LI. Tortura
𝐊𝐫𝐨𝐧𝐨𝐬
Era stanco. Probabilmente erano già trascorsi un paio di giorni di prigionia e tutti i muscoli erano intorpiditi. Kronos sapeva bene di dover aspettare il momento giusto e sopportare ogni genere di tortura, ma la rabbia iniziava ad essere difficile da controllare.
Hyperion era nella cella di fronte alla sua. Sembrava si divertissero a torturare suo fratello, quando Kronos non era incline a collaborare durante gli esperimenti.
La sola idea che quei lividi in volto fossero colpa sua lo stava devastando.
Kronos non vedeva l'ora di mettere fine a quella storia patetica, di far rimpiangere ad Athena ogni cosa fattagli. Quando la notte riusciva ad addormentarsi, il suo ultimo pensiero volava a come avrebbe potuto ucciderla, dandogli la forza di svegliarsi il mattino successivo. Si era abituato alla sete di vendetta. Lo teneva da sempre vivo.
Si mise seduto nella propria cella, sgranchendo appena le gambe. Hyperion di fronte riposava esausto. Un po' di sangue rappreso gli macchiava ancora la fronte.
Kronos non aveva idea di quanto tempo fosse trascorso lì dentro. Sembrava che i minuti si confondessero con le ore, gli attimi nell'infinito.
Sbuffò piano e si massaggiò le tempie. Le fitte gli dilaniavano la testa e di colpo sentiva l'esigenza di vomitare e prendere alcune pasticche per spegnere il dolore.
Una porta in lontananza si aprì. Il cuore gli schizzò in gola, nella consapevolezza che un'altra giornata di esperimenti era iniziata. La luce a neon lo accecò di colpo e sentì le sbarre aprirsi. Kronos malediva ogni giorno le catene che gli fasciavano i polsi, gli ricordavano il suo primo giorno d'arrivo nella Città dei Reietti, quando era appena un dodicenne arrabbiato col mondo e con la giustizia.
Per fortuna, almeno, adesso non aveva una specie di museruola come all'epoca.
Alcuni infermieri dal fisico grosso e massiccio lo presero per le spalle, costringendolo a tirarsi in piedi e a uscire dalla cella.
«Potevate anche chiedermelo.» Kronos schioccò il collo provato dalle dormite in quella cella troppo piccola anche per un animale.
Uno degli infermieri se ne rimase in silenzio, osservandolo con attenzione. Kronos ricordava dovesse chiamarsi Michael e gli sembrava l'unico più tranquillo lì dentro. Ma i suoi sensi continuavano a gridargli di non fidarsi di nessuno.
Il secondo omaccione gli rifilò una gomitata al fianco. «Io me ne starei in silenzio fossi in te.»
Kronos serrò la mandibola. «E io terrei le mani a posto, perché quando non avrò più queste catene, potrei non essere tanto indulgente.» Sibilò con voce rauca.
La guardia ridacchiò divertita, come se fosse impossibile che riuscisse a liberarsi. Kronos dovette far ricorso a tutta la propria pazienza per non far scattare la lama all'interno della scarpa e pugnalargli il piede. Aveva ancora bisogno di tempo, per poter individuare il punto e l'uscita del Laboratorio, che l'avrebbe condotto direttamente nella Grande Città.
E sapeva che quel posto fosse abbastanza vasto. Qualcosa in lui gli suggeriva che ci fosse una specie di obitorio, che aiutasse a portar via i cadaveri da lì fin verso l'esterno. O un garage che permettesse di trasportare tutti i sieri di ricerca e sperimentazioni nella Grande Città.
O per lo meno, così Kronos avrebbe organizzato il Laboratorio se fosse stato suo. E sapeva anche altrettanto bene che spesso lui e Athena pensassero allo stesso modo.
Sbuffò scocciato e aggrottò la fronte, lasciandosi trascinare lungo il corridoio bianco e accecante. Si guardava attentamente intorno, alla ricerca delle risposte giuste.
