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XX. Incontri Notturni

𝐀𝐝𝐨𝐧𝐢𝐬

Erano trascorsi alcuni giorni dalle tragedie abbattutesi tra i distretti Cenere e Vita.
Apollo e Ajax, appartenenti ai due distretti avversari, erano morti in uno scontro che aveva visto come protagonisti i due gruppi di ragazzi.

Adonis era in camera a prepararsi, rimuginando su quello che era accaduto. Durante la festa del Minotauro del distretto Vita, i ragazzi di Kronos erano in giro nella foresta ed erano stati aggrediti dal gruppo di Achille Majors.
Certo, non erano nel loro territorio, ma, per quanto gli aveva raccontato Hydra, non avevano cercato lo scontro, anzi avevano provato ad allontanarsi.

Adonis aveva rifornito di alcol e stupefacenti alcuni ragazzi del distretto di Athena, che si erano presentati al suo locale con ingentissime somme di denaro. Era piuttosto sicuro che Achille e i suoi scagnozzi fossero piuttosto alticci e su di giri quella notte.

Non gli interessava quanto si sarebbe arrabbiato, né tantomeno come avrebbe reagito, ma sapeva di dover accertarsi anche delle condizioni di Kronos. Ricordava quanta rabbia avesse covato quando suo padre Uranus era morto e non poteva permettergli di autodistruggersi ancora.

Sbuffò piano, passandosi le mani in volto. Tremò appena al solo pensiero che fosse successo qualcosa a Kassandra.

Qualche giorno prima l'aveva incontrata di nascosto nel suo locale. Era uscita per allenarsi, o per lo meno così aveva riferito a Kronos e ad Hyperion.

Kassandra aveva abbracciato così forte Hydra che per un istante Adonis aveva creduto che non avesse sentito la sua mancanza. Poi il volto della ragazza si era contorto in un enorme sorriso e aveva preso la rincorsa, stringendosi a lui.

Adonis non era mai stato abituato a gesti d'affetto, pensava sempre di commettere errori, nei confronti di chiunque. Credeva che soltanto un cane potesse essere felice di vederlo, dopo tanto tempo, non pensava che Kassandra potesse tenere davvero così tanto a lui.

Avevano trascorso un'oretta insieme, non di più per non destare sospetti. Kassandra poi avrebbe corso davvero sulla spiaggia.

«Vuole che andiamo nel bosco del distretto di Athena. Ha un sospetto. Dice che crede sia vera la storia del marito...» Kassandra aveva bevuto un bicchiere d'acqua. «Dovremo solo spiare da lontano e andarcene. Non vuole scontri, per questo lo farà durante il collegio dei consoli e l'inizio della festa. Saranno tutti altrove.»

Adonis aveva sorriso. Kronos era furbo, un calcolatore. Sapeva bene che la maggior parte delle forze speciali e delle guardie sarebbe stata impiegata durante la festa. Negli anni passati aveva sempre attaccato all'improvviso, distruggendo i sogni di gloria di Athena. Sarebbero stati tutti in allerta per un suo solito attentato, nessuno avrebbe pensato ad altro. Se le previsioni di Kronos fossero state vere, ci sarebbero state le solite guardie di turno attorno alla casa e i ragazzi, spiando da lontano, non avrebbero avuto problemi.

Kronos, però, a quanto pareva, non aveva considerato dei ragazzini ubriachi dopo la festa, né che potessero andare nei boschi a divertirsi, lontano da occhi e orecchie indiscrete.
Dato già la crescente tensione tra Mars e Achille, era scoppiato il putiferio.

Hydra ne aveva parlato con Hyperion, anche lui sotto shock. Entrambi credevano alle sue parole, quando diceva che i ragazzi erano ormai sulla strada del ritorno e che, per una volta, non cercavano uno scontro, perché così gli era stato ordinato.

