una generosa quantità di vino nel bicchiere e glielo porge.
Poi si butta sul divano, armato di bottiglia in una mano e di altre due fette di pizza nell'altra, e chiede a Jimin di mettere il prossimo episodio. Il gemito soffocato di Yoongi è sufficiente a provocare in entrambi una crisi isterica di risate, e Jungkook quasi rovescia il vino.
Guardano un altro episodio facendo lo stesso gioco alcolico di prima, solo che ora si passano la bottiglia di vino tra di loro. Jungkook ha scambiato saliva con Jimin così tante volte che non si preoccupa più dei germi. E Jimin è troppo impegnato a lanciare un'occhiataccia a Yoongi di tanto in tanto per preoccuparsene. Jungkook deve mordersi la lingua per non chiedergli se non preferirebbe che si spostasse sulla poltrona reclinabile, in modo che Jimin e Yoongi possano condividere il divano.
Dopo la fine dell'episodio, Yoongi rivendica i privilegi di essere il più vecchio dei tre e usurpa il telecomando, mettendo un documentario naturalistico di cui Jungkook non si preoccupa nemmeno di interessarsi. Tutti e tre hanno finito il vino e Jungkook non vede l'ora di mangiare la pizza avanzata domani a pranzo. Ma per ora non può nemmeno guardare in quella direzione, altrimenti vomita. Forse il vino non è stata una buona idea, dopotutto.
Jungkook si appoggia al divano e chiude gli occhi, lasciando che i suoni delle occasionali risate soffocate di Jimin e la voce soave del narratore del documentario lo tranquillizzino mentre si prepara ad addormentarsi. La parte intelligente di lui gli dice che dovrebbe alzarsi e cambiarsi, perché i suoi pantaloni sono scomodamente stretti e gli verrà un torcicollo per come è posizionato.
Sente una mano sulla spalla che lo scuote delicatamente.
«Kook. È ora di andare a letto, forza.»
Deve essersi addormentato per un minuto, perché quando riapre gli occhi, Yoongi è in piedi sopra di lui, con Jimin a qualche passo di distanza. I cartoni della pizza sono spariti, insieme a tutte le lattine vuote, e la TV è spenta. Jungkook si sente in colpa per il fatto che abbiano pulito senza di lui, ma quando apre la bocca per scusarsi, l'unica cosa che gli esce è uno strano, disgustoso ibrido singhiozzo-rutto che gli fa capire che deve lavarsi i denti, tipo adesso.
Jimin ridacchia e Yoongi alza gli occhi al cielo, tirando il gomito di Jungkook per farlo alzare in piedi.
«Stai bene?» chiede Yoongi. «Non stai per spiaccicarti a terra, vero?»
Jungkook scuote la testa e si dirige con cautela verso le scale, aggrappandosi con le mani alla ringhiera mentre sale i gradini un passo alla volta. Ha l'abitudine di cadere dopo aver bevuto troppo; le sue gambe decidono di non volerlo più tenere in piedi.
Ma riesce a salire le scale e a entrare nella sua stanza, con Jimin alle calcagna. Jimin rimarrà sicuramente per la notte: è troppo ubriaco per guidare e rimane sempre a dormire quando il padre di Jungkook si offre di preparare i pancake. Jungkook tira fuori senza dire niente una maglietta e un paio di pantaloni della tuta in più dalla cassettiera e li lancia a Jimin, che si allontana di nuovo per andare a cambiarsi. Anche Jungkook si cambia, gemendo per la bella sensazione che si prova a uscire dai jeans che lo costringono. Ci vuole tutta la sua forza di volontà per non crollare sul letto: deve davvero lavarsi i denti.
Jimin esce dal bagno giusto in tempo per far entrare Jungkook, gli fa l'occhiolino e si precipita in camera da letto. Jungkook si lava velocemente i denti. C'è un breve momento in cui si spazzola la lingua e ha un conato di vomito un po' troppo forte, quindi si inginocchia sul water per un minuto, finché non è sicuro di non vomitare. La pizza e il vino non si sposano bene insieme, lo sente.
