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LVI. Evasioni (II)

𝐀𝐝𝐨𝐧𝐢𝐬


Erano ancora nel vicolo buio a prendere fiato. Restarono alcuni istanti in silenzio, attendendo che alcune guardie passassero, cercandoli nei dintorni.

«IN CHE SENSO KRONOS STA VENENDO QUI?» Mars era impazzito. Adonis non se la sentiva di dargli torto, ma gli fece cenno di abbassare la voce.

«Non lo so. È un pazzo testardo. A lui penseremo dopo... intanto andiamo a nasconderci e cerchiamo una soluzione intelligente e non suicida, grazie.» Adonis sbuffò piano e poggiò il capo contro quel muro sudicio. Si massaggiò, poi, i polsi, dove fino a poco prima c'erano le manette e sospirò piano. «Quindi è tanto tanto arrabbiata?»

Mars roteò gli occhi al cielo. Adonis doveva ammettere di avere la stessa pazienza di Kronos. «Di nuovo? Arrabbiata e delusa, che diavolo le hai fatto?» Gli afferrò i lembi della camicia e Adonis si liberò dalla sua presa subito, riservandogli un'occhiataccia.

«Senti, non è proprio colpa mia. Cioè lo è, ma a mia discolpa non sapevo che era collegata a lei.»

Mars corrugò la fronte. «Sei sempre così criptico?» Si affacciò appena dal vicolo, accertandosi che le guardie se ne fossero andate.

Adonis si passò una mano in volto. «Non sono neanche sicuro di cosa significhi criptico, ma diciamo di sì... comunque, andiamo. Conosco un passaggio in disparte che ci permetterà di arrivare a casa tua.»

Mars annuì e lo seguì per strada. Si muovevano strisciando tra stradine strette e buie, passando per posti che sembravano dimenticati dalla Grande Città e dalla sua perfezione. Aggrottò la fronte. «E questo posto sarebbe?»

Adonis scrollò le spalle. «La zona più povera. La Grande Città la nasconde. Certo, permette ai ragazzini di qui di studiare, ma senza soldi dopo un po' è difficile sopravvivere... sembra un destino segnato.» Rabbrividì appena, pensando che forse Kronos fosse proprio uno di loro: uno di quei poveri bambini senza uno straccio di soldo con sé e la polvere e la cenere appiccicata ovunque.

Scosse il capo, cercando di allontanare le immagini peggiori che avevano preso ad affollargli la testa. «Hai presente l'esplosione che causò Kronos, no?»

Mars fece un mugolio d'assenso e schioccò la lingua contro il palato. «Già... gli è costata cara. È stato costretto a tornare nella città dei reietti e non ha nemmeno preso i suoi obiettivi, perché qualcuno gli ha dato informazioni sbagliate.» Si guardava attorno con fare sospetto, accertandosi che nessuno li stesse seguendo.

Ad Adonis non sfuggì il tono saccente con cui Mars aveva pronunciato le ultime parole e lo guardò male. «A mia discolpa, lì dentro c'erano mio padre e tutti i suoi collaboratori. Mi hanno rovinato la vita.» Trovava assurdo non riuscire a parlare ancora di loro al passato, almeno non del tutto. Aveva la sensazione che i loro fantasmi fossero ancora lì, nei momenti peggiori, a sussurrargli all'orecchio quanto fosse inutile. Gli ricordavano che non avrebbe mai potuto desiderare niente di meglio, che la felicità sarebbe sempre stata un sogno irraggiungibile.

«Va bene, okay. E cosa diavolo c'entra Kassie ora?» Mars teneva i pugni chiusi. Sembrava arrabbiato con Kassandra, almeno così pareva dal tono con cui pronunciava il nome della ragazza. Adonis avrebbe indagato prima o poi, quando Mars avrebbe deciso che non era un completo idiota.

