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XVI. Risveglio

Kassandra

Le faceva male la testa. Quando aprì gli occhi, sussultò quasi, riconoscendo il soffitto della camera in cui veniva ospitata da Adonis. Ebbe il timore che tutta quell'avventura fosse stato uno stranissimo sogno, ma realizzò di essere semplicemente tornata alla realtà quando riconobbe Hestia addormentata al suo fianco.

Forse Adonis aveva ospitato tutti per la notte. Si mise a sedere nel letto, individuando a terra un materasso gonfiabile, dove Morpheus e Apollo erano distesi. Il primo sembrava sul punto di crollare a terra e russava.

Kassandra si portò le mani alle orecchie e roteò gli occhi al cielo. Era davvero rumoroso come Mars aveva raccontato.

Su un divanetto, che Kassandra aveva sempre utilizzato come armadio suppletivo, a causa del suo cronico disordine, era stipato Mars, rannicchiato su se stesso.

Ebbe la sensazione che solo quando dormiva fosse sereno. Kassandra si alzò in punta di piedi, scavalcando il gonfiabile su cui i suoi amici dormivano e facendo attenzione a non svegliarli.

Sentiva delle voci provenire dal salotto ed era abbastanza sicura che gli adulti fossero già tutti svegli. Aprì appena la porta e un piccolo spiraglio di luce illuminò la camera, colpendo involontariamente il volto di Mars, che si distorse in un'espressione contrariata.

Aprì gli occhi di scatto. Vide il suo petto alzarsi, forse pronto a sbraitarle contro. D'istinto, Kassandra si portò un dito alle labbra, intimandogli di stare in silenzio. Indicò con un cenno del capo gli altri ragazzi intenti a dormire.

Mars corrugò la fronte. Si stropicciò gli occhi con le maniche della camicia. Si guardò attorno, iniziando a studiare la stanza. Si mosse lentamente nella sua direzione, acquattandosi al suo fianco. Lanciò un'occhiata fuori. «Cosa succede?» Bisbigliò quasi al suo orecchio.

Kassandra rabbrividì. Aveva ancora un buon profumo, quello della sera prima. Era penetrante e per un attimo la lasciò confusa. «Credo che siamo rimasti da Adonis... ho la memoria confusa su ieri...»

Mars si portò le mani alle tempie, massaggiandosi. «Non ne parliamo...»

Entrambi iniziarono a spiare l'esterno, affacciandosi appena verso il salotto.

Kronos se ne stava disteso sul divano, con una mano in volto. Sembrava agitato. Hyperion, invece, era seduto al tavolo da colazione, tenendo lo sguardo fisso su Hydra.

Adonis camminava avanti e indietro, con indosso una vestaglia color porpora. Kassandra avrebbe scommesso tutti i soldi del mondo che se ne stesse in mutande, come ogni mattina.

«La stai facendo un tantino tragica, comunque.» Adonis porse una tazza fumante a Kronos, che si tirò immediatamente a sedere.

«Cosa? Porca puttana, Adonis, ma quanto puoi essere deficiente?!» Si alzò in piedi e lo guardò storto, a muso duro. «Che cazzo pensavi di fare?»

Hyperion e Hydra li osservavano in silenzio, sgranocchiando dei biscotti con gocce di cioccolato.

Improvvisamente Kassandra sentì il proprio stomaco brontolare, al solo richiamo della sua più grande dipendenza. Fece per spingersi in avanti, ma Mars le afferrò il braccio e la spinse all'indietro.

Kassandra corrugò la fronte. «Ma io avrei fame-»

«Ssh, voglio sentire cos'è successo.» Mars sembrava più curioso del solito. Non era un animo incline ai pettegolezzi, ma per una volta Kassandra lo trovò finalmente libero da quella scorza dura che indossava come un'armatura.

Adonis gesticolò, come a scacciare via le accuse di Kronos, come insetti fastidiosi. «Li ho solo drogati. Dovevo testare la droga che sto producendo per la mia prova al torneo. Rilassati.»

Kronos lasciò cadere le braccia lungo i fianchi, un'espressione sconfitta gli dipingeva lo sguardo. In quell'istante anche Kassandra avrebbe voluto picchiare Adonis, seppure gli volesse bene. Non aveva di certo intenzione di drogarsi e sentirsi quasi male. I mal di testa, infatti, non accennavano a smettere di tormentarla. Sembravano stilettate invisibili.

