XLIV. Quarta Prova
𝐊𝐚𝐬𝐬𝐚𝐧𝐝𝐫𝐚
Adonis era morto ed era sola. Non sapeva come spiegarlo, ma una parte di sé era crollata con quella notizia.
Forse nulla sarebbe stato più lo stesso.
Da quando era arrivata nella città dei reietti tante cose non erano andate come previsto. E c'era una vocina che le riverberava in testa, le raschiava le pareti della mente.
Se non fosse stato per lei, forse Adonis e Apollo sarebbero ancora vivi.
Stava ancora seduta lì, su quel masso, a fissare con confusione la superficie dell'acqua. Sospirò forte, frustrata. Le mani le tremavano dal nervosismo. Non poteva far a meno di pensare che qualsiasi cosa succedesse nella sua vita era collegata a Kronos. Riusciva a odiarlo ogni volta sempre di più.
Quell'uomo stava vincendo la sfida nel cancellare tutti i ricordi positivi che aveva di lui.
«Kassie...» Mars attirò la sua attenzione. Indicò un punto in lontananza. Una luce bianca aveva preso a illuminare il cielo, dopo che una strana melodia aveva rimbombato per tutto il circondario. «Domani mattina comincerà la quarta prova, ci converrà avvicinarci al luogo di inizio.»
Kassandra annuì. Si asciugò le ultime lacrime solitarie e si tirò in piedi lentamente, con la stessa andatura di un fantasma. Mars la guardava con fare apprensivo, tenendole la mano.
«Giocheremo la quarta prova da soli.» Kassandra diede voce ai propri pensieri. «Quando avremo finito, mi dirai cosa hai intenzione di fare per l'ultima prova, ci giocheremo tutto. Se hai intenzione di aiutarmi a vincere, allora verrai con me nella Grande Città. Non permetterò a Kronos di uccidere la mia famiglia. Ha già ucciso mia madre.» Si liberò a malincuore dalla sua presa e si incamminò in avanti.
Mars se ne stette per alcuni istanti immobile. Kassandra si voltò a guardarlo e lo vide scuotere il capo avvilito. La seguì in silenzio.
«Non è colpa mia. Mi ha cresciuto lui. Mi stai chiedendo di tradire l'unica persona che ci sia mai stata per me.»
Kassandra si voltò a guardarlo di scatto. Aveva la gola in fiamme, come se infiniti aghi le raschiassero la pelle, facendola lacrimare e impedendole di parlare senza che la voce vacillasse. «Mi metto nei tuoi panni, Mars. Ma tu? Hai idea di cosa significhi per me Kronos? E se tieni così tanto a lui, allora dovresti sapere che ci sarà un motivo se non lo vogliono nella Grande Città. Lo uccideranno. Sarà braccato ovunque. Forse aiutarmi è la migliore soluzione per entrambi.»
Riprese a camminare a passi decisi. Si asciugò le lacrime, con nervosismo, usando la manica della maglia.
Aveva paura. Hydra ancora non l'aveva contattata in nessun modo e il solo pensiero che Adonis fosse davvero morto la uccideva. Era l'unico ad averle offerto un rifugio, ad averla trattata come un essere umano e l'aveva salvata, riservandole una dolcezza disarmante. Si strinse nella felpa e camminò. Non riusciva a restare ferma, perché avrebbe comportato pensare.
E i pensieri si sarebbero presto trasformati in invadenti e dolorosi sensi di colpa.
Mars la tallonava in silenzio, senza riuscire ad emettere un verso.
Sentì alcuni rumori provenire dalla sua sinistra. Uno strano fruscio tra i cespugli alti. Il cuore prese a galopparle in gola e Kassandra sfilò dalla tasca un pugnale, puntandolo in avanti. In pochi istanti, anche Mars le si affiancò, coprendole le spalle. Schiena contro schiena si guardavano attorno con sospetto.
«Ehi! Come state?» Morpheus agitò le mani, inciampando tra i cespugli. Hestia era dietro di lui. Lo aiutò a rialzarsi ed entrambi corsero nella loro direzione.
Morpheus saltò addosso a Mars, abbracciandolo forte e aggrappandosi a lui come un koala. Mars ridacchiò e lo mise poi giù. «Che ci fate qui?»
«Abbiamo un messaggio da consegnare a Kassandra.» Hestia li guardò seria e Kassandra sentì un brivido di freddo percorrerle tutta la spina dorsale, facendola trasalire. Probabilmente Kronos voleva mandarle l'ennesimo avvertimento.