«Nell'esplosione è morta sua madre-» alzò un dito prima ancora che Mars gli urlasse addosso, «ovviamente che potevo saperne, io? La sua famiglia e la mia erano unite. Sapevo benissimo che quel dato giorno della settimana, come ogni anno, mio padre andava nella sua biblioteca privata a parlare di affari coi suoi collaboratori. Era il momento perfetto. Peccato che la madre di Kassandra abbia deciso proprio quel dannato giorno di andare lì per chiedergli alcuni libri in prestito.» Si passò infine una mano tra i riccioli biondi e sospirò frustrato.

Mars si piantò sul posto e abbassò lo sguardo. «Per questo prima era così arrabbiata. Ha iniziato a blaterare sul fatto che tutti noi reietti siamo uguali...»

Adonis si voltò a guardarlo e si morse l'interno guancia. Annuì flebilmente. «Sono certo che non pensa lo stesso di te...»

«Non lo so, ma ora dobbiamo sbrigarci.» Mars si incamminò in avanti, tenendo stretta tra le mani una mappa della Grande Città.

Si mossero verso l'anello C, alla ricerca del suo nuovo appartamento.

Raggiunsero la piazza principale dell'enorme parco che si aprì davanti a loro con eleganza. Una serie di palazzi si susseguivano uno accanto all'altro, circondati da un rigoglioso giardino verde, ricco di panchine e fontane. Adonis trovava quel quartiere residenziale quasi forzato ai suoi occhi. Per quanto fosse ben curato all'esterno e volesse trasmettere la parità tra gli abitanti della Grande Città e i vincitori del Torneo negli anni , restava comunque una zona dove relegare i reietti, prima che si abituassero e reintegrassero nella società.

Continuava a vederci una subdola divisione, mascherata da un parco ameno e invitante.

Mars si fermò a osservare i vari palazzi. Sfilò dalla tasca dei pantaloni la lettera ricevuta da Erik Walker, con tutte le indicazioni. «Palazzo cinque, terzo piano, appartamento sedici.»

Adonis si guardò intorno. I palazzi erano separati tra loro da alcuni piccoli negozi o alberi secolari. Ognuno di loro aveva un colore diverso. Si inoltrarono nel parco, ormai silenzioso per il tardo orario. «È quello azzurro lì», Adonis indicò il palazzo, sulla cui fiancata destra era attaccato un segnale con il numero cinque a caratteri cubitali.

Mars sembrava impaziente. Lo trascinò con sé, afferrandolo per il braccio. Si avvicinarono al portone principale e aprirono la porta. Adonis corrugò la fronte. «Quindi almeno ti ha dato le chiavi quel bastardo.»

Mars annuì. «In realtà me le ha date il vecchio, dicendomi anche di muovermi ad andare via, perché stavo rovinando la loro bellissima villa.»

Adonis digrignò i denti. «Quanto li odio. Sei sicuro di voler restare qui?»

«Sì. Voglio ricominciare daccapo una vita normale. Ne ho sempre avuto il diritto... credo di dover anche riparlare con mio padre e la sua famiglia, in realtà. Non lo so, sono confuso.» Mars scrollò le spalle e cominciò a salire le scale, costringendo Adonis a seguirlo.

Arrivati sul pianerottolo, Mars restò a fissare per qualche istante la porta del suo appartamento. Sembrava un bambino spaventato. Adonis gli posò una mano sulla spalla. «Dai, entriamo.»

Mars sussultò e annuì. Infilò le chiavi nella toppa e spinse la porta. Tastò nel buio sulla parete e individuò l'interruttore della luce. Si aprì davanti a loro un piccolo salotto. Un divano e una poltrona erano sistemati e un'enorme finestra lo illuminava dei flebili raggi della Luna. Mars sorrise appena, osservando il mobilio nuovo e si liberò delle scarpe, camminando a piedi nudi sul parquet. Adonis lo imitò e si richiuse la porta alle spalle.

Dietro il salotto c'era una cucina abbastanza stretta, ma vivibile per due persone al massimo, con un tavolino circolare.