Dopo aver finito, si trascina di nuovo lungo il corridoio, con una mano che preme leggermente sullo stomaco in quello che spera sia un gesto di avvertimento al suo corpo affinché non faccia nulla di stupido. Ha già vomitato nel suo letto, una volta all'università, e non è un'esperienza che vuole ripetere.
Sente delle voci sommesse mentre si avvicina alla sua camera e apre la porta per vedere Jimin seduto sul bordo del letto e Yoongi in piedi davanti a lui. Entrambi si voltano a guardare Jungkook, ma non è lo sguardo colpevole e sorpreso di chi è stato beccato, bensì quello casuale di due amici che si frequentano. Jungkook è un po' deluso, mentirebbe se dicesse il contrario.
Yoongi nota il modo in cui si tiene lo stomaco e fa un verso di disapprovazione.
«Non stai per vomitare, vero, Kook?»
Jungkook scuote la testa, ma si dirige comunque verso l'altro lato del letto e scivola sotto le coperte con cautela, cercando di non far sobbalzare nulla in modo troppo brusco.
«Vuoi unirti a noi?» chiede Jungkook, indicando il letto. «Jimin è piccolo, c'è un sacco di spazio.»
Jimin deve essere piuttosto ubriaco, perché non risponde alla provocazione di Jungkook, ma si limita a fissare Yoongi.
«Ah, no, io vado a casa. Voi dormite un po', ok? Non fate pazzie.»
Jungkook trattiene un sospiro: si sono divertiti così tanto e vorrebbe davvero che la cosa si ripetesse anche domattina. Inoltre, gli dispiace che Yoongi stia per tornare a casa alle due del mattino. Fuori fa freddo. Ed è buio. E forse è solo l'alcol a parlare, ma il solo pensiero di quelle due cose lo fa rabbrividire, anche se è raggomitolato nel suo letto caldo.
«Mio padre farà i pancake», dice, ritentando. «Dai, Yoongs, sarà divertente. Ed è troppo tardi; non dovresti guidare fino a lì.»
Yoongi sbuffa, scuotendo la testa. Jungkook spinge in fuori il labbro inferiore, facendo il broncio il più possibile senza sembrare troppo ovvio, e vede che questo fa vacillare Yoongi per un secondo.
Ma il broncio del "bimbo del gruppo" non è niente in confronto a quello che succede dopo, quando Jimin si alza dal letto e stringe le dita intorno al polso di Yoongi.
«Resta, Yoongs.»
Jungkook si chiede se Jimin lo direbbe in quel modo così vulnerabile, se non fosse completamente ubriaco. Se Jungkook stesso non fosse ubriaco, perché probabilmente sta facendo credere a Jimin e Yoongi di poter essere un po' più trasparenti nella loro routine di vorrei-ma-non-posso, di cui Jungkook ha visto versioni molto migliori nelle terribili serie tv adolescenziali che guardava.
Ora non le guarda più, assolutamente no. Non se ne parla proprio. Ha una braccio tatuato, porca miseria, quindi...
Ma bastano queste due parole di Jimin perché Yoongi annuisca. Jungkook applaude di gioia tra sé e sé e Jimin lascia andare il polso di Yoongi, scivolando all'indietro sul letto fino a infilarsi anche lui sotto le coperte. Jungkook si schiaccia contro il muro, sperando segretamente di svegliarsi al mattino e di trovare Jimin e Yoongi che si coccolano a vicenda, ma Yoongi si limita a scuotere la testa.
«Io dormo sul divano.»
Jungkook si rattrista un po', ma non prova a insistere. Yoongi si ferma a dormire e questo gli basta. Jungkook non si preoccupa di procurargli un cuscino e una coperta: ormai Yoongi sa dove trovare tutto il necessario. Jimin è un po' più bravo a nascondere la propria delusione, ed emette un profondo sospiro dopo che Yoongi ha mormorato un ultimo "buonanotte" per poi andare dormire al piano di sotto.
Jungkook cerca il braccio di Jimin nel buio, con l'intenzione di dargli una stretta confortante, ma accidentalmente gli afferra il lato del collo. Jimin emette un rantolo di sorpresa che fa scoppiare a ridere Jungkook, che però ha un sussulto un attimo dopo, quando la mano di Jimin lo colpisce dritto allo stomaco. Segue immediatamente una risatina maligna di Jimin, e Jungkook capisce che l'ha fatto apposta.