Si sistemò i capelli in uno chignon alto e sospirò piano. Prese un grosso respiro. «Che succede?»
«Adonis non è morto.» Hestia si guardò intorno. «È a casa nostra. Deve fingere di essere morto, Kronos ha inscenato tutto.»
Kassandra sgranò gli occhi, confusa. Un sorriso le illuminò di colpo il volto. Si voltò a guardare Morpheus, che scrollò le spalle.
«Già, e quando Adonis sarà sveglio, chiamerà Hydra per avvisarla, ha inviato noi ad avvisarti. Così puoi affrontare la prova con calma.»
Mars si passò le mani in volto e si lasciò andare a un sospiro di sollievo rumoroso. Posò poi lo sguardo su di lei e le riservò un sorriso buono.
Kassandra non sapeva spiegare quella sensazione, ma di colpo non aveva più freddo. Il macigno che portava sul petto si era sgretolato. «Quindi- quindi sta bene?»
«Sì. Sta dormendo, adesso. I sonniferi erano pesanti, li ho preparati io, sai? Comunque, nel frattempo ci ha mandati qui.» Hestia le sorrise. «Come state?»
Mars si passò una mano tra i capelli chiari. «Siamo stati meglio, ma ormai mancano le ultime due prove soltanto.»
Kassandra si abbassò sulle gambe, diventate molli di colpo. La paura l'aveva abbandonata, lasciandola più debole del previsto. Morpheus si acquattò sulle ginocchia, piazzandosi di fronte a lei. «Stai bene?»
«Non sei arrabbiato con me?» Kassandra avrebbe mentito se avesse detto di non aver sentito la loro mancanza. L'amicizia che la legava a Morpheus ed Hestia era strana, era nata subito. L'avevano fatta sentire una di loro, si erano preoccupati di lei in ogni istante e non si era mai vista come un'estranea in loro compagnia.
«All'inizio sì... ma non sono bravo col rancore e se anche Mars ti ha perdonata, chi sono io per non farlo? Avevi le tue motivazioni, immagino.» Morpheus si tirò in piedi e le tese la mano. Kassandra sorrise e la afferrò.
Si voltò a guardare Hestia, che si dondolò sui talloni. L'amica la afferrò per un braccio e la tirò a sé, abbracciandola forte. «Mi sei mancata troppo, vieni qui.»
Mars le osservava in silenzio, sorridendo tranquillo e tenendo le braccia incrociate al petto. Eppure a Kassandra non sfuggì lo sguardo annebbiato. Qualcosa stava frullando nella sua testa.
Doveva tenerlo distratto, cercare di non farlo perdere nei suoi pensieri labirintici. Punzecchiò il fianco di Morpheus. «Perché non ci accompagnate fino al luogo della prova?»
Morpheus ed Hestia si scambiarono un'occhiata e annuirono. Si incamminarono lungo il bosco. La vegetazione era talmente fitta che Kassandra a stento riusciva a riconoscere che fosse ancora giorno. Flebili raggi di sole filtravano quasi con svogliatezza.
Morpheus e le sue chiacchiere riempivano l'aria. Mars lo ascoltava con pazienza, spostando di tanto in tanto alcune fronde che impedivano il passaggio.
Hestia le si affiancò. «Come sta andando?»
Kassandra scrollò le spalle. «Non lo so. Credo che ce la giocheremo fino all'ultima prova... Achille non demorde e questa è la prova del suo distretto. Credo che partiremo svantaggiati.»
Hestia annuì. «Ve la caverete. Trovate sempre un modo per farlo, vedrai.»
La serata trascorse tranquilla, in compagnia. Kassandra non avrebbe saputo spiegare quanto le erano mancati i suoi amici, i loro sorrisi. Probabilmente sarebbero stati per sempre una parte di lei, anche quando sarebbe tornata a casa.
Quando li lasciarono soli, Kassandra percepì la tensione riempire nuovamente l'aria. Le sembrò di essere rinchiusa in una bolla pronta a scoppiare. Il cuore le batteva forte contro lo sterno.
Afferrò qualche bastoncino di legno e lo lanciò nel piccolo fuoco che avevano acceso per riscaldarsi. Era una notte fredda e umida.