Mars sembrava un bambino emozionato. Dopo un breve tour panoramico della sua nuova abitazione, raggiunse di nuovo Adonis in salotto. «Okay. Ho una camera da letto tutta mia. Un bagno anche. È casa mia, questa.» Si passò le mani tra i capelli e si lasciò cadere sul divano. «Non riesco a crederci.»

Adonis gli sorrise gentile. Mars era buono, meritava una seconda occasione, anche se l'avrebbe definita come prima, perché aveva vissuto nella città dei reietti pagando colpe non sue. Si appollaiò sulla poltrona e sbuffò piano. «Credo che dovremo individuare Kronos, prima che vada a farsi uccidere da Erik e Paul Walker.»

Mars si ridestò, incupendosi di colpo. «Sei riuscito a capire dove si sarebbero visti?»

Adonis scosse il capo. «Però sono sicuro che verrà a cercarti. Prima che venissi da voi nel mio locale, ero a casa sua e sembrava intenzionato comunque a chiarire anche con te. Dici che riuscirà a scoprire il tuo nuovo appartamento?»

Mars inclinò il capo. Si grattò poi il mento. «Non lo escluderei...»

Sentirono bussare alla porta e si tirarono di colpo entrambi in piedi. Mars fece cenno ad Adonis di spostarsi in camera da letto e nascondersi.

Adonis aggrottò la fronte. Sfilò dalla cintura un pugnale e incrociò lo sguardo di Mars. «Che c'è? L'ho rubato a una delle guardie. Ti pare che comprerei mai un pugnale così antiquato?»

Mars roteò gli occhi al cielo e si avvicinò alla porta, osservando dallo spioncino. Adonis lo vide rilassare le spalle e aprire la porta.

Kassandra incatenò i suoi occhi ad Adonis e strinse i pugni. «Ero sicura che veniste qui a nascondervi come due polli.»

Mars lanciò una breve occhiata ad Adonis. «E tu perché ci hai seguiti? Vuoi consegnarci a tuo padre, forse?»

Kassandra gli scoccò un'occhiataccia e gli mollò un ceffone dietro il capo. Mars si massaggiò nel punto colpito e arricciò il naso offeso come un bambino. «Non ti lascerei mai a lui. Idiota.»

Adonis abbassò lo sguardo imbarazzato sui propri piedi. Sapeva che Kassandra lo detestasse. «Io-»

Kassandra lo guardò male. «Sono ancora arrabbiata con te. Non riesco a non pensarci. Però questo non significa che ti voglia morto. E poi ho promesso a Mars che sarebbe andato tutto bene. Che avrei vinto io e che Kronos sarebbe rimasto nella città dei reietti. E invece sta venendo qui. Dobbiamo fermarlo.»

Mars annuì e Adonis con lui.

Kassandra prese un grosso respiro. «Questo posto non è il massimo dei nascondigli. Non avete dove altro andare?»

Mars si grattò il mento. «C'è mio padre. Mi hanno detto che farebbero di tutto per me.»

Adonis scosse il capo. «Non credo sia il caso di nascondermi lì. Non penso vogliano un fuggitivo in casa e il suo fidanzato sterminatore-»

Mars lo guardò confuso. «Devo ancora abituarmi all'idea di Kronos come fidanzato-»

«Oh.» Adonis ridacchiò, «se vuoi sapere altro, chiedi pure.»

Kassandra li guardava confusa.

Mars ghignò. «Russa? A me ha sempre detto di no, negava quando gli dicevo di sì.»

«Che bugiardo. Quando è stanco, è impossibile dormirgli accanto.» Adonis sghignazzò.

Kassandra tirò le orecchie ad entrambi. «Non voglio credere di essere io il cervello del gruppo al momento.» Sospirò stanca. «Allora io e Mars andremo dai suoi genitori. Accompagneremo te alla Villa abbandonata della famiglia di mia madre. Credo che sarà un buon nascondiglio per il momento... lì a volte ho ospitato la persona che mi ha aiutata a raggiungere la città dei reietti: Caronte. È simpatico, un po' strano. Sarà un coinquilino adatto. Ci riposiamo e domani cerchiamo Kronos, va bene?»