Improvvisamente la sola idea che anche Kronos ne fosse così abituato, tanto da conviverci, la raggelò. Forse le emicranie erano uno dei tanti motivi per cui appariva sempre nervoso e stressato.

«E hai drogato i miei ragazzi?!» Kronos avanzò verso di lui con rabbia.

Adonis indietreggiò appena, eppure un sorrisetto divertito gli increspava le labbra. Gli posò una mano sulla spalla. «No! Certo che no!» Scosse il capo. «Ho drogato i ragazzi di tutti i distretti, mica solo i tuoi-»

Kronos lo afferrò per la vestaglia. «Adesso ti spacco la faccia.»

«Ci stai provando? No, perché ci sono dei presenti qui-»

Kronos lo spinse con violenza sul divano. Teneva ancora tra le mani i lembi della vestaglia e lo scosse, facendogli sbattere il capo contro i cuscini. «Giuro, Adonis, che ti smembro pezzo per pezzo-» La voce gli si abbassò appena, facendosi più roca.

Hyperion sospirò affranto e batté un cucchiaino contro la tazza di ceramica, per attirare la loro attenzione. «Bambini, datevi una regolata. Così li svegliamo.» Si passò una mano in volto, stanco. «Adonis, sei una testa di cazzo, ma per lo meno stanno tutti bene e nessuno si è fatto male.»

Adonis si liberò dalla presa di Kronos, distratto da suo fratello. Afferrò Kronos per il polso, costringendolo a sedersi accanto a sé. «Vedi? Dovresti rilassarti, è andato tutto benissimo. Loro stanno bene e io ho fatto il mio piccolo esperimento... vuoi un massaggio? Sembri troppo teso.»

Kronos prese un cuscino e glielo schiacciò in faccia. «Non ci provare. Toglimi le mani di dosso, idiota.»

Kassandra si portò una mano davanti alla bocca per evitare di scoppiare a ridere. Lanciò un'occhiata a Mars, che sembrava ancor più confuso da quella situazione.

«Uhm.» Hydra si stiracchiò, dopo aver bevuto un po' di latte. «A giudicare da ieri, Kronos, non penso che -»

L'uomo le scoccò un'occhiataccia. «Hydra, giusto?» La ragazza annuì. «Bene, non ci conosciamo abbastanza, motivo per il quale gradirei ti cucissi la bocca.»

Adonis aggrottò la fronte. «Smettila di fare il maleducato.»

Kronos si voltò a guardarlo di scatto. «Ora ti faccio male-»

Hyperion si tirò in piedi. Gli posò una mano sulla spalla e lo costrinse ad alzarsi.

Kassandra sentì qualcosa sussultare nello stomaco. Per quanto avesse sempre visto Kronos come qualcuno da cui stare lontano e non fidarsi, doveva ammettere che sembrava impazzito alla sola idea che tutti loro, i suoi ragazzi -così come li aveva chiamati lui- fossero in pericolo.

Morpheus alle loro spalle sbadigliò forte. Si stiracchiò vistosamente, colpendo in volto con un pugno Apollo. «Buongiorno miei cari! Uh! Dove diavolo siamo? Ci hanno rapiti! Ai-»

Mars gli saltò addosso, portandogli una mano alla bocca. «Siamo da Adonis... ci hanno drogati ieri sera.»

Apollo assestò un calcio ad entrambi. Si portò una mano sul mento, nel punto in cui Morpheus lo aveva colpito poco prima. «Vaffanculo, Morph. Ma perché ti muovi come un elefante in tutù in un negozio di porcellane?»

Kassandra ridacchiò. Hestia, invece, si mise seduta e roteò gli occhi al cielo. «Che incubo. Non voglio mai più dormire con voi, se questi sono i risvegli.»

Morpheus si muoveva sotto i colpi da cuscino di Apollo e Mars. «Hestia! Amore salvami-»

La porta si spalancò all'improvviso. Kronos li osservava dall'alto. La sguardo era corrugato. Kassandra si soffermò a fissare la vena della fronte e quelle del collo ingrossate. Ebbe quasi la sensazione che fossero pronte a scoppiare all'improvviso.

«Bene, siete svegli.» Abbassò lo sguardo su ognuno di loro, scrutandoli con attenzione. «Come vi sentite?»