Adonis fissò il proprio riflesso allo specchio. Osservò la solita cicatrice che gli squarciava l'addome e la accarezzò appena.
Per una volta, neanche lui aveva intenzione di indossare camicie avvenenti. Voleva semplicemente restare accanto a Kronos per tutto il tempo che ne avesse bisogno.
Era sicuro che avrebbe provato anche a cacciarlo via in malo modo.
Sbuffò piano e indossò un maglione viola a scollo a V. Prese la giacca e una bottiglia di whisky appena arrivata dalla Grande Città.
Certo non voleva che Kronos affogasse i dolori nell'alcol, ma gli sembrava indecoroso presentarsi a mani vuote.

Scese le scale, raggiungendo il salone del locale. Era pomeriggio inoltrato e stava iniziando ad accogliere ogni genere di cliente. Si guardò attorno, alla ricerca di Hydra.

La intravide dietro al bancone, intenta a sistemare le diverse bottiglie di alcolici nelle vetrine. Adonis le andò incontro. Tamburellò le dita sulla superficie di legno del bancone per attirare la sua attenzione.

Hydra alzò lo sguardo su di lui. Sistemò un ciuffo di capelli dietro l'orecchio. «Che succede?»

«Io esco... vado a vedere come sta.» Adonis si guardò intorno.

«Uhm. Va bene. So che Hyperion ha portato fuori i ragazzi, stavano al chiuso da troppo, sono andati in spiaggia...»

Adonis sentì il cuore martellargli in gola. «E Kronos?»

Hydra si morse l'interno guancia. «Hyperion è preoccupato per lui e Mars. Sono quelli che hanno reagito peggio. Mars è a pezzi e arrabbiato. Kronos esce di rado dal suo ufficio. So che ieri ha avuto una crisi di emicranie.»

Adonis sbuffò piano. Si allontanò dal bancone, non prima di averla ringraziata. Indossò un impermeabile e uscì dal locale, diretto verso la Villa Hell.
Affondò le mani nelle tasche dell'impermeabile. La pioggia gli batteva sul cappuccio e iniziò a camminare sempre più velocemente. Il vento gli lacerava quasi le ossa, penetrante e freddo.

Quando era un bambino vedeva nel vento una forza inarrestabile, capace di portar via le impurità dal mondo.
A volte si chiudeva in se stesso, tirandosi le mani al petto e si dondolava su se stesso. Gli domandava, sussurrando quasi, di portar via anche suo padre. Fissava i lividi che gli macchiavano la pelle chiara, simile quasi a porcellana. Il canto del vento era una melodia che gli faceva compagnia nelle notti scure, un'armonia di note che sussurrava alla sua anima, gli diceva che sarebbe stato libero.

Da quando era nella città dei reietti, invece, il vento sembrava averlo riconosciuto come suo nemico. Lo spingeva via, gli ricordava i desideri crudeli sussurrati in preda alla paura.

Scosse il capo, una volta arrivato davanti alla villa. Si mise al coperto e si asciugò appena i capelli. Alcune goccioline d'acqua caddero a terra, bagnandogli le scarpe. Afferrò il batacchio e bussò.

Attese qualche istante, poi sentì la porta cigolare in avanti. Kronos gli aveva appena aperto e lo osservava quasi in modo perso e disincantato. Le occhiaie violacee gli contornavano lo sguardo. Gli sembrò stanco.

«Cosa ci fai qui?» Kronos si spostò di lato, permettendogli di entrare.

Adonis si era preparato già mentalmente a sentirlo sbraitare. Adesso si trovava colto di sorpresa. «Volevo vedere come stessi... mi dispiace.»

Kronos storse il naso e scrollò le spalle. Lo vide deglutire, come se stesse mandando giù un groppone pesante. «Già. Senti, Adonis, non mi va di parlare con nessuno. Né mi va di vedere nessuno.» Fece per aprire di nuovo la porta, ma Adonis scosse il capo.