«Cazzo, smettila, Chim», piagnucola Jungkook. «Mi fai vomitare.»
Il silenzio cala tra loro per qualche istante e Jungkook chiude gli occhi, pronto a cadere in un coma da ubriachezza e pizza unta per le prossime dieci ore. Ma Jimin si dimena accanto a lui, parlando con voce troppo acuta, come quando cerca di sembrare disinvolto.
«L'altro giorno stavo parlando con un ragazzo molto sexy e mi ha detto che gli piacciono un sacco i ragazzi con i capelli lunghi e i tatuaggi.» Fa una pausa. «E che è single.»
Jungkook alza gli occhi al cielo. «Oh cazzo, non sembra nessuno di quelli che conosciamo, non è vero?»
Jimin non risponde e Jungkook capisce che sta aspettando che accenni all'altra parte di ciò che ha detto. Jungkook sospira e prega di trovare la forza. Si sta impegnando solo perché è ubriaco.
«Va bene. Dimmi.»
Jimin si lascia sfuggire qualcosa di simile a uno gridolino e si gira su un fianco per fissare il volto di Jungkook nel buio.
«È il mio dentista.»
Jungkook apre e chiude la bocca un paio di volte, incerto su cosa dire. Un dentista?
«Oh, e dai!» protesta Jimin, percependo l'incertezza di Jungkook. «È davvero divertente, e simpatico, e gli piace un sacco parlare, cosa di cui tu hai palesemente bisogno. Ed è sexy, Kook, davvero. Non sembra affatto un dentista. Beh, fa battute un po' idiote, ma niente di più. E gli ho parlato bene di te, non preoccuparti.»
«Come hai fatto a parlare di me... Voglio dire, mentre eri dal dentista?»
Jungkook tiene gli occhi fissi sul soffitto, ma riesce a sentire il rumore dei capelli di Jimin che strusciano sul cuscino mentre scuote la testa.
«No, frequentiamo lo stesso corso di spinning.»
Jungkook sbatte le palpebre.
«Quindi vuoi farmi incontrare un dentista. Che frequenta un corso di spinning. E fa battute idiote. Ed è un dentista.»
E lui ha un braccio tatuato, per l'amor del cielo.
«Oh mio Dio, Jungkook, smettila di giudicare dalle apparenze. Sono tuo amico da quasi vent'anni, non cercherei mai di farti uscire con qualcuno che non credo ti possa piacere.» Jimin gli dà una gomitata sulla spalla. «Dai, fallo per me? Potremmo anche uscire in gruppo, se non vuoi uscirci da solo. Non sta cercando un fidanzato, vuole solo conoscere gente. Che è quello che dovresti fare anche tu.»
Jungkook annuisce, riflettendoci su.
«A meno che tu non abbia già incontrato qualcuno», aggiunge Jimin, senza nascondere che sta cercando una risposta a quella domanda.
Jungkook scuote la testa. «No. Nessuno di nuovo.»
Beh, non è del tutto veritiero. Perché c'è Taehyung. È qualcuno di nuovo. O almeno, lo è abbastanza.
Ma non parla con Jungkook da una settimana (non che Jungkook si aspetti che lo faccia) e ha una ragazza (non che Jungkook si aspetti che escano insieme), e Jungkook pensa che forse, solo per questa volta, dovrebbe correre il rischio. Tornare a stringere rapporti sociali, solo per vedere a che punto è.
E se Taehyung si mette in contatto con lui, bene, altrimenti Jungkook farà altri progetti.
Con il dentista.
Jungkook rabbrividisce, ma Jimin ha ragione: non dovrebbe giudicare prima di aver conosciuto questo tipo. E si fida di Jimin quando dice che è sexy: anche Jimin è sexy, quindi ha un buon fiuto per queste cose. Jungkook si chiede cosa avrebbe da dire Jimin su Taehyung.
Anche se dubita che si incontreranno mai, perché sembra sempre meno probabile che Taehyung lo contatti al numero di telefono che Jungkook gli ha dato. E potrebbe anche non venire più al banco dei profumi, chi lo sa? Jungkook non può permettersi di aspettare. E non è che debba farlo, ricorda a se stesso. Taehyung è solo un ragazzo simpatico che ha incontrato; non deve nulla a Jungkook.