La guardia gli spinse il capo in avanti e lo trascinò in un altro corridoio laterale. Il più grande problema era abituarsi a tutto quello. Ogni angolo, ogni muro e spigolo di quel posto era identico al precedente. Era come muoversi in un labirinto di specchi. Kronos si soffermava su qualsiasi dettaglio, cercando di imprimere nella propria mente tutti i movimenti, idealizzando una cartina immaginaria.
«Oh, eccoti qui.» Athena sorrise allegra, quando uno dei due infermieri, quello fin troppo familiare, aprì la porta di una stanza.
Al centro c'era una scrivania bianca, come al solito. Kronos osservò la macchina accanto e i fili lampeggianti. Una matassa deforme di ingranaggi.
«Mi aspettavi per friggermi il cervello?» Kronos si lasciò spingere sulla sedia e riservò un'occhiata truce all'altro infermiere, fin troppo antipatico per i suoi gusti. Dopo Athena, sarebbe stato il primo a morire.
Athena fece un sorrisetto compiaciuto. «Grazie, Drake, adesso puoi andare. Michael, preferirei che restassi. Apprezzo il tuo silenzio e mi aiuterai a sistemargli tutti questi fili.»
Kronos osservò Michael. La parte più violenta di lui lo avrebbe preso a morsi ogni volta che avesse provato ad avvicinarsi, ma doveva placare gli istinti. Si limitò a scrollare le spalle. «Cosa dovrei fare oggi?»
Athena giocherellò con una ciocca di capelli. «Alcuni test di intelligenza. A te potranno sembrare banali, ma credo davvero che il tuo cervello abbia un quoziente intellettivo sopra la media. Vorrei testarlo. Penso che tu possa essere la soluzione a tanti dei nostri problemi.»
Kronos inclinò il capo e fece un sorriso sinistro. «E perché mai dovrei aiutarti?»
Athena si sporse verso di lui. «Perché so dov'è Mars adesso e immagino che tu non voglia che gli accada nulla...»
Kronos si irrigidì. Athena sorrise soddisfatta e fece cenno a Michael di iniziare a mettersi all'opera.
L'uomo titubò per qualche istante, poi si avvicinò alla macchina e azionò un pulsante. I primi bip riempirono il silenzio appena creatosi. Michael afferrò alcuni di quei cavi e iniziò a posizionarglieli sulla fronte. Lanciò una breve occhiata ad Athena. «Credo di dovergli rasare appena i capelli ai lati...»
Kronos serrò la mandibola. Non gli piaceva particolarmente la piega che gli eventi stavano assumendo, ma non poteva fare altrimenti. Tamburellò con le dita sul tavolo.
«Allora procediamo, no?» Athena sbuffò scocciata.
Michael annuì e si allontanò per qualche istante alla ricerca di un rasoio. Kronos si guardò attorno, annoiato.
«E quindi immagino che il ragazzo scomparso allo scorso torneo fosse solo un'altra delle tue cavie.»
«Il solito perspicace, eh? Hai altre domande?» Athena sorrise antipatica e accavallò le gambe. I suoi occhi glaciali lo scrutavano con chirurgica e fredda attenzione.
«A cosa servono le tue ricerche?» Kronos si mosse nervoso e il rumore metallico delle catene spezzò quasi le sue parole.
«Ogni genere. Soprattutto cerchiamo di rigenerare le cellule ferite il più velocemente possibile e rallentarne l'invecchiamento. A quanto pare si cerca di tramandare il gene dell'immortalità ai piani alti...»
«E tu cosa ci guadagneresti?»
«Un posto d'onore nelle Grande Città. Non sei l'unico coi deliri di onnipotenza.» Athena sorrise tranquilla.
Kronos annuì e roteò gli occhi al cielo. Non aveva alcuna voglia di governare la Grande Città. Il voler costruire un mondo perfetto e utopico era un progetto ambizioso fallito già da tempo. Dopo una guerra che aveva distrutto quasi tutto il continente, voler spingere l'umanità alla perfezione, relegando il marcio in una sola zona, gli sembrava utile quanto nascondere la polvere sotto un tappeto.
Restava comunque lì, a crescere in maniera esponenziale.
«E trasporti tutto da qui a lì? Sei stata brava a nascondere questo posto, te lo concedo.»