Mars si accucciò e alzò lo sguardo su di lei. «Forse hai ragione...» mormorò a bassa voce, «non voglio che a Kronos succeda qualcosa, non me lo perdonerei mai. Preferisco che mi odi piuttosto, ma saperlo al sicuro.»
Kassandra annuì. «Ti do la mia parola che impedirò alla mia famiglia di fargli del male. Non lo permetterò mai. Così potrai vivere tranquillo.» Gli afferrò la mano e intrecciò le dita alle sue. Si accoccolò al fianco di Mars e poggiò la testa contro la sua spalla. Fissò le fiamme di fronte a sé, danzavano una sull'altra, intrecciandosi e ingoiandosi a vicenda.
«Grazie...» Mars le posò un bacio sulla fronte e socchiuse appena gli occhi.
Kassandra restò rannicchiata vicino a lui per così tanto tempo da perderne la cognizione.
🫀🫀🫀
Il mattino seguente, entrambi si tirarono in piedi. Ormai erano vicini all'ingresso della prova di Athena e si avvicinarono al punto indicato dalla luce chiara. Kassandra si guardò attorno. Davanti a loro si aprivano tre percorsi sterrati nel bosco. Ciascuna partenza era evidenziata da una bandierina colorata. C'erano tre colori diversi e Kassandra assunse che servissero a indicare i partecipanti.
Achille se ne stava annoiato lì, poggiato contro un tronco di un albero. Non aveva commentato. Si era limitato a guardarli in cagnesco.
«Benvenuti, campioni.» Un uomo sulla trentina teneva tra le mani un biglietto. «Il mio nome non è importante. Da qui in poi si districano i vostri percorsi. Lungo la via dovrete risolvere diversi indovinelli con la Sfinge, che vi indicherà poi l'uscita. Il più veloce a concludere gli indovinelli e i rompicapo e a completare il percorso sarà il vincitore.» L'uomo si sistemò gli occhiali in volto e sorrise freddo a tutti. Osservò per un istante Achille e indicò le bandierine. «Quella gialla è di Kassandra. Nera è Mars e Achille è quella bianca, prego sistematevi e attendete il mio via.»
Kassandra sospirò piano. Prese un grosso respiro e si avvicinò al proprio punto di partenza. Lanciò un'ultima occhiata a Mars che le sorrise incoraggiante. Dovevano affidarsi l'uno all'altra, era l'unica soluzione. Sapeva bene di potersi fidare di lui, gliel'aveva dimostrato anche fin troppe volte.
Si domandava, piuttosto, come facesse Mars a fidarsi ancora di lei.
Lo sparo la risvegliò dai suoi pensieri. Scattò subito sul posto, percorrendo il percorso sterrato che si apriva davanti a lei. Alcuni rami degli alberi erano talmente bassi che aveva dovuto spostarli lungo il tragitto. Sui tronchi erano piazzati alcuni segnalini colorati, che le mostravano la strada da seguire.
Kassandra correva a perdifiato. Quella prova non le avrebbe permesso l'aiuto dei consoli, anche se dubitava che Adonis potesse risolvere immediatamente dei rompicapo. Adorava il suo console, certo, ma non aveva mai brillato particolarmente per la sua mente.
Si fermò, quando, davanti a lei, una figura incappucciata allargò le braccia. Si abbassò il cappuccio e sorrise piano. Gli occhi scuri in netto contrasto con la pelle diafana. La donna teneva i capelli chiari raccolti in una coda bassa. «Benvenuta, Kassandra. Io sono la Sfinge. Ti sottoporrò cinque quesiti. Ricorda che la velocità della tua risposta inciderà sulla prova. Alla fine il più veloce di voi a rispondere arriverà per primo al traguardo.»
Kassandra si asciugò il sudore che le imperlava la fronte e annuì. «Sì, sì. Muoviamoci. Non ho tempo da perdere, ricordi, no?»
La Sfinge sorrise e tossicchiò. Fissò davanti a sé come ipnotizzata e cominciò a parlare. «Non disputare con il primo venuto, ma solo con coloro che si conosce e di cui si sa che hanno intelletto sufficiente da non proporre cose tanto assurde da esporli all'umiliazione; e che hanno abbastanza intelletto per disputare con ragioni, e non con decisioni perentorie, e per ascoltare ragioni e acconsentirvi; e, infine, che apprezzano la verità, ascoltano volentieri buone ragioni, anche quando provengono dalla bocca dell'avversario, e siano abbastanza equi da saper sopportare di avere torto quando la verità sta dall'altra parte»*** (Shopenahuer)
Kassandra corrugò la fronte e attese la domanda. Sfinge sorrise e le consegnò un foglio col testo di quanto detto prima. Lei cominciò a leggere velocemente.