Adonis annuì e alzò la mano, aspettando di poter parlare.

Mars roteò gli occhi al cielo e lo guardò. «Che c'è?»

«Nel caso stanotte concepiste vostro figlio, lo chiamerete Adonis?»

Kassandra gli pestò il piede. Adonis si lasciò sfuggire un mugolio di dolore e socchiuse gli occhi. «Va bene. Ho capito. Me lo merito, sì.»

🫀🫀🫀

La vecchia villa della famiglia di Kassandra era strana, gli ricordava un posto fantasma, dimenticato da dio e dagli uomini.

Gli metteva quasi i brividi e somigliava a quei posti che vedeva solo nei film quando era un bambino.

E di solito i protagonisti dovevano correre lontano da lì, altrimenti morte certa li avrebbe accolti.

Adesso Adonis sapeva di essere un tantino melodrammatico, ma mentre Kassandra gli apriva le porte della villa, fu travolto dalla forte tentazione di scappare via a gambe levate.

Kassandra gli fece poi cenno d'entrare, quando il portone d'ingresso emise un cigolio inquietante.

Adonis deglutì. «Volete lasciarmi qui tutto solo?»

«Ti prego», Kassandra roteò gli occhi al cielo, «sei uno psicopatico assassino senza scrupoli, direi che qui dentro sei tu il pericolo, non la Villa.»

Adonis annuì. «Acuta osservazione, mia cara. In effetti non ci avevo pensato.»

Mars lo osservò e sospirò piano. «Domattina verremo qui e cercheremo Kronos. Hai un'idea di dove possa incontrarsi con il padre di Kassandra?»

Adonis si morse l'interno guancia. Odiava dover trascinare Kassandra nell'ennesima storia dalla quale sarebbe uscita a pezzi. Ma al tempo stesso non poteva permettere ad Erik e Paul Walker di fare ancora del male a Kronos.

Né avrebbe sopportato che gli succedesse qualcosa.

Doveva tradire ancora una volta la sua fiducia e rivelare che forse aveva un'idea ben precisa sul perché Kronos detestasse la famiglia di Kassandra e, per una volta, la sete di potere non c'entrava assolutamente nulla.

«Forse ho un'idea, ma non ne sono sicuro. Riposando, avrò un quadro molto più chiaro.» Entrò nella Villa e ammiccò ai due ragazzi. «Ora se scusate ho un posto fantasma che mi aspetta e un futuro nipotino col mio nome da sognare.» Richiuse le porte prima ancora che gli rispondessero e si poggiò con la schiena contro il legno ruvido.

La villa era deserta. Nell'enorme salone c'era un camino che, a giudicare dallo stato e dalla cenere, doveva essere stato acceso di recente, e un divano polveroso, coperto da alcune vecchie coperte. Probabilmente Caronte era stato lì fino a qualche giorno prima.

Adonis si guardò attorno e affondò le mani nelle tasche dei pantaloni. Sospirò piano e iniziò a salire la scalinata di marmo al centro del salone, così grande da sembrare quasi un mausoleo. Si appoggiò al corrimano e arrivò al piano superiore. Delle gigantesche vetrate gli permettevano di affacciarsi sul giardino sul retro, ormai abbandonato. Le piante rampicanti si districavano lungo le pareti, fino a coprire quasi completamente la visuale dalla vetrata.

Adonis si sentì così piccolo in quel posto da rabbrividire.

Sfilò tra le diverse camere, quasi tutte vuote, eccezion fatta per due camere da letto. Si affacciò in una stanza che avrebbe dovuto essere quella riservata a una piccola Kassandra in fasce. Si appoggiò allo stipite della porta, osservando la culla impolverata e un carillon mai suonato di sicuro.

Kassandra aveva raccontato a Mars, e Adonis aveva ascoltato in silenzio, che quel posto avrebbe dovuto essere la loro casa per sempre, ma che, dopo pochi mesi dalla sua nascita, era stato abbandonato, perché suo padre voleva trasferirsi comunque nella propria Villa vicino alle istituzioni del governo.