Athena scrollò le spalle. «C'è da dire che il distretto di Mirah mi fornisce diverse cavie per le sperimentazioni sulle ferite.» Lanciò un'occhiata di traverso alla parete al suo fianco, quasi come fosse uno specchio dov'erano spiati. Kronos seguì il suo sguardo con attenzione. Doveva ribellarsi quel giorno e scoprire cosa ci fosse. Non importava quanto l'avrebbero punito.
Michael tornò poco dopo con un rasoio elettrico tra le mani. Kronos gli lasciò rasare alcuni riccioli ai lati e abbassò lo sguardo sui capelli ai suoi piedi, storcendo di tanto in tanto il naso. Non era un fissato ai livelli di Adonis, ma era piuttosto affezionato ai propri ricci e alla sua capigliatura. Un altro motivo per sgozzare Athena si era aggiunto all'infinita lista che aveva in mente.
Nel mentre che Michael gli rasava i capelli sulla tempia, Athena cominciò a preparare un fascicolo, contenente diversi fogli. Kronos suppose che fossero tutti quesiti banali di logica.
Michael sistemò poi il rasoio nella tasca del camice. Kronos approfittò della sua distrazione e di quella di Athena per sfilarglielo silenziosamente, quando l'uomo si abbassò su di lui per sistemargli i cavi alle tempie. Nel mentre che si appiccicavano, la macchina accesa produceva un ronzio metallico fastidioso e Kronos colse l'occasione.
Prese il rasoio, nascondendolo tra le gambe.
Michael abbassò lo sguardo su di lui per un istante, ma poi gli angoli degli occhi gli si piegarono in un'espressione sorridente, nascosta dalla mascherina, ignaro del piccolo furto. Kronos lo aveva trovato fin dall'inizio un tipo distratto, ma Athena apprezzava la sua discrezione, a quanto pareva. «Ecco fatto.» Si allontanò poi.
Athena lo ringraziò e lasciò scivolare un blocco di fogli davanti a Kronos. «Hai un'ora al massimo per risolvere i quesiti.» Azionò un timer, dopo avergli consegnato una penna.
Kronos la osservò e storse il naso. Iniziò a leggere annoiato i testi. Di colpo si sentì di nuovo un ragazzino che andava alla ricerca di enigmi e complicati rompicapo, pur di far spegnere i ricordi dolorosi che gli tranciavano la mente.
Prese a rispondere velocemente. Scorreva le pagine e sentiva gli sguardi addosso. Di tanto in tanto la macchina emetteva qualche bip fastidioso, ma era così immerso che quasi non ci faceva caso.
La sua mente continuava a processare dati. I pensieri smettevano di fluttuare e di colpo la testa gli pareva disabitata, deserta. Kronos aggrottò le sopracciglia e concluse l'ultimo foglio dei quesiti. Lo passò poi ad Athena che rimase a fissarlo con una strana espressione in volto.
«Che cazzo guardi?»
Athena gli riservò un'occhiataccia, riprendendosi dallo stato di trance. «Hai impiegato davvero poco tempo... trentanove minuti.»
Kronos scrollò le spalle, «Non era particolarmente complicato.» osservò la macchina che monitorava il suo andamento cerebrale e storse il naso. Aveva bisogno di scoprire dove fosse l'uscita e simulare una specie di evasione, poco importava quanto gli avrebbero fatto male dopo. Incrociò lo sguardo di Michael, che lo osservava con uno strano cipiglio. Gli parve pensieroso, ma Kronos non se ne preoccupò più di tanto. Doveva agire in qualche modo.
Athena fece un breve sorriso, scorrendo i risultati del test. «Come immaginavo. Il tuo quoziente intellettivo è sopra la media. Al pari di scienziati del passato... davvero un grande spreco.» Storse il naso.
Kronos la osservò di sbieco. Fece scattare il rasoio elettrico e lo piantò con violenza sulla mano della donna. Un urlo di dolore attirò l'attenzione delle guardie. Le lame del rasoio giravano contro la mano di Athena, che guaì infastidita.