Vada per il dentista.
«Ok, va bene», sospira, passandosi le mani sul viso. «Ma se dice una sola parola sui miei denti, Jimin, giuro che lo stendo lì per lì. E stendo anche te subito dopo.»
«Oh, no, Jungkookie, noi adoriamo i tuoi denti da coniglietto», lo prende in giro Jimin. «Ma, porca miseria, ci uscirai davvero? Cioè, sul serio?»
Jungkook annuisce, prima di ricordare che Jimin non può vederlo al buio. «Sì.»
«E non stai accettando solo perché sei ubriaco, e poi ti tirerai indietro domani mattina quando cercherò di convincerti.»
«No.»
A dire il vero, è già successo in passato.
Jimin inspira bruscamente accanto a lui e poi espira piano. Jungkook si sposta leggermente, cercando di alleviare un po' la pressione che sente nello stomaco. Stava scherzando solo per metà quando ha detto a Jimin che avrebbe vomitato di lì a poco.
«Cosa...» esordisce Jimin un po' titubante, «cosa è cambiato? Voglio dire, perché mi dici di sì adesso? Ti senti pronto?»
Jungkook aspetta un momento, grattandosi con una mano il fianco mentre riflette su come rispondere.
«Io– credo che... beh, no, non sono pronto. Ma non so se sarò mai pronto, quindi forse è meglio fare lo stesso il grande passo e vedere come va.»
Jimin annuisce, ma resta in silenzio. Jungkook si chiede se sia il caso di condividere quello che sta per dire, ma l'alcol gli ha sciolto la lingua quel tanto che basta a non rimuginarci troppo, e le parole gli escono di bocca prima che riesca a fermarsi.
«Ho davvero paura. Che non sarò più normale. So che ci vuole tempo, soprattutto per quanto riguarda gli appuntamenti e le cose fisiche, ma a volte ho questa sensazione. Vedo tutti questi ragazzi che vengono al banco a comprare profumi per la loro ragazza o per la moglie o chiunque altro, e mi preoccupo che non sarà mai così per me. Che finirò per rimanere solo.»
Restano in silenzio per un po', e Jungkook pensa per una frazione di secondo che Jimin si sia addormentato. Ma prima di potersi prendere a schiaffi per aver esposto le sue paure senza motivo, sente le braccia di Jimin avvolgerlo, aggrappandosi a Jungkook a mo' di koala e spingendo la faccia nell'incavo del suo collo.
«Non sei solo. Hai noi», sussurra Jimin, e Jungkook deve inghiottire il nodo che ha in gola.
Accarezza la mano di Jimin, aperta sul suo petto. «Lo so, Chim. Grazie.»
«E chissà», aggiunge Jimin, dando un colpetto leggero a Jungkook sotto il mento, «potresti anche avere il dentista.»
«Cristo», geme Jungkook. «Comincio a pentirmene.»
«Non dovresti», risponde Jimin, con il suo familiare tono scherzoso, ora che hanno smesso di essere seri. «Potresti trovarti un fidanzato. E probabilmente ti aggiusterà anche i denti, se glielo chiedi con gentilezza.»
«Vaffanculo», borbotta Jungkook, cercando di liberarsi dalla presa di Jimin. «Hai appena detto che ti piacciono i miei denti da coniglio.»
«I complimenti ti convincono sempre», mugugna Jimin sbadigliando. «Notte, Kook.»
Jungkook vorrebbe ribattere, ma all'improvviso sbadiglia anche lui e si addormenta un attimo dopo, immaginando cosa si provi ad avere la mano di qualcun altro sul suo petto.
notes
hello! eccoci qui con il primo capitolo della traduzione a cui ho lavorato in questo mese. il primo volume è già completo e, come ho scritto su instagram, aggiornerò tutti i sabati alle 21:00! (se non mi seguite su ig please fatelo perché metto sempre lì tutti gli avvisi: @/manami.desu)
cosa ne pensate fin qui? jungkook è il mio protettissimo insieme a suo padre. che cuorone ❤️🩹
baci,
M
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