Kassandra provò ad alzarsi da terra, rischiando di inciampare, ma Kronos le afferrò la mano e la aiutò a tirarsi in piedi. «Stai bene?»

Kassandra avrebbe voluto ridere. Sebbene il tono si sforzasse in ogni modo di essere gentile, lo sguardo era come sempre minaccioso e inquietante. «Sì, un po' stordita. Ho mal di testa.»

«Mh», Kronos mugugnò appena, «comprensibile, siete stati drogati.»

Mars si alzò anche lui, così anche tutti gli altri. Gli si avvicinò e sbuffò piano. «Mi sento stonatissimo-»

Kronos serrò la mandibola e gli assestò uno schiaffo dietro il collo, spingendolo in avanti, fuori dalla camera. I ragazzi ridacchiarono divertiti. «Tu sei il più cretino di tutti. Che cazzo pensavi di fare con Achille Majors ieri sera?»

Mars si voltò a guardare Kronos. Ormai erano tutti in salotto. Kassandra lo vide guardarsi attorno in tensione. Ebbe la sensazione che non amasse essere al centro dell'attenzione.

Tossicchiò. «Alla grotta mi aveva lanciato una sfida. L'ho cercato. Volevo eliminarlo. Così la vittoria sarebbe stata sic-»

Kronos corrugò la fronte. «E come pensavi di farlo? Spiaccicandoti con un volo dal balcone come un moscerino?!»

Morpheus si allungò verso la tavola da colazione. Salutò Adonis, che ricambiò il suo saluto, standosene seduto sul divano. Aveva accavallato le gambe, stringendosi nella vestaglia, ma il petto era come sempre scoperto. Indossava anche dei calzini colorati: di colore diverso.

«In realtà-» Morpheus aveva ancora la bocca piena di brioche. Alcune briciole caddero a terra. «-secondo me un insetto simile a Mars è il calabrone. Grosso e inconsapevole di non poter volare-»

Tutti si voltarono a guardarlo. Kronos lo osservò confuso. Arricciò il naso, scocciato, e si passò una mano in volto.

«Fate colazione. Muovetevi e torniamo a casa. Vi aspetto fuori.» Uscì dall'appartamento. Pigiò il tasto dell'ascensore e se ne andò, non dopo aver lanciato un'ultima occhiataccia ad Adonis.

L'uomo si passò una mano dietro il collo. Si sistemò la vestaglia, iniziando a giocherellare col laccio. «Gli passerà...» sembrava volersi auto convincere.

Kassandra era stanca ed era soltanto pomeriggio inoltrato.

L'aria era fresca, quasi primaverile, e se ne stava seduta sul davanzale della sua camera. Osservava il giardino da fuori e i suoi occhi caddero involontariamente sul labirinto. Inclinò il capo, chiedendosi quando avrebbero iniziato ad allenarsi all'interno di quel posto.

Si strinse nel cardigan e sospirò piano.

Iniziò ad accarezzare il solito ciondolo di sua madre. Le mancava e proprio per questo le doveva la verità. Sua madre era morta in un incidente casuale. Era in pieno centro a far compere. Tra l'altro le aveva comprato anche dei libri, così com'era stato rinvenuto dalle buste che aveva con sé.

Era rimasta coinvolta nell'esplosione di una villa poco lontana da lì, morendo schiacciata dalle macerie e dalla folla.

Kassandra non aveva mai avuto il coraggio di andare a riconoscere il corpo. Suo padre l'aveva rassicurata appena, dicendole che era stato un fortuito e triste incidente. Ma non le era sfuggita la preoccupazione e il terrore che avevano marchiato il volto del padre, che aveva provato a mascherare le emozioni.

Aveva così iniziato a spiarlo, sebbene fosse difficile star dietro al Giudice della Corte Suprema della Grande Città.

Durante una riunione con suo nonno, a capo del Ministero, aveva sentito il nome di Kronos Hell prender vita, sussurrato con paura e sdegno.

Da allora, Kassandra non aveva fatto altro che premeditare e immaginare cosa potesse essere successo. Non si fidava della sua famiglia, non abbastanza da poter ricevere risposte. Suo padre non la degnava quasi di uno sguardo e, da quando sua madre non c'era più, era diventata invisibile.

Doveva trovare le risposte nella città dei reietti. Voleva la sua vendetta.