Kronos si tirò di scatto in piedi. Spinse di lato Michael dopo avergli assestato un calcio agli stinchi. Lo afferrò poi per il camice e lo spinse contro la parete di fronte. Come aveva immaginato, c'era una vetrata che si crepò non appena il corpo dell'infermiere si schiantò su di essa.
Athena non fece in tempo ad alzarsi, che Kronos ne approfittò per uscire dalla stanza. Le mani erano state liberate dalle catene per fargli condurre il quiz. Non sarebbe scappato, non era il momento, soprattutto con Hyperion ancora sotto chiave.
Si lanciò fuori nel corridoio, pronto all'esplorazione. Una guardia gli andò incontro, ma le portò una mano alla bocca e la soffocò con il braccio, dopo averla colpita alle spalle. Lo lasciò morente a terra.
Quel corridoio gli parve infinito. Tantissime sale si susseguivano l'un l'altra. Ben presto l'allarme suonò con violenza lungo tutto l'edificio. Kronos svoltò a destra, nascondendosi contro un pilastro. Osservò alcune guardie passare e attese che si allontanassero per proseguire. La maggior parte degli uomini doveva dirigersi proprio all'uscita dal laboratorio, verso gli ingressi della Grande Città. Li avrebbe seguiti e sarebbero stati loro stessi a condurli dove voleva.
Attese qualche istante, dopodiché iniziò a seguire le guardie a passo lento.
Si nascondeva di tanto in tanto dietro alcuni ingressi che portavano ad altri corridoi.
Una guardia portò la mano all'auricolare. «Sì, signora. Stiamo andando a bloccare l'uscita. Ho sei uomini con me, basteranno.»
Kronos ghignò. Li seguì fino a delle scale che portavano in alto. Una sensazione di calore gli irradiò il petto. Un portone blindato lo separava dal suo obiettivo. Era fin troppo vicino.
Alzò le mani in segno di resa, quando le guardie si voltarono a guardarlo in cagnesco.
Il capo, con una cicatrice che gli spaccava il volto a metà, lo guardò soddisfatto. «Ti sei perso, tesoro?»
Kronos digrignò i denti. La lista delle persone da uccidere diventava sempre più lunga. Si lasciò ammanettare dal capo delle guardie, che gli assestò una ginocchiata dietro la schiena, provando a farlo crollare sulle gambe. Kronos si piegò appena, senza dargli nessun tipo di soddisfazione.
Athena li raggiunse. Aveva fasciato la mano e lo guardava con sdegno, quel solito sguardo che Kronos era abituato a sopportare.
«Portatelo nella sala. Adesso ci divertiamo un po'.»
Kronos serrò la mandibola e si costrinse a seguirli. L'ennesima stanza bianca gli si aprì davanti agli occhi.
Alzò lo sguardo verso il soffitto, dal quale pendevano intrecci di catene.
Athena fece un mezzo sorriso. Si avvicinò a un tavolo carico di oggetti da tortura e prese ad accarezzare una sottospecie di museruola.
Sorrise soddisfatta quando incrociò lo sguardo semi terrorizzato di Kronos.
Di colpo era di nuovo un bambino.
Di colpo aveva di nuovo dodici anni ed era appena arrivato nella Grande Città. Le catene prendevano a bruciargli i polsi e la museruola di ferro arrugginito gli impediva di proferire qualsiasi parola, serrandogli la mascella e trapanandogli quasi il cranio.
«Se ti inginocchi a me, non te la farò indossare. Potrai lamentarti e urlare durante la tortura.» Athena sorrise compiaciuta.
Kronos la guardò con odio. Gonfiò il petto e le fece un sorriso sardonico, carico di scherno. «Mi inginocchio solo di fronte a Dio. Non credo nemmeno e qui, Athena, non mi sembra di vederne uno.»
Il sorriso della donna si spense. Si limitò a scrollare le spalle. Gli si avvicinò, costringendolo a indossare quella sottospecie di museruola e la strinse forte dietro la testa con le cinghie. Si avvicinò al suo orecchio. «Allora soffrirai, ingoiando il tuo stesso sangue, mi sa.»