«Come sintetizzeresti il testo?» Sfinge inclinò il capo.
Kassandra aveva letto qualcosa di simile tempo prima. C'erano diverse risposte plausibili sul foglio davanti a lei. Più di una le parve esatta. Prese fiato ed elaborò le informazioni. «In una disputa bisogna sapere sopportare di avere torto. Poi bisogna sapere acconsentire alle ragioni dell'avversario. Per sostenere una disputa bisogna sapere ascoltare» corrugò la fronte, osservando le altre risposte. Decise infine di non rinunciare a un'altra di quelle proposte. «L'equità è una dote necessaria a ognuno dei contendenti in un disputa verbale.»
Sfinge abbassò lo sguardo sull'orologio da polso e annuì. «Bene, passiamo alla seconda domanda.» Kassandra tirò un sospiro di sollievo. Il cuore le batteva così forte che si massaggiò il petto, cercando di calmarsi.
«Durante un'indagine, un agente segreto si nasconde dietro un muretto ed osserva l'ingresso del covo di una banda di malviventi. Resta lì diverse ore nel tentativo di capire come poter entrare: poi intuisce che c'è una regola che riguarda la parola d'ordine che ciascun bandito pronuncia prima di entrare.
Ne arriva uno, bussa tre volte al portone e dall'interno gli viene detto: "8". Il malvivente risponde: "4". Arriva il secondo, bussa cinque volte e dall'interno gli viene detto: "12", il bandito risponde "6". Arriva un terzo bussa sei volte, gli viene detto "10" e lui risponde "5".
Visto che tutti i malviventi entrano nel rifugio, il poliziotto crede di aver capito come poter entrare: si traveste, bussa due volte, da dentro gli viene detto "16", lui risponde "8" quindi aprono e gli sparano. Perchè?»
Kassandra si mordicchiò il labbro. Agitò il piede a terra. Nella sua mente continuava a ripetere calcoli e numeri. Doveva esserci un meccanismo dietro e doveva trovarlo alla svelta. Si guardò attorno. Fissò le nuvole alte in cielo. Doveva calmarsi. Chiuse gli occhi e prese un grosso respiro. Sorrise di colpo. «Credo si possa entrare rispondendo con il numero di lettere di cui è composta la parola pronunciata da dentro il covo. Di conseguenza quattro è il numero di lettere in "otto" e così via. Quindi sedici contiene sei lettere. Il poliziotto avrebbe dovuto rispondere sei.»
Sfinge sorrise compiaciuta. «Non sei affatto male, Kassandra. Andiamo avanti. Adesso ti proporrò una serie di indovinelli.»
«Sì. Muoviamoci, grazie.» Kassandra sbuffò scocciata e impaziente.
«Appena la fai, non c'è più.»
Kassandra aggrottò la fronte. Non poteva perdere troppo tempo. «Ci ritorno dopo, dimmene un altro.»
«Quando lo batti, lui migliora.»
«Il record.» Kassandra rispose d'impulso.
Sfinge sorrise e annuì. «Mi usano sempre gli altri ma sono di tua proprietà »
Kassandra si grattò le tempie, in un gesto di stizza. «Il nome...»
«Ti manca il primo indovinello e poi andiamo avanti.»
«Appena la fai non c'è più...» Kassandra ripeté le parole a bassa voce. Batté ripetutamente il piede a terra. «La barba!»
Sfinge sorrise. Le consegnò un ulteriore foglio. Kassandra osservò il testo e le domande a cui rispondere. Afferrò anche la penna a sfera che la donna le porse. Si appoggiò a un tronco e iniziò a leggere, facendo scorrere nervosamente la penna tra le dita.