Gli passò la busta col whisky e inclinò appena il capo. «Certo non è il regalo migliore per un ubriacone come te, ma magari lo berremo in momenti migliori, mh? Ti va una tisana?» Iniziò a muoversi per la villa come se fosse casa propria.

Sentì Kronos grugnire infastidito alle sue spalle, ma finse di ignorare quell'odioso borbottio
Sistemò l'impermeabile sull'attaccapanni.

Quando si voltò a guardare Kronos, incrociò il suo sguardo confuso. «Che c'è?» Adonis si portò una mano in volto. «Ho qualcosa in faccia?»

«Stai bene? Perché non hai una delle tue solite ridicole camicie?»

Adonis ghignò, ma a giudicare dalle espressioni di Kronos, non era in vena di battute provocatorie. Decise di fare marcia indietro per una volta. Si limitò a scrollare le spalle. «Non mi pareva il caso in questo momento.»

Kronos si passò le mani in volto. Non gli piaceva vederlo così a pezzi. Adonis lo seguì mentre si muoveva verso la cucina.
Si guardò attorno. Fare le tisane era semplice, anche se Kronos non ne era decisamente un amante. Poteva riprovare a preparare una cioccolata calda, ma non voleva fallire come l'ultima volta.

Kronos si sedette attorno al tavolo e lo osservò. «Che c'è?»

Adonis sorrise. «Ehm- cioccolata calda?»

Kronos inclinò il capo. Si stropicciò gli occhi stanchi. «Non voglio nulla. Vorrei solo stare da solo e sei ancora qua, mi pare.»

Adonis si voltò a guardarlo. Roteò gli occhi al cielo. Non aveva mai preso sul personale le sue parole. Sapeva quanto spesso volesse dire il contrario, ma semplicemente non ne fosse capace. Kronos era complesso, era un puzzle con più pezzi mancanti che altro. Eppure, non aveva idea della sua storia. Aveva fatto qualche supposizione, in base alla reazioni che aveva per contatti fisici troppo spinti. Beveva o si drogava per non sentire nulla.
Stava affogando nel proprio dolore e non importava in quanti lo avrebbero amato, voleva andare a fondo comunque.
Si chiese quante persone desiderasse portare con sé in quell'abisso di rancore e rabbia.

Si sedette di fronte a lui. «Va bene. Allora me ne vado? Così torni a sentirti male? È questa la tua soluzione?»

Lo sguardo di Kronos saettò su di lui con rabbia. «Tu non hai idea di cosa c'è qui dentro...» Indicò la sua testa. A giudicare dagli occhi languidi, doveva già essere abbastanza brillo. La voce gli tremò.

«Perché non mi permetti di entrarci, allora? Non chiederei altro, lo sai.»

Kronos si alzò dalla sedia. Le mani strette in due morse. Afferrò un bicchiere di vetro e si avvicinò alla vetrina degli alcolici. Adonis si tirò in piedi e lo seguì. Provò a togliergli il bicchiere da mano, ma Kronos oppose resistenza, spingendolo e facendolo ruzzolare sul divano.

Adonis borbottò, massaggiandosi la schiena. Almeno era inciampato su qualcosa di morbido.

«Perché ti perderesti. E io non saprei dove venirti a recuperare.» Mandò giù un sorso di whisky e socchiuse gli occhi. «Non dovresti essere qui...»

«E invece sì. Andiamo in camera, magari ti stendi un po'.» Adonis gli si avvicinò piano, aspettando che l'altro gli permettesse di farlo. Gli sfilò il bicchiere dalle mani e lo posò su un tavolino. Kronos abbassò lo sguardo sulle sue mani, lo vide scuotere il capo tremante.
Arreso, decise di seguirlo. Gli permise di afferrargli il polso e si mossero verso le scale.

Adonis aprì la porta del suo ufficio, quasi più come un riflesso condizionato, ma si raggelò quando vide tutti i documenti lanciati in aria. Un disordine sinonimo di devastazione dominava nella stanza. Ebbe quasi la sensazione di poter sentire le urla di Kronos e la sua rabbia sulla pelle. D'istinto si portò la mano all'addome, nel punto corrispondente alla cicatrice, e lo accarezzò.