Kronos si mosse nervoso. Non poteva parlare ed era di nuovo bloccato. All'improvviso suo padre non era più lì con delle tenaglie a liberarlo e Hyperion non l'aveva più trovato smarrito.
Gli legarono le mani verso l'alto, appendendolo alle catene. Il peso del corpo cominciava a pesargli e socchiuse gli occhi ad ogni frustrata sulla schiena. Strinse i pugni, mentre il dolore gli lacerava la pelle.
Ingoiò più volte la saliva.
Ogni frustrata era un tuffo nel passato e nel dolore. Riusciva solo a mugugnare qualche verso confuso per liberarsi da quella tortura. Leggeva gli sguardi carichi di divertimento delle guardie.
Ancora un altro colpo.
La schiena gli faceva male e le braccia erano indolenzite a furia di sostenerne il peso. Le catene ai polsi stringevano così forte che iniziava a non avere più sensibilità nelle mani.
Athena se ne stava a osservare divertita. Dopo qualche istante si allontanò, raccomandando ai suoi uomini di non ucciderlo. Le serviva ancora il suo cervello, dopotutto.
Kronos sentì le gambe piegarsi sotto l'ennesimo colpo e serrò così forte la mandibola da sentire le tempie pulsare. Il ferro della museruola gli punse appena le labbra e il sapore metallico del sangue gli inondò la bocca.
Il sudore gli imperlava la fronte e si chiese quanto ancora sarebbe durato tutto quello.
Incrociò lo sguardo di Michael. L'uomo si nascondeva dietro la solita mascherina e un paio di occhiali. Si sistemò smaniosamente la montatura sul naso e si mosse nervoso. Lo guardava con apprensione, forse era troppo grande il timore di perdere la propria cavia.
«Basta così, capitano», annunciò, alzando le mani e interrompendo quella tortura, «Athena ha chiaramente detto che servirà vivo e non vorrei morisse dal dolore. Mettetegli le catene e riportatelo in cella. Lo accompagno io.»
Kronos inarcò un sopracciglio. Era troppo stanco per fare domande. Gli gettarono una secchiata d'acqua gelida contro la schiena, sperando di alleviargli il dolore o come ultimo scherno di tortura. Kronos rabbrividì e riservò un'occhiata carica di rabbia al capitano, che sghignazzava divertito assieme ai suoi uomini.
Si lasciò sistemare le catene e socchiuse gli occhi esausto. Seguì a passo lento e cadenzato Michael fino alla propria cella. L'uomo si richiuse la porta alle spalle e lo fece sedere in quella gabbia buia e sudicia.
«Stai bene?»
Kronos si poggiò contro la parete e si accucciò su se stesso. Gli faceva male ogni muscolo del corpo.
Hyperion si sporse dalla cella. «Che cazzo gli avete fatto?»
Michael si voltò a guardarlo esasperato. Aveva un rivolo di sangue ancora appiccicato sulla fronte e una benda vistosa dietro il cranio. «Ha improvvisato un'evasione da coglione.»
Kronos inarcò un sopracciglio. «La botta alla testa dev'essere stata pesante, Mike, se adesso sei passato dalla mia parte.»
L'uomo alzò lo sguardo verso le telecamere. «Sai, quando hai tante identità è difficile che ti riconoscano. Ma di solito sei sempre stato bravo a individuare i travestimenti.»
Hyperion e Kronos si scambiarono un'occhiata.
Kronos si avvicinò alla cella. «No...»
«Al vostro servizio, fratelloni. Vi porterò io fuori da qui, promesso.» Iapetus si tirò in piedi e si sistemò quel finto paio di occhiali sul naso. Ammiccò nella loro direzione e premette un pulsante sul proprio orologio, riattivando la telecamera. «Riposati un po' e cerca di fare il bravo per le prossime volte.» Si allontanò poi, lasciandoli soli.
Kronos si lasciò sfuggire una risata confusa e si passò una mano in volto.
Hyperion si affacciò dalla cella e ridacchiò. «Che gran figlio di puttana.»
Angolino
Iapetus è finalmente tra noi🌝
Dai abbiamo un alleato🫶🏼
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