Dodici scout (A, B, C, D, E, F, G, H, I, L, M, N) partono per un'escursione di più giorni in montagna. La prima sera i ragazzi devono sistemarsi in quattro tende. Ogni tenda è occupata da tre ragazzi e deve avere un capo tenda. I quattro ragazzi più anziani (A, B, C e F) sono i capi delle quattro tende e devono scegliere gli altri componenti della tenda. Per fare questo devono però tenere conto dei seguenti vincoli:
-H non vuole stare con A;
-B e N hanno litigato e non possono stare nella stessa tenda;
-E non vuole stare con F;
-G non vuole stare con C;
-N ha litigato con A e non può stare nella sua stessa tenda;
-G è il fratello di I e vuole stare in tenda con lui;
-H e N hanno litigato e non possono stare nella stessa tenda;
-E è amico inseparabile di D e vogliono stare nella stessa tenda;
-N e L non si parlano da giorni e non vogliono stare nella stessa tenda;
-G è diventato molto amico di F e vuole stare nella sua stessa tenda.
In base a quanto detto, quali gruppi di persone sono in tenda con B?
- F e G
- E ed F
- H e L
-D ed E
-N e I
Chi invece è in tenda con I?
-F e G
- H e B
- A e D
- C e M
-G e C
Kassandra roteò gli occhi al cielo. «Se posso commentare, N è davvero un rompipalle.» Iniziò a segnare tutte le informazioni. Incrociò i nomi e le possibilità. Non seppe dire quanto tempo stava trascorrendo, ma le sembravano ore infinite. La tensione la stava mangiando viva. «H ed L, alla prima. Di conseguenza F e G alla seconda, giusto?»
Sfinge sorrise compiaciuta. «Esatto. Ora gira il foglio. C'è un ultimo esercizio simile.»
Kassandra sbuffò impaziente. «Quanto tempo è trascorso?!»
«Quaranta minuti, Kassandra.»
Non aveva idea se fosse un buon risultato o meno, ma doveva cercare di non lasciare che l'ansia del tempo le appannasse la mente. Era solo l'ultima prova e poi avrebbe corso a perdifiato.
Girò il foglio e riprese a leggere.
Marco: "Giorgio suona il sassofono meglio di tutti, è lui il campione del nostro gruppo" Giorgio: "Alessandro suona il sassofono meglio di tutti, è lui il campione del nostro
gruppo"
Alessandro: "lo non suono il sassofono meglio di tutti, non sono io il campione delgruppo"
Matteo: "lo non suono il sassofono meglio di tutti, non sono io il campione del gruppo"
Se solo una di queste affermazioni è vera, chi è il campione nel suonare il sassofono?
A Non è possibile stabilirlo
B Matteo
C Alessandro
D Giorgio
E Marco
Kassandra si accucciò su un masso. Le faceva male la testa e per un momento la vista le si appannò. Si chiese come stesse andando a Mars e a che punto fosse Achille. La consapevolezza di doversela sbrigare da sola, senza l'aiuto di nessuno, in quell'istante la paralizzò. Avrebbe voluto poter tenere la mano di Mars intrecciata alla sua, per sentirsi ancora una volta incoraggiata dalla sua presenza. Sospirò piano e tamburellò le dita sul ginocchio. Uno strano macigno le opprimeva il petto, impedendole di respirare regolarmente. La gola era secca, gli occhi appena lucidi.
Non si era mai sentita così spaesata.
Voleva tornare indietro. Voleva andare a casa. Non ce l'avrebbe fatta. Le parole sul foglio sembravano aver perso senso e significato. Di colpo tutto era confuso.
Alzò lo sguardo su Sfinge, che la osservava impassibile.
Chiuse forte gli occhi e prese grossi respiri. Si asciugò le lacrime e rilesse il testo almeno una decina di volte. Stava perdendo tempo, ma doveva tornare lucida. Prese a ragionare sul quesito, non era così difficile, lo sapeva in fondo.
Si mordicchiò le labbra. «È Matteo. È Matteo, vero?»
Sfinge sorrise e le prese il foglio dalle mani. «Hai superato le prove-»
Kassandra scattò in piedi. Non se lo lasciò ripetere ancora due volte e corse forte verso l'uscita della prova, seguendo il percorso alberato assegnatole.
Le gambe si muovevano veloci, ignorando la stanchezza che le permeava e tartassava la testa.
Quando raggiunse l'uscita, si raggelò sul posto. Achille era già lì e ghignava divertito.
Aveva vinto e adesso avrebbero dovuto giocarsi il tutto e per tutto nell'ultima prova. Quella di Adonis.
🫀🫀🫀
Angolino
Avrei dovuto cambiare i nomi italiani in altre lingue ma mi scocciavo e non sto al top fisicamente e mentalmente, scusate.
Spero che però il capitolo vi sia piaciuto ❤️🩹
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