Kassandra si asciugò una lacrima, ripensando alla sua voce e alle loro ultime parole. A volte si addormentava pensando al sorriso dolce di sua madre e alla sua bellezza rara ma gentile. Solo sua madre la chiamava "Kassie". Proprio per quel motivo aveva deciso di chiamarsi Kassandra, una volta arrivata nella città dei reietti. Sua madre non aveva mai apprezzato il nome scelto da suo padre: Dahlia. E anche Kassandra lo detestava. Solo suo padre e quei pochi che considerava amici la chiamavano in quel modo.

Kassandra era il nome che sua madre avrebbe voluto darle e lo avrebbe sempre custodito con sé.

«Kassie, tesoro, io esco a fare compere, ti serve qualcosa?» Sua madre, Elvira, aprì la porta della camera. Corrugò la fronte, quando vide il disordine sparso nella stanza. «Sistema tutto. E fai la brava mentre non ci sono. Tuo padre oggi ha una riunione.»

Kassandra si raddrizzò sul letto e sbuffò piano. Non sopportava i continui impegni di suo padre. Era quasi sempre via. Né tantomeno amava vivere in quel lusso, simile a una campana di vetro. Aveva otto anni, voleva solo uscire a giocare coi suoi amici. «Perché? Perché non posso uscire a giocare? Perché devo studiare tutte queste leggi di cui non mi interessa, mamma?» Sbuffò. Kassie non capiva assolutamente nulla di leggi e codici civili. Voleva soltanto disegnare e scrivere racconti.

Sua madre le si avvicinò e le accarezzò le guance. «Io sono preoccupata per te, tesoro. Perché non ascolti un po' tuo padre? Già ieri la discussione è degenerata. Voglio solo che tu stia attenta, va bene?»

Kassandra sospirò e sbuffò piano. Col tempo, quando sua madre non ci sarebbe stata più, avrebbe iniziato a prendere le distanze dall'ideologia di suo padre. Avrebbe aderito al partito del cambiamento, si sarebbe ribellata, anche al costo di litigare quasi ogni giorno con l'uomo che l'aveva cresciuta, dopotutto. Non avrebbe condiviso la mancanza di memoria e dignità di persone che, seppur colpevoli, restavano uomini. Dovevano meritare una possibilità di riscatto, almeno alcuni di loro. Se davvero l'ideologia del loro governo era vera, allora, anche lei non meritava di vivere lì. Se le colpe dei padri ricadevano sui figli, per cui una mela marcia non si allontanava dal proprio albero, allora anche lei avrebbe dovuto avere un minimo di crudeltà e mostruosità come suo padre. Si aggrappava disperatamente all'esigenza di non essere come lui.

All'epoca la piccola Kassandra decise di lasciar perdere, sua madre era stanca di discutere. Se avesse potuto, avrebbe evitato in ogni modo che sua madre uscisse quel giorno. «Puoi comprarmi un libro?»

«Kassie... sai quanto sia rischioso per-»

«Ti prego. Alcuni sulla matematica, ne so davvero poco. Puoi sempre dire che è per aiutare la famiglia a tenere sotto controllo tutta l'economia di casa.» Kassandra provò a indossare il suo sguardo più dolce.

La madre ridacchiò. Le posò un bacio sulla fronte, prima di salutarla. «Ci vediamo tra poco, ti voglio bene.»

«Sai che nessuno di noi è riuscito a uscire dal labirinto?» la voce di Hestia alle sue spalle la riportò alla realtà.

Kassandra sussultò appena. Scosse il capo, poi. Lasciò cadere a penzoloni le gambe. «Kronos dev'essere un genio per aver ideato una cosa simile... è sempre così enigmatico?» Aveva bisogno di informazioni.

Hestia si sistemò il turbante in testa, dove nascondeva i capelli bagnati. L'elettricità, nella città dei reietti, non funzionava benissimo, ma riuscivano a sostenersi nello stretto necessario. L'amica prese un asciugacapelli e scrollò le spalle. «Beh, lui sa tutto di noi e noi nulla di lui...» Sospirò piano. «Nemmeno il romanzo racconta qualcosa del suo passato. Sembra solo un fantasma arrivato dalla Grande Città, appropriatosi del potere del distretto in cui è stato relegato.»

Kassandra si alzò in piedi. Forse, analizzando meglio il romanzo e Kronos, poteva arrivare a qualche risposta. Si legò i capelli ricci in un alto chignon. «Credo che andrò un po' in biblioteca ad annoiarmi.»