Kronos si lasciò cadere sul divano. Poggiò i gomiti sulle gambe e si portò le mani in volto, afferrando quasi i riccioli scuri per tirarli.

Era un lamento silenzioso, ma disperato. Adonis si posizionò di fronte a lui. «Kronos, non è colpa tua...»

Kronos scosse il capo. Iniziò a dondolarsi. Tre volte. «Sì che è colpa mia. Avrei dovuto prevederlo.»

«E come? Non prevedi il futuro.»

Kronos si agitò. Prese il posacenere e lo posò al centro del tavolo. Lo mosse tre volte. Si schioccò il collo altre tre volte.
Agitò il piede a terra tre volte.

Adonis sentì un brivido di tensione percorrergli la schiena. Gli prese le mani e lo fermò. «Non dipende da te.»

«Dovevo andare io. Non dovevo chiederlo a loro. Non volevo farlo, ma credevo non sarebbe successo nulla. Erano tutti impegnati.» Abbassò lo sguardo.

«La morte di Apollo non è colpa tua. È di Achille, semmai. È della città in cui viviamo, un giorno siamo vivi ed è già un miracolo così.»

Kronos storse il naso. «Mi hanno strappato un'altra parte d'anima.» Fissò il vuoto. «Non mi fermerò.» La sua voce si stabilizzò di colpo, diventando rauca e fredda. «Non mi fermerò finché non avrò strappato tutto dalle mani di quella troia. Morire sarà soltanto una liberazione per lei.»

Adonis annuì. Gli passò una mano tra i capelli ricci e morbidi, Kronos teneva lo sguardo basso, fissava le punte delle scarpe. Gli afferrò poi il polso, allontanandolo appena e prese un grosso respiro. «Dovresti andartene, Adonis. Dovresti andartene come fanno tutti. Sto bene.»

«Smettila di fare il bambino, per una volta sembra che i ruoli si siano capovolti.» Si sedette sul divano, al suo fianco. Non aveva mai amato i silenzi da bambino. Gli ricordavano l'incubo delle sue giornate: le urla del padre, la bacchettate sulle mani, i cui colpi rimbombavano nel salone e i singhiozzi sommessi, perché gli era vietato piangere.
Aveva imparato ad accettare il dolore col tempo, che piangere non era sbagliato e non c'era nulla di male a soffrire. O per lo meno così Hydra gli aveva insegnato.

Osservò Kronos al suo fianco. L'uomo fissava il vuoto. Gli occhi tremolavano appena e di tanto in tanto li serrava, come a impedire alle lacrime di rigargli le guance. Lo sentì sospirare frustrato.

Voleva mandarlo via per non mostrarsi debole.

«Sai?» Adonis si sistemò meglio accanto a Kronos sul divano. Lo fissò con attenzione, mentre era seduto col capo leggermente inclinato all'indietro e gli occhi socchiusi. Aveva la mandibola serrata e i pugni chiusi in una morsa quasi dolorosa. «Non c'è niente di sbagliato ad essere tristi, è normale, chiunque starebbe male nella tua posizione. L'ho capito da quando sono qui. Non è colpa tua. Non potevi prevederlo...»

Kronos sospirò in modo rumoroso. Storse il naso e aprì appena gli occhi. «Vuoi uno dei miei piccoli segreti, Adonis?»

«Certo. Se ti va di parlarne, sì.» Adonis gli si avvicinò lentamente, fino a sfiorare la spalla dell'altro con la propria.

Kronos tornò a socchiudere gli occhi. «Sono sempre triste. Dentro di me c'è un mostro da tempo, l'ho solo accettato.»

Adonis deglutì. Abbassò lo sguardo. «Allora perché non ti dai la possibilità di essere felice, un giorno?»