Sua madre, invece, non aveva mai avuto il coraggio di sbarazzarsene, troppo affezionata a quel luogo che l'aveva cresciuta e cullata e dove aveva sempre sognato di vivere con la propria famiglia un giorno.

Adonis si passò le mani in volto per la stanchezza. Forse avrebbe dovuto riposare.

Sussultò quando sentì il portone principale cigolare. D'istinto si portò la mano al pugnale e iniziò a scendere le scale silenziosamente. Non poteva credere che l'avessero trovato. Né che Kassandra lo vendesse a suo padre. Certo, era arrabbiata con lui, ma sperava non si spingesse fino a quel punto.

«Ne stai parlando da ore... ti hanno mai detto che sei un disco rotto a volte? Senti, dovresti ringraziarmi piuttosto, ora sei famoso qui!» una voce sconosciuta ma allegra rimbombava per il salone.

«Oh, grazie per aver spiattellato i cazzi miei a tutto il mondo!»

Adonis inarcò un sopracciglio.

Kronos.

«Mi sembrava di sentire una voce familiare.» Adonis sorrise, affacciandosi dalla balconata.

Kronos alzò lo sguardo verso di lui e si lasciò scappare un sorriso. Gli andò incontro, salendo verso le scale. Adonis, d'altro canto, cominciò a scenderle e lo abbracciò forte. «Sei vivo.»

«E tu perspicace come pochi.» Kronos si staccò e affondò poi le mani nelle tasche. Abbassò lo sguardo verso lo sconosciuto.

Adonis aveva una miriade di domande da fargli, come per esempio chiedergli come facesse ad essere lì. Aggrottò la fronte. «Che diavolo hai fatto ai capelli?»

Kronos si passò una mano alla tempia destra, dove torreggiava una rasatura vistosa. «Lasciamo perdere. Forse avrei dovuto pugnalare un po' di più Athena solo per questo.»

Conoscendo la sua fissazione per i capelli, Adonis credeva che fosse sul punto di impazzire. Ridacchiò divertito, quando lo sconosciuto tossicchiò per attirare la loro attenzione.

«Allora, come ci sistemiamo? Immagino vogliate dormire insieme.» ghignò.

«Ti taglio la lingua.» Kronos lo guardò male.

«Non mi riconosci, Adonis? Insomma, sono passati anni, è vero, ma il tuo amico di guai non ti è mancato?»

Adonis indietreggiò appena. Lanciò un'occhiata a Kronos, che annuì in un cenno d'assenso.

Adonis corse in direzione di Iapetus e lo trascinò in un enorme abbraccio. Iniziò a scuoterlo. «Non ci credo! Ti sei fatto crescere i baffi!»

«L'ho sempre detto che mi sarebbero cresciuti. Al contrario di qualcuno.»

Kronos borbottò qualcosa di incomprensibile e prese a guardarsi attorno annoiato. «E vuoi sapere cosa? Ha scritto pure quel libro deficiente!»

Adonis inarcò un sopracciglio confuso. «E chi l'avrebbe detto che sei uno scrittore. Adoro, dovrò farmi autografare una copia del tuo libro... a proposito, che libro è?»

Sentì un tonfo alle sue spalle. Kronos stava sbattendo la testa contro il corrimano delle scale. «Vado a fare un giro di perlustrazione...»

Iapetus ridacchiò e si passò una mano tra i capelli castani. «Ehm, ho scritto io i Peccati dei Padri.»

Adonis aggrottò la fronte. «Senza offesa, tesoro, ma immaginavo Luisa Phetel un tantino diversa-»

Iapetus ridacchiò. Si avvicinò al camino e sistemò un paio di tizzoni e lanciò un fiammifero, attendendo che prendesse. «Mi sono creato tante false identità qui... Luisa Phetel, Michael Solos, come infermiere lavoravo da Athena, altrimenti come potevo sapere tutte le sue news?» sorrise divertito, «e infine Caronte. Aiuto i pazzi che vogliono andare nella città dei reietti, creando per loro situazioni e storie perfette per farli condannare. E ho aiutato-»

«Kassandra.»