Hestia sorrise e annuì. Tornò ad asciugarsi i capelli. Kassandra uscì dalla camera e si incamminò a piedi scalzi lungo i corridoi. Decise di muoversi verso l'ufficio di Kronos. Se lui non fosse stato lì, avrebbe provato a cercare qualche informazione interessante. Era impossibile che un calcolatore come lui non avesse documenti sulla sua famiglia. Una volta vicino alla porta, si guardò attorno.

Hyperion non era nei paraggi. Vista l'ora, doveva essere particolarmente interessato ai soliti incontri di boxe che si tenevano in città. Sperò avesse portato anche gli altri con sé.

Sentì delle voci provenire dall'interno e riconobbe quelle di Kronos e Mars. Sbuffò piano. Intravide la porta della camera di Kronos e decise di provare ad entrare, nella speranza che fosse aperta. Sorrise quando sentì la maniglia scattare. La stanza era governata da un inquietante e quasi geometrico disordine. Si incamminò piano, verso la porta che comunicava con l'ufficio e si avvicinò. Il cuore le martellava in petto. Il solo pensiero che Kronos potesse scoprirla la terrorizzava, ma la curiosità era più forte di qualsiasi altra sensazione.

«Stai basando un piano su un libro al quale nemmeno tu credi? Ti rendi conto? È una pazzia.» Dal suo tono, Mars sembrava agitato.

«Ho ricevuto informazioni che mi suggeriscono che non siano stupide voci, Mars. Allora vuoi aiutarmi a farti vincere il torneo o preferisci farti ammazzare da Achille in prove stupide quanto voi?» Kronos manteneva un atteggiamento calmo.

«Va bene, mi arrendo... cosa dovrei fare?»

«Andrete a est del distretto di Athena. Verso i boschi. Dopo ti fornirò informazioni e bussole. Niente scontri. Dovete solo spiare e riportarmi cos'avete visto. Ognuno di voi avrà un binocolo. Tra due sere, io sarò al collegio, quindi Athena sarà distratta e impegnata.» La voce di Kronos era calma, ma appena tremolante d'eccitazione. «Nascondetevi bene, ho modo di credere sia sorvegliato. Mi raccomando: niente scontri. Dovete solo spiare l'interno della villa e dirmi cos'avete visto. Ti è chiaro?»

«Va bene. Mi occuperò io di tutti.»

Kassandra sentì lo stridio della sedia allontanarsi dalla scrivania. Si allontanò di scatto e uscì dalla camera, facendo attenzione a richiudersi silenziosamente alle spalle la porta.

Si mosse nel corridoio e incrociò Mars, appena uscito dall'ufficio di Kronos.

Il ragazzo le andò incontro a passo spedito.

Kassandra indietreggiò, pronta a correre via. Mars la raggiunse in poco tempo e le afferrò il polso. «Dove scappi, piccola spiona?»

Kassandra si liberò della sua presa. Sentì lo stomaco chiudersi. Una sensazione di nausea le attraversò il corpo e dovette trattenere i conati di vomito. «Non stavo spiando, idiota.»

Mars aggrottò la fronte. Si morse l'interno guancia. «Ti senti bene? Sei pallida.»

«Sto bene.» Kassandra si sistemò alcune ciocche di capelli ribelli. «Perché non facciamo un allenamento insieme? Così magari mi racconti cosa ti ha detto Kronos...»

Mars fece un mezzo sorriso. «Oh. Allora vedi che stavi ascoltando? Non dovresti sapere già tutto?»

Kassandra scrollò le spalle, dondolandosi sui talloni. Si mise a braccetto con lui. «Forse... ma sarà meglio che mi alleni bene perché non vorrei morire in missione.»

Mars seguiva i suoi movimenti con attenzione, come se stesse valutando l'ipotesi di un morso velenoso. Sospirò piano e scosse il capo. «Va bene, ma poi dobbiamo studiare fino a tardi in biblioteca. Credo che in un particolare libro possano esserci informazioni per noi importanti...»

Kassandra annuì. «Sono pronta ad affrontarti. Sta' attento che potrei sconfiggerti e rubarti il titolo di campione, eh.»

Mars rise divertito. Si liberò da lei, iniziando a incamminarsi verso la palestra. Aprì la porta e si abbassò alla sua altezza, avvicinandosi all'orecchio. «Tu provaci, Kassie.»

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