Kronos fece una risata amara. Vide le sue palpebre tremare. «Perché non voglio, Adonis. Non me lo merito. Essere felici non è una possibilità o una probabilità, è una scelta. E in questo momento, in questa vita, è una scelta che non voglio permettermi.»

Adonis scosse il capo. Provò ad avvicinarsi a lui, ma Kronos crollò pochi secondi dopo, poggiando il capo contro la sua spalla. Adonis sussultò e sorrise appena, decidendo di tralasciare eventuali commenti. Se avesse potuto l'avrebbe preso per mano, portandolo via dai demoni che non facevano altro che tirarlo giù. Gli accarezzò i capelli per un istante. Lasciò scivolare la mano sul divano, a sfiorare quella di Kronos.
L'altro teneva gli occhi socchiusi, provando a prendere respiri regolari. Intrecciò il mignolo al suo e se ne restò in silenzio.

Adonis sorrise piano, un piccolo ghigno mal camuffato. «Ti ricordi quando ci incontrammo la prima volta?»

«Mmh.» Kronos sbuffò piano. «Eri un rompiscatole già allora.»

«E tu inquietante da sempre. Te ne stavi rinchiuso in una grotta col rischio che l'acqua del mare entrasse e ti sommergesse. Prego per averti salvato.»

«Mi stavo allenando.»

«A fare cosa? Una gara di sguardi con le acque del mare?» Adonis fu felice nel riuscire a far parlare Kronos di qualsiasi cosa, di portare la sua mente altrove.

«Stavo cercando di combattere la mia claustrofobia. Con effetti disastrosi, avevo un attacco di panico.» Kronos si passò una mano in volto, affondò ancora un po' il capo contro la sua spalla. Ad Adonis sembrò per un momento indifeso, più simile a un gatto che faceva le fusa.

«Infatti iniziai a inondarti di domande. E riuscii a convincerti ad uscire...»

Kronos sorrise appena. «Ci stai provando anche ora.»

«Con ottimi risultati.»

«Sufficienti.»

Adonis roteò gli occhi al cielo. Gli accarezzò la mano, non provò a fare altro, sapeva che avrebbe reagito male. Se avesse potuto avrebbe catturato quell'istante per sempre, forse come uno degli unici in cui non erano semplicemente avversari in un mondo che li aveva incattiviti, come bestie.
Il senso di colpa si irradiava con violenza nel suo petto. Adonis non sopportava l'idea di dover suggerire ad Athena ogni cosa e non l'aveva fatto quando aveva saputo della spedizione dei ragazzi.
Ma ben presto avrebbe dovuto fornire informazioni importanti, avrebbe dovuto tradirlo e chissà che altro gli avrebbero chiesto.

Teneva davvero a Kronos e l'avrebbe tradito al torneo, avrebbe giocato contro di lui se fosse stato necessario a tenerlo in vita, sebbene lui non l'avrebbe mai e poi mai perdonato.

«Ti va se ti preparo una vasca calda?» Adonis abbassò lo sguardo su Kronos, che scrollò il capo.

«Dopo... tu resta qui solo altri cinque minuti.»

Sussultarono entrambi quando la porta sembrò andare all'aria. Hyperion alzò la voce, sembrava affannato e disperato. «Mars è scappato! È corso via e non so dove! Kassandra dice che ha ricevuto un biglietto da Achille! Quello va ad uccidersi!»

Kronos si alzò di colpo, come se si fosse improvvisamente rigenerato. I sensi in allerta. Prese il cappello e una pistola dalla scrivania e uscì di corsa, lasciando Adonis solo e Hyperion sulla soglia della porta, senza dir loro nulla.



Angolino
Stanno arrivando alcuni dei miei capitoli angst preferiti. Li amo per l'idea che avevo dietro e di come le immagini figurino nella mia testa, non tanto per come sono scritti, ma ci accontentiamo.
Secondo voi di chi è il prossimo pov?

Suggerimento: sarà molto forte e sanguinoso. Se siete sensibili ve lo sconsiglio

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