Iapetus annuì e si tirò in piedi, una volta che il fuoco prese a crepitare.

Kronos li raggiunse e si pulì le punte delle scarpe dalla polvere. «Bene, immagino che staremo qui stanotte.»

Adonis lo osservò e sorrise appena nella penombra. Avrebbe impedito a Kronos di svignarsela per andare a farsi uccidere. Certo, era l'ennesima menzogna, ma ne avevano superate di peggiori.

Iapetus si stiracchiò, lasciandosi cadere sul divano. «Credo che farò un bel pisolino. Posso farvi alcune domande a puro scopo informativo?»

Kronos inarcò un sopracciglio. «No.»

Adonis agitò la mano, scacciando quelle parole. «Certo che puoi.»

«Ti rendi conto che vuole scrivere altre cose?!»

«Intanto siamo famosi qui. Lo sai che mi hanno fermato per foto e autografi?» Adonis ghignò divertito.

«COSA?!»

«Alcuni lettori sono curiosi di sapere chi sia il pas-»

Kronos scattò in avanti e afferrò Iapetus per la giacca, strattonandolo poi contro il divano. «Vai a dormire, idiota.» Si allontanò, iniziando a salire le scale nervoso. Il tonfo dei passi rimbombava per tutta la villa.

«Ti voglio bene!» Iapetus gli urlò dietro.

«Fanculo.»

Adonis ridacchiò e si dondolò sui propri piedi. «Nella sua lingua significa anch'io.»

«Lo so.» Iapetus si sistemò, intrecciando le braccia dietro la testa. «Non mi dirai nulla, eh?»

Adonis si strinse nelle spalle. «Mi ucciderebbe se lo facessi.» Lo salutò e si mosse su per le scale per raggiungere Kronos al piano superiore.

Si guardò attorno lungo il corridoio e spinse in avanti la porta della camera da letto. Kronos si era disteso sul materasso, fissando il soffitto.

Adonis ghignò e si richiuse la porta alle spalle. Si sedette sul letto e prese a gattonare nella sua direzione. Kronos aprì un occhio e sorrise appena.

Si mise a cavalcioni e prese a baciargli lentamente il collo e poi le labbra. Kronos sorrise al contatto e si puntellò sui gomiti, alzandosi appena. Ricambiò i baci e gli accarezzò i capelli, dopo essersi disteso di nuovo. Scivolò a stringergli i fianchi e Adonis sussultò, lasciandosi sfuggire un mugolio di dolore.

Kronos aggrottò la fronte. «Che succede?»

Adonis scosse il capo. «Niente-»

Kronos fu più veloce. Gli sfilò di colpo la camicia, che aveva finito di sbottonare poco prima. Individuò la ferita sul fianco e prese ad accarezzarla. Storse il naso. «Chi cazzo è stato?»

Adonis sbuffò piano e scivolò sul materasso accanto a lui. Kronos si posizionò sul fianco e prese a fissarlo. «Allora?»

«Mi hanno messo nelle segrete e una delle guardie si è divertita così mentre ero ammanettato.»

«E chi te l'ha cucita? Un macellaio?»

«Mars.» Adonis ridacchiò.

Kronos storse il naso. «Un macellaio. Mars non è mai stato granché a cucire le ferite.»

Adonis sorrise e lo afferrò per la felpa bianca, simile a una divisa ospedaliera, ma preferì non fare commenti. «Sto abbastanza bene.» Gli posò un bacio sul collo.

Kronos socchiuse gli occhi e si posizionò su di lui. Iniziò a baciarlo con foga e si avvicinò al suo orecchio. «Ci penso io a farti stare meglio, allora.»















🫀🫀
Angolino
Settimana prossima ci saranno gli ultimi due aggiornamenti. Un capitolo lunedì e giovedì ultimo capitolo ed epilogo insieme.
Non ero pronta.
Non lo sono ancora.
Mi mancheranno🫀

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